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Gesù cammina sulle acque

la mia e it - Copia

Publié dans:immagini sacre |on 11 août, 2017 |Pas de commentaires »

13 AGOSTO 2017 | 19A DOMENICA T. ORDINARIO – A | OMELIA

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13 AGOSTO 2017 | 19A DOMENICA T. ORDINARIO – A | OMELIA

Per cominciare
Protagonista di questa domenica è l’apostolo Pietro. La tempesta sul lago rivela però la sua fede debole, incapace di fidarsi fino in fondo della parola del Signore Gesù.

La parola di Dio
1° Libro dei Re 19,9a.11-13a. Il profeta Elia, perseguitato dalla regina Gezabele, giunge al monte di Dio, l’Oreb. Il Signore gli si presenta nel mormorio di un vento leggero.
Romani 9,1-5. Nel brano di Paolo tutto l’amore dell’apostolo verso il suo popolo e tutto il dolore perché non è disposto ad accogliere Gesù. Eppure, dice Paolo, essi a pieno titolo sono inseriti nella storia della salvezza.
Matteo 14,22-33. Dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani, Gesù si ritira in preghiera. Poi va incontro agli apostoli, che si agitano nelle acque del lago in tempesta. Pietro chiede di poterlo raggiungere, ma non ha abbastanza fede per stare a galla.

Riflettere
L’episodio segue la moltiplicazione dei pani. Gesù allontana la folla e invita gli apostoli a imbarcarsi. Poi si ritira tutto solo a pregare. Mentre Gesù è assente, il lago si agita e anche l’animo degli apostoli si fa burrascoso. È a questo punto che compare Gesù, che si avvicina camminando sulle onde.
Alla sua vista gli apostoli hanno la reazione più impensabile: lo prendono per un fantasma e si mettono a gridare per la paura. Quando Gesù li incoraggia, Pietro chiede quasi una prova per potersi fidare e domanda di poterlo raggiungere sulle acque. Ma per sentendosi andare a fondo perde la fiducia e si merita il rimprovero di Gesù: « Uomo di poca fede, perché hai dubitato? ».
L’episodio è simbolico e vuole rappresentare la chiesa che si trova nella condizione degli apostoli, come su una nave sballottata dalle onde.
A portare la calma è la parola di Gesù risorto. Anche dopo la risurrezione Gesù viene scambiato per un fantasma, anche di fronte a lui essi hanno dubitato: « Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: « Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho »" (Lc 24,37-39).
Pietro è al centro dell’episodio, sia per la posizione che ha sempre avuto durante la vita pubblica di Gesù, sia per quella che avrà nella chiesa primitiva e nella storia. Una fede piccola quella di Pietro, una fede ancora bisognosa di fermezza, e che cresce nel dubbio e nella fatica.
Nel racconto di Elia, l’audacia del profeta, che sfida i 400 sacerdoti di Baal. Vince la sfida, ma la lotta rimane aperta e, braccato dalla collera di Gezabele, è costretto a mettersi in salvo. Giunto a fatica all’Oreb, scopre il vero volto di Dio, che si rivela nel soffio di un vento leggero.
Nell’esperienza di Pietro e degli apostoli, come in quella di Elia, la sensazione di sentirsi lasciati a se stessi, abbandonati anche da Dio. Un Dio che si rivela e non si rivela, che può assumere l’apparenza di un fantasma o presentarsi in un soffio leggero e non travolgente e che sembra lasciarti nella tua debolezza. Ancora una volta comprendiamo che l’esperienza cristiana è destinata a persone coraggiose,m che sanno mettersi incondizionatamente nelle mani di Dio e accettare, pur indifesi, le sfide della vita e della testimonianza.

Attualizzare
L’episodio evangelico è fortemente simbolico e, contrariamente al solito, afferma in forma esplicita la volontà dell’evangelista di dichiarare la sovranità di Gesù, pari a quella di Iahvè, signore delle acque.
Pietro, incoraggiato dalla parola del Maestro, chiede di seguirlo, ma non ce la fa. La sua fede si fa « ragionevole » e si aggrappa alla logica del realismo, più che alla cieca fiducia in chi lo precede sull’acqua.
Come dicevamo, l’episodio è simbolico. Pietro è al centro delle attenzioni della comunità cristiana. Le note biografiche su di lui nei vangeli sono molto più abbondanti che per qualsiasi altro. E più volte si rivela intraprendente, il primo a prendere posizione su Gesù.
Nello stesso tempo Pietro fa fatica a schierarsi fino in fondo, e durante la passione di Gesù affermerà tre volte di non conoscerlo, di non essere un suo discepolo.
Agli inizi della chiesa, Paolo lo rimprovera proprio per la sua ambiguità (cf Gal 2,6-14). È Pietro che si è aperto per primo ai pagani, ma teme di rendere pubblica e ufficiale la sua iniziativa.
Così è nell’episodio che abbiamo appena ascoltato. Da una parte l’audacia e l’intraprendenza, alla limite della temerarietà. Dall’altra l’indecisione, la debolezza, i condizionamenti.
Sarà così nella chiesa di tutti i secoli. Per il successore di Pietro e per i singoli cristiani. Di fronte alla possibilità di gesti coraggiosi, che ci rendono più simili al Maestro, dopo un momento di slancio prevale la prudenza, il realismo piatto di chi ha paura di rischiare troppo, la scelta di comportamenti più ragionevoli, mentre la parola di Gesù ci inviterebbe a non fermarci, a proseguire con audacia, ad avere una fede più ferma.
L’episodio è figura della chiesa, piccola barca tra le tempeste del mondo. E Pietro, che pure la guida, non ci vede chiaro, chiede un segno, sta per affondare, perché la sua fede è troppo piccola.
Ma questa è la chiesa. Gesù è sul monte che prega per noi, che siamo come una barchetta affidata alle onde in tempesta e pieni di paura.
Nella nostra vita ci sono dei momenti in cui sembra che tutto ci crolli addosso: la perdita del posto di lavoro, una grave malattia, la scomparsa di una persona amata… Quello che era il mare calmo si fa tempesta.
Ci rivolgiamo a Dio, ci aggrappiamo a lui come all’ultima speranza. Ci facciamo delle domande: « Perché? È da Dio che viene questa prova? ». Vorremmo anche noi chiedere: « Se sei veramente tu, perché non risolvi in un colpo solo i miei problemi? ». Ma non succede nulla.
Gesù il più delle volte non compie il miracolo. Ci chiede invece di avere una fede più grande, che ci farà vedere la nostra situazione con occhi nuovi. Ci darà però la mano che ci sorreggerà mentre camminiamo sulle acque in tempesta.
Scrive l’eroico pastore battista inglese John Bunyan (1628-1688), facendo parlare Gesù: « Seguire me non è come seguire altri maestri. Il vento mi sbatte sempre contro il viso, e per questo la rabbia spumeggiante del mare di questo mondo, e le sue onde orgogliose e altere percuotono continuamente i fianchi della barca o della nave nella quale ci troviamo io, la mia causa e i miei seguaci; chi pertanto non vuole correre pericoli, o ha paura di rischiare di annegare, non metta piede in questo vascello ».

Il mondo è come il mare
Il vangelo racconta che Cristo Signore camminò sulle acque e che l’apostolo Pietro nel camminare sulle acque ebbe paura: diffidando, affondava; ma quando ebbe ritrovato la fede, riemerse. Riflettiamo al comportamento di Pietro, che in quella occasione era figura di tutti noi: ora si fida, ora dubita, ora si ritiene immortale, ora ha paura di morire. Quando ebbe fiducia nel Signore, ricevette forza da lui. Quando come uomo ebbe paura, si rivolse nuovamente al Signore, e questi, porgendogli il sostegno del suo braccio destro, lo afferrò mentre affondava, rimproverandolo per la sua diffidenza: « Uomo di poca fede! » (Mt 14,31). Il mondo è come il mare: vento violento, tempesta furiosa. Per ognuno di noi le passioni sono come la tempesta. Se ami Dio, cammini sul mare e il furore del mondo è sotto i tuoi piedi. Se ami il mondo, questo ti travolgerà: esso infatti sa divorare coloro che lo amano, non sostenerli. Ma quando il tuo cuore è agitato dalla passione, per vincerla invoca il Figlio di Dio. E se il tuo piede vacilla e hai dei dubbi, se non riesci a superare la difficoltà, se cominci ad affondare, grida: « Signore, salvami! » (sant’Agostino).

Da (fonte autorizzata): Umberto DE VANNA sdb

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