11 DICEMBRE 2016 | 3A DOMENICA DI AVVENTO A | OMELIA
Per cominciare
« Rallegratevi sempre nel Signore », dice l’antifona d’inizio. E anche Isaia nella prima lettura invita « il deserto e la terra arida a rallegrarsi, perché vedranno la gloria del Signore ». San Giacomo (seconda lettura) proclama: « Rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina ». L’Avvento procede, siamo ormai a due settimane esatte dal Natale. Ma il motivo più forte di una gioia grande è che Gesù viene per noi, « smarriti di cuore » (Isaia), viene per i ciechi, gli storpi, i sordi, i poveri… (vangelo) ed è beato chi non si scandalizza di un messia così diverso da come gli ebrei se lo aspettavano.
La parola di Dio
Isaia 35,1-6a.8a.10. Gesù rispondendo agli inviati del Battista, fa riferimento in modo esplicito a un passo della cosiddetta Apocalisse Minore di Isaia (capitoli 34-35). Quel testo, opera di un profeta anonimo dell’esilio babilonese (VI secolo a.C.), « canta il gioioso ritorno dell’Israele perseguitato dai campi di concentramento e dai lager di Babilonia verso il focolare nazionale di Palestina… » (Gianfranco Ravasi). Sono parole di gioia.
Giacomo 5,7-10. La prima comunità cristiana pensava imminente la seconda venuta di Gesù. Forse è questa la prospettiva dell’invito di Giacomo alla pazienza, alla laboriosità, alla testimonianza profetica. Dice: « La venuta del Signore è vicina. Ecco, il giudice è alle porte, rinfrancate i vostri cuori ».
Matteo 11,2-11. Giovanni Battista è in carcere per aver avuto il coraggio di denunciare i potenti di questo mondo. Gesù ne fa un elogio senza misura: « Tra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista »; ma è anche un profeta in crisi di fronte a Gesù, messia così diverso da come se lo aspettava e che invita i suoi discepoli a intervistarlo perché finalmente riveli la sua identità.
Riflettere
Siamo ormai a 15 giorni dal Natale. La terza domenica di Avvento è già attraversata dalla gioia per l’imminenza dell’arrivo del Figlio di Dio nella nostra umanità.
La parola di Dio (la lettura di Isaia) ci invita con maggior chiarezza ad accogliere Gesù nella sua vera identità di messia mite, solidale e pacifico. Sono le caratteristiche a cui si rifà esplicitamente Gesù stesso nel brano di vangelo.
È proprio questo che disorienta il Battista, ancora protagonista in questa domenica. Egli ha una certa idea del messia, che descrive come un personaggio potente, che realizzerà una giustizia implacabile e senza misericordia. Ha visto lo Spirito posarsi su di lui, ha capito che Gesù è l’inviato di Dio, il messia che doveva venire, ma lo trova così diverso da come se lo è figurato e da come lo ha presentato. Non solo, Gesù lascia che lui, il Battista, che pure è dei suoi, che gli ha aperto e preparato la strada, marcisca in prigione. E dal duro carcere del Macheronte, presso il mar Morto, manda i suoi discepoli a chiedere: « Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro? ».
Gesù risponde agli inviati del Battista facendo riferimento a ciò che essi stessi possono « vedere e sentire ». Afferma di essere venuto per evangelizzare i poveri, liberare l’umanità ammalata, emarginata e sofferente. Gesù parla e agisce. Sono i fatti che rivelano la sua identità, che assicurano a coloro che vedono che è iniziato il regno di Dio.
Infine aggiunge una nuova beatitudine, quella di chi « non trova in lui motivo di scandalo ». Gesù con queste parole delude le attese dei discepoli del Battista e di quanti sono sempre in attesa dell’intervento di un Dio vincitore, che fa piazza pulita di tutti i nemici del bene. Mentre Gesù presenta il volto di un Dio paziente e mite, che sa attendere e rispettare la libertà dell’uomo.
Gesù però in questa circostanza fa una doppia rivelazione: afferma che il Battista è colui che è venuto a preparargli la strada, e parla di se stesso come del messia, anche se si presenta in modo così diverso da come il Battista lo ha descritto. Riconosce infine la testimonianza del Battista e il suo coraggio: non è « una canna sbattuta dal vento, né un uomo vestito con abiti di lusso ». È un uomo così simile a Gesù, che ha scelto per sé uno stile essenziale di vita.
Attualizzare
La venuta del messia porta pace e novità nel mondo. Sono le immagini piene di suggestioni di Isaia. Sono un’illusione? Il mondo sta realmente diventando il regno di Dio? Va verso il meglio? I giovani stessi dicono che si stava meglio ieri. Anche gli anziani, che però aggiungono: « La storia è sempre la stessa… ». E noi? Ci vuole fede per riconoscere l’intervento di Dio e il progresso che c’è stato. Un progresso che da sempre passa attraverso gli « uomini nuovi », che amano e sono miti e pazienti come Gesù.
Siate costanti, dice Giacomo. E la costanza, così come la pazienza e la mitezza, sono le caratteristiche dei forti, di chi non si arrende, di chi sa che solo così si può portare frutto e costruire la città di Dio. « Se sapessi che il mondo deve finire oggi, io pianterei lo stesso un albero di melo », sembra che abbia detto Martin Lutero, dichiarando di non voler gettare la spugna mai, nemmeno di fronte all’evidenza, fiducioso in Dio.
Chi è costante non si rassegna. Si impegna con serenità. È costante chi sa dove vuole arrivare e ci arriva con tutti i mezzi, raggirando gli ostacoli e attendendo il momento giusto. È costante colui che è molto saggio e motivato. Che sa che Dio e la nostra fede sono l’unica certezza che esista al mondo. Mentre tutto il resto passa e non ha senso attaccarci il cuore.
Il Battista sembra anche lui impaziente, anzi, quasi dubbioso o in crisi. È uno sconfitto, eppure si è affidato unicamente a Dio. È lo scandalo che possiamo patire anche noi di fronte alla grotta di Betlemme. Di fronte a Dio che sceglie un modo così indifeso e mite di entrare nel mondo.
Guardando questa grotta si può essere presi immediatamente da tanta tenerezza, ma andando oltre, al di là della poesia, si può cogliere lo stile di Dio nel proporre all’uomo la salvezza. È così, con mezzi poveri, senza fare alleanze con i potenti e senza violenza che Gesù sceglie di predicare il suo vangelo per la salvezza del mondo.
Siamo ormai vicini al Natale. La grancassa del consumismo ha già rispolverato tutto il suo splendore di luci per sbalordirci e farci vivere un Natale fatto di una allegria senza interiorità. Natale che invece è attesa di una realtà e di una festa ben più grande, quella di Dio che viene a noi.
Il mio Dio è fragile.
« Il mio Dio
non è un Dio duro,
impenetrabile,
insensibile,
impassibile.
Il mio Dio è fragile.
È della mia razza.
E io sono della sua.
Il mio Dio conosce
la gioia umana,
l’amicizia.
Le cose belle della terra.
Il mio Dio ha avuto fame,
ha sognato,
ha conosciuto la fatica.
Il mio Dio ha tremato
davanti alla morte.
Il mio Dio ha conosciuto
la tenerezza di una mamma »
(Juan Arias).
Don Umberto DE VANNA sdb