20 NOVEMBRE 2016 | 34A DOMENICA: CRISTO RE – T. ORDINARIO – ANNO C | OMELIA
20 NOVEMBRE 2016 | 34A DOMENICA: CRISTO RE – T. ORDINARIO – ANNO C | OMELIA
Per cominciare
L’anno liturgico si conclude con la festa di Gesù Cristo, re dell’universo. Gesù è indiscutibilmente in una posizione unica e regale di fronte all’umanità, ma la sua regalità non è a somiglianza di quella dei re di questo mondo.
La parola di Dio
2 Samuele 5,1-3. Davide viene unto re di Israele e succede a Saul. Le tribù gli dichiarano la loro soddisfazione e gli assicurano la loro fedeltà. Gesù è discendente di Davide, per parte di Giuseppe, suo padre legale.
Colossesi 1,12-20. Paolo descrive le caratteristiche di Gesù che lo fanno assolutamente grande. Gesù è immagine di Dio e capo della chiesa, l’alfa e l’omega di ogni creatura.
Luca 23,35-43. Gesù viene crocifisso tra due malfattori. Uno lo insulta e unisce la sua voce a chi gli dichiara di non essere né messia, né re. Il « buon ladrone » viene invece toccato dall’innocenza di Gesù e dal suo modo di soffrire; prega e ottiene la salvezza.
Riflettere
Nella seconda lettera ai Corinzi, Paolo dice: « Noi non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore » (4,5), e nella sua prima lettera aveva scritto: « Noi predichiamo Cristo crocifisso » (1,23). Quando Paolo vuole riassumere in una sola espressione l’essenza dell’annuncio cristiano, questa è sempre la stessa: Gesù crocifisso e risorto.
Nella chiesa primitiva Gesù non è più quello che predica, come nella sua vita pubblica, quanto colui che è predicato. È questo il passaggio avvenuto dal tempo di Gesù a quello della chiesa.
Con la sua Pasqua Gesù ha stabilito il regno di Dio nella sua persona. Se nella vita pubblica il nucleo della sua predicazione era: « Il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al vangelo », ora il cuore della chiesa che annuncia è lui, il Cristo crocifisso e risorto. « Dio ha costituito Gesù Signore e Cristo, convertitevi e fatevi battezzare », dice Pietro dopo la Pentecoste (At 2,36-38).
Anche la parola vangelo acquista sfumature nuove. Il vangelo, la buona notizia predicata da Gesù, ora diventa il vangelo di Gesù, la buona notizia riguardante la persona e la vicenda di Gesù.
Naturalmente non c’è rottura o contrasto tra il Gesù che predica e il Gesù che è predicato. È lo stesso Gesù, che gli uomini hanno crocifisso, che il Padre ha costituito Signore. È lo stesso Spirito, che nella vita pubblica è sceso su Gesù e ne ha ispirato le parole, che ora spinge la chiesa a parlare di lui, a proclamare la sua signoria, a ricordare che non c’è salvezza tra gli uomini se non in lui, nel risorto Gesù.
Il momento del passaggio è chiaro: è la risurrezione che fa da spartiacque. È la risurrezione che costituisce Gesù Figlio di Dio con potenza. Certo, Gesù era Figlio di Dio anche prima, ma lo era nella debolezza della sua umanità, nell’impotenza, nell’umiltà. Ora invece è Figlio nell’autorità e nella pienezza della sua autorità divina, perché gli è stato conferito ogni potere in cielo e in terra.
Le autorità ebraiche hanno voluto impedire alla parola di Dio fatta uomo di parlare a nome del Padre e lo hanno consegnato perché fosse crocifisso. Scelta drammatica, quella del popolo di Israele. Scelto da Dio tra tutti i popoli attraverso Abramo, Mosè e i profeti, fallisce proprio nel momento più importante. Volendo difendere la propria identità con l’attaccamento alle proprie leggi e tradizioni, si chiude in se stesso e non accoglie la presenza di Dio che si manifesta in Gesù, rifiutando la propria salvezza e il compito di portarla al mondo. Infatti con la risurrezione di Gesù, il Padre non solo dà pieno riconoscimento alla vita del figlio, ma affida alla chiesa il compito di continuare e portare a compimento l’alleanza.
Anche oggi Gesù ha la stessa forza e potenza che ha acquisito nel giorno della risurrezione: La sua parola nella chiesa ha la stessa efficacia che aveva quando affascinava la folla, quando diceva: « Vieni e seguimi » e la gente lo seguiva.
È questo il significato della festa che stiamo celebrando a conclusione dell’anno liturgico. Gesù è re in questo senso, non a somiglianza dei sovrani di questo mondo, ma nella potenza della sua risurrezione.
Attualizzare
Quando nel 1925 Pio XI – in anni di dittatura – ha istituito questa festa, forse le sue intenzioni erano quelle di ricordare che Gesù passa a giudizio tutti i governanti della terra e che la loro gloria non è che qualcosa di effimero e di piccolo, rispetto alla regalità di Gesù.
Ma l’obiettivo centrale di questa festa è quello di giungere a riscoprire Gesù, di metterlo al centro della nostra vita e della nostra predicazione.
Dobbiamo anche predisporci ad accoglierlo nel prossimo Avvento, così come lo ha accolto Maria nel suo grembo per donarlo agli uomini. Perché Cristo regni e porti significato e gioia alla vita di ogni persona. Perché festeggiare Cristo Re significa costruire il regno di Dio nella nostra vita e nel mondo.
Nel brano di Luca vediamo riassunti nei due malfattori i due atteggiamenti che si sono manifestati davanti alla passione e morte di Gesù.
Nel primo malfattore, l’atteggiamento religioso degli ebrei, che non potevano accettare che il messia fosse uno sconfitto. Anzi, proprio questa ai loro occhi è la prova schiacciante che questo Gesù non può essere il messia, perché è un perdente. « Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi ». Niente di più naturale: Gesù ha dimostrato molte volte poteri divini: adesso li usi anche nei propri confronti.
Anche i soldati lo scherniscono e lo sfidano proprio in forza di ciò che lui ha dichiarato e dicono: « Se tu sei davvero il re dei Giudei… ». Glielo hanno scritto anche sulla croce, gli hanno messo un mantello regale e una corona… di spine.
L’altro malfattore invece, proprio per come muore Gesù, o forse perché aveva già conosciuto Gesù in precedenza e lo aveva sentito parlare, si affida a lui, si mette nelle sue mani, gli consegna la propria salvezza definitiva. E la ottiene: « Oggi sarai con me in paradiso ».
« Oggi », dice Gesù, con un atto di fede lucidissimo. « Sarai con me », gli dice coinvolgendolo nel suo destino. « Nel paradiso », in una salvezza che non è di questo mondo.
Scrive Cirillo di Gerusalemme: « Ricordati di me, Signore. Ogni uomo ha simpatia per il proprio compagno di strada. Noi due siamo compagni di strada che porta alla morte. Ricordati di me, tuo compagno di strada ».
Questo « buon ladrone » venne giustamente presentato nei primi secoli della chiesa come il modello del perfetto catecumeno, che si lascia commuovere e convertire da Gesù, si mette alla sua sequela, ne condivide la sorte.
Quando il popolo si ostina a volere un re
« Il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: « Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai ». Ma Gesù gli rispose: « Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto » (Mt 4,8-10). Gesù rifiuta la grande occasione che il potere gli offre. Da quanto sta scritto, sembra che Gesù non sia venuto a esercitare un potere, e nemmeno a esercitare un potere a fin di bene, in vista di qualcosa di in-finitamente più grande. Nemmeno l’instaurazione del Regno di Dio può giustificare l’uso del potere. Piuttosto nulla. È una parola durissima. Il Regno deve venire, deve crescere come un seme, con tutti i rischi che ciò comporta; il Regno non può essere istituito con un patto tra potenti. Piuttosto nulla. Ogni volta che cercano Gesù per farlo re, egli scappa e si nasconde (Gv 6,15). Il popolo d’Israele continua a volere il suo re (cf 1Sam 8,10-20), e questa volta mostra di aver scelto giusto, il migliore! Ma Gesù, forse, vuole metterci in guardia: il problema è il potere, non chi lo esercita. Soltanto una volta accetta di essere definito « Re dei Giudei »: davanti a Ponzio Pilato. Ma a quel punto si tratta di un re senza corona e senza scorta, senza potere » (Claudio Belloni).
Don Umberto DE VANNA sdb
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