6 NOVEMBRE 2016 | 32A DOMENICA T. ORDINARIO – ANNO C | OMELIA

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6 NOVEMBRE 2016 | 32A DOMENICA T. ORDINARIO – ANNO C | OMELIA

Per cominciare
A pochi giorni dalla festa dei Santi e dalla commemorazione dei fedeli defunti, e avvicinandoci al termine dell’anno liturgico, siamo ancora invitati a riflettere sull’aldilà. « Dio non è dei morti, ma dei viventi: perché tutti vivono per lui », dice Gesù, rispondendo ai sadducei, che non credono alla risurrezione dei morti.

La parola di Dio
2 Maccabei 7,1-2.9-14. Durante l’eroica resistenza degli ebrei contro la feroce persecuzione di Antioco IV, avviene la coraggiosa vicenda del martirio dei sette fratelli « Maccabei » e della loro straordinaria madre, che li invita a non tradire la fede, neanche di fronte alla morte.
2 Tessalonicesi 2,16 3,5. Continua la lettera agli abitanti di Tessalonica. Paolo ricorda loro l’amore di Dio e la speranza che li conforta e li conferma nel bene. E li invita a pregare per lui, che ha il compito diffondere la parola del Signore.
Luca 20,27-38. I sadducei pongono a Gesù un loro ragionamento paradossale, per dimostrargli l’assurdità della risurrezione dei morti, così come sostengono i farisei. Come sempre Gesù non si sofferma al grossolano esempio che gli viene proposto, ma parla dell’aldilà come di una situazione del tutto nuova e non come a un semplice prolungamento della nostra attuale situazione di vita.

Riflettere
L’anno liturgico sta per finire. Non ci deve stupire quindi che in queste ultime domeniche ritornino i temi legati alle realtà ultime. Oggi siamo invitati in modo particolare a riflettere e a confermare la nostra fede nella risurrezione dei morti.
È sotto il nostro sguardo la parola di Dio. La prima lettura, ripresa dal 2° libro dei Maccabei, ci riporta alcuni passaggi del racconto del martirio di « sette fratelli ».
È un racconto stupendo, che ha influenzato in seguito molti dei primitivi atti dei martiri cristiani. Si tratta del periodo della più feroce persecuzione di Antioco IV Epifane contro gli ebrei.
Dopo aver raccontato il martirio del vecchio Eleazaro, che, fedele a se stesso e alla sua lunga vita, preferisce la morte piuttosto che tradire la legge, viene proposto questo brano dei sette fratelli Maccabei e della loro madre. La forza di questa donna e dei suoi giovani figli non è ingenuità o incoscienza. È la convinzione sicura che Dio darà al loro corpo maltrattato dai carnefici la risurrezione definitiva. E la fede di questi fratelli e della loro madre è la fede più certa e matura su questa verità, di tutto l’antico testamento.
Ci sorprendono le stupende parole piene di fede di questi ragazzi. Il secondo dice: « Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re del mondo, dopo che saremo morti, ci risusciterà a vita nuova ed eterna ».
Con parole simili e anche più forti, muoiono gli altri. Ma sono commoventi e piene di fede le parole della madre, che dice: « Io non so come siete apparsi nel mio seno: non vi ho dato io lo spirito e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi. Senza dubbio il creatore del mondo per la sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita… ».
Facciamo qui subito un’applicazione alla nostra fede, mettendola a confronto con quella di questi coraggiosi. Essi non vogliono mangiare carne suina per rispettare la legge. Noi oggi, un po’ tutti, anche i religiosi e i preti, siamo più liberi, più evoluti, meno legati. Riconosciamo però alcuni punti fermi? Ben individuabili? Qualcosa per la quale siamo disposti a giocare la nostra vita, a essere fedeli, se è necessario, fino alla morte?
Ed ecco il vangelo. Alcuni sadducei si rivolgono a Gesù. La loro forse non è una vera domanda, ma una provocazione. Essi seguono l’antica dottrina di Israele e non credono nella risurrezione. In questo si opponevano direttamente ai farisei. Ma un po’ tutti al tempo di Gesù avevano le idee poco chiare su ciò che sarebbe capitato all’uomo dopo la morte. Anche i farisei, che sostenevano la sopravvivenza, la attribuivano normal-mente solo ad alcuni e in genere ne avevano una concezione piuttosto materiale.
I sadducei presentano a Gesù un caso paradossale, pieno di ironia. Gesù non accetta di discutere su quel loro piano pretestuoso. Tra l’altro pochi versetti prima si afferma che i maestri della legge avevano mandato da Gesù alcuni spioni per coglierlo in fallo. Anche la questione dei sadducei poteva avere questo scopo.
Per noi comunque è difficile comprendere la legge del « levirato », secondo la quale se un uomo moriva e non lasciava figli, uno dei fratelli doveva unirsi alla vedova per dargli una discendenza. Ma se ci pensiamo, questa è anche la conseguenza dei dubbi sul dopo morte: se non si è certi dell’aldilà, l’unico modo per continuare a vivere è avere una discendenza che prolunghi in qualche modo la nostra esistenza.
Gesù questa volta, di fronte a un caso paradossale, non se la cava con una risposta ad effetto, come in altre circostanze, ma risponde e lo fa con grande chiarezza, anche se con poche battute.
La risposta di Gesù si articola in due parti. Intanto non accetta l’immagine dell’aldilà presentata dai sadducei. Voi, dice Gesù, siete grossolani e materiali nel guardare alla risurrezione. « Quelli che sono giudicati degni della via futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie, né marito… poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio ». Gesù di fatto non dà particolari e non ci dice come vivrà l’uomo nell’aldilà. La risurrezione ci sarà, dice, ma condurrà a un modo di vivere profondamente nuovo.
L’aldilà non spezzerà i legami terreni (le madri e le spose saranno tali anche nell’aldilà), ma in modo imprevedibilmente nuovo. Paolo fa il paragone del seme e della spiga. Il nostro corpo è seminato in terra e nell’aldilà nasce la bella spiga, la vita nuova, che era già tutta contenuta, anche se in modo diverso, nel seme (cf 1Cor 15,35-38).
La seconda parte della risposta è anche più netta. Gesù scavalca le discussioni e si riferisce direttamente a Dio. Dà una visione della sopravvivenza veramente originale, rifacendosi all’amore di Dio per l’uomo, alla fedeltà di Dio. Afferma: poiché Dio ama l’uomo, non può lasciarlo in balia della morte. La certezza quindi della risurrezione si fonda sul Dio della vita: « Dio non è dei morti, ma dei viventi… ».
Ma la forza dell’argomentazione di Gesù si fonda anche sulla dignità dell’uomo. Tra Dio e l’uomo che vive nella giustizia si realizza un patto. Dio è presente nell’uomo e opera in lui. L’aldilà non è quindi tanto un premio « meritato » dall’uomo, quanto la continuità di un patto esistenziale realizzato con il Dio della vita.
Allora è bene guardare con occhi nuovi anche la realtà della morte e la pienezza di vita che ci attende.
I sadducei in un certo senso pongono una domanda che vale per l’uomo di ogni tempo. Molti anche oggi la pensano allo stesso modo, e vivono come se l’aldilà non li riguardasse o lo fanno con un senso di fastidio. Eppure la nostra vita è un continuo morire ogni giorno e un nascere ogni giorno all’eternità. E più che temere la morte, dobbiamo imparare a vivere bene. Ce lo dice anche san Cirillo con queste parole semplici: « La speranza della risurrezione è la radice di ogni buona azione: l’attesa del premio irrobustisce l’anima. Ogni operaio è pronto a sopportare la fatica se ne prevede la ricompensa. Ogni anima che crede nella risurrezione ha cura di se stessa. Quella invece che non crede nella risurrezione si abbandona alla rovina. Chi crede che il corpo rimane per la risurrezione ha cura di questa veste dell’anima e non la sporca…. ».
Sarà da ricercare qui il perché tanta gente del nostro tempo, in particolare i giovani, consumano la loro esistenza nell’abbandono insensato delle proprie energie e nella trascuratezza spirituale. Essi non conoscono lo splendido destino che attende l’uomo. San Giovanni Bosco diceva loro: « In ogni nostro lavoro, pena o dispiacere, non dimentichiamo mai che Dio tiene minutissimo conto di ogni più piccola cosa fatta nel suo santo nome e che a suo tempo ci compenserà con abbondante misura ».

Attualizzare
Quanti oggi credono nell’aldilà? Quanti pensano con fede sicura che esiste una vita futura in Dio per ciascuno di noi? Su internet una ragazza domanda a chi frequenta il suo sito: « Credete nel paradiso? Che un giorno ci sarà un’altra vita dopo questa? ». Arrivano le risposte, tutto sommato abbastanza incerte:
- « Non so a che credere. Mi piacerebbe che esistesse, ma se poi ci sbagliamo, magari invece del paradiso ci incarniamo in un animale o in qualcos’altro… E se invece non ci fosse nulla? Sarebbe però bello rincontrare tutti i parenti e gli amici defunti, ma… ».
- « Io ci credo… forse mi prenderai per stupida, ma io credo che una volta morti si possano incontrare in paradiso tutte le persone a cui si voleva bene… io credo a questo!! ».
- « Sì, io ci credo… credo in Dio… Credo nel paradiso… Ho fede! ».
- « Sì, io ci credo ciecamente… e credo anche che dopo la vita ci sia un mondo parallelo o qualcosa del genere! ».
Stando a ciò che afferma chi studia il fenomeno delle sette, una persona su quattro crederebbe più alla reincarnazione che alla risurrezione.
Se i testimoni di Geova e alcune sette sono sempre lì pronte a stabilire delle date sulla fine del mondo e altri visionari, anche cattolici, sanno descrivere con precisione come sono il paradiso, l’inferno e il purgatorio, Gesù non scende a particolari e non ci dice nulla su come l’uomo vivrà nell’aldilà.
Ciò che a noi preme è anche sapere se ritroveremo i nostri cari: il marito, la moglie, i figli, coloro che amiamo. Li rivedremo? Certamente sì, anche se con modalità diverse che ci sfuggono. Ciascuno di noi infatti sarà sempre se stesso, anche nell’aldilà. E noi siamo quel che siamo e come siamo grazie ai rapporti avuti con gli altri, all’amore condiviso e donato. Tutto questo non può andare perso. Gesù vive oggi con i segni della sua passione e continua a essere il figlio di Maria e di Giuseppe, oltre che la terza persona della Trinità.
Gesù ci assicura che la risurrezione sarà un prolungamento sostanziale della vita presente, non in senso fisico materiale, ma nel senso che la vita e le scelte di oggi e la ricchezza personale di ognuno diventano premessa e anticipazione di « ciò che Dio ha riservato a coloro che lo amano », come dice Paolo (1Cor 2,9-10.12).
Quanto al futuro ultimo, « È certo che i morti risorgono », dice Gesù: « lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui » (Lc 20,37-38).
Dice lo scrittore Léon Bloy, parlando dell’aldilà: « Mi toglierò tante curiosità »; e il cardinal Biffi: « Ho giocato tutto per Gesù e non conosco nemmeno il colore dei suoi occhi ». Santa Teresa esclamava, alla vigilia della sua morte, riferendosi a Gesù: « Finalmente ci vediamo! ».
Sull’aldilà non mancano interrogativi. Lo spiraglio di luce non verrà però dallo scetticismo dei sadducei, che negano la sopravvivenza, ma dalla fede nel Dio vivente. È questa fiducia radicale nel Dio che può agire in noi che farà di noi dei testimoni gioiosi della vita futura e ci darà il coraggio delle scelte difficili.

All’improvviso rivive
« Inutilmente, o fratelli, ha abbracciato la fede, e inutilmente è vissuto, chi pensa di essere nato solo per morire. O uomo, che cosa sorge per te, che non tramonti? E che cosa tramonta per te, che non risorga? Il sole ogni giorno nasce, ogni giorno muore: poi risorge alla mattina. Le stagioni, quando passano muoiono; quando ritornano, rivivono. Perciò, o uomo, credi almeno ai tuoi occhi, non opporti alle cose che ti predicano incessantemente la tua risurrezione. Prendi un chicco secco di frumento, scava la terra, seppelliscilo. All’improvviso rivive, diventa germe, cresce e matura, risorge in tutta la bellezza e la forma che tu piangevi morta » (san Pietro Crisologo).

Don Umberto DE VANNA sdb

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