IL TEMPO DELLE «SETTE PASQUE»
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IL TEMPO DELLE «SETTE PASQUE»
di Antonio Tarzia
Ogni religione che si richiami ad Abramo, ogni confessione cristiana ha la sua pasqua: tutte simili e tutte diverse, legate al filo rosso della tradizione biblica, dove c’è un agnello da sacrificare, pane azzimo, erbe amare, coppe di vino, preghiere e canti di antiche liturgie. Ne I Vangeli di Pasqua (editi nel 1993 dalla Periodici San Paolo) monsignor Gianfranco Ravasi presenta con accurata e affascinante documentazione almeno «sette pasque» diverse. Da quella sobria e un po’ laica dei fratelli evangelici, «Pasqua dei protestanti» tutta racchiusa nella celebrazione della Parola e del canto (come non ricordare l’oratorio musicale di Johann Sebastian Bach, capolavoro e vertice di spiritualità!) a quella più antica dei figli del deserto, «Pasqua dei nomadi», che si celebra ancora oggi sotto la tenda dei beduini. All’arrivo della primavera si festeggia la partenza verso i nuovi pascoli mangiando pane azzimo ed erbe del deserto. L’agnello già sacrificato è appeso al palo. Molti sono gli agnelli che si sacrificano sul monte Garizim (a 5 chilometri da Nablus). Qui si celebra, chiaramente legata ai dettami del Pentateuco, la «Pasqua dei samaritani» popolo di antica eresia che troviamo citato più volte nell’Antico Testamento e in quasi tutti i Vangeli. Gesù fa di alcuni samaritani i protagonisti delle sue parabole. In Terra Santa come in ogni casa di ebrei sparsa per il mondo, la settimana dopo il plenilunio di marzo si celebra ogni anno la «Pasqua giudaica» con il complesso e solenne rito descritto nell’Esodo, con il canto dell’haggadah (narrazione dialogata tra padre e figlio, fonte e trasmissione della tradizione religiosa) e dell’hallel (salmi 114-118). Quindi il pane azzimo, le coppe di vino e le benedizioni. Gesù nell’ultima cena celebrò questa Pasqua che elevò a sacramento con l’istituzione dell’Eucaristia. «Pasqua di Gesù e dei cristiani»: i cattolici in tutto il mondo celebrano secondo il Vangelo la loro Pasqua di morte e di resurrezione del Signore che va dalla Domenica delle palme fino al « gloria » di Pasqua. Memoriale ed evento di salvezza nella storia dell’uomo. Cresciuta su radici bibliche ma legata alle prescrizioni coraniche è la «Pasqua araba». L’agnello che si immola non è un richiamo a quello della notte dell’Esodo ma fa memoria del sacrificio di Abramo che, secondo il Corano (Sûra 37,99-113), porta sul monte Mòria per offrirlo a Dio il giovane Ismaele. Se sono simili i riti e le preghiere pasquali, non è ancora comune la data della celebrazione. Anche tra i cristiani c’è un diverso calendario secondo le confessioni. Nel 2010 coincidono la festività cattolica con la «Pasqua ortodossa». I fratelli ortodossi cominciano con i riti del «grande Giovedì» (istituzione dell’Eucaristia, lavanda dei piedi e tradimento di Giuda) per culminare con il grido del mattino di Pasqua «Gesù Cristo vince!» (Iesus Christòs nikà!). Intanto i fedeli nelle chiese si scambiano tre baci esclamando: «Cristo è risorto!» e rispondendo «Veramente è risorto!».
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