Archive pour le 6 mai, 2016

THE HOLY TRANSFIGURATION OF OUR LORD,

THE HOLY TRANSFIGURATION OF OUR LORD, dans immagini sacre Preobrawenie

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ALZIAMO LO SGUARDO E I SENSI VERSO LE PORTE CELESTI DI MANUEL NIN

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ALZIAMO LO SGUARDO E I SENSI VERSO LE PORTE CELESTI DI MANUEL NIN

fonte: (L’Osservatore Romano 2 giugno 2011)  

L’Ascensione, celebrata il quarantesimo giorno dopo la Risurrezione, è una delle grandi feste comuni a tutte le Chiese cristiane. Testimoniata già da Eusebio di Cesarea attorno al 325, nella tradizione bizantina si prolunga per una settimana nella sua ottava. Due tropari del mattutino sono dell’innografo Romano il Melode (+555) e appartengono al lungo kontàkion, inno che Romano compone per la festa e nel quale si snodano i diversi aspetti teologici della celebrazione, che porta nei libri liturgici bizantini il titolo di Ascensione del Signore e Dio e salvatore nostro Gesù Cristo. Romano parte dalla narrazione biblica dell’ascensione nel vangelo di Luca e negli Atti degli apostoli, e la sviluppa lungo le 18 strofe del poema, ognuna delle quali si conclude sempre con lo stesso versetto: « Non mi separo da voi. Io sono con voi e nessuno sarà contro di voi », che riprende tre testi biblici (Aggeo, 1, 8, Matteo, 28, 20 e soprattutto Romani, 8, 31). Tutta l’economia della salvezza portata a termine da Cristo è vista da Romano come la restaurazione della piena comunione tra il cielo e la terra, di cui l’Ascensione diventa il sigillo: « Compiuta l’economia a nostro favore, e congiunte a quelle celesti le realtà terrestri, sei asceso nella gloria, o Cristo Dio nostro, senza tuttavia separarti in alcun modo da quelli che ti amano; ma rimanendo inseparabile da loro, dichiari: Io sono con voi, e nessuno è contro di voi ». L’ascensione del Signore, inoltre, non è un allontanarsi dagli uomini, un lasciarli soli, bensì un pegno del suo amore, della sua consolazione: « Eleviamoci, leviamo in alto occhi e mente, alziamo lo sguardo e i sensi verso le porte celesti, pur essendo mortali; immaginiamo di andare al monte degli Ulivi e di vedere il Redentore portato da una nube: di là, lui che ama donare, ha distribuito doni ai suoi apostoli, consolandoli come un padre, guidandoli come figli e dicendo loro: Non mi separo da voi: io sono con voi e nessuno è contro di voi ». Romano si sofferma poi sulla protezione e la cura che il Signore ha avuto e ha dei discepoli e della Chiesa. Con un’immagine presa dal Deuteronomio (32, 11), Cristo sul monte dell’ascensione è paragonato all’aquila che dall’alto sorveglia e protegge la sua nidiata, immagine che la tradizione bizantina poi applica anche alla cura del vescovo verso la sua chiesa: « I discepoli, condotti sul monte degli Ulivi, circondavano il loro benefattore, e lui stendendo le mani come ali, coprì come un’aquila il nido affidato alle sue cure e disse ai suoi uccellini: Vi ho protetti da ogni male: amatevi dunque come io vi ho amati. Non mi separo da voi: io sono con voi e nessuno sarà contro di voi. Come Dio e Creatore dell’universo io stendo sopra di voi le mie mani, quelle legate e inchiodate sul legno. Nel chinare il vostro capo sotto queste mani voi riconoscete quel che faccio: io impongo su voi le mie mani come battezzandovi e vi mando pieni di luce e di saggezza ». L’ascensione provoca la tristezza e il lamento degli apostoli che presentano a Cristo l’elenco di ciò che ognuno di essi ha fatto e lasciato, quasi un modello delle condizioni richieste al cristiano: « Abbiamo rinunciato a tutta la nostra vita, siamo diventati stranieri e pellegrini sulla terra. Pietro, il primo tra di noi a farsi tuo seguace, si privò di tutti i suoi averi. Andrea suo fratello abbandonò i suoi beni terreni e si caricò sulle spalle la tua croce. Tu vuoi trascurare e disdegnare l’amore dei figli di Zebedeo? Essi ti anteposero perfino il loro padre. Noi amiamo te più di ogni altro ». Romano descrive ancora l’ascensione di Cristo con profusione di dettagli, servendosi di versetti dei Salmi letti in chiave cristologica: « Dio fece segno ai santi angeli che preparassero per i suoi santi piedi la salita, ed essi gridarono a tutti i principati celesti: Sollevate i cancelli e spalancate le gloriose porte celesti per il Signore della gloria! O nubi, distendetevi sotto colui che avanza. Signore, il tuo trono è pronto. Innalzati, vola sulle ali del vento ». È da notare ancora il collegamento tra la nube che copre e nasconde Cristo allo sguardo degli apostoli e Maria sua madre: « La nuvola discese ad accogliere colui che è il condottiero delle nubi, lo prese e lo sorresse: o piuttosto fu sorretta, poiché quello stesso che era portato portava colei che lo reggeva, come una volta Maria. La Scrittura allude a Maria chiamandola nuvola [cfr. Isaia 19, 1], ella che fu custodita da lui mentre dimorava in lei ».  

Publié dans:feste del Signore, Ortodossia |on 6 mai, 2016 |Pas de commentaires »

08 MAGGIO 2016 | 7A DOMENICA: ASCENSKIONE – ANNO C | OMELIA

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08 MAGGIO 2016 | 7A DOMENICA: ASCENSKIONE – ANNO C | OMELIA

Per cominciare Gesù sale al cielo. Gli apostoli ne sono testimoni e si fanno carico di annunciarlo a tutte le genti. Intanto si mettono in preghiera, in attesa dello Spirito Santo promesso da Gesù. È così che gli apostoli continueranno a rendere presente il racconto della sua vita e daranno vita alla chiesa.

La parola di Dio Atti 1,1-11. L’evangelista Luca riprende la narrazione dalla conclusione del suo vangelo. È l’inizio del libro degli Atti. I primi cinque versetti costituiscono il « prologo » e Luca si aggancia al racconto della risurrezione di Gesù. Prima di salire al cielo, Gesù si mostra vivo per 40 giorni. Gli altri versetti presentano il racconto dell’Ascensione di Gesù e la promessa dello Spirito Santo. Ebrei 9,24-28; 10,19-23. In questo brano della Lettera agli Ebrei l’autore paragona i sacerdoti ebraici e Gesù, i loro sacrifici e quello compiuto da Gesù. Il Figlio di Dio offre se stesso in sacrificio una volta sola, nella pienezza dei tempi e annulla il peccato di tutti. Quindi sale nella casa di Dio, alimentando così la nostra speranza di poter condividere la sua stessa gloria. Luca 24,46-53. Gesù spiega agli apostoli il senso delle Scritture, il significato della sua morte e risurrezione. Poi li benedice prima di salire in cielo, ricordando che nel suo nome verranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati. Promette loro lo Spirito Santo, essi, dopo essersi prostrati davanti a lui, ritornano a Gerusalemme pieni di gioia.

Riflettere

L’evangelista Luca apre gli Atti degli apostoli e dedica le ultime righe del suo vangelo al racconto dell’Ascensione. Gli Atti degli apostoli si direbbe che comincino con un dialogo deludente. Alcuni degli apostoli domandano: « È questo il tempo in cui ricostruirai il regno d’Israele? ». Domanda incredibile e scoraggiante. È sempre la stessa mentalità ebraica che salta fuori. Anche adesso. Anzi, proprio adesso che Gesù si è dimostrato più forte della morte, vincitore, nonostante la terribile prova della croce. Dunque gli apostoli non hanno veramente capito Gesù. Ma con l’Ascensione egli li costringe ad aprire gli occhi. L’Ascensione diventa per loro una nuova importante esperienza di fede, e li convince che il suo regno non è di questo mondo. Per Gesù l’Ascensione al cielo rappresenta la sua personale piena glorificazione. « Salire al cielo » è un modo simbolico di parlare, così come la nube che lo sottrae agli occhi degli apostoli e indica che Gesù entra nel « mondo di Dio » da dove è partito. Ora « siede alla destra del Padre », altra espressione simbolica, per indicare che per Gesù c’è una vera e propria « intronizzazione », un riprendere il posto che gli spetta, come persona uguale al Padre, Dio lui stesso. Ed è una glorificazione che passa attraverso la sua umanità fedele e la vittoria sulla morte. È infatti lo stesso Gesù, nata da Maria, che siede accanto al Padre. Quel corpo simile al nostro che ha conosciuto la fatica e le piaghe della passione, i chiodi della croce. « Uno di noi è Dio », ha scritto qualcuno. L’Ascensione di Gesù rappresenta anche la glorificazione piena della nostra umanità. Gesù è davvero uno di noi. Come dice il concilio: « Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo… ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato » (GS, 22). « Dio è disceso », scrivono due catecheti, i coniugi francesi Lagarde, « si è fatto carne e risale con la sua carne, lasciando vuota la tomba. Gesù è disceso fino alla croce, per risalire con la sua carne fino al cielo. Tutta la vita donata di Gesù fu una sequenza di piccole « discese », fino a quel grande abbassamento che fu la croce: egli discese nella morte! Alla discesa nell’abisso della passione, la grande Ascensione ». Gesù non abbandona la terra. La sua sarà una presenta diversa: nei sacramenti, nella chiesa, nei fratelli. « Tutto quello che vi era di visibile nel nostro redentore, con la sua Ascensione è passato nei riti sacramentali e nel magistero… », dice il papa Leone Magno. Gesù di là ci attende anche come giudice. Tornerà glorioso alla fine della storia e tutti saremo confrontati con lui. Prima di partire Gesù investe della sua missione gli apostoli. Dovranno responsabilizzarsi, fondare la chiesa, farsi testimoni di lui fino agli estremi confini della terra. Essi fissano i loro occhi al cielo, mentre Gesù se ne va, ma nel racconto degli Atti « due uomini in bianche vesti » li invitano ad attendere la seconda venuta finale di Gesù, alla fine dei tempi. Un’attesa destinata alla costruzione del suo regno. Gesù non li lascia soli, promette lo Spirito Santo. Sarà la loro luce, la loro forza. E dopo l’Ascensione si chiudono in preghiera nel cenacolo, in attesa della Pentecoste.

Attualizzare

Con l’Ascensione Gesù disegna il nostro destino e risponde ai grandi interrogativi dell’uomo sull’aldilà. In forza della sua risurrezione e la testimonianza degli apostoli, noi siamo certi dell’attendibilità di ciò che lui ha detto e di ciò che ci aspetta: anche noi vivremo nell’eternità e faremo parte del mondo di Dio. È con l’Ascensione che cominciano a realizzarsi i sogni di Dio sull’umanità: la nascita della chiesa, l’inizio del regno di Dio, l’uomo che si lascia investire della responsabilità di continuare l’opera di Gesù. Per questo dobbiamo anche noi prendere atto di ciò che Gesù ha chiesto agli apostoli e sentirci i loro continuatori. La chiesa è la comunità che Gesù ha voluto per realizzare i progetti di Dio sul mondo. Il regno di Dio comincia qui. Trova nella chiesa le sue radici e i suoi germogli. Dovremmo sentirci gratificati da questo compito che Gesù ci affida. Come non parlare di lui, di ciò che lui ha detto e fatto? Come non magnificare attraverso la nostra testimonianza, la parola e la vita, la bontà e la grandezza di Dio? Pur rimanendo affidato ancora principalmente nelle mani di Dio, attraverso lo Spirito, il regno di Dio cammina con noi, per mezzo di noi. Ci si deve dunque anche chiedere quali parole un cristiano deve usare per giungere al cuore dell’uomo d’oggi. Quali mezzi e tecniche usare per far giungere all’uomo d’oggi il messaggio del risorto. Con la diffusione di nuovi mezzi tecnologici, soprattutto quelli digitali, aumenta la possibilità e anche la responsabilità dell’annuncio evangelico. In uno dei messaggi per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali, Benedetto XVI scrive che con la diffusione di nuovi mezzi tecnologici, soprattutto quelli digitali, aumenta la possibilità e anche la responsabilità dell’annuncio evangelico. E sottolinea che il mondo digitale mette a disposizione mezzi che rendono possibile una capacità di espressione pressoché illimitata. Attraverso il mondo digitale, dice il papa, il cristiano può far capire meglio che l’amore di Dio per noi « non è una cosa del passato e neppure una teoria erudita, ma una realtà del tutto concreta e attuale ».

Il cuore in Paradiso Del Beato Sebastiano Valfrè si diceva: « Quel prete ha negli occhi il Paradiso! ». Don Bosco diceva: « Camminate con i piedi per terra, ma con il cuore abitate nel cielo ». Don Bosco diceva anche, di fronte alle difficoltà: « Un pezzo di Paradiso aggiusta tutto ».

« Gli atei vanno in paradiso? » Così si domanda una ragazza, che scrive su internet: « Io penso di essere atea. Comunque conosco molte persone, tra cui i miei genitori, che sono atee e non solo non credono che ci sia una vita dopo la morte, ma neanche la vorrebbero avere un’anima senza un corpo. A volte la chiesa ci dice che queste persone, se all’ultimo momento cercano Dio, vengono comunque salvate. In ogni caso non penso che meritino l’inferno. Voi che ne dite? ». Come si vede, il problema dell’aldilà coinvolge tutti, anche chi si dice o pensa di essere ateo

Don Umberto DE VANNA sdb

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