Archive pour le 2 mai, 2016

Church of the Holy Sepulchre

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GIOVANNI PAOLO II (catechesi sugli angeli)

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GIOVANNI PAOLO II (catechesi sugli angeli)

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 23 luglio 1986

1. Proseguiamo oggi la nostra catechesi sugli angeli la cui esistenza, voluta da un atto dell’amore eterno di Dio, professiamo con le parole del simbolo niceno-costantinopolitano: “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili”. Nella perfezione della loro natura spirituale gli angeli sono chiamati fin dall’inizio, in virtù della loro intelligenza, a conoscere la verità e ad amare il bene che conoscono nella verità in modo molto più pieno e perfetto di quanto non sia possibile all’uomo. Questo amore è l’atto di una volontà libera, per cui anche per gli angeli la libertà significa possibilità di operare una scelta a favore o contro il Bene che essi conoscono, cioè Dio stesso. Bisogna qui ripetere ciò che già abbiamo ricordato a suo tempo a proposito dell’uomo: creando gli esseri liberi, Dio volle che nel mondo si realizzasse quell’amore vero che è possibile solamente sulla base della libertà. Egli volle dunque che la creatura, costituita a immagine e somiglianza del suo Creatore, potesse nel modo più pieno possibile rendersi simile a lui, Dio, che “è amore” (1 Gv 4, 16). Creando gli spiriti puri come esseri liberi, Dio nella sua Provvidenza non poteva non prevedere anche la possibilità del peccato degli angeli. Ma proprio perché la Provvidenza è eterna sapienza che ama, Dio avrebbe saputo trarre dalla storia di questo peccato, incomparabilmente più radicale in quanto peccato di uno spirito puro, il definitivo bene di tutto il cosmo creato. 2. Di fatto, come dice chiaramente la rivelazione, il mondo degli spiriti puri appare diviso in buoni e cattivi. Ebbene, questa divisione non si è operata per creazione di Dio, ma in base alla libertà propria della natura spirituale di ciascuno di essi. Si è operata mediante la scelta che per gli esseri puramente spirituali possiede un carattere incomparabilmente più radicale di quella dell’uomo ed è irreversibile dato il grado di intuitività e di penetrazione del bene di cui è dotata la loro intelligenza. A questo riguardo si deve dire anche che gli spiriti puri sono stati sottoposti a una prova di carattere morale. Fu una scelta decisiva riguardante prima di tutto Dio stesso, un Dio conosciuto in modo più essenziale e diretto di quanto è possibile all’uomo, un Dio che a questi esseri spirituali aveva fatto dono, prima che all’uomo, di partecipare alla sua natura divina. 3. Nel caso dei puri spiriti la scelta decisiva riguardava prima di tutto Dio stesso, primo e supremo Bene, accettato o respinto in modo più essenziale e diretto di quanto possa avvenire nel raggio d’azione della libera volontà dell’uomo. Gli spiriti puri hanno una conoscenza di Dio incomparabilmente più perfetta dell’uomo, perché con la potenza del loro intelletto, non condizionato né limitato dalla mediazione della conoscenza sensibile, vedono fino in fondo la grandezza dell’Essere infinito, della prima Verità, del sommo Bene. A questa sublime capacità di conoscenza degli spiriti puri Dio offrì il mistero della sua divinità, rendendoli così partecipi, mediante la grazia, della sua infinita gloria. Proprio perché esseri di natura spirituale, vi era nel loro intelletto la capacità, il desiderio di questa elevazione soprannaturale a cui Dio li aveva chiamati, per fare di essi, ben prima dell’uomo, dei “consorti della natura divina” (cf. 2 Pt 1, 4), partecipi della vita intima di Colui che è Padre, Figlio e Spirito Santo, di Colui che nella comunione delle tre divine Persone “è Amore” (1 Gv 4, 16). Dio aveva ammesso tutti gli spiriti puri, prima e più dell’uomo, all’eterna comunione dell’amore. 4. La scelta operata sulla base della verità su Dio, conosciuta in forma superiore in base alla lucidità delle loro intelligenze, ha diviso anche il mondo dei puri spiriti in buoni e cattivi. I buoni hanno scelto Dio come Bene supremo e definitivo, conosciuto alla luce dell’intelletto illuminato dalla rivelazione. Avere scelto Dio significa che si sono rivolti a lui con tutta la forza interiore della loro libertà, forza che è amore. Dio è divenuto il totale e definitivo scopo della loro esistenza spirituale. Gli altri invece hanno voltato le spalle a Dio contro la verità della conoscenza che indicava in lui il bene totale e definitivo. Hanno scelto contro la rivelazione del mistero di Dio, contro la sua grazia che li rendeva partecipi della Trinità e dell’eterna amicizia con Dio nella comunione con lui mediante l’amore. In base alla loro libertà creata hanno operato una scelta radicale e irreversibile al pari di quella degli angeli buoni, ma diametralmente opposta: invece di un’accettazione di Dio piena di amore, gli hanno opposto un rifiuto ispirato da un falso senso di autosufficienza, di avversione e persino di odio che si è tramutato in ribellione. 5. Come comprendere una tale opposizione e ribellione a Dio in esseri dotati di così viva intelligenza e arricchiti di tanta luce? Quale può essere il motivo di tale radicale e irreversibile scelta contro Dio? Di un odio tanto profondo da poter apparire unicamente frutto di follia? I Padri della Chiesa e i teologi non esitano a parlare di “accecamento” prodotto dalla sopravvalutazione della perfezione del proprio essere, spinta fino al punto di velare la supremazia di Dio, che esigeva invece un atto di docile e obbediente sottomissione. Tutto ciò sembra espresso in modo conciso nelle parole: “Non ti servirò!” (Ger 2, 20), che manifestano il radicale e irreversibile rifiuto di prendere parte all’edificazione del regno di Dio nel mondo creato. “Satana” lo spirito ribelle, vuole il proprio regno, non quello di Dio, e si erge a primo “avversario” del Creatore, a oppositore della Provvidenza, ad antagonista della sapienza amorevole di Dio. Dalla ribellione e dal peccato di Satana, come anche da quello dell’uomo, dobbiamo concludere accogliendo la saggia esperienza della Scrittura che afferma: “L’orgoglio è causa di rovina” (Tb 4, 13).

L’ENTUSIASMO DI STARE CON DIO: NON C’È SPAZIO PER EDUCATORI “MUSONI”

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L’ENTUSIASMO DI STARE CON DIO: NON C’È SPAZIO PER EDUCATORI “MUSONI”

La gioia, scriveva Bernanos, è il barometro dell’anima. È un indicatore, “una spia”, un segnale. Se manca, qualcosa non è a posto, qualcosa non va.   I musoni e i melanconici non hanno spazio tra i giovani. Come i pessimisti. Quelli che non credono nei giovani. Nei più “difficili”. Con loro non c’è più niente da fare! Ci vorrebbe lo psicologo! Lo psichiatra! Un’èquipe! E’ vero, spesso ci vogliono: le scienze umane sono un valore. Ma è altrettanto vero che grandi educatori del passato e del presente, hanno una marcia in più quando affermano che ogni persona è una “Storia sacra” da saper leggere, ascoltare, meditare (Jean Vanier), che in ogni ragazzo vi è “un segreto” da scoprire, per simpatizzare con loro e aprirsi a un dialogo, a una relazione educativa che salva entrambi.  «Don Bosco – disse una volta l’arcivescovo Montini, parlando ai ragazzi in S. Agostino a Milano – considerava i ragazzi come voi considerate un egnigma, un indovinello di quelli che bisogna decifrare. In ogni ragazzo vedeva qualche cosa di profondo, di misterioso, di difficile da interpretare e si era fatto un occhio straordinario, diremmo un occhio clinico, un occhio capace di penetrare subito».  L’occhio del cuore di chi ha dato la sua vita ai giovani! Di chi è stato con loro! Di chi non li ha osservati da lontano, sui libri! Di chi conosceva i ragazzi e i giovani nella loro voglia di allegria, di gioco, di senso: per chi vivo, per chi studio, per chi devo farmi buono!   La gioia, barometro dell’anima  L’allegria! Non banale, superficiale. Non l’allegria che si compra, che si vede, ma quella che nasce dalla gioia di essere vivo, di essere “se stessi” con la propria storia, i propri pregi e difetti. La gioia di appartenere a qualcuno! Di essere di qualcuno! Di avere qualcuno accanto, contento del suo ruolo, della sua esistenza di padre, di madre, di insegnante, di educatore! La gioia, scriveva Bernanos, è il barometro dell’anima. E’ un indicatore, “una spia”, un segnale.  Se manca, qualcosa non è a posto,qualcosa “non va”: «Il cristiano, sempre Bernanos che scrive, è un seminatore di gioia; è per questo che egli fa grandi cose. La gioia è una delle potenze irresistibili del mondo: essa placa, disarma, conquista; l’anima allegra è apostolo; attira a Dio gli uomini manifestando loro ciò che in lei produce la presenza di Dio». Non per nulla, le sfide più provocanti contro il cristianesimo le troviamo nel campo della gioia, assieme a quelle lanciate nel campo della carità, dell’amore, del servizio all’uomo, al povero, agli ultimi, agli sbandati, alle persone al margine, ai peccatori.  Nietsche non ha capito molto del cristianesimo, ma ha capito abbastanza per dire che se uno è cristiano deve essere un testimone della gioia: «Se la vostra fede vi rende felici, mostratevi tali. I vostri visi hanno sempre nociuto alla fede più dei vostri argomenti… Finisce la vita dove comincia il Regno di Dio”. Sant’Ambrogio affermava il contrario: «La vita è essere con Cristo: dov’è Cristo, lì è la vita, lì è il Regno”.   La gioia vera dei testimoni Respiravo questo clima di gioia, lunedì, a Carugate, durante la Tavola rotonda in occasione della Festa dei dieci anni di un’Associazione di famiglie, che lavorano per l’adozione e per l’affido familiare, “Genitori di cuore” di Pessano con Bornago. Non è stato difficile al conduttore, Fabio Pizzul, far emergere dai testimoni, la gioia vera, quella dell’accoglienza. Da don Alessandro Vavassori, la gioia dell’incontro con chi viene da oltre confine, non straniero, ma compagno, amico, fratello. Da suor Graziella che ha imparato dalle sue ragazze, che non ha mai chiamato “difficili”, la gioia dello stare con loro per ascoltarle,valorizzarle, con grande pazienza.  Da mamma Silvia, resa “famosa” dal figlio Mario, il Balotelli di cui tutti parlano a proposito e… a sproposito. A noi è apparsa grande nella semplicità del suo racconto, gli occhi che brillavano della gioia interiore di chi ha vissuto una grande avventura accanto a suo marito e ai suoi tre figli: tre affidi familiari e poi l’adozione di un bimbo di due anni e mezzo, “una vera bomba ad orologeria”, che non ha buttato all’aria la famiglia, l’ha solo messa alla prova con la sua vivacità, la sua “originalità”, la voglia di recuperare due anni e mezzo di abbandono. Gioia ed entusiasmo che hanno dato valore al mio intervento, che richiamava la fame e la sete che hanno tanti ragazzi e ragazze di essere “adottati” dagli stessi genitori, in fuga dall’educare.  L’entusiasmo! E’ l’altra spia della significatività della nostra vita! Scriveva un mio confratello, don Montani, che si muore la prima volta quando si perde l’entusiasmo! Si può morire a 20/30 anni, pur campando fino a novanta! Entusiasmo, diceva lui che sapeva di greco, nel senso etimologico del termine significa: essere immersi in Dio! Non ci avevo mai pensato ma è meraviglioso!  

Publié dans:meditazioni |on 2 mai, 2016 |Pas de commentaires »

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