«L’EMBRIONE NELLA BIBBIA, GERME DI VITA DELL’UOMO»

http://www.atma-o-jibon.org/italiano4/rit_dellaglio7.htm

«L’EMBRIONE NELLA BIBBIA,  GERME DI VITA DELL’UOMO»

Così l’arcivescovo Ravasi nella prolusione al secondo « Convegno internazionale »: «Ontogenesi e vita umana».

Il vescovo Sgreccia: «È soggetto dotato di « logos », in quanto è persona».

Da Roma, Luigi Dell’Aglio (« Avvenire », 16/11/’07)

«Sei tu che mi hai intessuto nel grembo di mia madre. Il mio scheletro non ti era nascosto quando fui confezionato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra. Anche il mio embrione i tuoi occhi l’hanno visto». Monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del « Pontificio Consiglio della Cultura », nella prolusione che è stata letta al secondo Convegno internazionale « Ontogenesi e vita umana » presso il Pontificio Ateneo « Regina Apostolorum », cita il Salmo 139 per ricordare che nella Bibbia l’embrione è menzionato, con un termine ebraico rarissimo, « golmi », che indica «qualcosa di arrotolato o cilindrico». È la «denominazione simbolica di ciò che chiamiamo embrione»: di fatto, già una persona umana a tutti gli effetti. Perché «quel piccolo germe di vita» ha caratteristiche precise. Si tratta di «un’unità inscindibile, un processo unitario e coerente, compatto e armonico con la meta da raggiungere, la persona umana». «Nel tuo libro erano scritti tutti i giorni che furono formati, quando ancora non ne esisteva uno» prosegue il testo biblico. Analogamente, monsignor Elio Sgreccia, presidente della « Pontificia Accademia per la Vita », definisce l’embrione umano un soggetto dotato di « logos uti persona », cioè – ribadisce – «in quanto è persona». Nell’indirizzo di saluto, Pedro Barrajòn, rettore dell’ateneo, aveva notato che il « Convegno » si è aperto nel giorno di Sant’Alberto Magno, teologo e anche cultore di scienze naturali, patrono degli scienziati e maestro di San Tommaso. Una ricorrenza adatta a confermare che scienza, filosofia e teologia debbono praticare « l’ascolto dell’altro », quello che è l’obiettivo del « Progetto Stoq » (« Science, Theology and the Ontological Quest »). Questo progetto è erede della « Commissione di Studio del Caso Galileo », dalla quale, dice Ravasi, scaturì un’importante lezione: favorire un maggior dialogo «fra discipline rimaste troppo a lungo ignare del lavoro e dei risultati altrui, come sono le scienze naturali e la teologia». Il « Caso Galileo » e altri « tristi » episodi simili spiegano «quanto tragica possa risultare la reciproca incomprensione». Perciò Ravasi consiglia di affrontare il tema di questo convegno «non da posizioni « preconcette », non per alimentare inutili polemiche, ma semplicemente per rispondere,da diversi punti di vista, complementari ma non opposti, alla grande domanda: che cosa è l’uomo?» C’è chi si sorprende quando la scienza fa scoperte che non coincidono con il mondo descritto dalla Bibbia. Ma le scritture, osserva Ravasi citando sant’Agostino, non ci dicono «come vanno il Sole e la Luna. Il Vangelo voleva formare dei Cristiani, non dei matematici». Gli equivoci sulla questione delle origini, scrive Fiorenzo Facchini citato da Ravasi, nascono dalla pretesa (degli scienziati) di negare ciò che la scienza non può darci (cioè la dimostrazione dello spirito) o di far dire alla Bibbia quello che essa non vuol dire (verità scientifiche). Da queste premesse deve partire la discussione a tre, tra filosofi, teologi e scienziati. Da anni è disputa accanita sull’embrione e sull’evoluzione della specie umana. Elio Sgreccia descrive lo scenario. C’è chi spinge per fare della specie umana un complesso «programmato e artificiale». Molti scienziati pensano di usare l’embrione perché lo considerano «un mucchietto di cellule», e invece è una persona. E molti interpretano l’evoluzione come un processo governato esclusivamente dal caso. «Ma il caso è soltanto una lacuna della nostra conoscenza, non è una realtà» replica il presule. «È casuale ciò di cui non possiamo fornire una spiegazione completa». E poi c’è da chiarire che «molti eventi sono contingenti, nel senso che potevano non accadere, non nel senso che avvengono a caso». Quanto al « creazionismo scientifico », Sgreccia è dell’opinione che sia meglio lasciare la ricerca agli scienziati. Purché resti nitido il concetto che è l’uomo il fine di tutto il creato, il risultato di una « creatio in fieri ». «Il mondo non è uscito dalle mani del Creatore interamente compiuto».

 

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