AVVENTO : LE ANTIFONE « O » PRECEDONO IL NATALE COME ATTESA DEL MESSIA
http://www.artcurel.it/ARTCUREL/rubricheautori.htm
AVVENTO : LE ANTIFONE « O » PRECEDONO IL NATALE COME ATTESA DEL MESSIA
A CURA DEL MONASTERO CARMELO SANT’ANNA A CARPINETO ROMANO
Introduzione all’Avvento del Signore Nostro Gesù Cristo
(ci sono le antifone dal 17 al 24 dicembre, metto quella di oggi)
Ci apprestiamo a vivere l’Avvento: Avvento come attesa, attesa di Colui che viene, e Colui che viene è il Signore. Attraverso le IV domeniche di Avvento la liturgia ci prepara a questo incontro. Come sappiamo le letture del Vangelo delle quattro Domeniche d’Avvento “hanno una loro caratteristica propria: – si riferiscono alla venuta del Signore alla fine dei tempi (I domenica), – a Giovanni Battista (II e III domenica); – agli antefatti immediati della nascita del Signore (IV domenica)” (Avvento, Dizionario di Mariologia). Le letture dell’Antico Testamento, tratte soprattutto dal libro di Isaia, sono le profezie sul Messia e sul tempo messianico. Le letture dell’Apostolo contengono esortazioni e annunzi, in armonia con le caratteristiche di questo tempo. Infine le ferie dal 17 al 24 dicembre sono ordinate ad una più immediata preparazione al Natale del Signore. Questo è lo schema di ogni anno. Vediamo da vicino le 4 domeniche di Avvento. Nella prima domenica: “attendiamo vigilanti la venuta del Signore”. Questo anno mettiamo la nostra attenzione al Salmo responsoriale della Domenica, magari ripetendolo durante la settimana e pregandolo. Nella prima domenica troviamo il Salmo 79: Signore, fa splendere il tuo volto e noi saremo salvi. Questo Salmo ci parla dell’afflizione per l’esilio. Il Signore viene invocato come pastore di Israele, come guardiano della vigna. E’ una invocazione accorata al Signore perché ci sia vicino e perché possa tenerci vicini. Nella seconda domenica: possiamo pensare a Giovanni Battista che ci invita a “preparare la via al Signore che viene”. Nella seconda domenica troviamo il Salmo 84, che è quello più usato in Avvento: Mostraci Signore la tua misericordia e donaci la tua salvezza. Questo Salmo ci parla della misericordia di Dio verso Israele. Troviamo diversi motivi: il ringraziamento, la richiesta di salvezza per chi lo teme, la benevolenza del Signore che si manifesta con amore e verità, giustizia e pace. Dopo la seconda domenica di Avvento troviamo la solennità di Maria Immacolata, che ci ricorda la docilità alla voce del Signore, la prontezza nell‘ascoltare la sua Parola, la fedeltà al progetto di Dio nel “sì“, la perseveranza fino ai piedi della Croce, nell‘ora della prova. . Nella terza domenica, detta “Gaudete“: è sempre Giovanni Battista che ci addita il Messia vicino. Quindi l’invito ad aprire il cuore al Messia vicino. Nella terza domenica ci accompagna il Magnificat: La mia anima esulta nel mio Dio. Nella quarta domenica: Maria nell’imminente parto ci ricorda che la promessa si sta adempiendo. In questa domenica abbiamo il Salmo 88: “Canterò per sempre l’amore del Signore”. Questo salmo è una celebrazione dell’amore del Signore, di generazione in generazione, nonostante le infedeltà della casa di Davide. Durante l’avvento, durante la liturgia di ogni giorno, vengono proposti questi e altri Salmi: il 23, il 24, il 71, il 121, oltre ai cantici di Anna, Magnificat e Benedictus. Sono un invito a pregare con la Parola di Dio, che si fa nostro nutrimento, nostro cibo quotidiano. Il tempo di Avvento, che ogni anno ci fa iniziare l’anno liturgico -concluso con la solennità di Cristo Re dell‘universo e la XXXIV settimana del tempo ordinario-, è una preparazione alla venuta del Signore. Siamo invitati ad una preghiera personale e comunitaria, ad impegni piccoli ma portati avanti con fedeltà e spirito di servizio. In famiglia -come già si fa- oltre alla preparazione con la corona di Avvento, si può recitare alla domenica il Salmo indicato, prendere un punto in comune per tutta la settimana. LE ANTIFONE » O » PRECEDONO IL NATALE COME ATTESA DEL MESSIA
Le antifone «O» che caratterizzano i giorni immediatamente precedenti il Natale portano in sé l’attesa del Messia, quale poteva essere presso gli Ebrei dell’Antico Testamento, quale deve essere presso i cristiani di tutti i tempi. L’attesa raggiunge il suo vertice nella persona di Maria. Le liturgie di tutte le chiese del mondo cattolico hanno voluto ricordare ciò, concedendo in tempo di Avvento uno spazio rilevante alla persona di Maria. Nell’attuale liturgia romana di Avvento Maria è presente dappertutto, con una presenza discreta. Si pensi al mistero dell’Annunciazione, ricordato in tutto l’Avvento, talvolta in maniera drammatica, a porne in evidenza la determinante importanza per il piano della salvezza. Dicono i testi della liturgia, lo affermano i Padri e gli scrittori della Chiesa, da Ireneo ad Agostino, a Bernardo, a Isacco della Stella, che Maria in Avvento è la madre della speranza, e diviene la speranza della Chiesa e di ognuno che ad essa appartiene. Si può affermare che l’Avvento, da un punto di vista liturgico, è la stagione più mariana dell’anno, ancor più dello stesso mese di maggio, che la devozione popolare d’occidente ha dedicato alla Madre del Signore da tempi lontani. C’è stato un tempo, in cui fra le antifone «O», rivolte al Messia venturo, aveva trovato posto un’antifona indirizzata alla Vergine. Il testo esprimeva, nella sua prima parte, la meraviglia del cristiano dinanzi al mistero, unico nella storia dell’umanità, della maternità verginale. Nella seconda parte, l’antifona riportava la spiegazione che la Vergine stessa dava del mistero: «O Vergine delle vergini, come potrà avvenire questo? Nessuna altra donna è mai stata simile a te, né mai lo potrà essere in futuro! – Figlie di Gerusalemme, perché vi meravigliate di me? Quello che voi vedete è un mistero divino»*. L’antifona era nella liturgia dell’«Attesa del parto della Beata Vergine Maria» che si celebrava nella Spagna visigotica il 18 dicembre, otto giorni prima del Natale. I padri del Concilio di Toledo del 656 avevano voluto tale festa, seguita da una ottava. Erano persuasi che la dignità di questa celebrazione non dovesse essere inferiore a quella del Natale: «La festa della Madre non è niente altro che l’Incarnazione del Verbo», dicevano i padri conciliari. La sua festa prese poi la denominazione di «Nostra Signore delle O» o «Festa dell’O» a motivo dell’inizio dell’antifona sopracitata: «O Vergine delle vergini…». Durante l’ottava, di buon mattino si celebrava una messa solenne alla quale si facevano assistere tutte le donne incinte, qualunque fosse il loro rango: primo, per venerare la divina maternità di Maria; in secondo luogo, per averne il soccorso nei travagli del parto. La festa, vera celebrazione della vita, ebbe grande diffusione nell’impero carolingio. A Milano, già da tempo, si celebrava la memoria di Santa Maria nella sesta ed ultima domenica di Avvento. La celebrazione dava all’ultima settimana di Avvento nel rito ambrosiano la denominazione di settimana «dell’attesa». Maria ci apre il segreto della stagione liturgica, che è l’Avvento: per lei fu tempo privilegiato, in cui «attese e portò in grembo con ineffabile amore» il Figlio; per noi è tempo provvidenziale, di cui servirci per preparare, in attesa vigilante, l’entrata del Cristo nei nostri cuori. Breve è il tempo: bisogna approfittare, ammonisce la liturgia, mentre disegna, in questi giorni, un itinerario cronologico verso la festa: «Ecco, stanno per compiersi tutte le cose che sono state dette dall’angelo intorno alla Vergine Maria». Ecco, dunque, il primo annuncio: il Signore sta per venire. Egli, il figlio della Vergine, toglierà il giogo della nostra schiavitù, rendendoci donne e uomini liberi. La nostra attesa si fa speranza, si fa preghiera: «Oppressi a lungo sotto il giogo del peccato, aspettiamo, Padre, la nostra redenzione: la nuova nascita del tuo unico Figlio ci liberi dalla schiavitù antica». 21 DICEMBRE O Astro che sorgi, splendore della luce eterna, sole di giustizia; vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte.
Nel linguaggio biblico l’Oriente è quella parte del mondo da cui ogni giorno arriva agli uomini la luce, il calore, la vita. Questa concezione appare già nel racconto biblico della creazione dell’uomo: «Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a Oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato…» (Gen 2, 8). L’origine di ogni essere è nel paradiso, «in Oriente». Il cristianesimo fin dagli inizi fu consapevole di tale simbolismo e frequentemente si aprì ad esso. Nel Battesimo, al momento in cui il catecumeno faceva la sua rinuncia a satana, alle sue opere e seduzioni, doveva voltarsi verso l’occidente, considerato come la regione delle tenebre. Per giurare la sua fedeltà a Cristo, sole di salvezza, si rivolgeva invece verso oriente. Era l’inizio simbolico della via della salvezza, che il battezzato intraprendeva per staccarsi dalla rovina e dalla morte e procedere verso la risurrezione, la vita, la luce. Il medesimo simbolismo diede origine all’uso di fare la preghiera voltandosi verso oriente, perché, spiegava Origene, uno che ha ricevuto il nome di Cristo, diviene figlio dell’oriente e lì deve dirigere i suoi desideri. Tale concetto è il motivo per il quale le chiese sono «orientate», cioè con l’abside verso oriente. Anche i morti sono stati seppelliti con la faccia ad Oriente. Di lì, un giorno, ritornerà il Signore per l’ultimo giudizio. Non c’è da stupirsi pertanto che il tema del Cristo «Oriente – Astro che sorge» sia compenetrato con tutta la liturgia, specialmente con quella della Pasqua e del Natale, con la liturgia delle Ore, per la quale basterà citare l’inno ambrosiano: «Splendore della gloria paterna…». La preghiera al Cristo, invocato, in questa giornata, come aurora che sorge, si arricchisce di due altri appellativi: Cristo è «splendore di luce eterna e sole di giustizia». La luce è sempre stata considerata come attributo della divinità: «Dio è luce e in lui non ci sono tenebre» (1 Gv 1, 5). Dio «è avvolto di luce come di un manto» (Sal 103, 2). «Egli abita una luce inaccessibile» (1 Tim 6, 16). Quando il Messia nascerà, afferma Isaia, il popolo che cammina nelle tenebre vedrà una grande luce, su coloro che abitano in terra tenebrosa una luce rifulgerà (cfr Is 9, 1). A quaranta giorni dalla sua nascita, il Salvatore, è riconosciuto da Simeone nel tempio come «luce che illumina le genti» (Lc 2, 32). Egli «è la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 2, 32). Cristo stesso potrà un giorno assicurare: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8, 12). Avviene ciò durante l’esistenza di un cristiano. Come la luce del sole dà a tutte le cose di questo mondo il loro giusto contorno e permette di vederle e di goderle, così fa il Cristo «sole di giustizia» (Mal 3, 20) per tutte le situazioni della vita, e le trasforma in occasione di bene. Al Cristo «aurora che sorge, splendore della luce eterna, sole di giustizia» oggi si indirizza la supplica: «Vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte» (cfr Lc 1, 79). Con il padre di Giovanni il Battista, Zaccaria, il primo che ha parlato così nel suo cantico, si riconosce che noi, con il nostro mondo, siamo tanto poveri di luce divina. A Natale «il sole di giustizia verrà a visitarci dall’alto» (cfr Lc 1, 78) e non si farà schermo alla sua luce perché arrivi a ogni uomo: i misteri del Natale, così, continueranno a portarci luce, vita, gioia.

Laisser un commentaire
Vous devez être connecté pour rédiger un commentaire.