LA FORZA DELLA FEDE E DELLA DEVOZIONE POPOLARE MARIANA, L’MMACOLATA CONCEZIONE – STEFANO DE FIORES
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LA FORZA DELLA FEDE E DELLA DEVOZIONE POPOLARE MARIANA, L’MMACOLATA CONCEZIONE
STEFANO DE FIORES
Giustamente si ritiene che il sensus fidelium, per il fatto di essere un elemento costitutivo del sensus Ecclesiae, viene ad assumere un ruolo di fondamentale importanza nella definizione dogmatica di una verità di fede. – Il caso dell’Immacolata concezione. Un fatto chiaro si evince dalla storia del dogma dell’Immacolata concezione: la precedenza del senso cristiano popolare, intuitivamente a favore del privilegio mariano, sulla teologia a lungo ondeggiante pro o contro di esso e sul Magistero che si pronuncia in forma definitiva solo nel 1854. Non è certo facile documentare la fede popolare in quanto essa non si è espressa con scritti, ma con fatti, attività e iniziative di ordine cultuale o artistico. Spesso dovremo accontentarci della testimonianza indiretta offertaci da teologi, siano essi favorevoli o critici nei riguardi della fede popolare. Noi vogliamo parlarne, anche per l’esigenza ecumenica che si avverte oggi di riaprire il dossier sull’Immacolata concezione. Dall’Oriente ortodosso e dall’Occidente evangelico, infatti, si auspica un dialogo tra le Chiese cristiane che conduca ad una migliore conoscenza reciproca e forse anche ad una formulazione migliore e senz’altro più condivisibile.
Epoca patristica La prima indicazione circa l’origine straordinaria e santa di Maria si trova nel Protovangelo di Giacomo o Natività di Maria (II secolo), che racconta come Anna l’abbia concepita senza intervento di uomo essendo Gioacchino ancora nel deserto. Non si ha qui un dato storico attendibile, poiché l’autore dell’apocrifo non conosce bene la tradizione ebraica e scrive probabilmente in Egitto in un genere letterario chiaramente popolare e fantasioso che eserciterà molto influsso sulla gente e sugli artisti. Epifanio e, più tardi, Bernardo rigetteranno la versione della concezione verginale da parte di Anna. Tuttavia tale racconto, sorto in ambiente popolare, contiene certamente delle istanze teologiche e, pur non specificando l’assenza di peccato originale in Maria, rappresenta «una prima presa di coscienza intuitiva e mitica della santità perfetta e originale di Maria nella sua stessa concezione». Fino al Concilio di Nicea (325) non si hanno determinazioni particolari circa l’assenza di peccato ab initio in Maria, ma i Padri abbondano nell’esaltare la Tuttasanta con «epiteti ornanti», confermando l’alta idea che il popolo si era fatta di lei. Nella polemica pelagiana tale perfezione e dignità di Maria diviene un presupposto su cui puntano Pelagio (+ ca. 422) e Giuliano di Eclano (+ 454) e che lo stesso Agostino (+430) riferisce e condivide: cioè, che la Madre del Signore «va riconosciuta senza peccato dal nostro senso religioso». Di fronte ai due assertori dell’Immacolata concezione, che non la proponevano però in un contesto di dipendenza salvifica da Cristo, Agostino protesta: «Escludiamo dunque la santa Vergine Maria, nei riguardi della quale, per l’onore del Signore, non voglio si faccia questione alcuna di peccato». D’altra parte, il suo « traducianesimo » e il giusto principio della necessità della Redenzione gli impediscono di ammettere per Maria un’eccezione. Comunque egli respinge l’accusa di assoggettare Maria al diavolo – ciò che ripugnava alla coscienza cristiana – ricorrendo alla grazia della rigenerazione in un’espressione famosa, ma non priva di ambiguità: «Quanto a Maria, non la consegniamo affatto in potere al diavolo in conseguenza della sua nascita; tutt’altro, perché sosteniamo che questa conseguenza viene cancellata dalla grazia della rinascita». Nella posizione agostiniana negativa circa l’Immacolata concezione per motivi teologici, e tuttavia attenta alla pietà popolare, si intravede il contrasto tra dottrina dei colti e intuito del popolo, contrasto che si risolverà con la vittoria di quest’ultimo.
Medioevo Il ruolo trainante del popolo cristiano nella maturazione della teologia dell’Immacolata concezione è testimoniato espressamente da alcuni teologi a partire dal secolo XI. Si evidenzia un crescendo nel comportamento del popolo, che in un primo momento celebra senza problemi la festa della Concezione, poi si scandalizza allorché viene negato il privilegio mariano, infine reagisce anche violentemente contro gli assertori del peccato originale in Maria. Il benedettino Eadmero (+ ca. 1134), discepolo di Sant’Anselmo, nel suo Trattato sulla concezione della B. Maria Vergine oppone «la pura semplicità e l’umile devozione» dei poveri, i quali celebrano la festa della Concezione della Madre di Dio, alla «scienza superiore e disquisizione valente» dei ricchi ecclesiastici o secolari, che aboliscono la festa dichiarandola priva di fondamento. Eadmero opta senz’altro per i semplici, perché a loro e non ai superbi Dio si comunica, e «mosso dall’affetto della pietà e della sincera devozione per la Madre di Dio» si pronuncia per la concezione di Maria libera da ogni peccato. Nel 1435, durante il Concilio di Basilea, il canonico Giovanni di Romiroy si appella alla devozione popolare come al primo motivo che deve indurre i Padri conciliari a porre fine alla controversia circa l’Immacolata concezione. Si toglierebbe così l’occasione di scandalizzare il popolo cristiano, che viene offeso quando sente affermare che Maria è stata macchiata dal peccato originale.
Epoca moderna Nel corso dei secoli la fede popolare si conferma a favore dell’Immacolata concezione, nonostante l’opposizione di una parte della teologia dotta. Nel Quattrocento la controversia sull’Immacolata concezione si acuisce soprattutto in occasione di dispute organizzate in cui intervengono i fautori delle due posizioni pro o contro. I fedeli che assistono reagiscono in genere a favore del privilegio mariano. Sono note la disputa di Imola (1474-75) da cui uscì vittorioso il domenicano Vincenzo Bandello, quella di Roma (1477) indetta da Sisto IV tra Bandello e il Ministro generale dei Minori Francesco Sanson che riportò la vittoria, quelle di Brescia, Ferrara, Firenze…, tutte della seconda metà del secolo. Tali dispute, e altrettanto si dica della predicazione, sono cause di scandalo o di violenze da parte dei fedeli, che per esempio rumoreggiano e vogliono lapidare il predicatore Battista da Levanto che si rifiuta di asserire apertamente il privilegio, o costringono alla prova del fuoco… Ma qui il senso dei fedeli non può essere preso in considerazione perché appare troppo diviso per l’una o l’altra sentenza. Progressivamente la posizione immacolista guadagna spazi sempre più vasti. Nel Cinquecento il domenicano Melchior Cano rivendica ai teologi saggi e competenti (e non al volgo) la facoltà di discernere la verità o falsità delle proposizioni in materia di fede. Egli infatti deve riconoscere che se questo compito appartenesse al popolo la questione circa l’Immacolata concezione sarebbe risolta, in quanto appena il volgo sente affermare che la Beata Vergine ha contratto il peccato originale, subito esso si sente «turbato, percosso, torturato». Anzi, anche in Spagna si rivela impossibile sostenere dal pulpito tale opinione, poiché il popolo reagisce contro i predicatori con mormorii, clamore e perfino violenze. Se Dionigi Certosino (+1471) pronuncia la parola «horremus» («inorridiamo») dinanzi all’attribuzione del peccato originale a Maria, G. Vasquez (+1604) riconosce che la credenza nell’Immacolata concezione è divenuta un fatto universale e profondamente radicato: «Essa è talmente cresciuta e inveterata con i secoli, da far sì che nessun uomo possa esserne staccato o smosso». Questa fede popolare si esprime nel secolo XVII con l’istituzione di varie Confraternite sotto il titolo dell’Immacolata concezione, con preghiere come l’aggiunta in qualche litania dell’invocazione «sancta Virgo praeservata» (Parigi 1586), con la dedica di cappelle o altari all’Immacolata, con numerose espressioni artistiche, quali 25 tele dedicate alla Purísima dal Murillo (+1685).
Il « Voto del sangue »Un movimento promozionale senza analogie si determina nel Seicento a partire dalle Università: quello includente il giuramento di difendere l’Immacolata concezione fino all’effusione del sangue. Ad emettere nel 1617 il votum sanguinis è l’Università di Granada, preceduta da quella di Siviglia e seguita dalle altre spagnole e da alcune italiane. Tale gesto si diffuse presto tra gli Ordini religiosi, i Santi, le Confraternite e i fedeli. Esso provocò pure una lunga controversia, iniziata con l’opposizione di L. A. Muratori (+1750) al cosiddetto «voto sanguinario». In varie opere pseudonime il celebre erudito ha attaccato questo voto bollandolo come imprudente, gravemente colpevole e ispirato da pietà non illuminata. Infatti, per lui non è lecito esporre la propria vita per un’opinione qual è appunto l’Immacolata concezione, non dichiarata di fede dal Magistero. La tesi muratoriana ha suscitato una levata di scudi in varie nazioni dell’Europa; la più efficace apologia resta quella di Sant’ Alfonso de Liguori (+1787). Questi ha contestato che affermare l’Immacolata concezione sia opinabile, in quanto esistono due motivi che garantiscono come certa questa dottrina: il consenso dei fedeli e la celebrazione universale della festa dell’Immacolata. Cade pertanto l’argomento del Muratori. Tra le risposte all’opera di Muratori è da ricordare quella del sacerdote ascolano Francesco Antonio Marcucci, fondatore delle Pie Operaie dell’Immacolata concezione, poi Vescovo di Montalto e Vicegerente di Roma (+1798). Nello scritto latino Causa Immaculatae Conceptionis (1743) a noi non pervenuto ma riassunto dallo stesso Marcucci nell’Orazione dell’Immacolata, sotto lo pseudonimo di Syllepsio Picentino, egli prende posizione nei confronti delle opere di Muratori De ingeniorum moderatione in religioso negotio (1714) e De superstitione vitanda sive censura voti sanguinarii in honorem Immaculatae Conceptionis (1740) in cui il grande erudito riteneva dell’Immacolata concezione un’opinione potenzialmente falsa e condannava il «voto di sangue».
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