IL LAICO È ESSENZIALMENTE UN TESTIMONIO – PAPA PAOLO VI * (1968)
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IL LAICO È ESSENZIALMENTE UN TESTIMONIO – PAPA PAOLO VI * (1968)
Ogni fedele dovrebbe rendersi conto della propria definizione e della propria funzione nel quadro del disegno divino della salvezza. Basti a Noi richiamare alla vostra considerazione una parola, che ha molta fortuna nel discorso spirituale moderno: la parola «testimonianza». E’ una bella parola, molto densa di significato, apparentata con quell’altra, più grave e specifica, che suona «apostolato», di cui la testimonianza sembra essere una forma subalterna, ma assai estesa, che va dalla semplice professione cristiana, silenziosa e passiva, fino al vertice supremo, che si chiama martirio e che significa appunto testimonianza. Questo già dice come il termine, oggi tanto usato, di testimonianza nasconda, anzi manifesti molti aspetti della mentalità cristiana… Nel senso che ora ci interessa, la testimonianza è la trasmissione del messaggio cristiano; una trasmissione per via di esempio, per via di parola, per via di opere, per via di vita vissuta, di sacrificio in omaggio alla verità posseduta come valore; valore superiore al proprio stesso benessere e talvolta alla propria stessa incolumità. E’ una verità professata, con intenzione di comunicarla ad altri. Il che suppone tre cose fondamentali: la convinzione propria, personale dapprima; il che esige, a sua volta, una coscienza istruita e convinta: quale testimonianza cristiana può dare chi non ha sufficiente cognizione di Cristo? Chi non vive della sua parola e della sua grazia? La testimonianza non è una semplice professione esteriore, convenzionale; non è un mestiere abituale; è una voce della propria coscienza, è un frutto di vita interiore, è nel suo caso migliore (assicurato al discepolo fedele) il dono d’una ispirazione, che sorge limpida e imperiosa dal fondo dell’anima. Ed è un atto di maturità e di coraggio, al quale il cristiano dovrebbe essere sempre preparato; ce lo insegna San Pietro: dovete essere sempre pronti a dar soddisfazione a chiunque vi chieda ragione della speranza che è in voi (1 Pt. 3, 15). La seconda cosa fondamentale, riguardante la testimonianza cristiana, è la funzione ch’essa esercita nell’economia religiosa cristiana: questa economia, cioè questo disegno, questo piano che regge tutto il sistema dei nostri rapporti con Dio e con Cristo, si fonda sulla testimonianza. Una testimonianza a catena: Cristo è il primo grande testimonio di Dio, Verbo lui stesso di Dio, il Maestro che domanda fede nella sua Persona, nella sua parola, nella sua missione. Poi vengono gli Apostoli, i testimoni oculari e auricolari; ricordate l’incisiva parola dell’evangelista Giovanni: Noi abbiamo veduto e lo attestiamo (1 Gv. 1, 2). E S. Agostino che commenta «Dio ha voluto avere uomini per testimoni» (In Ep. ad Parthos, P.L. 35, 1979). E Gesù, congedandosi dai suoi Apostoli: Voi mi sarete testimoni (Atti 1, 8). E questo ci insegna finalmente una terza cosa: il fine della testimonianza. A che cosa tende; e nella pratica nostra, a che cosa deve tendere: a produrre la fede. Il testimonio è un operatore di fede. Il Concilio ne parla continuamente (cfr. Lumen Gentium, 10-12; Ad Gentes 21; etc.). La testimonianza cristiana è il servizio alla verità che Cristo ha lasciato al mondo; è la trasmissione di questa eredità di salvezza. Ora la conclusione, figli carissimi, è questa: «Il laico – il fedele cristiano – è per essenza un testimonio. Il suo stato è quello della testimonianza». Non è un maestro qualificato, non è un ministro sacerdotale. E’ teste di ciò che la Chiesa insegna e che lo Spirito Santo gli fa accettare e in certo modo sperimentare, vivere. Ma quale grande missione quella di essere testimoni di Cristo! Ciascuno di voi lo può e lo deve essere!
* Udienza generale del 10 gennaio 1969. Osservatore Romano dell’11 gennaio 1968.

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