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SAN MARTINO VESCOVO DI TOURS – 11 NOVEMBRE
Martino nacque in Pannonia, l’odierna Ungheria, nel 316; era figlio di un ufficiale romano e fu educato nella città di Pavia, dove passò la sua infanzia fino all’arruolamento nella guardia imperiale all’età di quindici anni. A scuola Martino prese i primi contatti con i cristiani e, all’insaputa dei genitori, si fece catecumeno e prese a frequentare con assiduità le assemblee cristiane. La sua umiltà e la sua carità hanno dato vita ad alcune leggende tra cui quella in cui Martino incontrò un povero al quale donò metà del suo mantello; oppure quella dell’attendente che Martino considerava come un fratello, tanto da tenergli puliti i calzari. Ottenuto dall’imperatore l’esonero dal servizio militare, Martino si recò a Poitiers presso il vescovo Sant’Ilario, che completò la sua istruzione religiosa, lo battezzò e lo ordinò sacerdote. Tornò in Pannonia dove convertì la madre, quindi combatté gli Ariani a Milano, ma venne cacciato. In seguito si ritirò in Liguria, infine di nuovo in patria. Amante della vita austera e del silenzio, eresse il monastero di Ligugè, il più antico d’Europa, e quello di Marmontier, tuttora esistente. Essendo vacante la diocesi di Tours, nel 372 venne consacrato vescovo per unanime consenso di popolo. Accettò la carica con grande riluttanza, ma si dedicò con zelo all’adempimento dei suoi doveri episcopali, continuando la sua vita ascetica di preghiere e rinunzie e portando nella sua nuova missione il rigore dei costumi monastici, sempre vicino alla gente, soprattutto ai contadini più poveri. Resse la diocesi per ben ventisette anni in mezzo a molti contrasti, anche da parte del suo stesso clero. Un certo prete Brizio arrivò persino a querelarlo; ma il vescovo lo perdonò dicendo: « Se Cristo sopportò Giuda perché io non dovrei sopportare Brizio? ». Stremato dalle fatiche e dalle penitenze, pregava il Signore dicendo: » Se sono ancora necessario non mi rifiuto di soffrire, altrimenti venga la morte. » Morì a Candes e volle essere disteso sulla nuda terra, cosparso di cenere e cinto da un cilicio: era l’ 11 novembre del 397. I suoi funerali furono celebrati alcuni giorni dopo per dare il tempo ai suoi monaci di arrivare: ne erano presenti circa duecento. Sepolto nella cattedrale di Tours, la sua fama si diffuse in tutta la Francia, dove è ancora invocato come primo patrono della nazione. La sua tomba è meta di continui pellegrinaggi da tutto il mondo. Nell’arte San Martino è raffigurato sul cavallo mentre taglia il suo mantello; in Francia, nelle chiese a lui dedicate, è rappresentato come vescovo che distribuisce elemosine ai poveri.
LA LEGGENDA Era l’11 novembre: il cielo era coperto, piovigginava e tirava un ventaccio che penetrava nelle ossa; per questo il cavaliere era avvolto nel suo ampio mantello di guerriero. Ma ecco che lungo la strada c’è un povero vecchio coperto soltanto di pochi stracci, spinto dal vento, barcollante e tremante per il freddo. Martino lo guarda e sente una stretta al cuore. « Poveretto, – pensa – morirà per il gelo! » E pensa come fare per dargli un po’ di sollievo. Basterebbe una coperta, ma non ne ha. Sarebbe sufficiente del denaro, con il quale il povero potrebbe comprarsi una coperta o un vestito; ma per caso il cavaliere non ha con sé nemmeno uno spicciolo. E allora cosa fare? Ha quel pesante mantello che lo copre tutto. Gli viene un’idea e, poiché gli appare buona, non ci pensa due volte. Si toglie il mantello, lo taglia in due con la spada e ne dà una metà al poveretto. « Dio ve ne renda merito! », balbetta il mendicante, e sparisce. San Martino, contento di avere fatto la carità, sprona il cavallo e se ne va sotto la pioggia, che comincia a cadere più forte che mai, mentre un ventaccio rabbioso pare che voglia portargli via anche la parte di mantello che lo ricopre a malapena. Ma fatti pochi passi ecco che smette di piovere, il vento si calma. Di lì a poco le nubi si diradano e se ne vanno. Il cielo diventa sereno, l’aria si fa mite. Il sole comincia a riscaldare la terra obbligando il cavaliere a levarsi anche il mezzo mantello. Ecco l’estate di San Martino, che si rinnova ogni anno per festeggiare un bell’atto di carità ed anche per ricordarci che la carità verso i poveri è il dono più gradito a Dio. Ma la storia di San Martino non finisce qui. Durante la notte, infatti, Martino sognò Gesù che lo ringraziava mostrandogli la metà del mantello, quasi per fargli capire che il mendicante incontrato era proprio lui in persona. —————————– La vita di S. Martino è interessante e da ammirare. Tuttavia credo che per essergli fedeli conviene ammirarlo di meno e imitarlo di più. Certamente anche oggi, a distanza di 1600 anni dalla sua morte, possiamo seguire gli insegnamenti di S. Martino, uomo di preghiera, uomo di condivisione e uomo della Parola. Martino è stato un uomo di preghiera: era un uomo di Dio, nella sua vita la preghiera ha sempre avuto il primo posto. La sua prima preoccupazione, dopo l’arrivo da Poitiers, è stata quella di ritirarsi in un luogo separato, un eremitaggio, per consacrarsi totalmente nella calma e nel silenzio alla meditazione. La preghiera era al centro della vita monastica che egli conduceva con i suoi discepoli a Mamoutier. Sul letto di morte esclamò: « Lasciatemi guardare il cielo, così posso mettere già da adesso la mia anima sulla strada diritta verso il Signore ». Mettendo la preghiera al centro della sua vita, Martino imitò Gesù, il quale passava le notti in preghiera. La sua preghiera lo conformava alla volontà di Dio e gli permetteva di essere sempre in ascolto del prossimo. Questo primo messaggio di Martino è di grande attualità: il cristiano non può incontrare Dio e i suoi fratelli senza mettere la preghiera al centro della sua esistenza. Martino fu uomo della condivisione: non ha mai smesso di praticare la carità. La famosa divisione del suo mantello ad Amiens ne è diventato l’esempio più evidente e più conosciuto. Per Martino la volontà di condivisione, soprattutto con i più poveri e i più miserabili, è radicata nel suo amore per Dio. È Dio stesso che ha inaugurato questa condivisione nascendo tra noi in Gesù suo Figlio. « Dio è amore », ripete S. Giovanni. Il cristiano risponde a questo amore entrando volontariamente nella relazione d’amore che Dio gli propone e cercando, a sua volta di entrare nella reazione d’amore, d’amicizia e di condivisione con tutti i suoi fratelli. Il cristiano non può incontrare Dio e i fratelli senza mettere la condivisione al centro della sua esistenza. Martino, uomo della parola: sia come monaco che come Vescovo di Tours, non ha smesso di annunciare la Parola di Dio con le sue azioni e le sue parole. I suoi uditori rimanevano colpiti nel profondo del loro cuore perché le sue parole si radicavano nell’intimità con Dio che aveva acquisito nella preghiera e nell’autenticità del suo incontro con il prossimo. Per saper annunciare bene la Parola, Martino ha sistematicamente inserito la sua azione nel quadro della vita monastica. Per lui solo la contemplazione può essere il motore efficace dell’azione, ha così privilegiato l’accoglienza di tutti i feriti e gli emarginati della vita e di tutti coloro che erano più lontani dalla Chiesa. Questo terzo messaggio di Martino, nostro patrono, è radicato nei due precedenti ed è anch’esso di attualità per noi. Il Concilio Vaticano II l’ha ricordato: tutti i cristiani sono responsabili e missionari nella Chiesa. La sua fedeltà a Dio e ai fratelli, il suo esempio di condivisione, la sua bontà, la sua carità, il suo amore per i poveri, ne hanno fatto un grande santo. Tuttavia un santo molto vicino a noi e molto umano, un santo che è e rimane per tutti noi un modello da imitare.