UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE DEL SOMMO PONTEFICE
LA CHIESA, CASA DI DIO E DEGLI UOMINI
BENEDETTO XVI, OMELIA II DOMENICA DI AVVENTO, 10 DICEMBRE 2006
Cari fratelli e sorelle, stiamo dedicando una Chiesa -un edificio in cui Dio e l’uomo vogliono incontrarsi; una casa che ci riunisce, in cui si è attratti verso Dio, ed essere insieme con Dio ci unisce reciprocamente. Le tre letture di questa liturgia solenne vogliono mostrarci sotto aspetti molto diversi il significato di un edificio sacro come casa di Dio e come casa degli uomini. Tre grandi temi, in queste tre letture che abbiamo sentito, ci stanno davanti: la Parola di Dio che raccoglie gli uomini, nella prima lettura; la città di Dio che, al contempo, appare come sposa, nella seconda ed infine la confessione di Gesù Cristo come Figlio di Dio incarnato, espressa per primo da Pietro, che ha posto così l’inizio di quella Chiesa viva che si manifesta nell’edificio materiale di ogni chiesa. Ascoltiamo ora un po’ più da vicino che cosa ci dicono le tre letture. C’è innanzitutto il racconto della riedificazione del popolo di Israele, della città santa Gerusalemme e del tempio dopo il ritorno dall’esilio. Dopo il grande ottimismo del rimpatrio, il popolo -arrivato – si vede davanti a un paese deserto. Come riedificarlo? La ricostruzione esterna, così necessaria, non può progredire, se prima non viene ricostituito il popolo stesso come popolo -se non diventa operante un criterio comune di giustizia che unisca tutti e regoli la vita e l’attività di ciascuno. Il popolo ritornato ha bisogno, per così dire, di una « costituzione », di una legge fondamentale per la sua vita. E sa che questa costituzione, se deve essere giusta e duratura, se in definitiva deve portare alla giustizia, non può essere frutto di una sua autonoma invenzione. La vera giustizia non può essere inventata dall’uomo: essa deve piuttosto essere scoperta. Deve, in altre parole, venire da Dio, che è la giustizia. La Parola di Dio, quindi, riedifica la città. Ciò che la lettura ci racconta, è un richiamare alla mente l’evento del Sinai. Un rendere presente l’avvenimento del Sinai: la santa Parola di Dio, che indica agli uomini la via della giustizia, viene solennemente letta e spiegata. Così essa si rende presente come una forza che, dal di dentro, edifica nuovamente il Paese. Questo avviene nel giorno di capodanno. La Parola di Dio inaugura un nuovo anno, inaugura una nuova ora della storia. Sempre la Parola di Dio è forza di rinnovamento che dà senso ed ordine al nostro tempo. Alla fine della lettura sta la gioia: gli uomini vengono invitati al banchetto solenne; vengono esortati a far dono a coloro che nulla hanno e ad unire così tutti nella comunione della gioia che si basa sulla Parola di Dio. L’ultima parola di questa lettura è la bella espressione: la gioia del Signore è la nostra forza. Credo che non sia difficile vedere come queste parole dell’Antico Testamento siano per noi ora una realtà. L’edificio della chiesa esiste perché la Parola di Dio possa essere ascoltata, spiegata e compresa in mezzo a noi; esiste, perché la Parola di Dio operi fra noi come forza che crea giustizia ed amore. Esiste, in particolare, perché in esso possa cominciare la festa a cui Dio vuol far partecipare l’umanità non solo alla fine dei tempi ma già ora. Esiste, perché venga destata in noi la conoscenza del giusto e del bene, e non c’è altra fonte per conoscere e dar forza a questa conoscenza del giusto e del bene se non la Parola di Dio. Esiste, perché noi impariamo a vivere la gioia del Signore che è la nostra forza. Preghiamo il Signore di renderci lieti della sua Parola; di renderci lieti della fede, perché questa gioia rinnovi noi stessi e il mondo! La lettura della Parola di Dio, il rinnovamento della rivelazione del Sinai dopo l’esilio, servì, quindi, allora alla comunione con Dio e fra gli uomini. Questa comunione si espresse nella riedificazione del tempio, della città e delle sue mura. Parola di Dio e edificazione della città, nel Libro di Neemia, sono in stretta relazione: da una parte, senza la Parola di Dio non c’è né città né comunità; dall’altra parte, la Parola di Dio non resta solo discorso, ma conduce ad edificare, è una Parola che costruisce. I testi seguenti nel libro di Neemia sulla costruzione delle mura della città appaiono, ad una prima lettura nei loro particolari, molto concreti e persino prosaici. Tuttavia costituiscono un tema veramente spirituale e teologico. Una parola profetica di quell’epoca dice che Dio stesso fa da muro di fuoco intorno a Gerusalemme (cfr Zc 2,8s). Dio stesso è la difesa vivente della città, non solo in quel tempo, ma sempre. Così il racconto anticotestamentario ci introduce nella visione dell’Apocalisse che abbiamo ascoltato come seconda lettura. Vorrei mettere in luce solo due aspetti di questa visione. La città è sposa. Non è semplicemente un edificio di pietra. Tutto ciò che, in grandiose immagini, si dice sulla città rimanda a qualcosa di vivo: alla Chiesa di pietre vive, in cui già ora si forma la città futura. Rimanda al popolo nuovo che, nella frazione del pane, diventa un solo corpo con Cristo (cfr 1 Cor 10,16s). Come l’uomo e la donna nel loro amore diventano « una carne sola », così Cristo e l’umanità raccolta nella Chiesa diventano mediante l’amore di Cristo « un solo spirito » (cfr 1 Cor 6,17; Ef 5,29ss). Paolo chiama Cristo il nuovo, l’ultimo Adamo: l’uomo definitivo. E lo chiama « spirito datore di vita » (1 Cor 15,45). Con Lui diventiamo una cosa sola; insieme con Lui, la Chiesa diventa spirito datore di vita. La Città santa, in cui non esiste più un tempio perché è inabitata da Dio, è l’immagine di questa comunità che si forma a partire da Cristo. L’altro aspetto che vorrei menzionare sono i dodici basamenti della città, sopra i quali sono i nomi dei dodici Apostoli. I basamenti della città non sono pietre materiali, ma esseri umani -sono gli Apostoli con la testimonianza della loro fede. Gli Apostoli rimangono i fondamenti portanti della nuova città, della Chiesa, mediante il ministero della successione apostolica: mediante i Vescovi. Le candeline che accendiamo sulle pareti della chiesa nei luoghi dove saranno fatte le unzioni richiamano, appunto, gli Apostoli: la loro fede è la vera luce che illumina la Chiesa. E al contempo è il fondamento sul quale essa poggia. La fede degli Apostoli non è una cosa antiquata. Poiché è verità, è fondamento su cui stiamo, è luce per la quale vediamo. Veniamo al Vangelo. Quante volte l’abbiamo ascoltato! La professione di fede di Pietro è il fondamento incrollabile della Chiesa. Con Pietro diciamo a Gesù: « Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivente ». La Parola di Dio non è soltanto parola. In Gesù Cristo essa è presente in mezzo a noi come Persona. Questo è lo scopo più profondo dell’esistenza di questo edificio sacro: la chiesa esiste perché in essa incontriamo Cristo, il Figlio del Dio vivente. Dio ha un volto. Dio ha un nome. In Cristo, Dio si è fatto carne e si dona a noi nel mistero della santissima Eucaristia. La Parola è carne. Si dona a noi sotto le apparenze del pane e diventa così veramente il Pane di cui viviamo. Noi uomini viviamo della Verità. Questa Verità è Persona: essa ci parla e noi parliamo ad essa. La chiesa è il luogo d’incontro con il Figlio del Dio vivente e così è il luogo d’incontro tra di noi. È questa la gioia che Dio ci dà: che Egli si è fatto uno di noi, che noi possiamo quasi toccarlo e che Egli vive con noi. La gioia di Dio realmente è la nostra forza. Così il Vangelo finalmente ci introduce nell’ora che stiamo oggi vivendo. Ci conduce verso Maria, che qui onoriamo come Stella dell’Evangelizzazione. Nell’ora decisiva della storia umana, Maria ha offerto a Dio se stessa, il suo corpo e la sua anima, come dimora. In lei e da lei il Figlio di Dio ha assunto la carne. Per mezzo di lei la Parola si è fatta carne (cfr Gv 1,14). Così Maria ci dice che cosa è l’Avvento: andare incontro al Signore che ci viene incontro. AspettarLo, ascoltarLo, guardarLo. Maria ci dice, per quale scopo esistono gli edifici delle chiese: esistono perché dentro di noi si faccia spazio alla Parola di Dio; perché dentro di noi e per mezzo di noi la Parola possa anche oggi farsi carne. Così la salutiamo come Stella dell’Evangelizzazione: Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi, affinché viviamo il Vangelo. Aiutaci a non nascondere la luce del Vangelo sotto il moggio della nostra poca fede. Aiutaci ad essere, in virtù del Vangelo, luce per il mondo, perché gli uomini possano vedere il bene e rendere gloria al Padre che è nei cieli (cfr Mt 5,14ss). Amen!