OMELIA XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – DARE DALLA NOSTRA POVERTÀ

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XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

DARE DALLA NOSTRA POVERTÀ: UN CRITERIO MISSIONARIO

P. Romeo Ballan, mccj

1Re  17,10-16 Salmo  145 Ebrei  9,24-28 Marco  12,38-44

Riflessioni Nella selva del Brasile, un missionario chiese un giorno a un indio della etnia Yanomami: “Chi è buono?” E l’indio gli rispose: “Buono è colui che condivide”. Una risposta in sintonia con il Vangelo di Gesù! Ne danno testimonianza le due donne, vedove e povere, ambedue esperte nella fatica per vivere, protagoniste del messaggio biblico e missionario di questa domenica. In terra di pagani, a nord della Palestina, la vedova di Sarepta (I lettura), nonostante la scarsità di viveri in epoca di siccità, condivide acqua e pane con il profeta Elia, che sta fuggendo dalla persecuzione del re Acab e della regina Gezabele. Quella vedova, ormai stremata (v. 12), si è fidata della parola dell’uomo di Dio e Dio non le fece mancare il necessario per vivere lei, suo figlio e altri familiari (v. 15-16). A dispetto della malvagità della coppia reale, la protezione di Dio si manifesta a favore del suo inviato (Elia) e dei poveri.

La scena si ripete sulla spianata del tempio di Gerusalemme, luogo ufficiale del culto, dove Marco (Vangelo) presenta due scene contrastanti. Da un lato, gli scribi: i presunti sapienti della legge, gonfi di vanità fino all’ostentazione (fanno sfoggio di vestiti lussuosi, cercano i saluti e i primi posti), presuntuosi fino a manipolare Dio con lunghe preghiere, e persino voraci divoratori delle case delle vedove (v. 40). Dall’altro lato, Gesù mette in evidenza il gesto furtivo di una vedova povera che, con la massima discrezione, senza farsi notare, getta nel tesoro del tempio due monetine, che era “tutto quanto aveva per vivere” (v. 44). Sono pochi centesimi, ma di valore immenso. Lei non dà molte cose, come i ricchi, ma dà molto, tutto, come dice il testo greco: “tutta la sua vita”. “Il discepolo è colui che dà al Signore il necessario e non il superfluo. Dio non ama vivere di briciole. Non si può imparare a dare tutto se non attraverso la frequentazione assidua, perseverante e quotidiana di Colui che si è consegnato totalmente per noi” (p. Fidèle Katsan, mccj). Il profitto e la gratuità sono messi a confronto. Gli scribi ostentano una religiosità per profitto personale: anche nel fare opere buone cercano il loro interesse, sono vittime della cultura dell’apparire. Gesù, al contrario, esalta nella vedova la gratuità, umiltà e distacco: essa si fida di Dio e a Lui si abbandona. Ritorna qui l’insegnamento radicale del Vangelo di Marco nelle domeniche precedenti: il vero discepolo di Gesù vende tutto, lo da ai poveri, offre la vita come ha fatto il Maestro in riscatto per tutti (II lettura, v. 26), ama Dio e il prossimo con tutto il cuore. Per lei, questo duplice amore è più importante della sua stessa sopravvivenza (*). Per il Regno di Dio no è importante dare molto o poco; l’importante è dare tutto. Già il Papa S. Gregorio Magno affermava: “Il Regno di Dio non ha prezzo; vale tutto ciò che si possiede”. Bastano anche due spiccioli, o “anche un solo bicchiere d’acqua fresca” (Mt 10,42). Il dono offerto dalla propria povertà è espressione di fede, di amore, di missione. Così si sono espressi i vescovi della Chiesa latinoamericana nella Conferenza di Puebla (Messico, 1979), parlando dell’impegno per la missione universale: “Finalmente è arrivata l’ora, per l’America Latina, di… proiettarsi al di là delle proprie frontiere, ad gentes. È vero che noi stessi abbiamo bisogno di missionari; ma dobbiamo dare dalla nostra povertà” (Puebla n. 368). L’impegno per la missione, dentro e fuori del proprio Paese, è concreto ed esigente: occorrono mezzi materiali e spirituali, ma soprattutto persone disponibili a partire e a offrire la propria vita. Per il Regno di Dio! La povera di Sarepta e la vedova del Vangelo ripropongono oggi la sfida di una missione vissuta con scelte di povertà, nell’uso di mezzi poveri, fondata sulla forza della Parola, libera dai condizionamenti del potere, in mezzo agli ultimi della terra, in situazioni di fragilità, nella debolezza propria e dei collaboratori, nella solitudine, nell’ostilità… Paolo, Saverio, Comboni, Teresa di Calcutta e tanti altri missionari, hanno vissuto la loro vocazione all’insegna della Croce, affrontando sofferenze, ostacoli e incomprensioni, nella convinzione che “le opere di Dio devono nascere e crescere ai piedi del Calvario” (San Daniele Comboni). Il missionario pone al centro della sua vita il Signore crocifisso, risorto e vivente, perché ritiene che la potenza di Cristo e del Vangelo si rivela nella debolezza dell’apostolo e nella precarietà dei mezzi umani (cf Paolo). Nelle situazioni di povertà, abbandono e morte, il missionario scopre in Cristo crocifisso la presenza efficace del Dio della Vita e scopre una moltitudine di fratelli da amare e da valorizzare, portando loro il Vangelo, messaggio di vita e di speranza.

Parola del Papa (*)  “Il gesto della vedova povera, grazie allo sguardo attento di Gesù, è diventato proverbiale: «l’obolo della vedova», infatti, è sinonimo della generosità di chi dà senza riserve il poco che possiede. La vedova del Vangelo, come anche quella dell’Antico Testamento, dà tutto, dà se stessa, e si mette nelle mani di Dio, per gli altri. È questo il significato perenne dell’offerta della vedova povera, che Gesù esalta perché ha dato più dei ricchi, i quali offrono parte del loro superfluo, mentre lei ha dato tutto ciò che aveva per vivere (cf Mc 12,44), e così ha dato se stessa”. Benedetto XVI Omelia a Brescia, 8.XI.2009

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