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GESÙ INCONTRA DELLE DONNE: GESÙ E IL GESTO DELLA VEDOVA
di Giuliana Babini
Gesù stesso insegna ai suoi discepoli a rileggere le Scritture alla luce degli eventi e a comprendere gli eventi alla luce delle Scritture (cf Lc 24): invochiamo lo Spirito perché ci aiuti a “vedere” e a “compiere” gesti che sono segni di un autentico vissuto, forse anche inconsapevole, profondamente evangelico.
Marco 12, 41-44 Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». Nel Vangelo di Marco (e anche in quello di Luca) la visita finale di Gesù al tempio, dopo le dispute con i “grandi” che vi si sentono a casa (farisei, sadducei, scribi), si conclude con Gesù che si siede di fronte alle cassette in cui coloro che si recavano al tempio facevano le loro offerte per il mantenimento del tempio stesso e per i poveri (almeno così doveva essere !). Immaginiamo di essere anche noi lì ad osservare con Gesù chi passa e getta monete. Mostrare di essere generosi è da sempre un piacere per uomini e donne, ma Gesù, come sempre, non si lascia ingannare dall’esterno, dalla quantità, e guarda all’intimo del cuore, al centro della persona: per lui è questo il vero tempio in cui il Signore viene riconosciuto o ridotto a cosa di poca importanza, a oggetto di ostentazione e mercato. Il tempio di pietre era un segno come luogo di preghiera per tutte le genti, luogo di aggregazione, di convergenza sulla Signoria di Dio, ma era diventato un mercato e Gesù aveva cercato di farlo capire (Mc 11,15s). Ma anche il cuore dell’uomo può diventare un mercato ed essere uno spazio in cui passano una infinità di pensieri, sentimenti, illusioni, emozioni che lo inquinano. Ecco che Gesù vede una persona dal cuore integro che dona al tempio del Signore, sua roccia, tutto ciò che ha per vivere. Sono due spiccioli, pochissima cosa, potrebbe calcolare “uno per me e uno per l’altro (il Signore o il povero)”, invece si affida totalmente nella sua mancanza assoluta di possibilità per il futuro. Questa persona è una “vedova”, e una vedova sola, come appare questa donna, era in Israele figura massima di povertà, di mendicità, anche se la comunità, forse il tempio stesso, avrebbe dovuto soccorrerla, ma non vi era mai certezza che questo accadesse. Questa vedova, che si ritrova queste due monetine, forse ricevute in offerta, come unica sicurezza per il domani, le “getta” senza che ne abbia l’obbligo, senza che le sia richiesto, le dona ben sapendo che nessuno ci farà caso: la casa del Signore è la sua casa, il suo baluardo, non vuole altro: è tutta lì nel suo gesto. E Gesù fa notare ai suoi, e a noi lì con Lui nella preghiera, la portata della sua offerta; lei non lo sa, ma Gesù se ne serve per indicare ai discepoli con quale cuore dovrebbero affrontare la prova che li attende, con quale atteggiamento di offerta e affidamento dovrebbero porsi di fronte al nuovo tempio che è Gesù stesso, che sta per consegnarsi totalmente, quale seme gettato in terra per portare frutto di redenzione per tutti (cf Mc 14,35; Lc 13,19; Gv 12,24). Il tutto è troppo duro per i discepoli che restano legati al tempio di pietra, di cui Gesù annuncerà subito dopo la distruzione. Si può essere “vuoti”, “mancanti”, ma sempre resteranno due spiccioli di possibilità di relazione che, offerti senza riserva e senza paura dell’insicurezza, faranno fiorire comunione. La comunione con il Signore e con gli altri poveri è per questa vedova essenziale più del pane. E per noi è forse troppo alto il prezzo? Quante e quali riserve abbiamo pronti? Maria ai piedi della Croce, “vedova e ormai sola” getta nelle mani del Signore suo Dio tutto quanto ha per vivere, come un giorno aveva fatto dei suoi sogni di fanciulla. La sua è adesione totale, integra, al mistero del Figlio nuovo tempio del Signore. Pare che sia lui, il nuovo tempio distrutto e non l’antico, ma Maria con la sua presenza mostra che ha vissuto nella fedeltà, affidata all’unica certezza che quel Figlio gli era stato dato da quel Dio, a cui lei aveva affidato gli spiccioli che erano la sua piccola vita di donna di un oscuro paese di Palestina. In lei anche la Chiesa tutta e ciascuno di noi è chiamato a questo nascosto offrirsi con cuore integro (solo il Signore lo saprà!) al di là della situazione di vita in cui si ritrova a vivere: solo in offerte così rifiorisce la speranza e il futuro. La generosità si misura più da ciò che non si vede che da quello che si vede, è presenza, adesione interiore con il cuore “vedovo”, vuoto di sé e di ogni altro possibile progetto che non sia il gettare tutto nel tempio del Signore che siamo noi stessi, in quella parola che Lui ha pronunciato chiamandoci alla vita. Il Signore ci conduca!
“Signore nelle tue mani è la mia vita e la mia morte” (cf Sl 15,5)