Archive pour le 6 novembre, 2015

Elie et la pauvre veuve

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GESÙ INCONTRA DELLE DONNE: GESÙ E IL GESTO DELLA VEDOVA

 http://www.cenacoloitalia.it/fermarsi_ripartire/Gesuelavedovaaltempio.html

GESÙ INCONTRA DELLE DONNE: GESÙ E IL GESTO DELLA VEDOVA  

di Giuliana Babini  

Gesù stesso insegna ai suoi discepoli a rileggere le Scritture alla luce degli eventi e a comprendere gli eventi alla luce delle Scritture (cf  Lc 24): invochiamo lo Spirito perché ci aiuti a “vedere” e a “compiere” gesti che  sono  segni di un autentico vissuto, forse anche  inconsapevole, profondamente evangelico.  

Marco 12, 41-44  Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». Nel Vangelo di Marco (e  anche in quello di Luca) la visita finale di Gesù al tempio, dopo le dispute con i “grandi” che vi si sentono a casa (farisei, sadducei, scribi), si conclude con Gesù che si siede di fronte alle cassette in cui coloro che si recavano al tempio facevano le loro offerte per il mantenimento del tempio stesso e per i poveri (almeno così doveva essere !). Immaginiamo di essere anche noi lì ad osservare con Gesù chi passa e getta monete. Mostrare di essere generosi è da sempre un piacere  per uomini e donne, ma Gesù, come sempre, non si lascia ingannare dall’esterno, dalla quantità, e guarda all’intimo del cuore, al centro della persona: per lui è questo il vero tempio in cui il Signore viene riconosciuto o ridotto a cosa di poca importanza, a oggetto di ostentazione e mercato. Il tempio di pietre era un  segno come  luogo di preghiera per tutte le genti, luogo di aggregazione, di convergenza sulla Signoria di Dio, ma era diventato un mercato e Gesù aveva cercato di farlo capire (Mc 11,15s). Ma anche il cuore dell’uomo può diventare un mercato ed essere uno spazio in cui passano una infinità di pensieri, sentimenti, illusioni, emozioni  che lo inquinano. Ecco che Gesù vede una persona dal  cuore integro che dona al tempio del Signore, sua roccia, tutto ciò che ha per vivere. Sono due spiccioli, pochissima cosa,  potrebbe calcolare  “uno per me e uno per l’altro (il Signore o il povero)”, invece si affida totalmente nella sua mancanza assoluta di possibilità per il futuro.  Questa persona è una  “vedova”, e una vedova  sola, come appare questa donna, era in Israele figura massima di povertà, di mendicità, anche se la comunità, forse il tempio stesso, avrebbe dovuto soccorrerla, ma non vi era  mai certezza che questo accadesse. Questa vedova, che si ritrova queste due monetine, forse ricevute in offerta, come unica sicurezza per il domani, le “getta” senza che ne abbia l’obbligo, senza che le sia richiesto, le dona ben sapendo che nessuno ci farà caso: la casa del Signore  è la sua casa, il suo baluardo, non vuole altro: è tutta lì nel suo gesto. E Gesù fa notare ai suoi, e a noi lì con Lui nella preghiera, la portata della sua offerta; lei non lo sa, ma Gesù se ne serve per indicare ai discepoli con quale cuore dovrebbero affrontare la prova che li attende, con quale atteggiamento di offerta e affidamento dovrebbero porsi di fronte al nuovo tempio che è Gesù stesso, che sta per consegnarsi   totalmente, quale  seme gettato  in terra per portare frutto di redenzione per tutti (cf Mc 14,35; Lc 13,19; Gv 12,24). Il tutto è troppo duro per i discepoli che restano legati al tempio di pietra, di cui  Gesù annuncerà subito dopo  la distruzione. Si può essere “vuoti”, “mancanti”, ma sempre resteranno due spiccioli di possibilità di relazione che, offerti senza riserva e senza paura dell’insicurezza, faranno fiorire  comunione. La comunione con il Signore e con gli altri poveri è per questa vedova essenziale più del pane. E per noi è forse troppo alto il prezzo?  Quante e quali riserve abbiamo pronti? Maria ai piedi della Croce, “vedova e ormai sola”  getta nelle mani del Signore suo Dio tutto quanto ha per vivere, come un giorno aveva fatto dei suoi sogni di fanciulla. La sua è adesione totale,  integra, al mistero del Figlio nuovo tempio del Signore. Pare che sia lui, il nuovo tempio distrutto e non l’antico, ma Maria con la sua presenza mostra che ha vissuto nella fedeltà, affidata all’unica certezza che quel Figlio gli era stato dato da quel  Dio, a cui lei aveva affidato  gli spiccioli che erano la  sua piccola vita di donna di un oscuro paese di Palestina. In lei anche la Chiesa tutta e ciascuno di noi è chiamato a questo nascosto offrirsi  con cuore integro (solo il Signore lo saprà!) al di là della situazione di vita in cui si ritrova a vivere: solo in offerte così  rifiorisce la speranza e il futuro.  La generosità si misura più da ciò che non si vede che da quello che si vede, è presenza, adesione interiore con il cuore “vedovo”, vuoto di sé e di ogni altro possibile progetto che non sia il gettare tutto nel tempio del Signore che siamo noi stessi, in quella parola che Lui ha pronunciato chiamandoci alla vita. Il Signore ci conduca!

“Signore nelle tue mani è la mia vita e la mia morte” (cf Sl 15,5) 

OMELIA XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – DARE DALLA NOSTRA POVERTÀ

http://www.comboni.org/contenuti/106238-xxxii-domenica-del-tempo-ordinario-anno-b

XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

DARE DALLA NOSTRA POVERTÀ: UN CRITERIO MISSIONARIO

P. Romeo Ballan, mccj

1Re  17,10-16 Salmo  145 Ebrei  9,24-28 Marco  12,38-44

Riflessioni Nella selva del Brasile, un missionario chiese un giorno a un indio della etnia Yanomami: “Chi è buono?” E l’indio gli rispose: “Buono è colui che condivide”. Una risposta in sintonia con il Vangelo di Gesù! Ne danno testimonianza le due donne, vedove e povere, ambedue esperte nella fatica per vivere, protagoniste del messaggio biblico e missionario di questa domenica. In terra di pagani, a nord della Palestina, la vedova di Sarepta (I lettura), nonostante la scarsità di viveri in epoca di siccità, condivide acqua e pane con il profeta Elia, che sta fuggendo dalla persecuzione del re Acab e della regina Gezabele. Quella vedova, ormai stremata (v. 12), si è fidata della parola dell’uomo di Dio e Dio non le fece mancare il necessario per vivere lei, suo figlio e altri familiari (v. 15-16). A dispetto della malvagità della coppia reale, la protezione di Dio si manifesta a favore del suo inviato (Elia) e dei poveri.

La scena si ripete sulla spianata del tempio di Gerusalemme, luogo ufficiale del culto, dove Marco (Vangelo) presenta due scene contrastanti. Da un lato, gli scribi: i presunti sapienti della legge, gonfi di vanità fino all’ostentazione (fanno sfoggio di vestiti lussuosi, cercano i saluti e i primi posti), presuntuosi fino a manipolare Dio con lunghe preghiere, e persino voraci divoratori delle case delle vedove (v. 40). Dall’altro lato, Gesù mette in evidenza il gesto furtivo di una vedova povera che, con la massima discrezione, senza farsi notare, getta nel tesoro del tempio due monetine, che era “tutto quanto aveva per vivere” (v. 44). Sono pochi centesimi, ma di valore immenso. Lei non dà molte cose, come i ricchi, ma dà molto, tutto, come dice il testo greco: “tutta la sua vita”. “Il discepolo è colui che dà al Signore il necessario e non il superfluo. Dio non ama vivere di briciole. Non si può imparare a dare tutto se non attraverso la frequentazione assidua, perseverante e quotidiana di Colui che si è consegnato totalmente per noi” (p. Fidèle Katsan, mccj). Il profitto e la gratuità sono messi a confronto. Gli scribi ostentano una religiosità per profitto personale: anche nel fare opere buone cercano il loro interesse, sono vittime della cultura dell’apparire. Gesù, al contrario, esalta nella vedova la gratuità, umiltà e distacco: essa si fida di Dio e a Lui si abbandona. Ritorna qui l’insegnamento radicale del Vangelo di Marco nelle domeniche precedenti: il vero discepolo di Gesù vende tutto, lo da ai poveri, offre la vita come ha fatto il Maestro in riscatto per tutti (II lettura, v. 26), ama Dio e il prossimo con tutto il cuore. Per lei, questo duplice amore è più importante della sua stessa sopravvivenza (*). Per il Regno di Dio no è importante dare molto o poco; l’importante è dare tutto. Già il Papa S. Gregorio Magno affermava: “Il Regno di Dio non ha prezzo; vale tutto ciò che si possiede”. Bastano anche due spiccioli, o “anche un solo bicchiere d’acqua fresca” (Mt 10,42). Il dono offerto dalla propria povertà è espressione di fede, di amore, di missione. Così si sono espressi i vescovi della Chiesa latinoamericana nella Conferenza di Puebla (Messico, 1979), parlando dell’impegno per la missione universale: “Finalmente è arrivata l’ora, per l’America Latina, di… proiettarsi al di là delle proprie frontiere, ad gentes. È vero che noi stessi abbiamo bisogno di missionari; ma dobbiamo dare dalla nostra povertà” (Puebla n. 368). L’impegno per la missione, dentro e fuori del proprio Paese, è concreto ed esigente: occorrono mezzi materiali e spirituali, ma soprattutto persone disponibili a partire e a offrire la propria vita. Per il Regno di Dio! La povera di Sarepta e la vedova del Vangelo ripropongono oggi la sfida di una missione vissuta con scelte di povertà, nell’uso di mezzi poveri, fondata sulla forza della Parola, libera dai condizionamenti del potere, in mezzo agli ultimi della terra, in situazioni di fragilità, nella debolezza propria e dei collaboratori, nella solitudine, nell’ostilità… Paolo, Saverio, Comboni, Teresa di Calcutta e tanti altri missionari, hanno vissuto la loro vocazione all’insegna della Croce, affrontando sofferenze, ostacoli e incomprensioni, nella convinzione che “le opere di Dio devono nascere e crescere ai piedi del Calvario” (San Daniele Comboni). Il missionario pone al centro della sua vita il Signore crocifisso, risorto e vivente, perché ritiene che la potenza di Cristo e del Vangelo si rivela nella debolezza dell’apostolo e nella precarietà dei mezzi umani (cf Paolo). Nelle situazioni di povertà, abbandono e morte, il missionario scopre in Cristo crocifisso la presenza efficace del Dio della Vita e scopre una moltitudine di fratelli da amare e da valorizzare, portando loro il Vangelo, messaggio di vita e di speranza.

Parola del Papa (*)  “Il gesto della vedova povera, grazie allo sguardo attento di Gesù, è diventato proverbiale: «l’obolo della vedova», infatti, è sinonimo della generosità di chi dà senza riserve il poco che possiede. La vedova del Vangelo, come anche quella dell’Antico Testamento, dà tutto, dà se stessa, e si mette nelle mani di Dio, per gli altri. È questo il significato perenne dell’offerta della vedova povera, che Gesù esalta perché ha dato più dei ricchi, i quali offrono parte del loro superfluo, mentre lei ha dato tutto ciò che aveva per vivere (cf Mc 12,44), e così ha dato se stessa”. Benedetto XVI Omelia a Brescia, 8.XI.2009

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