Archive pour le 30 octobre, 2015

Synaxis of all saints (Greece, 19 c.)

Synaxis of all saints (Greece, 19 c.) dans immagini sacre

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BENEDETTO XVI – SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI (2006)

http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2006/documents/hf_ben-xvi_hom_20061101_all-saints.html

CAPPELLA PAPALE PER LA SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI (2006)

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana

Mercoledì, 1° novembre 2006

Il Santo Padre ha introdotto la Celebrazione e l’atto penitenziale con le seguenti parole:

Fratelli e sorelle amatissimi, noi oggi contempliamo il mistero della comunione dei santi del cielo e della terra. Noi non siamo soli, ma siamo avvolti da una grande nuvola di testimoni: con loro formiamo il Corpo di Cristo, con loro siamo figli di Dio, con loro siamo fatti santi dello Spirito Santo. Gioia in cielo, esulti la terra! La gloriosa schiera dei santi intercede per noi presso il Signore, ci accompagna nel nostro cammino verso il Regno, ci sprona a tenere fisso lo sguardo su Gesù il Signore, che verrà nella gloria in mezzo ai suoi santi. Disponiamoci a celebrare il grande mistero della fede e dell’amore, confessandoci bisognosi della misericordia di Dio.

Cari fratelli e sorelle, la nostra celebrazione eucaristica si è aperta con l’esortazione « Rallegriamoci tutti nel Signore ». La liturgia ci invita a condividere il gaudio celeste dei santi, ad assaporarne la gioia. I santi non sono una esigua casta di eletti, ma una folla senza numero, verso la quale la liturgia ci esorta oggi a levare lo sguardo. In tale moltitudine non vi sono soltanto i santi ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato di compiere con amore e fedeltà la volontà divina. Della gran parte di essi non conosciamo i volti e nemmeno i nomi, ma con gli occhi della fede li vediamo risplendere, come astri pieni di gloria, nel firmamento di Dio. Quest’oggi la Chiesa festeggia la sua dignità di « madre dei santi, immagine della città superna » (A. Manzoni), e manifesta la sua bellezza di sposa immacolata di Cristo, sorgente e modello di ogni santità. Non le mancano certo figli riottosi e addirittura ribelli, ma è nei santi che essa riconosce i suoi tratti caratteristici, e proprio in loro assapora la sua gioia più profonda. Nella prima Lettura, l’autore del libro dell’Apocalisse li descrive come « una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua » (Ap 7, 9). Questo popolo comprende i santi dell’Antico Testamento, a partire dal giusto Abele e dal fedele Patriarca Abramo, quelli del Nuovo Testamento, i numerosi martiri dell’inizio del cristianesimo e i beati e i santi dei secoli successivi, sino ai testimoni di Cristo di questa nostra epoca. Li accomuna tutti la volontà di incarnare nella loro esistenza il Vangelo, sotto l’impulso dell’eterno animatore del Popolo di Dio che è lo Spirito Santo. Ma « a che serve la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità? ». Con questa domanda comincia una famosa omelia di san Bernardo per il giorno di Tutti i Santi. È domanda che ci si potrebbe porre anche oggi. E attuale è anche la risposta che il Santo ci offre: « I nostri santi – egli dice – non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. Per parte mia, devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri » (Disc. 2; Opera Omnia Cisterc. 5, 364ss). Ecco dunque il significato dell’odierna solennità: guardando al luminoso esempio dei santi risvegliare in noi il grande desiderio di essere come i santi: felici di vivere vicini a Dio, nella sua luce, nella grande famiglia degli amici di Dio. Essere Santo significa: vivere nella vicinanza con Dio, vivere nella sua famiglia. E questa è la vocazione di noi tutti, con vigore ribadita dal Concilio Vaticano II, ed oggi riproposta in modo solenne alla nostra attenzione. Ma come possiamo divenire santi, amici di Dio? All’interrogativo si può rispondere anzitutto in negativo: per essere santi non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali. Viene poi la risposta in positivo: è necessario innanzitutto ascoltare Gesù e poi seguirlo senza perdersi d’animo di fronte alle difficoltà. « Se uno mi vuol servire – Egli ci ammonisce – mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà » (Gv 12, 26). Chi si fida di Lui e lo ama con sincerità, come il chicco di grano sepolto nella terra, accetta di morire a sé stesso. Egli infatti sa che chi cerca di avere la sua vita per se stesso la perde, e chi si dà, si perde, trova proprio così la vita (Cfr Gv 12, 24-25). L’esperienza della Chiesa dimostra che ogni forma di santità, pur seguendo tracciati differenti, passa sempre per la via della croce, la via della rinuncia a se stesso. Le biografie dei santi descrivono uomini e donne che, docili ai disegni divini, hanno affrontato talvolta prove e sofferenze indescrivibili, persecuzioni e martirio. Hanno perseverato nel loro impegno, « sono passati attraverso la grande tribolazione – si legge nell’Apocalisse – e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello » (v. 14). I loro nomi sono scritti nel libro della vita (cfr Ap 20, 12); loro eterna dimora è il Paradiso. L’esempio dei santi è per noi un incoraggiamento a seguire le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l’unica vera causa di tristezza e di infelicità per l’uomo è vivere lontano da Lui. La santità esige uno sforzo costante, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell’uomo, è anzitutto dono di Dio, tre volte Santo (cfr Is 6, 3). Nella seconda Lettura, l’apostolo Giovanni osserva: « Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! » (1 Gv 3, 1). È Dio, dunque, che per primo ci ha amati e in Gesù ci ha resi suoi figli adottivi. Nella nostra vita tutto è dono del suo amore: come restare indifferenti dinanzi a un così grande mistero? Come non rispondere all’amore del Padre celeste con una vita da figli riconoscenti? In Cristo ci ha fatto dono di tutto se stesso, e ci chiama a una relazione personale e profonda con Lui. Quanto più pertanto imitiamo Gesù e Gli restiamo uniti, tanto più entriamo nel mistero della santità divina. Scopriamo di essere amati da Lui in modo infinito, e questo ci spinge, a nostra volta, ad amare i fratelli. Amare implica sempre un atto di rinuncia a se stessi, il « perdere se stessi », e proprio così ci rende felici. Così siamo arrivati al Vangelo di questa festa, all’annuncio delle Beatitudini che poco fa abbiamo sentito risuonare in questa Basilica. Dice Gesù: Beati i poveri in spirito, beati gli afflitti, i miti, beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, i misericordiosi, beati i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per causa della giustizia (cfr Mt 5, 3-10). In verità, il Beato per eccellenza è solo Lui, Gesù. È Lui, infatti, il vero povero in spirito, l’afflitto, il mite, l’affamato e l’assetato di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, l’operatore di pace; è Lui il perseguitato a causa della giustizia. Le Beatitudini ci mostrano la fisionomia spirituale di Gesù e così esprimono il suo mistero, il mistero di Morte e Risurrezione, di Passione e di gioia della Risurrezione. Questo mistero, che è mistero della vera beatitudine, ci invita alla sequela di Gesù e così al cammino verso di essa. Nella misura in cui accogliamo la sua proposta e ci poniamo alla sua sequela – ognuno nelle sue circostanze – anche noi possiamo partecipare della sua beatitudine. Con Lui l’impossibile diventa possibile e persino un cammello passa per la cruna dell’ago (cfr Mc 10, 25); con il suo aiuto, solo con il suo aiuto ci è dato di diventare perfetti come è perfetto il Padre celeste (cfr Mt 5, 48). Cari fratelli e sorelle, entriamo ora nel cuore della Celebrazione eucaristica, stimolo e nutrimento di santità. Tra poco si farà presente nel modo più alto Cristo, vera Vite, a cui, come tralci, sono uniti i fedeli che sono sulla terra ed i santi del cielo. Più stretta pertanto sarà la comunione della Chiesa pellegrinante nel mondo con la Chiesa trionfante nella gloria. Nel Prefazio proclameremo che i santi sono per noi amici e modelli di vita. Invochiamoli perché ci aiutino ad imitarli e impegniamoci a rispondere con generosità, come hanno fatto loro, alla divina chiamata. Invochiamo specialmente Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità. Lei, la Tutta Santa, ci faccia fedeli discepoli del suo figlio Gesù Cristo! Amen.

1 NOVEMBRE 2015 | 31A DOMENICA – TEMPO ORDINARIO B | OMELIA

http://www.donbosco-torino.it/ita/Domenica/02-annoB/14-15/Omelie/8-Ordinario/31a-Domenica-TuttiSanti-B-2015/10-31a-Domenica_TuttiSanti-B-2015-UD.htm

1 NOVEMBRE 2015 | 31A DOMENICA – TEMPO ORDINARIO B | OMELIA

Per cominciare La liturgia che celebriamo in ogni giorno dell’anno liturgico ci fa festeggiare qualche centinaio di santi. Oggi ci viene data l’opportunità di festeggiarli tutti, anche quelli meno conosciuti, quelli di cui portiamo il nome, e anche quelli che sono vissuti accanto a noi e ci hanno preceduti nel mondo di Dio.

La parola di Dio Apocalisse 7,2-4.9-14. La chiesa festeggia oggi una moltitudine immensa di seguaci di Cristo che nessuno può contare. L’Apocalisse fa riferimento in modo particolare ai cristiani della chiesa dei primi secoli, ai « santi » che hanno seguito Gesù fino al martirio e hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello. 1 Giovanni 3,1-3. Dio ci ama e ci rende suoi figli. Siamo anche noi partecipi della vita divina e possediamo sin d’ora un germe di eternità. L’apostolo Giovanni ci invita a vivere in coerenza il dono ricevuto, a farci santi, a renderci ogni giorno più degni di quanto la bontà di Dio ha preparato per quelli che lo amano. Matteo 5,1-12a. Le beatitudini rivelano senza ambiguità e sin dall’inizio la scelta di campo di Gesù. Nel momento in cui il messia dà inizio solennemente alla predicazione del regno, si rivolge ai miti, ai poveri, a coloro che soffrono e dichiara che a essi è destinata la salvezza.

Riflettere o L’Apocalisse con un linguaggio immaginifico, ci offre una doppia visione: dapprima quella dei predestinati tra i salvati, segnati da una T (la « tau »), in numero di 144.000 (il quadrato di 12, numero della totalità, moltiplicato per 1000). Si tratta dunque di un numero simbolico e non sono – come molti pensano – i santi del paradiso, ma i cristiani che si trovano ancora su questa terra, la comunità dei santi, che, in forza del sigillo del battesimo, sono già annoverati nella schiera degli eletti. o Sono questi i figli di Dio, di cui parla Giovanni nella sua lettera (seconda lettura). A essi non sono risparmiate le sofferenze e le persecuzioni che subiscono tutti, ma appartengono al Signore e si trovano in una condizione privilegiata, perché partecipano della santità di Dio. o Nella seconda visione, appare una moltitudine immensa, che nessuno può contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stanno in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in bianche vesti. Tengono rami di palma nelle loro mani e inneggiano a Dio e all’Agnello. o Essi, spiega uno degli anziani, « sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti rendendole candide nel sangue dell’Agnello ». o Sono vestiti di bianco, simbolo di gioia e di vita nuova, di assenza di peccato. Hanno nelle mani le palme della vittoria, perché sono stati fedeli a Dio e al suo Cristo. Questi sono i santi del cielo, coloro che hanno già concluso il pellegrinaggio sulla terra e si trovano nella beatitudine di Dio. o Hanno sopportato tribolazioni e persecuzioni e donato la loro vita a Dio. Agli occhi del mondo sono apparsi degli sconfitti, ma Dio ora li proclama vincitori e li glorifica. o Seguono alcuni versetti che descrivono la loro attuale condizione: essi non hanno più fame, né sete, non li colpisce il sole, né l’arsura, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, è il loro pastore e li guida alle fonti delle acque della vita. E Dio asciuga ogni lacrima dai loro occhi » (cf Ap 7,16-17) . o Naturalmente si tratta di un testo profetico, ricco di elementi simbolici, scritto per dare coraggio ai cristiani della prima ora, presi dalla tentazione di abiurare dalla loro fede a causa della persecuzione. o Fin qui la prima lettura, che si adatta perfettamente alla festa dei santi. Quanto al vangelo, ci presenta le beatitudini secondo Matteo. Gesù le proclama all’inizio della vita pubblica, in un contesto diverso da quello della sinagoga. o Gesù è circondato dalle folle: una marea di gente che corre a lui da tutta la Palestina, attirata soprattutto dai suoi miracoli. Gente politicamente divisa, ma religiosamente ancorata alla tradizione, consapevole di rappresentare il popolo delle promesse messianiche. E Gesù non delude le loro attese. o Gesù parla loro e pensa già al nuovo popolo messianico, chiamato a ricomporre le dodici tribù di Israele nella nuova comunità della chiesa. o Beatitudini che rivelano le scelte preferenziali del Figlio di Dio, che si è presentato al mondo povero e mite, misericordioso e pacifico, sperimentando sulla sua pelle sin da subito la beatitudine dei perseguitati a causa della giustizia. E che come messia ha annunciato il regno di Dio ai puri di cuore, a coloro che attendevano la salvezza da Dio vivendo per lui nella fedeltà.

Attualizzare * Oggi è la festa di Dio, di Dio che si è rivelato a coloro che sono già nella gioia definitiva. Pensiamo spontaneamente a quei santi speciali che tutti conosciamo, ai « numeri uno » della storia della chiesa a cui tutti guardano con ammirazione. Ma tra di essi ci sono anche molti cristiani più comuni, con alcuni dei quali siamo vissuti e abbiamo fatto un po’ di strada insieme. Tra essi, i nostri cari, tanti nostri fratelli che hanno fatto di se stessi delle persone riuscite, che sono rimaste fedeli nella normalità della loro vita, testimoniando che la santità è possibile nel quotidiano. * Essi ora sono nella gioia, anche se ci prende un velo di tristezza e di nostalgia, ogni volta che ci pieghiamo davanti alle loro tombe. Mentre l’apostolo Paolo ci lascia consolanti parole di speranza: « Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano » (1Cor 2,9). * I « nostri santi » stanno raccogliendo il frutto del loro amore da Dio, che li ama ben al di sopra di quanto abbiamo saputo amarli noi. Ora li sentiamo più vicini, e più viva è la nostra riconoscenza nei loro confronti. Essi hanno costruito con le loro scelte un tratto di storia positivo, vivendo lo spirito delle beatitudini. Noi siamo carne della loro carne, siamo diventati quello che siamo grazie a loro, assomigliamo a loro più di quanto possiamo pensare. * Il « papa buono » Giovanni XXIII aveva una particolare devozione ai suoi cari defunti. Diceva, lasciandosi prendere da sentimenti molto umani e da una certa semplicità: « Tutti i santi, per un motivo o per l’altro, sono nostri protettori, ma tanti di essi sono indaffarati, perché troppa gente li invoca. Invece i nostri morti sono i santi della nostra famiglia, sono vissuti con noi, hanno il nostro stesso sangue. Conoscono le nostre debolezze e le nostre virtù, molto più ora che sono presso Dio. Quindi ci devono aiutare a evitare le nostre debolezze. Sono loro i nostri primi protettori, liberi di portare i nostri desideri al trono di Dio ». * La festa di « Tutti i Santi » ci rivela grandi verità: il destino della vita e la stessa realtà della morte: verità che si impongono, nonostante la spensieratezza della nostra società. Per questo è festa di fraternità, perché ci parla di un futuro che ci accomuna tutti. aÈ festa di paradiso, festa del riposo biblico, che è riposo in Dio. Non quindi vita da pensionati, ma pienezza di vita e di creatività, così come è Dio. Non noia, ma partecipazione alla festa eterna di Dio. * Giornata di gioia, di speranza, di impegno a vivere attenti al giudizio di Dio. Perché ci sarà un giudizio sulle nostre azioni. Quindi giorno per guardarsi, esaminarsi, per scoprirsi più buoni, per guardarsi e scoprirci come siamo, senza farci illusioni. Ma ricordando che Dio perdona ed è misericordioso. * È il capovolgimento dei valori: qui prevalgono l’esteriorità, la ricchezza, l’apparenza, a volte la violenza e la prepotenza… La vita dei santi proclama invece le beatitudini della povertà, della mitezza; ci fa scegliere la strada stretta. * Guardiamo ai santi così. Evitando certe devozioni ai santi più gettonati e la dubbia modalità di molti pellegrinaggi, fatti di esteriorità, di brutti souvenir e macchine fotografiche. * Guardiamo ai santi per come sono vissuti. Proprio in questi giorni, il 4 di novembre, si festeggia l’arcivescovo di Milano san Carlo Borromeo. Rimasto orfano giovane, lo zio, papa Pio IV, lo chiamò a Roma e a 21 anni lo nomina cardinale e vescovo di Milano. Un episodio di nepotismo, che Carlo vive però a modo suo. Contrariamente all’uso di quel tempo, dimora nella diocesi, diventando un vero pastore per il suo popolo. Organizza oratori, la scuola della dottrina cristiana per tutti, che avrà oltre 40 mila allievi. Durante la peste di Milano (17 mila morti, di cui 130 sacerdoti) passa di porta in porta, trasforma la sua casa in ospedale, le sue tende e tovaglie diventano bende per gli appestati. Di lui Filippo Il di Spagna dirà, riferendosi al suo successore, Federico Borromeo: « Purché viva santamente come l’arcivescovo Carlo, a noi non importa che difenda strenuamente i diritti della chiesa come ha fatto lui ». * Ancora un altro esempio tra i tantissimi: il beato olandese Tito Brandsma, morto a Dachau nel luglio del ’42. Diceva: « Il nostro amore per il prossimo deve essere proverbiale. Siamo stati creati per la gioia ». E si sforzava di vedere il lato positivo persino nei suoi carcerieri. Ha detto, nel mezzo delle sue sofferenze, affidando la sua vita a Dio: « Benché non sappia come andrà a finire, so bene di essere nelle mani di Dio ».

Costi quel che costi « Uomini di Dio » è un bel film francese, tratto dalla vicenda realmente accaduta, l’uccisione di alcuni monaci trappisti avvenuta per mano di un gruppo di estremisti islamici in Algeria alla fine degli anni Novanta. Questi otto monaci vivono in perfetta armonia con i loro fratelli musulmani. Progressivamente la situazione cambia. La violenza e il terrore integralista si propagano nella regione. Essi si trovano di fronte a una tragica scelta: seguire il proprio istinto di autoconservazione e fuggire, oppure rimanere fedeli alla propria vocazione e alla propria missione? I monaci decidono di restare al loro posto, costi quel che costi.

L’amore di Dio nel servizio umile « Il mondo è di chi lo ama! È dei santi, di coloro che sono totalmente affascinati dalla bellezza di Dio e dalla sua perfetta verità. Il santo per questa bellezza e verità è pronto a rinunciare a tutto, anche a se stesso. Gli basta l’amore di Dio, che sperimenta nel servizio umile e disinteressato del prossimo, specialmente di quanti non possono ricambiare » (card. Van Thuan, per 13 anni vissuto nelle prigioni cinesi).

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