Archive pour le 19 octobre, 2015

Discesa agli nferi (Katskhi, Georgia)

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Publié dans:immagini sacre |on 19 octobre, 2015 |Pas de commentaires »

LA DOLCEZZA VERSO NOI STESSI – SAN FRANCESCO DI SALES *

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LA DOLCEZZA VERSO NOI STESSI – SAN FRANCESCO DI SALES *

Francesco di Sales (1567-1622) manifestò fin da giovanissimo i segni della propria vocazione all’apostolato sacerdotale. Fattosi sacerdote dopo di aver frequentato gli studi a Parigi e a Padova, dapprima viene nominato parroco della Chiesa di Ginevra, e si dedica all’evangelizzazione degli abitanti del Chiablese onde ricondurli al cattolicesimo. Nel 1602, viene eletto vescovo di Ginevra, ed è proprio sotto la sua direzione che Santa Giovanna di Chantal fondò la Visitazione. Dolcezza, affabilità, carità ed una delicata bonomia, caratterizzano tutta la sua vita ed i suoi scritti, nascondendo, al tempo stesso, un temperamento bollente che nell’abbandono totale alla grazia di Dio ha saputo trovare il proprio equilibrio e la propria pace. Fra gli usi che dovremmo saper fare della dolcezza, il migliore è quello di applicarla a noi stessi, senza provare mai risentimento né contro di noi, né contro le nostre imperfezioni. Infatti, anche se la ragione vuole che, una volta compiuto un errore, ne siamo contristati e pentiti, tuttavia è necessario non indulgere ad un dispiacere arido ed amaro, stizzoso e collerico. Ne consegue che commettono un grande errore tutti coloro che, dopo la collera, si irritano per essersi irritati, si affliggono della loro stessa afflizione, si stizziscono della propria stizza. In questo modo tengono continuamente il loro cuore immerso ad ammollire nella collera; con la conseguenza che la seconda collera altera la prima, sì da servire di avviamento e di passaggio ad un’altra ancora, alla prima occasione che si dovesse presentare. Senza parlare, poi, del fatto che tali risentimenti, collere, stizze, che proviamo contro noi stessi, tendono all’orgoglio, e la loro origine non è nient’altro che l’amore di sé, amore che si turba e si preoccupa della nostra imperfezione. Il dispiacere che proviamo per le nostre mancanze deve dunque essere pacato, calmo e fermo… Noi possiamo correggerci più con pentimenti sereni e costanti, che non mediante pentimenti pieni di acrimonia, affrettati e collerici; tanto più che tali pentimenti, fatti con impeto, non sono conseguenza diretta della gravità della nostra colpa, bensì delle nostre inclinazioni. Per esempio, colui che predilige la castità, mentre proverà risentimento ed acredine sproporzionati alla mancanza che commetterà contro di essa, fosse anche minima, non farà, invece, che sorridere di una grossolana maldicenza da lui provocata e sostenuta. AI contrario, colui che odia la maldicenza, si tormenterà di essersi reso colpevole di una mormorazione leggera, e non terrà assolutamente conto di una grave mancanza contro la castità, così come di altri errori. Tutto ciò è dovuto esclusivamente al fatto che essi non giudicano la loro coscienza secondo ragione, ma secondo passione. Credetemi, come i rimproveri di un padre, fatti dolcemente e con amore hanno per la correzione del figlio un effetto ben maggiore delle collere e dello sdegno, così quando il nostro cuore commette qualche mancanza è da noi ripreso con rimproveri dolci e suadenti – mostrando nei suoi riguardi più compassione che passione e lo incorraggiamo ad emendarsi – il pentimento che se ne otterrà s’impossesserà maggiormente di esso e lo penetrerà più e meglio di quanto non possa fare un pentimento stizzoso, irritato e tempestoso… Risollevate dunque il vostro cuore con dolcezza quando cadrà, umiliandovi profondamente davanti a Dio perché avete conosciuto la vostra miseria, senza però meravigliarvi in nessun modo della vostra caduta, in quanto non può destare stupore il vedere !’infermità inferma, la debolezza debole, la miseria meschina. Pertanto, detestate con tutte le vostre forze l’offesa da voi fatta a Dio e, con grande coraggio e fiducia nella sua misericordia, riprendete il cammino lungo la strada della virtù che avete abbandonato.

* Introduction à la vie dévote, 3″ parte, cap. IX. Per facilitare la lettura, sono state apportate alcune modifiche di vocabolario

Publié dans:meditazioni, Santi |on 19 octobre, 2015 |Pas de commentaires »

UNA CONVERSIONE È SEMPRE UNA NUOVA NASCITA – ALESSANDRO MANZONI *

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UNA CONVERSIONE È SEMPRE UNA NUOVA NASCITA – ALESSANDRO MANZONI *

Alessandro Manzoni, dopo un breve periodo di sbandamento interiore, si convertì a 25 anni. Conversione già preparata da una ricerca profonda della verità. Da allora in poi la religione cristiana improntò costantemente la sua vita e la sua opera. Suo capolavoro è il romanzo «I promessi sposi». Questo libro, tra i più grandi della prosa italiana, dai personaggi plastici, che scaturiscono da una acuta analisi psicologica, è tutto penetrato da una profonda concezione cristiana della vita.

Appena introdotto l’Innominato, Federico gli andò incontro, con un volto premuroso e sereno, e con le braccia aperte, come a persona desiderata… I due stettero alquanto senza parlare e diversamente sospesi. L’Innominato, che era stato come portato lì per forza da un determinato disegno, d stava anche come per forza, straziato da due passioni opposte, quel desiderio e quella speranza confusa di trovare un refrigerio al tormento interno, e dall’altra parte una stizza, ‘una vergogna di venir lì come un pentito, come un sottomesso, come un miserabile, a confessarsi in colpa, a implorare un uomo: e non trovava parole, né quasi ne cercava. Però, alzando gli occhi in viso a quell’uomo, si sentiva sempre più penetrare da un sentimento di venerazione imperioso insieme e soave, che, aumentando la fiducia, mitigava il dispetto, e senza prender l’orgoglio di fronte, l’abbatteva e, dirò così, gli imponeva silenzio. La presenza di Federico era infatti di quelle che annunziano una superiorità e la fanno amare… Tenne anche lui, qualche momento, fisso nell’aspetto dell’Innominato il suo sguardo penetrante ed esercitato da lungo tempo a ritrarre dai sembianti i pensieri; e, sotto a quel fosco e a quel turbato, parendogli di scoprire sempre più qualcosa di conforme alla speranza da lui concepita al primo annunzio di una tal visita, tutto animato, «Oh! – disse – Che preziosa visita è questa!… Voi avete una buona nuova da darmi… ». «Una buona nuova, io? Ho l’inferno nel cuore; e vi darò una buona nuova? Ditemi voi, se lo sapete, qual’è questa buona nuova che aspettate da un par mio». «Che Dio v’ha toccato il cuore, e vuoi farvi suo», rispose pacatamente il cardinale. «Dio! Dio! Dio! Se io vedessi! Se io sentissi! Dov’è queste Dio?». «Voi me lo domandate? voi? E chi più di voi l’ha vicino? Non ve lo sentite in cuore che v’opprime, che vi agita, che non vi lascia stare e nelle stesso tempo vi attira, vi fa presentire una speranza di quiete, di consolazione, d’una consolazione che sarà piena, immensa, subito che voi lo riconosciate, lo confessiate, l’imploriate?». «O certo! Ho qui qualche cosa che mi opprime, che mi rode! Ma Dio! Se c’è queste Dio, se è quello che dicono, cosa volete che faccia di me?». Queste parole furono dette con un accento disperato; ma Federico, con un tono solenne, come di placida ispirazione, rispese: «Cosa può fare Dio di voi? Cosa vuol farne? Un segno della sua potenza e della sua bontà: vuol cavare da voi una gloria che nessun altro gli potrebbe dare… quando voi stesso sorgerete a condannare la vostra vita, ad accusare voi stesso, allora! allora Dio sarà glorificato! E voi domandate cosa Dio possa fare di voi?.. cosa possa fare di codesta volontà impetuosa, di codesta imperturbata costanza, quando l’abbia animata, infiammata d’amore, di speranza, di pentimento?.. Cosa può Dio fare di voi? E perdonarvi? e farvi salvo? e compiere in voi l’opera della redenzione? Non son cose magnifiche e degne di lui? Oh pensate! se io miserabile qual sono, mi struggo ora tanto della vostra salute… Oh pensate come vi ami, come vi veglia quello che mi comanda e mi ispira un amore per voi che mi divora!». A misura che queste parole uscivano dal suo labbro, il volto, lo sguardo, ogni moto ne ispirava il senso. La faccia del suo ascoltatore, da stravolta e convulsa, si fece da principio attonita e intenta; poi si compose a una commozione più profonda e meno angosciosa; i suoi occhi, che dall’infanzia più non conoscevano le lacrime, si gonfiarono; quando le parole furono cessate, si coprì il viso con le mani, e diede in un dirotto pianto che fu come l’ultima e più chiara risposta.

* I promessi sposi – U. Hoepli editore – Milano 1906 – pp. 326-329.

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