Archive pour le 13 octobre, 2015

Christ Pantocrator in the catacomb of St. Pontianus, Rome (7th-8th century)

Christ Pantocrator in the catacomb of St. Pontianus, Rome (7th-8th century) dans immagini sacre
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TU SEI BELLEZZA! (SAN FRANCESCO D’ASSISI)

http://www.ofm.org/01docum/mingen/2012_TU_SEI_BELLEZZA.pdf

TU SEI BELLEZZA! (SAN FRANCESCO D’ASSISI)

Fr. José Rodriguez Carballo, ofm

Ministro generale, OFM

Cari marciatori, carissimi amici tutti: Il Signore vi dia pace! Benvenuti alla Porziuncola, focolare del perdono e della misericordia, dove ci accoglie la Vergine fatta Chiesa, la madre del bell’amore (cf. Sir 24, 24), e della misericordia. Benvenuti a questo luogo così caro a Francesco perché dedicato a Maria, “porta santa sempre aperta” a Colui che è misericordia e perdona; luogo dell’anima, dove Francesco ha risvegliato la nostalgia del Paradiso; luogo pieno di bellezza perché povero e ci parla del grande amore di Francesco e Chiara per Cristo povero e crocifisso. Tu sei bellezza! È il moto della Marcia Francescana di quest’anno 2012. Tu sei bellezza! È l’esclamazione di Francesco dopo l’incontro con il Crocifisso sul monte della Verna. Tu sei Bellezza! È l’esclamazione di Chiara frutto della costante contemplazione del mistero dell’incarnazione e particolarmente della passione e morte del Signore Gesù. Tu sei bellezza, diciamo noi a una persona che amiamo. Che bellezza! Diciamo tutti di fronte a un paesaggio piacevole, a un fiore, a un fenomeno naturale straordinario e che si presenta bello al nostro sguardo, o di fronte a un quadro o a un pezzo musicale magistralmente interpretato. La bellezza rivela l’inesorabile nostalgia dell’uomo per la verità, la giustizia e il bene, cioè la nostalgia di Dio. Per questo l’esperienza della bellezza è fondamentale nella vita dell’uomo e della sua cultura. In questo contesto Dostoevskij afferma: “L’umanità non potrebbe vivere senza la bellezza”; e Benedetto XVI ne spiega la ragione in un discorso agli artisti quando afferma: “La esperienza del bello, di quello che è autenticamente bello, di quello che non è effimero ne superficiale, non è qualcosa di secondario nella ricerca di senso e della felicità, bensì ci porta ad affrontare in pienezza la vita quotidiana per liberarla dell’oscurità e trasfigurarla, per farla luminosa e bella”. La bellezza riempie di vita l’esistenza, ci pone in camino, e quando la stanchezza e la rutine fanno atto di presenza nella nostra vita, la bellezza ci ridona speranza e la forza di vivere fino in fondo la propria esistenza. Ecco perché la bellezza, come diceva Benedetto XVI nelle parole già ricordate, non è un elemento secondario nella vita di una persona; ecco perché abbiamo bisogno di cercare e di trovare la bellezza. Ma di quale bellezza parliamo? Sotto gli occhi di tutti sta l’inesausta ricerca della bellezza. Ma non tutti la cercano dove si può veramente trovare. Tante volte la bellezza è ambigua e il bello può essere un inganno. Quanti soldi si spendono nella lotta contro l’invecchiamento e tutto ciò che non è patinato, piacevole, di moda! Quanti soldi in creme, quanti sacrifici per mantenere la bellezza secondo i criteri di moda! Quanti sforzi per mantenere un’apparenza che passa! Quanti supermercati dell’effimero! Ma mille cornici non valgono il quadro. Se ne accorse un giorno sant’Agostino, il quale, dopo aver cercato la bellezza in tante cose, scoprì che l’autentica bellezza si trova solo in Dio: “Oh bellezza tanto antica e sempre nuova!”, esclamerà pieno di stupore, e per questo non abita nella superficie e non si compra nei supermercati consumistici, ma abita nella cella del cuore umano: “tu eri dentro di me e io ero fuori di me”. È di questa bellezza che noi parliamo: la bellezza che abita nel cuore di chi ama, la bellezza la cui fonte è Dio stesso, il bello e il buono (kalokagathia) per eccellenza, come ci ricorda Francesco nelle già citate Lodi al Dio altissimo. Cari giovani: Tutti cerchiamo la bellezza, in noi stessi e negli altri. Ma, qual’è la chiave che apre all’autentica bellezza? Pensando a Francesco e a Chiara una è la fonte della bellezza: l’amore. È l’amore che rende belli. San Giovani afferma: Dio è amore. Ecco perché Dio è anche la fonte della vera bellezza; ecco perché Dio è la Bellezza. Contrariamente alla ricerca di una bellezza meramente estetica, mendace e falsa, che ci imprigiona totalmente in noi stessi e ci rende più piccoli, l’incontro con la bellezza la cui fonte è l’amore ci mette in cammino, ci eleva dalle nostre miserie, ci strappa fuori dall’accomodamento del quotidiano, e ci fa uscire da noi stessi per aprirci nell’estasi dell’innalzarci verso l’alto. “L’incontro con la bellezza può diventare il dardo che ferisce l’anima ed in questo modo le apre gli occhi” (Benedetto XVI), e, per chi crede, l’incontro con la bellezza ci porta a Dio, del quale tutto, come dice san Francesco nel Cantico delle creature, porta significazione. In questo contesto dice san Bonaventura: “Francesco contemplava nelle cose belle il Bellissimo e, seguendo le orme impresse nelle creature, inseguiva dovunque il Diletto. Di tutte le cose si faceva una scala per salire ad afferrare Colui che è tutto desiderabile”. Dostoevskij scrisse: “la bellezza salverà il mondo”. È questa una frase molto citata ma pochi sanno che la bellezza della quale parla Dostoevskij è Cristo. Un Cristo che profeticamente i salmi descrivono come “il più bello tra i figli dell’uomo” e che, allo stesso tempo, viene contemplato da Isaia come Colui che “non ha apparenza né bellezza… il suo volto è sfigurato dal dolore”. È questo Cristo che hanno trovato Francesco e Chiara e del quale si sono profondamente innamorati, fino a consegnargli la propria vita. È questa bellezza che cantano Francesco e Chiara. La Pianticella di Francesco scrisse in una delle sue Lettere ad Agnese: “Nobilissima regina, guarda, considera, contempla, desiderando di imitarlo, il tuo sposo, il più bello tra i figli degli uomini, fattosi per la tua salvezza il più vile degli uomini, disprezzato, percosso e flagellato in tutto il corpo in molti modi, morente tra le angosce stesse della croce”(2LettCh 19). “Colui che è la Bellezza stessa si è lasciato colpire in volto, sputare addosso, incoronare da spine” (Benedetto XVI). Ma proprio in questo Volto sfigurato dal dolore appare l’estrema bellezza, quella che salva il mondo: la bellezza dell’amore che arriva alla donazione totale, “sino alla fine”. L’autentica Bellezza, quella che salverà il mondo, non può essere cercata e scoperta soltanto nella gloria del Tabor, ma anche nella figura sofferente del Crocifisso. Chi ha percepito questa bellezza non si accontenterà di cercare la bellezza mendace e falsa, ma cercherà la bellezza nell’amore autentico, nel’amore del donarsi, nell’agape. E allora questa bellezza risveglierà la nostalgia per l’indicibile, la disponibilità all’offerta, al dono incondizionato di sé. Cari giovani pellegrini alla Porziuncola: Imparate a vedere la paradossale bellezza di Cristo crocifisso, e allora incontrerete la bellezza della verità, della verità che salverà voi e con voi il mondo. Imparate a vedere lo splendore della gloria di Dio, la “gloria di Dio sul volto di Cristo” (2Cor 4, 6). Cercate la bellezza nella sua profondità, il che presuppone il “digiuno della vista”; presuppone una percezione interiore liberata dalla mera impressione dei sensi; presuppone compiere il passaggio da ciò che è meramente esteriore verso la profondità della realtà, in modo da vedere ciò che i sensi non vedono. Cercate la vera bellezza, quella che proviene da Dio e ci viene rivelata nella persona di Gesù, la bellezza che colmerà la vostra sete di bellezza, perché nessuno potrà rubarvela. Buona festa del perdono. Buon cammino verso la Bellezza. Che la Regina degli angeli vi accompagni e vi custodisca sempre in questo cammino.

IL PARADISO CI ATTENDE

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IL PARADISO CI ATTENDE

La Stampa, 19 settembre 2003

Per esprimere la festa che attende l’umanità al compimento della storia, la Bibbia si serve del linguaggio simbolico: un linguaggio aperto, evocativo e allusivo più che descrittivo, un linguaggio rispettoso del mistero, dell’alterità e, in particolare, dell’alterità di Dio. È un linguaggio poetico, e forse solo la creatività poetica può osare dire Dioe cercare di evocarne l’opera. Forse è per questo che la Bibbia si apre con un inno che celebra l’opera creazionale di Dio e si conclude con liturgie che cantano l’opera divina dei nuovi cieli e della nuova terra. E non è forse per questo che ogni intervento di Dio nella storia necessita, una volta riconosciuto e confessato, di una celebrazione, nella quale la musica, il canto, la poesia, la preghiera, la danza… sono i linguaggi che l’uomo utilizza per rispondere a Dio, per lodarlo. Capiamo allora l’importanza non solo del contenutodelle immagini che evocano il Regno celeste, ma anche del modoin cui se ne parla. Ebbene, ilparadiso è certamente l’immagine più nota della beatitudine finale. Nelle parole di Gesù al ladrone crocifisso accanto a lui – “Oggi sarai con me in paradiso!”Luca( 23,43) il significato del paradiso appare già collocato attorno alla figura di Cristo: il paradiso è essere con Cristo e, attraverso lui e in lui, con Dio. Nell’Antico Testamento esso indica il giardino dell’ “in principio” creazionale, cioè il luogo che Dio ha preparato per l’uomo, il luogo della comunione di Dio con l’uomo: un luogo teologicamente posto agli inizi, ma che in realtà profetizza la fine. Con i profeti, Ezechiele prima e poi Isaia, questo luogo arriva a simbolizzare il tempo della speranza escatologica, cioè la restaurazione del popolo: attesa di cui l’apocalittica intertestamentaria accentuerà il carattere proprio degli “ultimi tempi”. Significativamente, questo simbolo fa parte del racconto della creazione, degli eventi del principio, eventi che riguardano ogni uomo, l’umanità tutta. Questo ci dice anzitutto che le pagine della Genesi necessitano non solo di una lettura teologica, ma ancheteleologica: il paradiso arriva a designare il destino a cui tutta l’umanità è chiamata. La comprensione che i padri della chiesa ebbero del racconto creazionale tradusse questo principio in una formula molto efficace: “Dio creò l’uomo e lo pose nel paradiso, cioè in Cristo”. Il giardino della comunione piena e senza ombre con Dio non sta tanto alle spalle dell’uomo quanto davanti a lui. Se la storia è la nostra condizione, il paradiso, il Regno è la nostra vocazione; esso è il dono di Dio che ci attende, piuttosto che la realtà che abbiamo perduto. Non dicono forse i padri orientali: “L’uomo è un essere che ha ricevuto la vocazione di diventare Dio”? Le immagini poi che si accumulano nella testimonianza biblica per evocare questa realtà sono quelle della gioia piena dell’uomo, della pienezza di vita: immagini che evocano il cibo buono e abbondante, l’amore e la convivialità, la pace e la giustizia; immagini che si riferiscono a bisogni umani della sfera affettiva e sessuale, sociale e politica: il cibo, l’amore, l’incontro sessuale, l’amicizia, la convivenza pacifica… Ma trasposte sul piano escatologico, divenute azione universale di Dio nel suo giorno, queste immagini trasfigurano il bisogno in desiderio. E il desiderio, a differenza del bisogno, che resta chiuso nell’oggi, è profetico e aperto al futuro. Ora, queste realtà possono essere desiderate perché sono state promesse dal Dio fedele all’alleanza, dal Dio “amante della vita”, dal Dio compassionevole e misericordioso, longanime e ricco di grazia. Sono immagini tanto semplici quanto universalmente umane: il banchetto, le nozze, la pace tra i popoli, la concordia tra gli animali, tra uomini e bestie feroci… Il profeta Isaia sottolinea la dimensione ludica dell’era escatologica: “Il lattante giocherà sulla buca dell’aspide, il bambino metterà la mano nella buca del serpente velenoso” ( Isaia11,8), e Gesù stesso, quando ricorda la necessità di “diventare come i bambini per entrare nel Regno dei cieli” (cf. Matteo18,3), non indica un’esigenza morale, ma una condizione di stupore meravigliato. Né mi pare senza significato che l’animale con cui il bambino gioca senza aver nulla da temere è il serpente, che per la Bibbia è carico di una valenza negativa particolare, come appare dal racconto iniziale della Genesi. Ebbene: anch’egli è inoffensivo! Anche su di esso si stende, vittoriosa di una vittoria che non schiaccia ma converte e purifica, la regalità di Dio, il suo Regno… Potremmo ancora aggiungere le immagini della vita piena e della luce, dell’abbondanza e della fertilità, ma soprattutto sono significativi gli aspetti dell’eliminazione della morte e della scomparsa delle malattie e delle sofferenze, di tutte quelle realtà che gettano un’ombra di non pienezza, anzi di drammaticità, su ogni festa storica, su ogni festa che celebriamo nei nostri giorni. Aspetti evidentemente universali, che riguardano ogni uomo, ogni creatura: non si tratta di immagini particolarmente “spirituali”, ma umanissime, concrete, vitali. Ciò infatti che queste immagini vogliono esprimere è che la festa che esse intravedono dev’essereuniversale: perché la pasqua, la liberazione attesa, la salvezza invocata è tale solo se è per sempre e per tutti. Nel Nuovo Testamento la festa escatologica si delinea, prima ancora che nell’evento di Pasqua, nella notte della Trasfigurazione, in cui il volto di Gesù cambiò aspetto e divenne luminoso e raggiante. Troviamo in questa scena prefigurato il futuro del mondo, il mondo come Dio lo vede e lo vuole, il mondo che adempie la sua vocazione alla bellezza: se la creazione è stata opera artistica, di bellezza, se la sapienza creatrice era presente come fanciullo alla creazione e danzava davanti a Dio, ebbene questa gioia, questa bellezza, questa festa, questa danza sono la destinazione del mondo. La trasfigurazione, infatti, è mistero di bellezza, di radiosità di volti, di luce sul cosmo; è festa cosmica che, mentre mostra la carne umana di Cristo abitata dalla gloria divina, indica la vocazione di ogni volto, di ogni carne, del cosmo intero. Destinati alla bellezza, noi tutti siamo destinati alla beatitudine perché la bellezza si declina come comunione, universale sì, ma attraverso la comunione con ogni volto, perché ogni volto è immagine del Dio creatore. Mancherebbe qualcosa alla festa se mancasse anche uno solo di questi volti! Enzo Bianchi

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