Archive pour le 9 octobre, 2015

The Visit of the Queen of Sheba to King Solomon’, oil on canvas painting by Edward Poynter, 1890

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https://en.wikipedia.org/wiki/Solomon

Publié dans:immagini sacre |on 9 octobre, 2015 |Pas de commentaires »

LETTURA: SAPIENZA 7, 7 – 11

http://anteprima.qumran2.net/aree_testi/bibbia/lectio/lectio11-17ottobre2015.zip/Casa%20Raffael%20Lectio%2011-17%20ottobre%202015.doc.

(stralcio da Lectio su tutte le letture)

LETTURA: SAPIENZA 7, 7 – 11

Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento. L’ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere lei piuttosto che la luce, perché lo splendore che viene da lei non tramonta. Insieme a lei mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.

3) Commento    su Sapienza 7, 7 – 11 ● In questa domenica nella prima lettura tratta dal libro della Sapienza, ci viene ricordato come la saggezza umana ha un valore. Ma ce ne un’altra, infinitamente superiore: quella che viene da Dio. Quando si è compreso il suo inestimabile valore, bisogna chiederla con una continua preghiera, come ci insegna Salomone, che implorava, chiedeva, pregava per avere questa sapienza di Dio, infatti stimava la sapienza più grande di tutte le ricchezze, del suo stesso potere, della salute, della bellezza.

● Insieme a lei (la Sapienza) mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile. Sap. 7, 11 – Come vivere questa Parola? L’uomo così ben intenzionato nel Vangelo di oggi rappresenta l’uomo di ogni tempo che cerca Dio con sincerità, ma che non riconosce di averlo trovato. Si è bloccato, perché limita Dio alla sua misura, alle sue possibilità: « Ho fatto tutto questo … che cosa devo fare di più »? Questo tale incontra Gesù, ha tutta la sua attenzione ma non lo riconosce – Gesù non si collega alle sue categorie – quindi egli non può lasciarsi sorprendere da Dio che è sempre al di là di ogni nostra immagine o concetto. Egli è troppo attaccato alle proprie ricchezze. Nonostante una certa attrattiva verso Gesù, non giunge a staccarsi da ciò che possiede per seguire Gesù e in Lui conoscere il Padre. Se ne allontana triste. La prima lettura ci aiuta a capire di più cosa manca all’uomo del Vangelo e a molte altre persone di buona volontà: la ‘sapienza del cuore’ è il tesoro nascosto che ci apre al mistero di Dio, la felicità senza fine. Bisogna pregare con insistenza per ricevere questo dono da Dio. Signore Gesù, tutto è possibile a te. La tua parola è parola di vita, parola di Dio che cmi ama così tanto da dare la vita per me! Non lasciarmi intrappolare nelle nostre idee e nozioni di te. Apri il nostro cuore alla Verità. Ecco la voce del nono successore di Don Bosco Don Pascual Chavez Villanueva sdb : « Nulla è più persuasivo e convincente di una vita che si rivela abitata dalla presenza luminosa di Cristo, fino a lasciarlo trasparire nella serenità del volto, nella profondità dello sguardo, nell’umiltà del tratto, nella verità dei gesti e delle parole ».

● Scegliere la sapienza. Secondo una prassi diffusa (detta « pseudoepigrafia »), l’autore del Libro della Sapienza attribuisce la propria opera a Salomone, vissuto molti secoli prima: è un modo per collocarsi nel solco della grande tradizione sapienziale d’Israele. I cc. 7-9 ci presentano la figura di Salomone, dietro la quale si intravede naturalmente l’esperienza personale dell’autore. Salomone vi si presenta come un semplice uomo, uno come gli altri, che non è nato sapiente. Né la nobiltà dei natali né qualunque altra caratteristica assicura a priori la sapienza, che deve essere a un tempo conquistata con l’impegno e ricevuta in dono da Dio. Tutte e due queste cose presuppongono un intenso desiderio: Salomone ha desiderato e cercato la sapienza ed ha pregato per essa. Il testo si rifà qui al racconto di 1Re 3,4-15 (cf. 2Cr 1,3-12), dove il giovane re, all’inizio del proprio regno, chiede a Dio il dono della sapienza. Salomone ha considerato attentamente le varie realtà preziose, oggi si direbbe i valori, mettendoli a confronto. Il testo parla di potere, ricchezza, salute, bellezza fisica, luce degli occhi. La sapienza conferisce beni superiori, porta con sé « tutti i beni » (v. 11). A che cosa serve la ricchezza unita alla superbia (coppia ben assortita, cf. Sap 5,8; 1Gv 2,26)? Al contrario, la sapienza è quanto di più produttivo e fruttuoso si possa dare (cf. 8,5). La sua nobile bellezza, che le guadagna l’amore di Dio, è ben in grado di far innamorare un uomo e di essere l’amore di tutta la sua vita (cf. 8,2-3). A che serve vedere la luce del sole se poi « la luce della giustizia non è brillata per noi, né mai per noi si è alzato il sole » della verità (5,6)? La sapienza è « riflesso della luce perenne » (7,26), non tramonta e supera la stessa morte (cf. 8,13.17). ● Consideriamo in particolare il potere, « scettri e troni » (v. 8): Salomone infatti è un re. Proprio chi « si diletta di troni e di scettri » deve onorare la sapienza, perché solo con essa si può evitare la trappola della sete di dominio regnando bene e per sempre (cf. 6,21). Il potere del sapiente è la regalità dell’uomo signore della creazione, creato « perché domini sulle creature » (9,2, e siamo nella grande preghiera per chiedere la sapienza). La sapienza è virtù regale per eccellenza, in quanto permette di regolare la propria vita e il mondo in modo conforme al progetto di Dio, e dunque per il bene e la vita; una vita che, si intravede oramai chiaramente, per il giusto si estende addirittura oltre la morte (cf. 1,15; 15,3). Bisogna calcolare bene che cosa convenga ricercare, stabilendo priorità e accordando una decisa preferenza a ciò che risulta più pregevole. Non c’è nessun motivo per il quale si debba presumere di essere nati già sapienti, come spesso sembra invece avvenire: è indispensabile una scelta decisa e precisa. Occorre prima di tutto chiarirsi le idee: che cosa scelgo? Che cosa desidero veramente? Dove voglio arrivare? Chi voglio diventare? Che cosa chiedo al Signore? La sapienza è essenzialmente dono, e va chiesta con fiducia e perseveranza (cf. 8,21). Occorre anche « alzarsi presto » e « vegliare »; ma essa stessa verrà incontro a chi la cerca, perché desidera farsi trovare (cf. 6,14-15). « Chi chiede riceve, e chi cerca trova » (Mt 7,8; Lc 11,10). Che cosa stiamo cercando? ______________________________________________________________________________

OMELIA – 28A DOMENICA – TEMPO ORDINARIO 2015

http://www.donbosco-torino.it/ita/Domenica/02-annoB/14-15/Omelie/8-Ordinario/28a-Domenica-B-2015/10-28a-Domenica-B-2015-UD.htm

11 OTTOBRE2015 | 28A DOMENICA – TEMPO ORDINARIO B | OMELIA

28A DOMENICA – TEMPO ORDINARIO 2015

Per cominciare Un tale chiede a Gesù che cosa deve fare « per avere in eredità la vita eterna ». Gesù gli propone di fare una scelta vocazionale, di cambiare vita e di mettersi al suo seguito, facendo una scelta di libertà. Quel giovane non ci sta e si allontana triste, perché possiede molti beni.

La parola di Dio Sapienza 7,7-11. Il libro della Sapienza ha per titolo « Sapienza di Salomone ». Nel brano che ci viene proposto, Salomone implora da Dio la sapienza e gli viene donata. Egli l’ha preferita agli scettri e ai troni, alla ricchezza e perfino alla salute e alla bellezza. L’ha amata più della luce, perché chi ha la sapienza, possiede tutto. Ebrei 4,12-13. Continua la lettera agli ebrei. In poche righe l’autore fa un solenne elogio della parola di Dio. Essa è viva ed efficace, perché possiede la forza di Dio. È più tagliente e penetrante di una spada a doppio taglio. Infine giudica ogni azione dell’uomo e non lo lascia quieto e tranquillo, perché sa che dovrà rendere conto del proprio operato. Marco 10,17-30. Un ebreo, che sin da giovane osserva i comandamenti, si getta ai piedi di Gesù e gli chiede che cosa deve fare di più per salvarsi. Gesù lo invita a rinunciare alle sue ricchezze a favore dei poveri, ma lui rifiuta triste. Gesù allarga il discorso e riconosce che è molto difficile per un ricco entrare nel regno di Dio.

Riflettere.. o Anche in questa domenica ci viene proposto un messaggio particolarmente esigente. Un messaggio che ha fatto una grande impressione sugli stessi apostoli, di cui si dice per due volte che sono rimasti sconcertati e sbigottiti. o Gesù è in viaggio verso a Gerusalemme dove celebrerà la sua ultima Pasqua. Fra poco per la terza volta farà la previsione della sua prossima passione. Gesù cammina davanti agli apostoli ed essi gli vanno dietro sgomenti e pieni di paura, dice Marco (10,32). o Lo accosta un tale (un giovane, secondo Matteo 19,20-22; per Luca 18,18 invece si tratta di « un notabile »), che si getta in ginocchio davanti a lui. È un gesto singolare, si direbbe un malato che si avvicina per implorare la grazia della guarigione. È rimasto impressionato dalla sua predicazione, lo chiama « maestro buono ». Gesù lo fissa, lo guarda negli occhi, sente di volergli bene: come si fa a non voler bene a chi dice di avere per tutta la vita osservato i comandamenti? o In molte occasioni Marco sottolinea il modo di guardare di Gesù: « indignato » contro i farisei (3,5); pieno di simpatia verso chi lo sta ascoltando (3,34); osservatore attento su tutto ciò che capita nel tempio, prima della cacciata dei venditori (11,11). In questo caso guarda quest’uomo con amore, e lo giudica in grado di ricevere una proposta più impegnativa. o Quest’uomo, da vero ebreo osservante, pensa di salvarsi con le proprie opere, in forza del bene che già fa e gli chiede, inginocchiato, di indicargli qualcos’altro da fare. Gesù invece gli indica una scelta radicale: se vuoi essere perfetto, apriti all’amore e alla carità: vendi i tuoi beni e dalli ai poveri! Poi vieni e mettiti al mio seguito. o La scena si conclude in modo amaro: il ricco decide di tenersi le proprie ricchezze; non si fida, non vuole rischiare. Gesù gli chiede semplicemente di cambiare tutto, di donargli la vita, di orientarla più decisamente verso di lui e verso gli altri. Ma lui non è disposto a fare il salto nel vuoto. Si fa scuro in volto e se ne va triste. « Possedeva molti beni », dice il vangelo. o Nel vangelo si parla degli apostoli che sono pieni di gioia (ma anche pieni di paura o di dubbi), dei farisei che sono pieni di rabbia. Costui invece è pieno di tristezza, si fa scuro in volto e si allontana. Quando si è tristi qualcosa non va anzitutto nel profondo di se stessi, nei valori che contano, nelle scelte esistenziali, nei confronti di Dio. Quest’uomo rimane ancorato alle sue ricchezze, perché « possiede molti beni ». Questo è l’unico caso in cui la proposta di Gesù cade nel vuoto. o Per l’antico testamento la ricchezza è un segno della benevolenza divina. È stato così per i patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, per Giobbe e i re d’Israele. Figlio del suo tempo e della sua cultura, quest’uomo forse non era in grado di comprendere il messaggio di Gesù e di accogliere la sua proposta. o Gesù conclude: « Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio! ». Gli stessi apostoli reagiscono interdetti e stupiti: « E chi può essere salvato, allora? ». C’è qualcuno al mondo che non tiene alle sue ricchezze? Ma Gesù insiste: « È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago… ». C’è chi ha cercato di interpretare questa immagine curiosa spiegando che non si tratta di un cammello, ma di una gomena (le parole in greco sono molto simili), oppure che la cruna d’ago fosse una piccola porta della città di Gerusalemme. Ma è preferibile accettare l’immagine paradossale usata da Gesù che fa riferimento a una decisione molto difficile, che per potersi realizzare ci vuole un intervento speciale da parte di Dio. o Gesù aggiunge infatti: « Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio ». E sarà così: duemila anni di storia della chiesa testimoniano che sono stati moltissimi i giovani ricchi e generosi, che hanno rinunciato a tutto e hanno scelto di collocarsi dalla parte di Cristo e dei poveri: da san Francesco a don Milani, da Piergiorgio Frassati a Marcello Candia (vedi al fondo). o Al fallimento della proposta di Gesù, c’è il solito Pietro, che reagisce a modo suo: « Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito… ». Ma, da buon ebreo, aggiunge interessato: « Che cosa dunque ne avremo? » (Mt 19,27). Gesù non ironizza sulle sue parole, ma gli assicura il centuplo e la vita eterna.

Attualizzare * Un vangelo scomodo quello di questa domenica, come del resto quello di domenica scorsa sul divorzio (e quello della prossima domenica, sull’autorità come servizio). * È prima di tutto un discorso vocazionale. In modo particolare i giovani dovrebbero domandarsi come risponderebbero di fronte a Gesù che guarda con amore a chi è già un bravo ragazzo/a, e gli dice: « Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e vieni! Seguimi! ». Oggi la chiesa soffre di una grave mancanza di sacerdoti e religiosi: il problema non può lasciare indifferenti i veri cristiani. Ci sono ancora molti giovani che dicono di sì, ma sono in numero insufficiente di fronte alle necessità delle parrocchie nel mondo. * Quanto a tutti noi, c’è da chiedersi se non siamo presi oggi dallo stesso equivoco di quest’uomo che si inginocchia davanti a Gesù. Pure in noi c’è qualcosa di buono. Come quel tale, anche noi possiamo probabilmente vantare di essere vissuti osservando fondamentalmente i comandamenti. Gesù però anche a noi, a tutti, chiede qualcosa di più. La sua parola, come dice Paolo, è come una spada che ci entra nell’anima e ci manda in crisi, volendo cambiarci i sentimenti e i pensieri del cuore. * C’è infatti chi pensa che essere cristiani sia fare qualcosa di bene, vivere in una certa rettitudine, ma poi ognuno gestisce la sua vita come vuole. Gesù invece chiede che gli venga donato proprio tutto, il fondo di se stessi. Chi crede di poter vivere da cristiano senza che qualcosa di grande avvenga nella sua vita, senza che nulla cambi in lui, non sarà mai un cristiano sul serio. * Come dicevamo, presso la storia del popolo ebraico per lungo tempo la ricchezza venne considerata una benedizione di Dio e la povertà un castigo. Anche quando si parlava dei tempi messianici, si attendeva una società di grande benessere materiale. Di fatto però, coi passare dei secoli, la ricchezza fu spesso accompagnata dall’arroganza, dalla ingiustizia, mentre la fedeltà a Dio e l’attesa del messia divenne una prerogativa delle classi più umili e povere. * Era il povero d’altra parte che si trovava a maggior ragione in diritto di attendere i tempi messianici, era lui ad avere le mani vuote, pronte per essere riempite. Molte preghiere dei giusti di Israele partono proprio da una situazione di miseria e di disagio: « Il Signore ha avuto pietà dei suoi miseri » (Is 49,13); « Porgi l’orecchio, Signore, e ascoltami, perché sono povero e nell’affanno » (Sal 86,1); « Dio consolerà gli afflitti » (Is 61,2). * Scrive il biblista Ferdinando Armellini: « L’ideale del cristiano non è la miseria, la fame, la nudità, ma la condivisione fraterna dei beni che Dio ha messo a disposizione di tutti. Peccato non è diventare ricchi, ma arricchire da soli. Nel Vangelo dei Nazareni, un libro apocrifo del II secolo d.C., l’episodio è riferito con l’aggiunta di alcuni particolari curiosi. Dopo la richiesta del Maestro, « il ricco incominciò a grattarsi il capo; non era contento. Allora il Signore gli fece osservare: molti dei tuoi fratelli, figli di Abramo, affondano nella sporcizia e muoiono di fame, mentre la tua casa è ricolma di ogni bene e nulla ne esce per loro »". * Lo abbiamo sentito: Gesù invita chi vuole seguirlo a farsi povero, a vendere i propri beni per distribuirli ai bisognosi, liberandosi così dalla tentazione della ricchezza che rende sazi e chiude il cuore. Ma nella società in cui viviamo, un mondo di abbondanza, di ricchezza, di benessere, le parole di Gesù possono trovare accoglienza? * Il discorso è duro anche per i poveri. Essi spesso guardano alla ricchezza come a un miraggio, come a un obiettivo che sperano sempre di raggiungere con un po’ di fortuna. Gesù getta invece una doccia fredda su questi pensieri. La povertà non va accolta lamentandosi: la ricchezza non può riempire il cuore di un uomo. * Per paradosso è probabilmente il ricco che può comprendere meglio del povero il valore della povertà e la liberazione che può nascere dal distacco dalla ricchezza. A imitazione di Gesù, che essendo ricco più di ogni altro si è fatto povero e umile, condividendo fino in fondo la nostra vita. aDiventare poveri oggi, o almeno sensibili ai problemi della povertà altrui, significa di fatto saper condividere. In un mondo in cui i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, in una società che nasconde le sue brutture, che mimetizza le baracche, che crea delle nuove necessità, che di fatto non tutti potranno soddisfare, il vangelo ci invita a metterci nei panni degli altri, a cambiare prima di tutto il nostro atteggiamento mentale, la nostra disponibilità verso i poveri, ma anche la nostra mentalità di fronte alla ricchezza. Dobbiamo diventare tutti un po’ meno avidi, se vogliamo che un giorno scompaia la povertà attorno a noi e nel mondo, ma soprattutto se vogliamo salvare noi stessi. * Dicevamo che le parole di Gesù ancora una volta ci sorprendono e sono davvero esigenti. Coinvolgono in modo personalissimo ogni cristiano, ma anche la chiesa, che deve offrire oggi la stessa testimonianza che è stata degli apostoli: « Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito… ». * « Può essere laicista, anticlericale, edonista quanto si voglia l’uomo moderno, ma quando la chiesa si fa povera e si rivolge poveri, non solo i poveri vengono evangelizzati, ma attraverso l’evangelizzazione fatta i poveri e su misura dei poveri essa si fa capire in tutte le lingue » (mons. Giovanni Benedetti).

L’uomo più buono del Brasile Nel 1975 il più importante settimanale brasiliano illustrato, « Manchete » di Rio de Janeiro, gli dedicò un articolo intitolato: « L’uomo più buono del Brasile », che incominciava con queste parole: « Il nostro paese è terra di conquista per finanzieri e industriali italiani. Molti vengono da noi a impegnare i loro capitali allo scopo di guadagnarne altri. Marcello Candia, ricco industriale milanese, vive in Amazzonia da 10 anni, e ha speso tutte le sue sostanze con uno scopo ben diverso: per aiutare gli indios, i caboclos, i lebbrosi, i poveri. L’abbiamo eletto l’uomo più buono del Brasile per l’anno 1975″.

Si possiede tutto con Cristo Beata quella povertà che non si lascia travolgere dall’amore delle cose materiali e non cerca affannosamente di arricchirsi dei beni di questo mondo, ma desidera prima di tutto crescere nella vita di fede. Dopo il Signore, un modello di questa povertà che nasce da un animo grande ce l’hanno dato per primi gli apostoli. Essi lasciarono, senza eccezione, tutte le loro cose e, seguendo l’invito del loro divino Maestro, da pescatori di pesci si sono rapidamente cambiati in pescatori di uomini. Essi attirarono molti ad abbracciare la loro stessa vita, quanti cioè li imitarono nella fede. Era il tempo in cui i primi figli della Chiesa erano « un cuor solo e un’anima sola » (At 4,32). Staccatisi da tutto ciò che possedevano, si arricchirono dei beni eterni, attraverso una povertà praticata per motivi di fede. Avevano imparato dalla predicazione degli apostoli la gioia di non avere nulla nel mondo e di possedere tutto con Cristo » (san Leone Magno).

Fonte autorizzata : Umberto DE VANNA

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