PROVERBI. 9, 1-6 – COMMENTO
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PROVERBI. 9, 1-6
don Raffaello Ciccone
Dopo aver sviluppato una lunga introduzione alla raccolta dei detti sapienziali, attribuiti a Salomone, re sapiente di Israele (sec X), incontriamo, a modo di parabola, due donne che rappresentano la Sapienza e la Follia.
Già in precedenza, l’autore ne ha parlato, ma qui colloca le due donne nella loro casa, aperta ad ogni persona, invitata ad incontrare colei che può dare felicità e gusto della vita.
Nel testo di oggi viene ricordata la casa ed il profilo della Sapienza. Un casa splendida con sette colonne che ricordano la stabilità e la perfezione: le colonne erano solo nelle case nobili per poter avere sale spaziose e protette, il numero sette richiama lo splendore e la completezza.
La tavola è imbandita e, dai punti più alti della città, viene proclamato il messaggio ad ogni persona. Le ancelle, poi, vanno per le strade ad incoraggiare gli inesperti e chi si rende contro di mancare di intelligenza e di preparazione nella vita. Perciò il messaggio e l’invito valgono per tutti, ma, prima di tutti, sono invitati quelli che hanno bisogno e sono poveri di comprensione.
Anche Donna Follia ha imbandito un banchetto (9,13-18). Essa però non va in cerca, ma « sta seduta alla porta di casa, su un trono in luogo alto della città » e invita gli stessi passanti, rintracciati dalle ancelle della Sapienza: « gli inesperti e i privi di senno ». La Sapienza offre da mangiare il pane e da bere il vino.
La Follia non ha vino (il vino è la gioia messianica) ma acqua: « le acque furtive sono dolci » e il pane gustoso perché « preso di nascosto » ( si gioca sul gusto del proibito). La Sapienza incoraggia a istruire ed educare, tenendo presente che « principio della Sapienza è il Timore del Signore ».
Timore del Signore non è la paura ma la consapevolezza che bisogna evitare il male, la stessa impressione che ci viene se sporchiamo il mondo, inquiniamo il terreno, mentre abbiamo maturato il rispetto del creato. Il timore di Dio è il timore di offendere, disgustare, rovinare, disprezzare ciò che vale.
In questi giorni l’inizio della scuola è un tempo importante per tutta la nostra comunità: qualcuno esperto in diverse materie si prende carico delle nuove generazioni e aiuta a superare l’inesperienza e la mancanza di sapienza. Ma se la conoscenza può essere data a scuola, la Sapienza è anche frutto di interventi diversi: la conoscenza, il saper valutare il valore di una cosa o di un’azione, il desiderio di costruire insieme, il coraggio di aiutare chi è in difficoltà, la forza di affrontare senza paura la fatica in vista di un progetto grande. Solo la scuola non riesce a dare la Sapienza ai giovani, se non ci sono gli altri contributi di soggetti vicini: in particolare, la famiglia, gli amici, la Comunità cristiana, gli stessi adulti vicini o gli adulti « modello ». La conoscenza che si riceve a scuola ha bisogno di tanti altri collaboratori che, mentre la valorizzano, la stimano, la cercano, la promuovono in tutto il contesto in cui si vive.
La Sapienza è personificata, è donna che invita e richiama, è maestra che vuole istruire tutti, uomini e donne, chiamati ad essere suoi discepoli. Essa si preoccupa per loro, per il loro cammino e per il loro destino. Donna Sapienza ha di che preoccuparsi, perché in città si trova anche un’altra maestra, Donna Follia, che pure invita gli alunni alla sua anti-scuola, dove insegna il gusto del proibito e il fascino dell’insensato e, così facendo, conduce alla morte (9,13-18)

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