ACCIDIA E FEDELTA’ / 1

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ACCIDIA E FEDELTA’ / 1

Il vizio capitale dell’accidia
L’accidia è il vizio capitale che attacca in modo subdolo la vita del cristiano. Il credente, infatti, poco alla volta, incomincia ad infastidirsi della sua fede, lascia la preghiera, va raramente a Messa, non legge mai la Bibbia, non s’interessa del suo prossimo, pensa solo a se stesso e così Dio rischia di essere messo da parte.

La pigrizia spirituale, l’indolenza, la svogliatezza si sono alleate insieme sì da impadronirsi sia dell’intelligenza che della volontà.
Costoro si comportano come quelle persone che per mantenere la linea e apparire quali manichini perfetti, alla moda, non vogliono più mangiare. Il cibo dà loro fastidio. E così, come esiste l’inappetenza fisica esiste anche quella spirituale che è appunto l’accidia.
Purtroppo ci sono tanti cristiani all’acqua di rosae. Non sono né carne né pesce, eppure si proclamano cristiani. Per costoro la Bibbia riserva una frase che ci deve far riflettere: “Conosco le tue opere, tu non sei né freddo né caldo. Ma poiché tu sei tiepido sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap 3,15-16). È proprio il mitissimo nostro Salvatore Gesù che ci apostrofa con queste parole. Tutti, purtroppo, chi più chi meno, veniamo attirati dalla pigrizia, ci adagiamo comodamente, con mille scuse, sull’inerzia spirituale e così trascuriamo gli insegnamenti di Gesù, accontentandoci del dolce far niente spirituale.
L’accidia è una parola che viene dal greco e vuol dire negligenza, indifferenza. Nella Chiesa cattolica il vizio capitale dell’accidia consiste nella negligenza dell’esercizio delle virtù cristiane e in generale, nelle attività dello spirito che dovrebbero tendere alla santificazione dell’anima. Altre sfaccettature dell’accidia sono: indolenza, pigrizia, svogliatezza, inerzia, ignavia. San Tommaso ci dice che si tratta di tedio e persino di tristezza di un bene spirituale. Purtroppo a motivo di tristezza, tedio, avvilimento, alcuni fanno tante cose sbagliate, che poi ci fanno piangere per tutta la vita, come capitò all’apostolo Pietro quando, in quella notte, tutto scoraggiato, vide il suo Maestro catturato, condannato, sconfitto, si comportò da vigliacco e lo rinnegò.
Davvero l’accidia è capace di addormentarci, di spingerci a non renderci conto di ciò che sta succedendo nella nostra vita spirituale. Non si tratta di una semplice trascuratezza di qualche cosa di veniale, ma può portare, se uno non è vigilante, a diventare incapaci di volere e di operare per la deplorevole mancanza di forza morale. Quando uno si getta in balia di dubbi, di esempi per nulla cristiani, di discorsi che distruggono ogni valore, diventa un pusillanime privo di forza d’animo, un vile incapace di testimoniare la sua fede, un vigliacco senza coraggio pronto a rinnegare la sua fede e cambiare anche religione.

Adamo ed Eva si lasciano tentare dal serpente
Quando uno rifiuta di stare con Dio, di obbedirlo e amarlo, è chiaro che va incontro a qualche cosa di brutto. Un dramma che hanno vissuto i nostri progenitori e che vivono coloro che hanno deciso di rompere i ponti con l’Altissimo. Il serpente antico, geloso, li spinse a dubitare della Parola di Dio, come narra il racconto della Genesi.

Il serpente disse alla donna:
– “È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare il frutto di nessun albero del giardino?”.
– “Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”.
– “Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male”.
Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei (cf Genesi 3).

Preghiamo con il Salmo 9

Rit.: Abbi pietà di me, Signore.

Signore, tu sei mio rifugio e mio riparo,
nel tempo dell’angoscia e dell’oppressione.
Confidino in te quanti conoscono il tuo nome,
perché tu non abbandoni chi ti cerca. Rit.

Cantate inni al Signore, che abita in Sion,
Tu vedi la mia miseria, Signore,
strappami dalle soglie della morte,
perché possa annunziare le tue lodi,
esultare per la tua salvezza. Rit.

I popoli sprofondano nella fossa
che si sono scavata,
e nella rete che hanno teso
s’impiglia il loro piede. Rit.

Come possiamo definire l’accidia

La definizione del vizio capitale dell’accidia è: la negligenza nell’esercizio delle virtù cristiane e nell’attività spirituale tendente alla santificazione dell’anima. Si tratta quindi di pigrizia, di inerzia circa le cose che riguardano Dio e precisamente i suoi comandamenti, la sua volontà santissima per la salvezza degli uomini. Se non stiamo attenti, se non ci sforziamo di camminare per il retto sentiero tracciato dalla Parola di Dio, se non seguiamo con coraggio il nostro unico salvatore Gesù Cristo, rischiamo tutti di cadere nell’indifferenza, nella pigrizia spirituale, fino al punto di negare Dio e di far prevalere nella nostra vita il nostro “io”.
Anche i cedri del Libano, così maestosi e forti, possono cadere al suolo, come avvenne al re Salomone.

L’esempio del Re Salomone

Dio diede a Salomone “sapienza e intelligenza come nessuno ha mai avuto e mai potrà avere” (1 Re 3,12).
Ebbene, mentre il Signore aveva proibito agli Israeliti matrimoni con gente pagana perché li avrebbero spinti ad adorare altri dèi. Il re Salomone trasgredì questo comando unendosi a donne pagane e accettò di prostrarsi davanti alle molte divinità che ogni donna adorava (1 Re 11,1-13). Egli stesso fece costruire santuari in onore di dèi abominevoli. Salomone si era stancato del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, forse era arrivato al punto di credersi veramente sapiente, il più sapiente di tutti, tanto da stabilire per se stesso ciò che era bene o male.

Preghiamo con il Salmo 93

Rit.: Tu sei giusto, Signore, e vedi ogni cuore.

Dio che fai giustizia, o Signore,
Dio che fai giustizia: mostrati!
Alzati, giudice della terra,
rendi la ricompensa ai superbi. Rit.

Fino a quando gli empi, Signore,
fino a quando gli empi trionferanno?
Sparleranno, diranno insolenze,
si vanteranno tutti i malfattori? Rit.

Dicono: “Il Signore non vede,
il Dio di Giacobbe non se ne cura”.
Comprendete, insensati tra il popolo,
stolti, quando diventerete saggi? Rit.

Don Timoteo Munari SDB

 

Publié dans : PECCATI (I) |le 16 juillet, 2015 |Pas de Commentaires »

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