http://ilfattorec.altervista.org/fccapitolo43.html
LA SANTA UMILTÀ
La santa umiltà confonde la superbia e tutti gli esseri umani di questo mondo e tutte le cose di questo mondo. San Francesco
E’ umiltà nelle parole, nelle frasi, nei discorsi. E’ umiltà negli atteggiamenti, nelle espressioni, nei pensieri, nei gesti, nelle azioni. E cosa vuol dire essere umili? Innanzi tutto significa non pensare di avere già la risposta pronta a questa domanda. Mi ricordo che sto comunicando con te. Questo è il primo atto di umiltà. Non c’è divisione, non c’è separazione, non c’è chi sta sopra e chi sta sotto, chi ha di più e chi ha di meno, chi sa già tutto e chi non sa niente. Riconosco che ho sbagliato, m’inchino a te per questo. Umiltà è un atto di riconoscimento: riconoscere i propri errori, i propri sbagli, i propri limiti, chiedere scusa, riparare un danno, dare la precedenza, chiedere consiglio, chiedere aiuto, inginocchiarsi, mettersi all’ultimo posto in una fila per prendere da mangiare, lasciare subito spazio e lasciar passare in un sentiero stretto. Umiltà è servire con gioia e senza remore, senza esitazioni, sempre. Perché esistono i lavori umili? Cos’hanno di speciale? Lavare i vetri a un semaforo, lavorare la terra, fare le pulizie o il cameriere, lo spazzino o il muratore sono azioni e lavori che molti non farebbero: perché? C’è umiltà in chi sostiene sempre di avere ragione, di sapere o di conoscere tutto? C’è umiltà in chi vuole vincere o prevalere a tutti i costi su chiunque altro in un discorso, in una conversazione, in un affare, in una decisione?Se non c’è umiltà non c’è amore. Se un ladro entrasse in casa tua, non fare resistenza, quello che cerca e chiede daglielo, e anche di più. Lui si interessa solo di cose materiali, che si possono ricomprare o riguadagnare: di certo non può portarsi via qualsiasi altra cosa intangibile. Se riesci, accoglilo da amico, stringigli la mano, auguragli ogni bene. Dietro di lui c’è comunque un cuore, un’anima, una sensibilità e così facendo probabilmente in qualche modo l’avrai aiutato molto di più che con le cose che si è preso. E’ un gesto d’amore difficile, lo so, è un gesto di umiltà che appare contro natura, perché non ci siamo abituati, perché spesso si reagisce con resistenza, rabbia, violenza, imitando comportamenti altrui in casi simili. Se siamo capaci di amore lo vediamo nei momenti di difficoltà, ed è lì che veniamo messi alla prova. Le imprecazioni, l’augurare il male, qualsiasi pensiero, parola o atto violento vanno nella direzione opposta e contraria a ciò che potremmo chiamare amore il quale non dovrebbe esserci soltanto quando è comodo, conveniente, direttamente e prontamente vantaggioso, facile da essere od attivare. E’ nelle situazioni più difficili e delicate che abbiamo la possibilità di alimentare le trasformazioni, o contribuire a diminuire le divisioni, i muri, le barriere, gli attriti, ogni forma di violenza gli uni con gli altri. E tutto questo nasce da un semplice quanto inizialmente difficile atto di umiltà: inchinarsi all’altro e tendergli la mano. Nella nostra vita ci sono varie occasioni per poter far questo: ad esempio quando si vorrebbe recuperare un’amicizia o un rapporto deteriorato e trasformatosi in gelido silenzio, rancore od indifferenza. Non ci sono muri di cemento armato, non c’è un muro di Berlino in mezzo: basta un semplice gesto di umiltà, una telefonata, una parola, un chiarimento, chiedere scusa, fare autocritica. E’ tanto difficile? Esigere di essere chiamato ingegnere, avvocato, giudice, onorevole, ha a che vedere con l’umiltà? Chi è umile si pone all’ultimo posto, chiede quasi di passare inosservato, di essere trasparente, invisibile, cammina per il mondo in punta di piedi, e teme persino di calpestare una formica. Spesso è pure silenzioso, non ha opinioni, non esprime giudizi, non si schiera, tende all’equilibrio. Non spreca energie, non chiede mai nulla, interagisce col mondo per il piacere di farlo, senza mai pensare ad alcun tornaconto. Come fa una persona a crescere senza voler cambiare? Non può perché la crescita implica un cambiamento. E’ impossibile. E’ come immaginarsi che un bambino, con la crescita rimanga identico sia nel corpo che nella mente. Non è per niente cresciuto. Allora come si fa a cambiare? Per cambiare serve l’umiltà. Umiltà è pure la disposizione verso il proprio cambiamento, è un abbandono della presunzione di non dover cambiare. Collegandoci con la teoria del caos, e con l’insegnamento di Eraclito, nel processo del divenire cambiamo continuamente, ci modifichiamo continuamente, in accordo con le leggi della natura. Se c’è rigidità, se ci sono orgoglio e presunzione, se c’è durezza nel cuore ed in tutti i sensi, se c’è resistenza, se c’è superbia, se c’è immobilità e fermezza estrema nelle proprie posizioni, il movimento, il cambiamento, la crescita, l’evoluzione non vengono agevolati. Il miglioramento nasce grazie alla nostra flessibilità, adattabilità, ricettività, sensibilità, elasticità, malleabilità, versatilità; in una parola la nostra crescita ed evoluzione è collegata alla nostra umiltà, e nell’umiltà siamo nell’amore. Quando c’è umiltà forgiamo continuamente il nostro meraviglioso attrattore strano, mentre nella rigidità e nella superbia tendiamo al ciclo limite e al punto fisso. L’umiltà è quel segno di forza che ci permette di danzare nel mondo senza mai competere con nessuno, e per mezzo del quale diventiamo noi stessi altamente riconosciuti. Si chiude il circolo: da umiltà come atto di riconoscimento, ad ottenere un riconoscimento inaspettato ed eccelso per questa nostra qualità, se siamo in grado di farla nostra. Chiaramente non è mirata al riconoscimento, ma esso giunge naturale, perché tutto alla fine, ritorna. E nell’umiltà non ci vergogniamo di mostrarci come siamo, con tutta la nostra fragilità e debolezza. Andiamo per il mondo in punta di piedi, e senza vergogna. E nell’umiltà siamo sempre nuovi, nasciamo nuovi ogni giorno, ad ogni istante, dimentichi delle nostre opere e delle nostre azioni e delle nostre conquiste. Nell’umiltà torniamo quindi continuamente bambini, non sappiamo nulla, e ci accostiamo prudentemente al mondo, con gli occhi pieni di stupore, curiosità e meraviglia. Ecco perché i bambini sono disarmanti: perché nella loro sincerità, nella loro freschezza, nella loro genuinità, nella loro spontaneità, nella loro immediatezza, nella loro semplicità, nella loro innocenza, sono estremamente umili (magari senza saperlo, perché tutto sorge naturale). Nell’umiltà c’è la predisposizione ad imparare sempre, nella scuola della vita, anche se avessimo cent’anni o un bagaglio enorme di esperienza alle spalle. Nell’umiltà quindi non c’è l’esercizio di alcun potere (anche se fosse disponibile), non c’è alcun abuso o atto di superiorità: semplicemente si danza per il mondo in puro spirito di servizio ed amore, con un senso di gratitudine immenso, silenzioso o manifesto, per tutto ciò che ci circonda. L’umiltà non può nascere che dal cuore, e se dovessimo disegnarla a pennello non può essere altro, come un cuore sano, che uno splendido meraviglioso attrattore « strano », estremamente malleabile, flessibile, adattativo, mutevole ad ogni perturbazione o modificazione, ma conservativo, senza mai perdere la sua caoticità e complessità, in caso la perseveranza e la costanza di atteggiamento e comportamento vi si accompagnino. Perché Francesco dice che la semplicità e l’umiltà confondono? Forse intuiva già la ri-scoperta della teoria dei quanti e della teoria del caos, perché esattamente così è la nostra prima impressione quando ci troviamo davanti ai fenomeni sub-atomici, o ad un attrattore caotico: essi confondono. Confondono tutte le nostre false certezze, tutte le presunte verità acquisite, confonde tutta la sapienza dell’uomo, che non è per nulla sapienza divina, è ben lontana dall’esserlo. La teoria del caos è intrisa di umiltà, perché giunge in punta di piedi a darci qualche frammento od intuizione di verità con la v minuscola, verità locali, che possano soddisfare la nostra limitata mente umana e umana comprensione, ben conscia che non si può andare oltre. Essa fa un bagno di umiltà a se stessa e a tutti coloro che volessero abbracciarla. E allo stesso tempo confonde i superbi ed i sapienti. La semplicità e la complessità sono così strettamente legate, sono due facce della stessa medaglia, e l’umiltà, volendo personificarla, neppure se ne cura. La sapienza è dell’umile, che neppure sa di averla. Non è sua, non se ne appropria. Nel caso se ne appropriasse, perderebbe l’umiltà. E’ paradossale, ma è così. Inoltrandoci e comprendendo profondamente teoria dei quanti e teoria del caos arriviamo ad imbatterci in una moltitudine di paradossi, in una moltitudine di koan, e a quel punto che facciamo? Lasciamo perdere la mente, i ragionamenti, la logica, la scienza, Euclide, i pensieri e le parole. E’ meglio farci prendere per mano, e farci guidare. Da chi? Da che cosa? Ognuno trovi da sé la sua risposta e il suo cammino.
S: Non trovo nulla da aggiungere od obiettare; per quanta riguarda la Semeiotica Biofisica Quantistica e l’Amore, vorrei dire che essa spiega come nella realtà non-locale tutti siamo una realtà unica, ed il tutto contiene le singole parti e viceversa: certo, ognuno è « Individuata Substantia Rationabilis Natura » (Anicio Manlio Severino Boezio), ma immerso in una EI che ci tiene uniti in una sola realtà, mediante la componente onda fluttuante nell’Universo.