Archive pour le 8 juillet, 2015

Santi Aquila e Priscilla

Santi Aquila e Priscilla dans immagini sacre

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I SANTI CONIUGI AQUILA E PRISCILLA – TESTIMONI DI TENEREZZA

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I SANTI CONIUGI AQUILA E PRISCILLA – TESTIMONI DI TENEREZZA

Fra i personaggi biblici forse poco conosciuti, troviamo proprio i Santi coniugi Aquila & Priscilla, una coppia giudeo-cristiana ferventi nello zelo per il Vangelo con le parole e con la testimonianza di vita.
Aquila e Priscilla erano due coniugi giudeo-cristiani, molto cari all’apostolo Paolo per la loro fervente e molteplice collaborazione alla causa del Vangelo hanno più volte rischiato la testa (Rm 16,3).
Aquila, giudeo originario del Pònto, trasferitosi in tempo imprecisato a Roma, sposò Priscilla o Prisca, come è spesso chiamata, la loro storia, è una delle più moderne, attuali e stimolanti.
Peccato si sappia così poco di questi coniugi dalla vita così avventurosa, che viaggiò tra Roma, la Grecia e l’Asia minore, che visse persecuzioni, che mise a repentaglio la propria vita per salvare quella dell’Apostolo Paolo, e che svolse a sua volta un intenso apostolato.
Aquila & Priscilla, sono stati una coppia che ha dato tutto al Signore e che si è interamente consacrata alla diffusione del Vangelo, pur mantenendo attive le loro responsabilità coniugali e professionali.
Essi hanno aperto la loro casa a tutte le persone desiderose di conoscere il Signore Gesù.
Furono di esempio pratico per molti fratelli in Cristo e di grande testimonianza a molti non credenti ed attraverso loro il Signore Dio ha permesso che contribuissero (se non alla fondazione) alla crescita di tre comunità : Corinto, Efeso e Roma.
Cosa può fare il Signore con una coppia così unita spiritualmente, completamente consacrata e senza riserve ?
In che modo Aquila e Priscilla ci sono di incoraggiamento ?
E che cosa possiamo fare per seguire il loro esempio ?
Ciò che è importante è l’unione di Priscilla con suo marito Aquila in tutti gli aspetti della vita. Infatti la fede nel Signore Risorto è stato il loro punto di forza, che dopo averli salvati li ha sempre aiutati e protetti in ogni situazione, persecuzione, bisogno e nelle malattie.
Hanno praticato l’ospitalità aprendo la loro casa verso tutti credenti e non, soprattutto a coloro che annunciavano la Parola di Dio; ospitarono Paolo (At 18,3) che era solo, malato e perseguitato, e che era bisognoso di cure particolari.
L’ospitalità è un vero servizio al Vangelo, e il loro non era un semplice sentimento passeggero, ma un vero dono, esternando una vera amicizia frequentando persone moralmente sane e di sani principi, sempre mirate all’annuncio del Vangelo: Paolo, Apollo e i fratelli.
Ad Efeso infatti li vediamo premurosi, dopo la partenza dell’apostolo, nell’istruire « nella via del Signore », cioè nella catechesi cristiana, nientemeno che il celebre Apollo, l’eloquente giudeo-alessandrino, versatissimo nelle Scritture, ma ignaro di qualche punto essenziale della nuova dottrina cristiana, come il battesimo di Gesù. Aquila e Priscilla, mossi dall’amore per Gesù, si presero cura di lui e con tenerezza completarono la sua istruzione e probabilmente lo battezzarono prima che egli partisse per Corinto.
Ma oltre a questi sani principi di cui erano in possesso, corre l’obbligo mettere in luce i tre punti fondamentali di questi coniugi della Chiesa nascente, punti che dovrebbero essere al centro della vita di ogni coppia cristiana, infatti : l’importanza della Parola di Dio, fu il centro di tutta la vita coniugale e familiare, il servizio alla Parola, la sua diffusione, sono stati per loro l’impegno principale.
L’importanza del servizio: Paolo stesso li chiama più volte “collaboratori” nel senso riferita alla prima lettera ai Corinzi (3,9) quindi nel senso profondo del termine, cioè di coloro che collaborano nella stessa opera come “non-lavoratori”, alle dipendenze dello stesso padrone, con ambiti e funzioni differenti, ma pur sempre preziosi, senza mai snaturare la vita coniugale e familiare;
La dedizione alla famiglia: non abbiamo notizie che Priscilla si sia mai lamentata con Aquila: prima di tutto per i continui spostamenti a causa di persecuzioni, poi per il duro lavoro (pulizia della casa, fabbricare tende, occuparsi del marito e di Paolo o dei credenti che frequentavano la loro casa). Il loro cammino di fede rese sempre più saldo il loro matrimonio!
Ancora oggi il Signore Gesù sta chiamando le famiglie, fidanzati e sposi, per iniziare un cammino di conversione permanente, per crescere nella fede e vivere pienamente il Sacramento del matrimonio, per essere annunciatori con la vita dell’Infinita Tenerezza di Dio.
Niente si può asserire con certezza sul tempo, luogo e genere di morte di Aquila e Priscilla, dato che le uniche fonti su di essi sono le poche notizie bibliche citate. Alcuni, volendo identificare Priscilla, moglie di Aquila, con la vergine e martire romana s. Prisca. venerata nella chiesa omonima sull’Aventino, e con Priscilla, la titolare delle Catacombe della Via Salaria li fanno martiri, anzi, determinano il genere di martirio:
la decapitazione.
Un ultima considerazione da non trascurare. Abbiamo sin qui parlato di Aquila e Priscilla mettendo nell’ordine prima il marito Aquila, poi Priscilla la moglie.
Nei testi biblici considerati : (At 18,1-4; 18-20; 24-26; Rm 16,3-5; 1 Cor 16,9; 2 Tm 4,19) spesso è il nome di Priscilla che precede quello del marito, evidenziando forse come le qualità e i doni di Priscilla, fossero equivalenti a quelli di Aquila.
E’ bello pensare che in questo caso che non è vero quello che spesso si dice, cioè che dietro un “grande uomo, c’è sempre una grande donna”! In questo caso la Parola di Dio ce li presenta accanto ! Che meravigliosa benedizione per un uomo credente avere non “dietro” ma accanto una “grande donna”!

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VIAGGIO APOSTOLICO DI PAPA FRANCESCO IN ECUADOR, BOLIVIA E PARAGUAY (5-13 LUGLIO 2015)

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2015/documents/papa-francesco_20150706_ecuador-omelia-guayaquil.html

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO IN ECUADOR, BOLIVIA E PARAGUAY
(5-13 LUGLIO 2015)

SANTA MESSA PER LE FAMIGLIE

OMELIA DEL SANTO PADRE

Parque de los Samanes, Guayaquil (Ecuador)
Lunedì, 6 luglio 2015

Il brano del Vangelo che abbiamo ora ascoltato (Gv 2,1-11) rappresenta il primo segno prodigioso che si realizza nella narrazione del Vangelo di Giovanni. La preoccupazione di Maria, divenuta supplica a Gesù: “Non hanno più vino” – Gli dice –, e il riferimento a “l’ora” si comprenderanno dopo, nei racconti della Passione.
Ed è bene che sia così, perché questo ci permette di scorgere l’ansia di Gesù di insegnare, accompagnare, guarire e rallegrare a partire da quell’appello di sua madre: “Non hanno più vino”.
Le nozze di Cana si rinnovano in ogni generazione, in ogni famiglia, in ognuno di noi e nei nostri sforzi perché il nostro cuore riesca a trovare stabilità in amori duraturi, in amori fecondi, in amori gioiosi. Facciamo spazio a Maria, “la madre”, come afferma l’Evangelista. E facciamo ora insieme a lei l’itinerario di Cana.
Maria è attenta, è attenta in quelle nozze già iniziate, è sollecita verso le necessità degli sposi. Non si isola in sé stessa, centrata nel proprio mondo, al contrario, l’amore la fa “essere verso” gli altri. Nemmeno cerca le amiche per commentando quello che sta succedendo e criticare la cattiva preparazione delle nozze. E perché sta attenta, con la sua discrezione, si rende conto che manca il vino. Il vino è segno di gioia, di amore, di abbondanza. Quanti adolescenti e giovani percepiscono che nelle loro case ormai da tempo non c’è più di quel vino! Quante donne sole e rattristate si domandano quando l’amore se n’è andato, quando l’amore è colato via dalla loro vita! Quanti anziani si sentono lasciati fuori dalle feste delle loro famiglie, abbandonati in un angolo e ormai senza il nutrimento dell’amore quotidiano dei loro figli, dei loro nipoti, pronipoti! La mancanza di quel vino può essere anche la conseguenza della mancanza di lavoro, delle malattie, delle situazioni problematiche che le nostre famiglie in tutto il mondo attraversano. Maria non è una madre che “pretende”, nemmeno è una suocera che vigila per divertirsi delle nostre inesperienze, dei nostri errori o delle disattenzioni. Maria, semplicemente, è madre! È presente, attenta e premurosa. E’ bello ascoltare questo: Maria è Madre. Provate a dirlo tutti insieme con me? Forza: Maria è Madre! Ancora: Maria è Madre! Ancora: Maria è Madre!
Maria però, in quel momento in cui si accorge che manca il vino, si rivolge con fiducia a Gesù. Questo significa che Maria prega. Non va dal maggiordomo, ma presenta direttamente la difficoltà degli sposi a suo Figlio. La risposta che riceve sembra scoraggiante: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora».(v. 4). Ma intanto lei ha posto il problema nelle mani di Dio. La sua premura per le necessità degli altri anticipa “l’ora” di Dio. E Maria è parte di quell’ora, dal presepe fino alla croce. Lei, che seppe «trasformare una grotta per animali nella casa di Gesù, con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 286), e ci ricevette come figli quando una spada le trafiggeva il cuore. Ella ci insegna a porre le nostre famiglie nelle mani di Dio; ci insegna a pregare, alimentando la speranza che ci indica che le nostre preoccupazioni sono anche preoccupazioni di Dio.
E pregare ci fa sempre uscire dal recinto delle nostre preoccupazioni, ci fa andare oltre quello che ci fa soffrire, quello che ci agita o che ci manca, e ci aiuta a metterci nei panni degli altri. La famiglia è una scuola dove il pregare ci ricorda anche che c’è un “noi”, che esiste un prossimo vicino, evidente, che vive sotto lo stesso tetto, che condivide con noi la vita e ha delle necessità.
E, alla fine, Maria agisce. Le parole: “Fate quello che vi dirà” (v. 5), rivolte a quelli che servivano, sono un invito rivolto anche a noi, a metterci a disposizione di Gesù, che è venuto per servire e non per essere servito. Il servizio è il criterio del vero amore. Chi ama serve, si mette al servizio degli altri. E questo si impara specialmente nella famiglia, dove ci facciamo per amore servitori gli uni degli altri. In seno alla famiglia, nessuno è escluso, tutti valgono lo stesso. Mi ricordo che una volta chiesero a mia mamma quale dei suoi cinque figli – perché noi siamo cinque fratelli – quale dei suoi cinque figli amava di più. E lei disse [mostra la mano]: “Come le dita, se mi pungono questo mi fa male lo stesso come se mi pungono questo”. Una madre ama i suoi figli come sono. E in una famiglia i fratelli si amano come sono. Nessuno è scartato.
Lì nella famiglia «si impara a chiedere permesso senza prepotenza, a dire “grazie” come espressione di sentito apprezzamento per le cose che riceviamo, a dominare l’aggressività o l’avidità, e lì si impara anche a chiedere scusa quando facciamo qualcosa di male, quando litighiamo. Perché in ogni famiglia ci sono litigi. Il problema è dopo, chiedere perdono. Questi piccoli gesti di sincera cortesia aiutano a costruire una cultura della vita condivisa e del rispetto per quanto ci circonda» (Enc. Laudato si’, 213). La famiglia è l’ospedale più vicino: quando uno è malato lo curano lì, finché si può. La famiglia è la prima scuola dei bambini, è il punto di riferimento imprescindibile per i giovani, è il miglior asilo gli anziani. La famiglia costituisce la grande ricchezza sociale, che altre istituzioni non possono sostituire, che dev’essere aiutata e potenziata, per non perdere mai il giusto senso dei servizi che la società presta ai suoi cittadini. In effetti, questi servizi che la società presta ai suoi cittadini non sono una forma di elemosina, ma un autentico “debito sociale” nei confronti dell’istituzione familiare, che è la base e che tanto apporta al bene comune.
La famiglia forma anche una piccola Chiesa, la chiamiamo “Chiesa domestica”, che, oltre a dare la vita, trasmette la tenerezza e la misericordia divina. Nella famiglia la fede si mescola al latte materno: sperimentando l’amore dei genitori si sente più vicino l’amore di Dio.
E nella famiglia – di questo siamo tutti testimoni – i miracoli si fanno con quello che c’è, con quello che siamo, con quello che uno ha a disposizione; e molte volte non è l’ideale, non è quello che sogniamo e neppure quello che “dovrebbe essere”. C’è un particolare che ci deve far pensare: il vino nuovo, quel vino così buono come dice il maestro di tavola alle nozze di Cana, nasce dalle giare della purificazione, vale a dire, dal luogo dove tutti avevano lasciato il loro peccato; nasce dal peggio: «dove abbondò il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,20). In ciascuna delle nostre famiglie e nella famiglia comune che formiamo tutti, nulla si scarta, niente è inutile. Poco prima di cominciare l’Anno Giubilare della Misericordia, la Chiesa celebrerà il Sinodo Ordinario dedicato alle famiglie, per maturare un vero discernimento spirituale e trovare soluzioni e aiuti concreti alle molte difficoltà e importanti sfide che la famiglia oggi deve affrontare. Vi invito ad intensificare le vostre preghiere per questa intenzione, perché persino quello che a noi sembra impuro – come l’acqua delle giare –, che ci scandalizza o ci spaventa, Dio – facendolo passare attraverso la sua “ora” – lo possa trasformare in miracolo. La famiglia oggi ha bisogno di questo miracolo.
Tutta questa storia ebbe inizio perché “non avevano più vino”, e tutto si è potuto compiere perché una donna – la Vergine – è stata attenta, ha saputo porre nelle mani di Dio le sue preoccupazioni, ed ha agito saggiamente e con coraggio. Però c’è un particolare, non è da meno il dato finale: hanno gustato il vino migliore. E questa è la buona notizia: il vino migliore è quello che sta per essere bevuto, la realtà più amabile, la più profonda e la più bella per la famiglia deve ancora arrivare. Viene il tempo in cui gustiamo l’amore quotidiano, in cui i nostri figli riscoprono lo spazio che condividiamo e gli anziani sono presenti nella letizia di ogni giorno. Il vino migliore è ‘in speranza’, sta per venire per ogni persona che accetta il rischio di amare. E nella famiglia bisogna correre il rischio dell’amore, bisogna arrischiarsi ad amare. E il migliore dei vini sta per venire, anche se tutte le possibili variabili e le statistiche dicessero il contrario. Il vino migliore sta per venire per quelli che oggi vedono crollare tutto. Sussurratevelo fino a crederci: il vino migliore sta per arrivare. Sussurratevelo ciascuno nel suo cuore: il vino migliore sta per venire. E sussurratelo ai disperati e a quelli con poco amore: abbiate pazienza, abbiate speranza, fate come Maria, pregate, agite, aprite il cuore, perché il migliore dei vini sta per venire. Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino, di quelli che hanno da bere solo lo scoraggiamento; Gesù ha una preferenza per versare il migliore dei vini a quelli che per una ragione o per l’altra ormai sentono di avere rotto tutte le anfore.
Come ci invita a fare Maria, facciamo “quello che Dio ci dice” (cfr Gv 2,5). Fate quello che Lui vi dice. E siamo grati perché in questo nostro tempo e in questa nostra ora, il vino nuovo, il migliore, ci fa recuperare la gioia della famiglia, la gioia di vivere in famiglia. Così sia.

Che Dio vi benedica, vi accompagni. Prego per la famiglia di ognuno di voi, e voi fate lo stesso come fece Maria. E, per favore, vi chiedo di non dimenticarvi di pregare per me. Arrivederci!

 

Publié dans:PAPA FRANCESCO VIAGGI |on 8 juillet, 2015 |Pas de commentaires »

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