«PADRE NOSTRO»: LIBERACI DAL MALE O DAL MALIGNO?
«PADRE NOSTRO»: LIBERACI DAL MALE O DAL MALIGNO?
Una domanda su come sia giusto tradurre in italiano l’ultimo versetto della preghiera del padre Nostro. Risponde don Francesco Carensi, docente di Sacra Scrittura alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale.
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30/04/2014 di Redazione Toscana Oggi
Ho sentito dire che l’ultimo versetto del Padre Nostro andrebbe tradotto «liberaci dal Maligno», con un riferimento esplicito al diavolo. È vero? E perché sarebbe invece stato tradotto in maniera più generica, «liberaci dal male»?
Mario S.
La Quarta domanda del Padre Nostro nella versione di Matteo, viene formulata in senso negativo. «Non ci lasciar cadere in tentazione», ma liberaci dal male. La traduzione alla quale siamo abituati, è «non ci indurre in tentazione». Questa formula spesso non rende il vero significato dell’invocazione, perché sembra che sia Dio l’autore della tentazione. Il verbo eis-fero alla lettera significa «portare dentro, far entrare, condurre», e giustifica la scelta precedente del testo della Cei, meglio di quella attuale che dice «non ci abbandonare alla tentazione». Il verbo non abbandonare non rende ragione del verbo originale «eis-fero». Ma dobbiamo anche spiegare il senso di tentazione come prova (eis-peirasmon). Tale sostantivo viene dal verbo «peirazo» e puo’ essere tradotto sia nel senso di provare (da cui «prova») sia nel senso di tentare (da cui «tentazione»).
Il testo dunque si può intendere in senso positivo, come prova dimostrativa (come quando è voluta da Dio, come nel caso di Abramo in Gen. 22,1), anche perché in Giacomo 1,13 si legge che Dio non tenta nessuno. Oppure in senso negativo come istigazione al peccato. Penso sia corretto accogliere il termine «peirasmos» con il termine «prova» e dare al verbo eis-fero il significato di «mettere alla prova». La prova fa parte del cammino di Gesù. Anche egli nei momenti della sua vita terrena fu messo alla prova (eb. 4, 15), e nella sofferenza imparò l’obbedienza (eb.5,7-9). Quando nella prova siamo sedotti dagli idoli, quando abbiamo paura delle sofferenze a causa delle persecuzioni, che appaiono all’orizzonte della vita cristiana, allora si deve sentire il Signore piu vicino a noi. Egli lotta accanto a noi e in noi. La prova per eccellenza è costituita dall’incredulità, che appare in due momenti principali della vita: all’inizio quando si decide di seguire il Signore e alla fine, certamente prima della morte.
Per completare il quadro abbiamo l’ultima richiesta: «liberaci dal male», «poneròs», la scelta per il male, o dal maligno. Entrambi le traduzione dal greco sono possibili, anche se la frequenza in cui appare il male nei vangeli, fa propendere per la seconda soluzione. La liberazione delle liberazioni è dalle opere del Maligno, che sono sempre sofferenza, violenza e morte. È la presenza del maligno, che tenta, seduce e opprime quanti, accogliendo le sue suggestioni, possono diventare figli del maligno (mt 13,38). È colui che sradica dal cuore la parola di Dio (Mc 4). Quando nella comunità cristiana appaiono falsi profeti, quando appare la zizzania accanto al buon grano, quando viviamo nella mondanità (Mt 13,25-30), allora è riconoscibile l’opera del maligno.
La nostra preghiera diventa quella di Gesù, («Padre chiedo che tu li custodisca dal maligno», Gv 17,15). Gesù combatte nella nostra lotta contro il demonio, c’è lui a lottare in noi. È l’invocazione del salmo «sii tu a lottare» (Sal 43,1).
Se scegliamo «liberaci dal male» indica un richiamo all’istinto malvagio, e a quei molti mali dell’esperienza quotidiana come la malattia, la sofferenza, la malvagità umana, che possono essere combattuti con la preghiera.
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