IL CIELO NELLA BIBBIA
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IL CIELO NELLA BIBBIA
verso il Grest 2009
Il cielo apre e chiude la Scrittura (Gen 1,1: «Dio creò il cielo e la terra»; Ap 21–22: la Gerusalemme nuova che scende dal cielo, in un cielo nuovo). Vedi, a proposito di Dio creatore dei cieli, Gen 2,4; 14,19; Es 20,11; Est 4,17; Is 37,16; Ger 32,17; Sal 114,15; At 14,14; Ap 14,7. Binomio «cielo-terra» per dire tutto l’esistente (Gen 1,1; Is 50,2). La struttura tripartita dell’universo: il cielo-la terra (e il mare)-il mondo sotterraneo (gli inferi, lo še’ol). Al di sopra di tutto Dio, creatore e garante dell’ordine cosmico. La Bibbia non ha un’idea del cosmo come qualcosa in sé, indipendente e a sé stante; l’idea che ne ha è in rapporto a ciò di cui è abitato. Il cielo è abitato dalle stelle (Gb 9,9; 38,31). Tra queste vi sono anche due pianeti: Venere («astro del mattino»: Is 14,12) e Saturno («Chiion»: Am 5,26). Contro la tentazione di abbandonarsi al culto di questi due, la Bibbia insiste nello «sdivinizzarli», rimarcando che sono semplici creature di Dio (Gen 1). Il re del cielo è il sole: il suo corso regolare e la sua forza sono il segno di stabilità e di ordine del cosmo (Qo 1,5; Gen 8,22; Sal 19). Nella rilettura del NT, sarà simbolo del Cristo: Lc 1,78 («verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge»). Il cielo è la sede di Dio (Gn 14,18; Sal 33,13-14; Is 66,1; Mt 6,9). Anche Gesù lo conferma: «Padre nostro, che sei nei cieli» (Mt 6,9). Ed ecco perché è diventato sinonimo di Paradiso. Gli strati del cielo sono sette, abitati via via dagli angeli, nella misura della loro vicinanza a Dio; Dio risiede nell’ultimo cielo (ecco perché si dice: «sentirsi al settimo cielo»…). Vi siede al di sopra e distende la volta come la tenda in cui abita (Is 40,22; 1Re 8,27). Per questo, la distanza tra il cielo e la terra è simbolo della trascendenza divina (Is 55,9). La nuvola è simbolo del mistero di Dio, perché lo «vela» agli occhi della terra (Es 13,21; 14,19-20; 19,16-25; 24,15-18; 33,9-11; Nm 12,5-10). Nel NT il cielo è la dimora del Verbo, prima del tempo (Gv 1) e poi, una volta asceso, per sempre, nello stesso trono del Padre (Ap 22,1). E quando tornerà per il giudizio finale, i cieli si apriranno… In cielo, dove già abita la corte celeste (Col 1,20), si ritroveranno i giusti, nella pace eterna (Fil 3,20), al cospetto del trono di Dio (Ap 3,21).
Alcune suggestioni bibliche Le stelle del cielo, il cui numero è incalcolabile, saranno la misura della discendenza che Dio concederà ad Abramo e nella quale saranno benedette tutte le genti (Gen 22,17-18; Dt 1,10). La storia della salvezza comincia con un invito a scrutare il cielo… Già si è accennato al sogno di Giacobbe, con la scala che unisce cielo e terra e gli angeli che scendono e salgono (Gen 28,10-17): simbolo della provvidenza e della cura di Dio per i suoi figli. È ripresa poi in Gv 1,51, nel dialogo con Filippo, dove la scala diventa Gesù stesso, una volta «elevato». «Il Signore si è affacciato dall’alto del suo santuario, dal cielo ha guardato la terra, per ascoltare il gemito del prigioniero, per liberare i condannati a morte» (Sal 102,20-21; Is 66,2; Mt 6,11). Gesù stesso, che procede dal Padre e a Lui ritorna, viene dal cielo e tornerà al cielo (Gv 3,13; 6,62; Mc 16,19); Egli è il pane vivo «disceso dal cielo»; nel suo battesimo, al fiume Giordano, sono i cieli ad aprirsi (Lc 3,21). Nella testimonianza degli Atti degli apostoli, è il cielo aperto che Stefano, primo martire cristiano, vede comparire alla vigilia della sua passione (At 7,55-56). Fra i brani del NT con un collegamento al cielo e ai suoi fenomeni, domina senza dubbio l’episodio narrato da Matteo a proposito dei Magi: essi «scrutano il cielo» e riconoscono il momento della nascita del Messia, in base a un fenomeno astronomico di cui osservano (e forse prevedono) l’evolversi quando ancora sono lontani (Mt 2,1-12). Probabilmente dietro vi è la profezia presente in Nm 24,17. Interessante anche l’episodio della vita di Gesù in cui i Farisei, per ottenere una dimostrazione «sperimentabile» della sua divinità, chiedono che egli invii «un segno dal cielo», cioè dalla sede di Dio (Mt 16,1-4). A essi Gesù risponde con un’analogia: come gli uomini sono capaci, dall’attenta «osservazione del cielo», di trarre conclusioni veritative sul clima e sulle evoluzioni dell’atmosfera, così devono essere capaci di riconoscere altri segni, ugualmente eloquenti, che mostrano la presenza di Dio in mezzo a loro, fra i quali il «segno» per eccellenza, quello della sua morte e risurrezione (Mt 12,39-40; Gv 2,19-22). A rendere difficile questo riconoscimento, come testimoniato anche da altri passi evangelici (Gv 15,22-24), non sarebbe l’ambiguità o la poca chiarezza dei segni, ma piuttosto il cuore chiuso in se stesso. L’ascensione di Gesù al cielo (Lc 24,50; At 1,6). «I cieli e la terra passeranno» (Mt 5,18; Mc 13,31; Lc 21,33). «Un nuovo cielo e una terra nuova» (Ap 21,1), con la Gerusalemme gloriosa che discende dal cielo per venire incontro a Cristo suo sposo e inaugurare così il banchetto nuziale escatologico. Parallelismo con Genesi: insieme siamo chiamati a creare questo nuovo cielo e a rifinire l’abito della Gerusalemme sposa con i nostri atti d’amore (Ap 19,7-8). È quello che è prefigurato anche nella visione, sempre nel cielo, della donna di Ap 12: rappresenta la Chiesa, rivestita di sole (del Cristo); ha la luna sotto i suoi piedi e una corona di 12 stelle perché indica la sua missione di rinnovare il creato, come una nuova creazione, ricolmando ogni cosa della novità del Cristo risorto di cui è ricoperta. Ecco perché in At 1,10 i discepoli vengono invitati a non rimanere più con gli occhi per aria, a rimirare il cielo… Essi piuttosto sono chiamati a creare nella loro vita un nuovo cielo, instaurando rapporti autentici di amore: fare della terra il cielo nuovo…
don Luca Pedroli

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