SALMO 103 (102) – IL MAGNIFICAT DI UN PECCATORE PERDONATO

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SALMO 103 (102) – IL MAGNIFICAT DI UN PECCATORE PERDONATO

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tanti suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue malattie;
salva dalla fossa la tua vita,
ti corona di grazia e di misericordia;
egli sazia di beni i tuoi giorni
e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.

Il Signore agisce con giustizia
e con diritto verso tutti gli oppressi.
Ha rivelato a Mosè le sue vie,
ai figli d’Israele le sue opere.

Buono e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Egli non continua a contestare
e non conserva per sempre il suo sdegno.
Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;
come dista l’oriente dall’occidente,
così allontana da noi le nostre colpe.
Come un padre ha pietà dei suoi figli,
così il Signore ha pietà di quanti lo temono.

Perché egli sa di che siamo plasmati,
ricorda che noi siamo polvere.
Come l’erba sono i giorni dell’uomo,
come il fiore del campo, così egli fiorisce.
Lo investe il vento e più non esiste
e il suo posto non lo riconosce.

Ma la grazia del Signore è da sempre,
dura in eterno per quanti lo temono;
la sua giustizia per i figli dei figli,
per quanti custodiscono la sua alleanza
e ricordano di osservare i suoi precetti.
Il Signore ha stabilito nel cielo il suo trono
e il suo regno abbraccia l’universo.

Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli,
potenti esecutori dei suoi comandi,
pronti alla voce della sua parola.
Benedite il Signore, voi tutte, sue schiere,
suoi ministri, che fate il suo volere.
Benedite il Signore, voi tutte opere sue,
in ogni luogo del suo dominio.
Benedici il Signore, anima mia.

Il Sal 103 (102) è un inno di benedizione di un peccatore che ha fatto l’esperienza del perdono.
Nella liturgia ebraica, il Sal 103 è utilizzato per la festa del Kippur, il giorno, appunto dell’espiazione e del perdono.
Nella liturgia monastica lo cantiamo ai vespri del mercoledì, impostati, anch’essi, sulla tematica del perdono.
La benedizione del peccatore che ha fatto esperienza della misericordia di Dio, abbraccia, a mo’ d’inclusione, tutto il Salmo:
parte dall’intimo del singolo fedele, che si sente gratuitamente perdonato (vv. 1-2),
fino a coinvolgere Angeli e creature, in una lode veramente cosmica (vv. 20-22).

Ed ecco la “sintesi dei benefici per i quali Dio va ringraziato:
perdona i nostri peccati per mezzo della propiziazione che è il Cristo (v. 3);
ti libera dalla morte dando per la tua morte il sangue del Figlio suo (v. 4a);
ti corona della grazia d’adozione (v. 4b).
ti dona la speranza della risurrezione col pegno dello Spirito (v. 5b).
Tutto questo sono i doni dello Sposo (Cristo) alla Sposa (Chiesa), e questa non porta che la propria fede” (EUSEBIO).
Dio non si limita a togliere il peccato al suo fedele, ma si fa Go ‘el di colui che ha salvato.
Il Go ‘el, nella Bibbia, è colui che ha il dovere e il diritto di riscatto, verso un Israelita caduto in disgrazia. Questo diritto dovere spetta prioritariamente al parente più prossimo; di conseguenza, Dio, in questo suo intervenire a favore del peccatore, è “come un padre” (v. 13), in tutti i sensi. Perciò non c’è malattia (v. 3), non c’è disfacimento d’età (v. 5b), che non siano sanate da questo Padre pietoso. Tutto ciò non è in contraddizione con la sua giustizia, anzi! “Proprio perché Egli è giusto, è anche compassionevole…conosce, infatti, la nostra debolezza…”, scriveva santa Teresa di Gesù Bambino nella Lettera 226, rifacendosi proprio al versetto 14 di questo salmo.
Dio sa sempre scusarci e perdonarci, come farà Gesù, suo Figlio, dalla Croce nei confronti dei suoi uccisori (Lc 23,34).
L’attualizzazione della misericordia paterna di Dio, di cui parla il Sal 103, la troviamo espressa in modo irraggiungibile nella parabola del Padre misericordioso, conosciuta come del figlio prodigo (Lc 15,11-32).
Nel v. 8, l’espressione: “Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore”, rivela la più alta esperienza di Dio. Il perdonato percepisce il Signore nella identità più intima, quella che Dio stesso rivelò a Mosè, sul Sinai, dopo il peccato del vitello d’oro (Es 34,6). Allora, come adesso, possiamo dire, con il preconio pasquale: “Felice colpa, che ci hai fatto incontrare un tale Redentore!”. Dio perdonando si manifesta quale Egli è: Amore viscerale, fedele, materno.
Così la storia di un individuo che riceve il perdono, si inserisce nella Storia della salvezza, che ha riguardato, Mosè ed Israele (v.7), Cristo e tutte le Nazioni.
Pregando questo Salmo, possiamo percepire tutta la verità delle affermazioni di santa CATERINA da SIENA: “L’affronto più crudele che si possa fare a Dio, è quello di pensare che il delitto della creatura sia più grande della bontà del Creatore”.
È stato questo, in definitiva, il vero peccato di Giuda: credere che il suo tradimento non potesse essere perdonato dal Maestro, che moriva anche per lui.
Mi piace citare un’attualizzazione di EUSEBIO, che prende sul serio l’equiparazione della vita monastica alla vita angelica. Commentando il v. 20a: “Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli”, egli scrive:
“All’inizio lo Spirito divino invitava l’anima umana a benedire Dio. Ora, dopo aver parlato delle dimore celesti destinate ai fedeli, passa con molta naturalezza agli spiriti celesti, perché questi fanno festa per ogni peccatore che si pente (Lc 15,7.10). O anima mia, sei ben poca cosa tu per benedire il Signore, mentre questi spiriti potenti… E quelli che conducono sulla terra la vita degli angeli (cioè i monaci) han più possibilità ancora che altri di lodare Dio. Quando ci si pensa, si sarebbe tentati di dire: Lasciamo ai migliori questa cura! Cediamo il posto a persone più degne! No, ciascuno al proprio posto loda Dio nella creazione: quelli che sono fatti a immagine di Dio come te, ed anche gli esseri inanimati lo celebrano con la loro bellezza. Questo concerto incita anche me a celebrare il Creatore”.

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