Archive pour le 9 juin, 2015

Jesus on Cross, Notre Dame, Paris

Jesus on Cross, Notre Dame, Paris dans immagini sacre jesus-on-cross

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PAPA FRANCESCO, MEDITAZIONE MATTUTINA: L’ULTIMA PAROLA

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2015/documents/papa-francesco-cotidie_20150609_ultima-parola.html

PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE

L’ULTIMA PAROLA

Martedì, 9 giugno 2015

(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.129, 10/06/2015)

L’«identità cristiana» trova la sua forza nella testimonianza e non conosce ambiguità: per questo il cristianesimo non può essere «annacquato», non può nascondere il suo essere «scandaloso» e trasformato in una «bella idea» per chi ha sempre bisogno di «novità». E attenzione anche alla tentazione della mondanità, propria di chi «allarga la coscienza» così tanto da farci entrare dentro tutto. Lo ha affermato il Papa nella messa celebrata martedì mattina, 9 giugno, nella cappella della Casa Santa Marta, ricordando che «l’ultima parola di Dio si chiama “Gesù” e niente di più».
«La liturgia di oggi ci parla dell’identità cristiana» ha fatto notare Francesco, proponendo subito la questione centrale: «Qual è questa identità cristiana?». Riferendosi alla prima lettura odierna (2 Corinzi, 1, 18-22), il Papa ha ricordato che «Paolo comincia raccontando ai Corinzi le cose che hanno vissuto, alcune persecuzioni», e «la testimonianza che hanno dato di Gesù Cristo». E, in pratica, scrive loro: «Io mi vanto di questo — cioè io mi vanto della mia identità cristiana — che è andata così. E Dio è testimone che la nostra parola verso di voi è “sì”, cioè noi vi parliamo dell’identità nostra, quale sia».
«Per arrivare a questa identità cristiana — ha spiegato Francesco — nostro Padre, Dio, ci ha fatto fare un lungo cammino di storia, secoli e secoli, con figure allegoriche, con promesse, alleanze e così fino al momento della pienezza dei tempi, quando inviò suo Figlio nato da una donna». Si tratta, dunque, di «un lungo cammino». E, ha affermato il Papa, «anche noi dobbiamo fare nella nostra vita un lungo cammino, perché questa identità cristiana sia forte e dia testimonianza». Un cammino, ha precisato, «che possiamo definire dalla ambiguità alla vera identità».
Dunque, nella lettera ai Corinzi l’apostolo scrive che «la nostra parola verso di voi non è “sì” e “no”, ambigua». Infatti, aggiunge Paolo, «il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, non fu “sì” e “no”: in Lui vi fu il “sì”». Ecco, allora, ha detto il Pontefice che «la nostra identità è proprio nell’imitare, nel seguire questo Cristo Gesù, che è il “sì” di Dio verso di noi». E «questa è la nostra vita: andare tutti i giorni per rinforzare questa identità e darne testimonianza, passo passo, ma sempre verso il “sì”, non con ambiguità».
«È vero», ha poi riconosciuto il Pontefice, «c’è il peccato e il peccato ci fa cadere, ma noi abbiamo la forza del Signore per alzarci e andare avanti con la nostra identità». Ma, ha aggiunto, «io direi anche che il peccato è parte della nostra identità: siamo peccatori, ma peccatori con la fede in Gesù Cristo». Infatti «non è soltanto una fede di conoscenza» ma «è una fede che è un dono di Dio e che è entrata in noi da Dio». Così, ha spiegato il Papa, «è Dio stesso che ci conferma in Cristo. E ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo, ci ha dato la caparra, il pegno dello Spirito nei nostri cuori». Sì, ha ribadito Francesco, «è Dio che ci dà questo dono dell’identità» e «il problema è essere fedele a quest’identità cristiana e lasciare che lo Spirito Santo, che è proprio la garanzia, il pegno nel nostro cuore, ci porti avanti nella vita».
«Siamo persone che non andiamo dietro a una filosofia» ha affermato ancora il Pontefice perché «abbiamo un dono, che è la nostra identità: siamo unti, abbiamo impresso in noi il sigillo e abbiamo dentro di noi la garanzia, la garanzia dello Spirito». E «il Cielo incomincia qui, è un’identità bella che si fa vedere nella testimonianza». Per questo, ha aggiunto, «Gesù ci parla della testimonianza come il linguaggio della nostra identità cristiana» quando dice: «Voi siete il sale della terra, ma se il sale perde il sapore, con che cosa si renderà salato?». Il riferimento è al passo evangelico di Matteo proposto oggi dalla liturgia (5, 13-16).
Certo, ha proseguito il Papa, «l’identità cristiana, perché siamo peccatori, è anche tentata, viene tentata — le tentazioni vengono sempre — e può andare indietro, può indebolirsi e può perdersi». Ma come può avvenire questo? «Io penso — ha suggerito il Pontefice — che si può andare indietro per due strade principalmente».
La prima, ha spiegato, è «quella del passare dalla testimonianza alle idee» e cioè «annacquare la testimonianza». Come a dire: «Eh sì, sono cristiano, il cristianesimo è questo, una bella idea, io prego Dio». Ma «così dal Cristo concreto, perché l’identità cristiana è concreta — lo leggiamo nelle Beatitudini; questa concretezza è anche nel capitolo 25 di Matteo — passiamo a questa religione un po’ soft, sull’aria e sulla strada degli gnostici». Dietro, invece, «c’è lo scandalo: questa identità cristiana è scandalosa». Di conseguenza «la tentazione è dire “no, no”, senza scandalo; la croce è uno scandalo; che Dio si sia fatto uomo» è «un altro scandalo» e si lascia da parte; cerchiamo cioè Dio «con queste spiritualità cristiane un po’ eteree, ariose». Tanto che, ha affermato il Papa, «ci sono degli gnostici moderni e ti propongono questo, questo: no, l’ultima parola di Dio è Gesù Cristo, non ce n’è un’altra!».
«Su questa strada», ha proseguito Francesco, ci sono anche «quelli che sempre hanno bisogno di novità dell’identità cristiana: hanno dimenticato che sono stati scelti, unti, che hanno la garanzia dello Spirito, e cercano: “Ma dove sono i veggenti che ci dicono oggi la lettera che la Madonna ci manderà alle 4 del pomeriggio?”. Per esempio, no? E vivono di questo». Ma «questa non è identità cristiana. l’ultima parola di Dio si chiama “Gesù” e niente di più».
«Un’altra strada per andare indietro dall’identità cristiana è la mondanità», ha proseguito il Papa. E cioè «allargare tanto la coscienza che lì c’entra tutto: “Sì, noi siamo cristiani, ma questo sì…”, non solo moralmente, ma anche umanamente». Perché «la mondanità è umana, e così il sale perde il sapore». Ecco perché, ha spiegato il Papa, «vediamo comunità cristiane, anche cristiani, che si dicono cristiani, ma non possono e non sanno dare testimonianza di Gesù Cristo». E «così l’identità va indietro, indietro e si perde» ed è «questo nominalismo mondano che noi vediamo tutti i giorni».
«Nella storia di salvezza — ha detto il Francesco — Dio, con la sua pazienza di Padre, ci ha portato dall’ambiguità alla certezza, alla concretezza dell’incarnazione e la morte redentrice del suo Figlio: questa è la nostra identità». E «Paolo si vanta di questo: Gesù Cristo, fatto uomo; Dio, il Figlio di Dio, fatto uomo e morto per obbedienza». Sì, ha rimarcato il Pontefice, Paolo «si vanta di questo» e «questa è l’identità ed è lì la testimonianza». È «una grazia che dobbiamo chiedere al Signore: sempre ci dia questo regalo, questo dono di un’identità che non cerca di adattarsi alle cose che le farebbero perdere il sapore del sale».
Prima di continuare la celebrazione eucaristica, Francesco non ha mancato di sottolineare che è anch’essa «uno “scandalo”». Anzi, ha concluso: «Io mi permetto di dire “un doppio scandalo”». Primo, ha spiegato, «perché è lo “scandalo” della croce: Gesù che dà la sua vita per noi, il Figlio di Dio». E poi «lo “scandalo” che noi cristiani celebriamo la memoria della morte del Signore e sappiamo che qui si rinnova questa memoria». Così proprio la celebrazione eucaristica «è una testimonianza della nostra identità cristiana».

 

LA MALDICENZA – RIFLESSIONI BIBLICHE SULLA MALDICENZA E LA GELOSIA

http://camcris.altervista.org/medmaldic.html

LA MALDICENZA

RIFLESSIONI BIBLICHE SULLA MALDICENZA E LA GELOSIA

Mosè aveva un fratello e una sorella, Maria, la più anziana. Da giovane ella aveva vegliato sul piccolo Mosè (Esodo 2:4,7). Era una profetessa (Es. 15:20). Si sentì forse spodestata della sua influenza per il ritorno di Sefora (cfr. Es. 18:5 e Num. 12:1). Comunque coinvolse nel suo scontento Aaronne ed entrambi parlarono contro Mosè: « L’Eterno ha egli parlato solo per mezzo di Mosè? Non ha egli parlato anche per mezzo nostro? » (v. 2). La « moglie Cuscita » era un pretesto, il motivo profondo era la gelosia. Del resto Mosè era solo l’ultimogenito; suo fratello e sua sorella volevano ben credere che Dio avesse parlato per mezzo di lui, ma anche per mezzo di loro. A loro ripugnava il dover accettare l’influenza crescente che Dio conferiva al suo servitore, mentre avrebbero dovuto riconoscere il posto di autorità che gli era stato affidato.
Non è forse così, spesso, tra noi? Per gelosia o per dispetto, ci mettiamo a parlar male di tale o tal fratello, anche di un servitore del Signore. Ci si compiace nella maldicenza, nel riferire un male forse reale, ma con lo scopo di disprezzare agli occhi del proprio interlocutore colui che l’ha commesso. Si va anche fino alla calunnia, raccontando ciò che è falso, o fortemente esagerando. Il male prodotto è irreparabile. Dopo esserci umiliati davanti al Signore, potremo ben scusarci col nostro interlocutore (non con colui sul conto del quale abbiamo fatto della maldicenza o della calunnia, cosa che lo affliggerebbe ancor più) e pregarlo di dimenticare, ma nel frattempo il male si sarà già sparso e avrà fatto la sua opera. Tre cose, dice un proverbio arabo, non possono essere trattenute: la freccia che vola, la parola detta, il tempo passato. Giacomo avverte: « Se uno… non tiene a freno la sua lingua… la religione di quel tale è vana! » (Giac. 1:26). Pensiamo anche all’effetto prodotto sui bambini che troppo spesso sentono nella famiglia maldicenze e critiche.
Levitico 19:16 l’aveva precisato: « Non andrai qua e là facendo il diffamatore fra il tuo popolo ». L’apostolo Pietro ne sottolinea tutta la gravità: « Gettando dunque lungi da voi… ogni sorta di maldicenze, … appetite il puro latte spirituale… se pure avete gustato che il Signore è buono » (1 Pietro 2: 1-3). Questo « se pure » non sembra forse mettere in dubbio che si possa aver gustato la bontà del Signore se ci si dà alla maldicenza? Questa è da principio concepita nel cuore, poi nei risentimenti che si nutrono contro l’uno o l’altro, o nell’importanza che si attribuisce a se stessi; poi il nemico sa suscitare l’occasione propizia per pronunciare la parola malvagia. Si vorrà far vedere che « si sa quella certa cosa »; troppo spesso, poiché si manca di soggetti di conversazione, si sparla degli altri. E tali « rivelazioni » sono come « ghiottonerie » (Prov. 26:22) per quelli che le ascoltano! « La lingua è un piccolo membro… un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta » (Giac. 3:5).
È fatta una promessa al Salmo 15 a colui che non maledice con la sua lingua: egli « dimorerà nella tenda dell’Eterno »: comunione benedetta col Signore di colui che ha vegliato sulle sue labbra. Davide supplicava: « Siano grate nel tuo cospetto le parole della mia bocca e la meditazione del mio cuore » (Salmo 19:14). Le risoluzioni e i buoni propositi esteriori non sono un soccorso sufficiente: la lingua non può essere domata. È l’essere interiore che deve essere cambiato, rinnovato, trasformato. Bisogna giudicare i pensieri malvagi che ci spingono a sparlare del nostro fratello, o anche a calunniarlo, quando sono ancora in noi.
Oggetto della maldicenza da parte del fratello e della sorella, Mosè tace. Ma « l’Eterno l’udì », e li convoca, tutti e tre, alla tenda di convegno; poi fa venire davanti a sé solo Aaronne e Maria. Egli prende la difesa del suo servitore, fedele in tutta la sua casa, col quale egli parla a tu per tu, e che vede la sembianza dell’Eterno: « Perché non avete temuto di parlar contro il mio servo, contro Mosè? E l’ira dell’Eterno s’accese contro loro… ed ecco che Maria era lebbrosa; Aaronne guardò Maria, ed ecco era lebbrosa ». La profetessa, che aveva cantato le lodi dell’Eterno, doveva essere, d’ora in poi, esclusa dal campo, e continuare così la sua vita, fino a quando la morte la libererà dalla sua orrenda malattia.
Quale tragedia! Dio non prende queste cose alla leggera. La coscienza di Aaronne e di Maria parla. Essi si pentono. Riconoscono il loro peccato, per il quale hanno agito stoltamente. Aaronne, benché sacerdote, non è in grado di pregare per sua sorella. Alla sua domanda pressante, Mosè, che per la prima volta nel nostro testo apre la bocca, senza alcun risentimento grida all’Eterno: « Guariscila, o Dio, te ne prego ». Ma la disciplina deve seguire il suo corso. Maria sarà guarita, a condizione però che porti « la vergogna per sette giorni », lasciata fuori del campo. Tutto il popolo ne soffre con lei e non parte finché Maria non è riammessa.
« Perché dunque non avete temuto di parlare contro il mio servo? ». Queste parole non risuonano forse anche alla nostra coscienza? Senza dubbio, ogni servitore del Signore ha i suoi mancamenti e le sue deficienze (Giac. 3:2); non è questa una ragione per metterle in evidenza e servirsene contro di loro. Al contrario, l’amore copre gli errori altrui; ne parla col Signore perché Egli corregga e guarisca; oppure direttamente con l’interessato se, in casi particolari, egli è condotto a farlo. Sparlare di servitori di Dio, di nostri fratelli, chiunque essi siano, non può che attirare la disciplina del Signore su noi stessi, ostacolando la comunione con lui, rendendo vano il nostro servizio, producendo aridità nell’anima, e dei frutti spesso molto amari.
Non dovremmo prendere molto più a cuore questo peccato di maldicenza che noi commettiamo con così tanta leggerezza? Non accogliamo più i commenti sfavorevoli che qualcuno ci fa, e rispondiamo come ha fatto un fratello ad uno che ne criticava un altro: « Vado a parlargliene »; e l’interlocutore subito lo pregò di non farlo! Nel giudizio di noi stessi, cercare le cause che ci hanno condotto a fare della maldicenza, giudicarle veramente davanti a Dio, e accettare, se occorre, la vergogna e la correzione necessarie.

(dal libro « Il cammino nel deserto », di Georges Andrè, edito da: Il messaggero cristiano) 

Publié dans:BIBLICA - RIFLESSIONI |on 9 juin, 2015 |Pas de commentaires »

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