Archive pour le 5 juin, 2015

La Cene et le Lavement Des Pieds

La Cene et le Lavement Des Pieds  dans immagini sacre 11%20ENLUMINURE%20PERICOPE%20D%20H%20II%20LA%20CENE

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BENEDETTO XVI – OMELIA PER LA SOLENNITÀ DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO (2007)

http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2007/documents/hf_ben-xvi_hom_20070607_corpus-christi.html

(non è anno B, le letture non sono le stesse)

SANTA MESSA E PROCESSIONE EUCARISTICA ALLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE

NELLA SOLENNITÀ DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano

Giovedì, 7 giugno 2007

Cari fratelli e sorelle!

Poco fa abbiamo cantato nella Sequenza: “Dogma datur christianis, / quod in carnem transit panis, / et vinum in sanguinem – È certezza a noi cristiani: / si trasforma il pane in carne, / si fa sangue il vino”. Quest’oggi riaffermiamo con trasporto la nostra fede nell’Eucaristia, il Mistero che costituisce il cuore della Chiesa. Nella recente Esortazione post-sinodale Sacramentum caritatis ho ricordato che il Mistero eucaristico “è il dono che Gesù Cristo fa di se stesso, rivelandoci l’amore infinito di Dio per ogni uomo” (n. 1). Pertanto quella del Corpus Domini è una festa singolare e costituisce un importante appuntamento di fede e di lode per ogni comunità cristiana. È festa che ha avuto origine in un determinato contesto storico e culturale: è nata con lo scopo ben preciso di riaffermare apertamente la fede del Popolo di Dio in Gesù Cristo vivo e realmente presente nel santissimo Sacramento dell’Eucaristia. È festa istituita per adorare, lodare e ringraziare pubblicamente il Signore, che “nel Sacramento eucaristico continua ad amarci ‘fino alla fine’, fino al dono del suo corpo e del suo sangue” (Sacramentum caritatis, 1).
La Celebrazione eucaristica di questa sera ci riconduce al clima spirituale del Giovedì Santo, il giorno in cui Cristo, alla vigilia della sua Passione, istituì nel Cenacolo la santissima Eucaristia. Il Corpus Domini costituisce così una ripresa del mistero del Giovedì Santo, quasi in obbedienza all’invito di Gesù di “proclamare sui tetti” ciò che Egli ci ha trasmesso nel segreto (cfr Mt 10,27). Il dono dell’Eucaristia, gli Apostoli lo ricevettero dal Signore nell’intimità dell’Ultima Cena, ma era destinato a tutti, al mondo intero. Ecco perché va proclamato ed esposto apertamente, perché ognuno possa incontrare “Gesù che passa” come avveniva per le strade della Galilea, della Samaria e della Giudea; perché ognuno, ricevendolo, possa essere sanato e rinnovato dalla forza del suo amore. Questa, cari amici, è la perpetua e vivente eredità che Gesù ci ha lasciato nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Eredità che domanda di essere costantemente ripensata, rivissuta, affinché, come ebbe a dire il venerato Papa Paolo VI, possa “imprimere la sua inesauribile efficacia su tutti i giorni della nostra vita mortale” (Insegnamenti, V [1967], p. 779).
Sempre nell’Esortazione post-sinodale, commentando l’esclamazione del sacerdote dopo la consacrazione: “Mistero della fede!”, osservavo: con queste parole egli “proclama il mistero celebrato e manifesta il suo stupore di fronte alla conversione sostanziale del pane e del vino nel corpo e sangue del Signore Gesù, una realtà che supera ogni comprensione umana” (n. 6). Proprio perché si tratta di una realtà misteriosa che oltrepassa la nostra comprensione, non dobbiamo meravigliarci se anche oggi molti fanno fatica ad accettare la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. Non può essere altrimenti. Fu così fin dal giorno in cui, nella sinagoga di Cafarnao, Gesù dichiarò apertamente di essere venuto per darci in cibo la sua carne e il suo sangue (cfr Gv 6,26-58). Il linguaggio apparve “duro” e molti si tirarono indietro. Allora come adesso, l’Eucaristia resta “segno di contraddizione” e non può non esserlo, perché un Dio che si fa carne e sacrifica se stesso per la vita del mondo pone in crisi la sapienza degli uomini. Ma con umile fiducia, la Chiesa fa propria la fede di Pietro e degli altri Apostoli, e con loro proclama: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,68). Rinnoviamo pure noi questa sera la professione di fede nel Cristo vivo e presente nell’Eucaristia. Sì, “è certezza a noi cristiani: / si trasforma il pane in carne, / si fa sangue il vino”.
La Sequenza, nel suo punto culminante, ci ha fatto cantare: “Ecce panis angelorum, / factus cibus viatorum: / vere panis filiorum – Ecco il pane degli angeli, / pane dei pellegrini, / vero pane dei figli”. L’Eucaristia è il cibo riservato a coloro che nel Battesimo sono stati liberati dalla schiavitù e sono diventati figli; è il cibo che li sostiene nel lungo cammino dell’esodo attraverso il deserto dell’umana esistenza. Come la manna per il popolo d’Israele, così per ogni generazione cristiana l’Eucaristia è l’indispensabile nutrimento che la sostiene mentre attraversa il deserto di questo mondo, inaridito da sistemi ideologici ed economici che non promuovono la vita, ma piuttosto la mortificano; un mondo dove domina la logica del potere e dell’avere piuttosto che quella del servizio e dell’amore; un mondo dove non di rado trionfa la cultura della violenza e della morte. Ma Gesù ci viene incontro e ci infonde sicurezza: Egli stesso è “il pane della vita” (Gv 6,35.48). Ce lo ha ripetuto nelle parole del Canto al Vangelo: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo; chi mangia di questo pane vivrà in eterno” (cfr Gv 6,51).
Nel brano evangelico poc’anzi proclamato san Luca, narrandoci il miracolo della moltiplicazione dei cinque pani e due pesci con cui Gesù sfamò la folla “in una zona deserta”, conclude dicendo: “Tutti ne mangiarono e si saziarono” (cfr Lc 9,11b–17). Vorrei in primo luogo sottolineare questo “tutti”. E’ infatti desiderio del Signore che ogni essere umano si nutra dell’Eucaristia, perché l’Eucaristia è per tutti. Se nel Giovedì Santo viene posto in evidenza lo stretto rapporto che esiste tra l’Ultima Cena e il mistero della morte di Gesù in croce, quest’oggi, festa del Corpus Domini, con la processione e l’adorazione corale dell’Eucaristia si richiama l’attenzione sul fatto che Cristo si è immolato per l’intera umanità. Il suo passaggio fra le case e per le strade della nostra Città sarà per coloro che vi abitano un’offerta di gioia, di vita immortale, di pace e di amore.
Nel brano evangelico, un secondo elemento salta all’occhio: il miracolo compiuto dal Signore contiene un esplicito invito ad offrire ciascuno il proprio contributo. I cinque pani e i due pesci stanno ad indicare il nostro apporto, povero ma necessario, che Egli trasforma in dono di amore per tutti. “Cristo ancora oggi – ho scritto nella citata Esortazione post-sinodale – continua ad esortare i suoi discepoli ad impegnarsi in prima persona” (n. 88). L’Eucaristia è dunque una chiamata alla santità e al dono di sé ai fratelli, perchè “la vocazione di ciascuno di noi è quella di essere, insieme a Gesù, pane spezzato per la vita del mondo” (ibid.).
Questo invito, il nostro Redentore lo rivolge in particolare a noi, cari fratelli e sorelle di Roma, raccolti in questa storica Piazza intorno all’Eucaristia: vi saluto tutti con affetto. Il mio saluto è innanzitutto per il Cardinale Vicario e i Vescovi Ausiliari, per gli altri venerati Fratelli Cardinali e Vescovi, come pure per i numerosi presbiteri e diaconi, i religiosi e le religiose, e i tanti fedeli laici. Al termine della Celebrazione eucaristica ci uniremo in processione, quasi a portare idealmente il Signore Gesù per tutte le vie e i quartieri di Roma. Lo immergeremo, per così dire, nella quotidianità della nostra vita, perché Egli cammini dove noi camminiamo, perché Egli viva dove noi viviamo. Sappiamo infatti, come ci ha ricordato l’apostolo Paolo nella Lettera ai Corinzi, che in ogni Eucaristia, anche in quella di stasera, noi “annunziamo la morte del Signore finché egli venga” (cfr 1 Cor 11,26). Noi camminiamo sulle strade del mondo sapendo di aver Lui al fianco, sorretti dalla speranza di poterlo un giorno vedere a viso svelato nell’incontro definitivo.
Intanto già ora noi ascoltiamo la sua voce che ripete, come leggiamo nel Libro dell’Apocalisse: “Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). La festa del Corpus Domini vuole rendere percepibile, nonostante la durezza del nostro udito interiore, questo bussare del Signore. Gesù bussa alla porta del nostro cuore e ci chiede di entrare non soltanto per lo spazio di un giorno, ma per sempre. Lo accogliamo con gioia elevando a Lui la corale invocazione della Liturgia: “Buon Pastore, vero pane, / o Gesù, pietà di noi (…) Tu che tutto sai e puoi, / che ci nutri sulla terra, / conduci i tuoi fratelli / alla tavola del cielo / nella gioia dei tuoi santi”. Amen!

OMELIA (07-06-2015) : NUTRIRE IL PIANETA NON DI SOLO PANE

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/34837.html

OMELIA (07-06-2015)

MONS. ROBERTO BRUNELLI

NUTRIRE IL PIANETA NON DI SOLO PANE

Quest’anno la festa del Corpus Domini cade nel corso di quella manifestazione straordinaria che è l’Esposizione Universale, l’EXPO, intitolata « Nutrire il pianeta ». Milioni di visitatori, non so quanti padiglioni, convegni e dibattiti, affronteranno nel corso di sei mesi i vari aspetti relativi al cibo, a cominciare da quello drammatico della fame nel mondo. Lodevole iniziativa, che speriamo porti copiosi frutti; i cristiani però non dimenticano – oggi in modo particolare – che non basta il cibo materiale. L’uomo non si riduce alla sua dimensione fisica; scegliendo di dare se stesso sotto forma di cibo, Gesù ha ricordato la nostra dimensione spirituale, che ha bisogno di essere alimentata non meno dell’altra.
« Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: Prendete, questo è il mio corpo ». Il vangelo di oggi (Marco 14) ci riporta ai fatti evocati il giovedì santo; se domenica scorsa, festa della Trinità, la liturgia invitava a riconsiderare la Pasqua appena celebrata come opera congiunta del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, oggi ai fedeli è richiamata l’attualizzazione della Pasqua, che si compie ogni qual volta si ripete quanto egli ha detto e fatto nell’ultima cena. In altre parole, l’odierna festa del Corpus Domini vuole ricordare che i benefici della redenzione, compiuta da Gesù con la sua morte e risurrezione, giungono a noi principalmente con la celebrazione della Messa, cioè prendendo posto alla mensa cui egli ci invita, nutrendoci del cibo che egli ci offre.
Un altro aspetto collega poi il vangelo letto domenica scorsa, che parlava del Battesimo, con quello odierno, imperniato sull’Eucaristia: i due sacramenti-cardine sono tra loro strettamente connessi. Istituendo l’Eucaristia Gesù ha lasciato ai suoi fedeli il sacrificio perfetto da offrire a Dio, il sacrificio di cui quelli continui del tempio di Gerusalemme erano soltanto una pallida prefigurazione. Abilitati ad offrire quei sacrifici erano i sacerdoti, e questo era il loro specifico compito, che li distingueva dagli altri componenti del popolo d’Israele. Nel popolo di Dio che è la Chiesa, invece, « abilitati » ad offrire il sacrificio, cioè sacerdoti, sono tutti i suoi membri, resi tali proprio dal Battesimo. Quanti ricevono il primo sacramento sono consacrati a Dio, e come tali possono validamente celebrare l’Eucaristia.
Non tutti i cristiani sanno della propria dignità di sacerdoti. Comunemente si pensa che a celebrare l’Eucaristia sia il prete o il vescovo: e invece sono tutti i battezzati presenti al rito, uomini e donne, giovani e anziani. Certo, preti e vescovi sono sacerdoti a titolo speciale: il sacramento dell’Ordine conferisce loro il sacerdozio detto ministeriale; ma quest’ultimo non vanifica, anzi valorizza l’altro, il sacerdozio battesimale. Si badi a quel che accade durante la celebrazione dell’Eucaristia: quand’anche il ministro ordinato è solo uno, egli parla sempre al plurale: Noi, Signore, ti chiediamo… noi ti offriamo questo sacrificio… noi ti preghiamo di accoglierlo… e così via. Non si tratta certo di un plurale « maiestatis », come quello che usavano i re; il « noi » si riferisce a chi parla e a tutti i presenti, così come a nome e a beneficio di tutti egli proclama il vangelo, predispone il pane e il vino, li consacra, li offre a Dio, li distribuisce.
E’ detto con chiarezza nella Sacra Scrittura: Gesù, « hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno di sacerdoti » (Apocalisse 1,6; 5,9-10). Di qui un auspicio: che ogni battezzato prenda sempre più coscienza di appartenere a un popolo di sacerdoti, e di conseguenza, tra l’altro, partecipi alla Messa non da spettatore di un rito ma, quale è, da protagonista dell’azione più sublime che in questa vita gli sia dato di compiere.

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