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Giambattista Tiepolo, San Patrizio vescovo d’Irlanda, Padova,

Giambattista Tiepolo, San Patrizio vescovo d'Irlanda, Padova,  dans immagini sacre Tiepolo-s.patrizio

http://it.wikipedia.org/wiki/Giambattista_Tiepolo#/media/File:Tiepolo-s.patrizio.jpg

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CORAZZA DI S. PATRIZIO – PREGHIERA DI SAN PATRIZIO

http://apologetica-cattolica.net/preghiera/item/54-san-patrizio.html

CORAZZA DI S. PATRIZIO – PREGHIERA  DI SAN PATRIZIO

Io associo oggi a me la forza possente dell’invocazione della Trinità: io credo la Trinità nell’Unità, il Creatore dell’universo.
Io associo oggi a me la forza della Nascita di Cristo con il suo Battesimo, la forza della sua Crocifissione e della sua Sepoltura, la forza della sua Resurrezione e della sua Ascensione, la forza della sua Venuta per il Giudizio Universale.
Io associo oggi a me la forza dell’amore dei cherubini, nell’ obbedienza degli angeli, nella speranza della resurrezione e della ricompensa, nelle preghiere dei Patriarchi, nelle predizioni dei profeti, nella predicazione degli Apostoli, nella fede dei Confessori, nell’innocenza delle sante Vergini, nelle imprese degli uomini giusti.
Io associo oggi a me: la forza del Cielo, la luce del sole, il fulgore della luna, lo splendore del fuoco, la velocità del lampo, la rapidità del vento, la profondità del mare, la stabilità della terra, la saldezza delle rocce.
Io associo oggi a me: la forza del Signore per guidarmi, il potere di Dio per sollevarmi, la saggezza di Dio per insegnarmi, l’occhio di Dio per custodirmi, l’orecchio di Dio per udirmi, la parola di Dio per darmi di parlare, la mano di Dio per guidarmi, la via di Dio perché stia davanti a me, lo scudo di Dio per proteggermi, l’esercito di Dio per custodirmi dai tranelli dei diavoli, dalle tentazioni del vizio, dalle passioni della natura, da chiunque mi voglia del male, che sia vicino o lontano, solo o con molti.
Io invoco oggi tutte queste forze contro ogni crudele e impietoso potere che si opponga al mio corpo e alla mia anima, contro le stregonerie di falsi profeti, contro le leggi nere del paganesimo, contro le leggi false degli eretici, contro la pratica dell’idolatria, contro i sortilegi di streghe, dei maghi e dei druidi, contro ogni conoscenza che lega l’anima dell’uomo.
Cristo proteggimi oggi contro il veleno, contro il fuoco, contro l’annegamento, contro ogni ferita mortale, così che io possa avere abbondante ricompensa. Cristo con me, Cristo davanti a me, Cristo dietro di me, Cristo in me, Cristo sotto di me, Cristo sopra di me, Cristo alla mia destra, Cristo alla mia sinistra, Cristo quando mi corico, Cristo nel seggio del carro, Cristo sulla poppa della nave, Cristo nel cuore di ogni uomo che mi pensa, Cristo sulle labbra di tutti coloro che parlano di me, Cristo in ogni occhio che mi guarda, Cristo in ogni orecchio che mi ascolta.Io associo oggi a me la forza possente dell’invocazione della Trinità: io credo la Trinità nell’Unità, il Creatore dell’universo.

Mia traduzione da
http://www.newadvent.org/cathen/11554a.htm
Don Tullio Rotondo

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GIOVANNI PAOLO II – DISCORSO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI IRLANDA (1989)

http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1989/april/documents/hf_jp-ii_spe_19890420_pres-rep-irlanda.html

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II DURANTE LA VISITA UFFICIALE DI S.E. IL SIGNOR PATRICK J. HILLERY, PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI IRLANDA

Giovedì, 20 aprile 1989

A Uachataráain Wasal (Caro signor Presidente).
Cad míle fáilte romhat chuig an Vaticáin (centomila volte benvenuto in Vaticano).

1. È per me un grande piacere riceverla oggi. Attraverso la sua persona estendo il mio caloroso saluto all’amatissimo popolo dell’Irlanda che occupa un posto speciale nel cuore del successore dell’apostolo Pietro. Nel disegno di Dio per la sua Chiesa, la predicazione di san Patrizio agli Irlandesi resta una delle esemplificazioni più straordinarie della parabola evangelica del seminatore che uscì fuori a seminare. Il seme cadde su un buon terreno e diede frutto il cento (cf. Mt 13, 8). Il singolare contributo dell’Irlanda all’evangelizzazione dell’Europa e allo sviluppo della cultura europea, come pure alla più recente espansione missionaria della Chiesa, ha forgiato un inscindibile legame tra il suo Paese e la Santa Sede.
Durante la mia memorabile visita del 1979, ho sperimentato di persona la profondità di questa “unione di carità tra l’Irlanda e la Santa Chiesa di Roma” (Homilia ad “Phoenix Park” habita, 1, die 29 sept. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 [1979] 413). Per questi motivi, considerai la mia visita “il pagamento di un gran debito a Gesù Cristo, Signore della storia e operatore della nostra salvezza” (Homilia ad “Phoenix Park” habita, 1, die 29 sept. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 [1979] 413). Il nostro incontro di oggi è un solenne riconoscimento e una gioiosa celebrazione di quella autentica amicizia che, da parte mia, abbraccia tutto il popolo di Irlanda, compresi i seguaci di altre tradizioni religiose.
2. L’Irlanda moderna fu fondata su una concezione della società che rispondeva alle più profonde aspirazioni del suo popolo e assicurava il rispetto della dignità e dei diritti di tutti i suoi abitanti. Una tale visione è legata al desiderio dell’effettiva realizzazione dei valori profondamente umani e cristiani che non hanno mai cessato di risuonare nella mente e nel cuore del popolo irlandese. L’Irlanda può certo essere orgogliosa del progresso realizzato. Le difficoltà – anche molto serie – non mancano ma, nel complesso, è una società affabile e cordiale, sicura nell’applicazione delle leggi e radicata nei più alti ideali della giustizia, la libertà e la pace.
Nel consesso internazionale, l’Irlanda occupa un posto di particolare rilievo. Milioni di persone in altre parti del mondo traggono la loro origine da questa terra, e un gran numero di Irlandesi, uomini e donne, della Chiesa, come anche volontari nel lavoro sociale e di sviluppo, prestano il loro servizio in quasi ogni angolo del mondo. Ugualmente notevole è il fatto che il suo Paese ha sempre cercato di essere un membro attivo ed impegnato nelle organizzazioni come l’ONU e la comunità europea.
Lei stesso, come ministro degli esteri ha negoziato l’ingresso dell’Irlanda nella CEE e ha lavorato come vice-presidente della commissione CEE per gli affari sociali. Ho notato nel Jean Monet Lecture da lei tenuto l’anno scorso all’istituto universitario europeo la profondità del suo impegno con l’ideale di una comunità europea che, nello stesso tempo, tiene in considerazione la ricchezza delle sue differenti culture e la singolarità della storia di ciascun popolo. La voce dell’Irlanda nell’Europa e nel mondo è particolarmente adatta ad essere la voce dell’amicizia, della buona volontà e della pace. L’Irlanda può contribuire con la saggia riflessione, calma e imparziale, sulle lezioni della storia, una riflessione fatta nel contesto dell’umanesimo profondamente cristiano che costituisce il suo ethos più autentico.
3. Come vostra eccellenza ben sa, nella Basilica di san Pietro c’è una cappella dedicata al grande irlandese, san Colombano. Il mosaico dietro l’altare mostra Colombano e i suoi discepoli come “peregrinantes pro Christo”, ambasciatori ed araldi del Vangelo di Cristo. Quante volte si è parlato così degli Irlandesi, uomini e donne, che sono stati sempre testimoni di Cristo in tutti i continenti! Il mosaico porta questa iscrizione: “Si tollis libertatem, tollis dignitatem” – se togli la libertà togli la dignità (Epist. n. 4 ad Attela, in S. Columbani opera, Dublin 1957, p. 34). La frase potrebbe essere stata pronunciata non da Colombano agli inizi del VII secolo, ma da uno dei vostri patrioti o da qualcuno oggi che guarda il mondo e costata con tristezza e dolore che non tutti i popoli sono liberi. Accanto alle vecchie forme di oppressione, le società moderne ne conoscono di nuove. Queste nuove servitù sono particolarmente distruttive della dignità umana.
Pensando a questo, durante la mia visita in Irlanda dieci anni fa, parlai di un confronto con valori e orientamenti alieni dalla società irlandese. Le società sviluppate fanno esperienza del fatto che i principi più sacri “sono stati completamente eliminati da false pretese” (Homilia ad “Phoenix Park” habita, 3, die 29 sept. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II, 2 [1979] 415). L’egoismo si sostituisce al coraggio morale e alla solidarietà. Il valore della persona viene allora misurato in termini di avere e non di essere. Come conseguenza, si instaura un clima di grandi e piccole ingiustizie e migliaia di forme di violenza. Quella che viene considerata autentica libertà è in realtà solo una nuova forma di schiavitù.
In simili circostanze, le parole inscritte nella cappella di san Colombano risuonano con forza in tutta la loro saggezza e come avvertimento: se la vera libertà (la volontà di scegliere il bene e la verità) viene perduta, allora sono messi in pericolo il valore e gli inalienabili diritti della persona. L’Irlanda ha le risorse umane e spirituali per procedere nel cammino di un autentico sviluppo, che rispetti e promuova tutte le dimensioni della persona umana, nell’esercizio di una giusta e generosa solidarietà, soprattutto verso i membri più deboli della società. So, eccellenza, che lei condivide questa mia preoccupazione e convinzione. Le assicuro che la mia fervida preghiera per i suoi connazionali riflette la fiducia che l’Irlanda riuscirà ad affrontare positivamente questa sfida.
4. L’Irlanda è saldamente dalla parte della pace, che sta molto a cuore al popolo irlandese. Tuttavia la vita di tutta l’isola è sconvolta da un clima mortale di intimidazione e violenza che ha causato tante sofferenze alle due comunità nell’Irlanda del Nord negli ultimi vent’anni. La violenza che viene perpetrata in Irlanda non offre nessuna soluzione ai problemi reali della società. Non è il metodo scelto democraticamente dal popolo di entrambe le parti. Non porta verità che possa attrarre e convincere la mente e il cuore della gente comune. Il suo solo argomento è il terrore e la distruzione.
Solo una reale volontà di impegnarsi nel dialogo e in coraggiosi gesti di riconciliazione sa risalire alle cause profonde dell’attuale situazione di conflitto. Come ho scritto nel messaggio di quest’anno per la Giornata Mondiale della Pace, dove ci sono l’una accanto all’altra comunità con diverse origini etniche, tradizioni culturali o credo religioso, ciascuna ha diritto alla sua identità collettiva che deve essere salvaguardata e promossa (Nuntius ob diem ad pacem fovemdam dicatum pro a. D. 1989, 3, die 8 dec. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 3 [1988] 1788). Nello stesso tempo tutti dovranno valutare consapevolmente la fondatezza delle loro rivendicazioni alla luce dell’evoluzione storica e della realtà attuale. Non farlo comporterebbe il rischio di rimanere prigionieri del passato e senza prospettive per l’avvenire (Nuntius ob diem ad pacem fovendam dicatum pro a. D. 1989, 11, die 8 dec. 1988: “l. c.”, p. 1788).
Ma il futuro è già davanti a noi. È nei giovani dell’Irlanda, cattolici e protestanti, che vogliono ereditare una terra in pace e una società edificata sulla giustizia e il rispetto per tutti i suoi membri. Quando vedono i giovani d’Europa reagire positivamente alla crescente unità tra i popoli di diversi paesi e tradizioni culturali, forse non chiedono per se stessi la medesima possibilità? Chi può arrogarsi il diritto di negare loro un futuro di libertà?
È un imperativo morale per tutte le parti coinvolte di arrivare a un accordo politico che rispetti i legittimi diritti e le aspirazioni di tutta la popolazione dell’Irlanda del Nord. Non mancano segni di speranza, e noi preghiamo e siamo fiduciosi che un processo guidato dalla ragione e dalla reciproca accettazione metterà fine allo spargimento di sangue e saprà portare a una giusta riconciliazione e una pacifica ricostruzione. Sostenga Iddio la perseveranza e il coraggio di quanti lavorano realisticamente e con amore fraterno perché giunga presto quel giorno.
5. Signor Presidente, ricordo con vivezza alcune belle immagini dell’Irlanda: la naturale bellezza della campagna e la cordialità della sua popolazione; la gioiosa e devota partecipazione di un’immensa moltitudine alla Messa celebrata al Phoenix Park; il nobile entusiasmo di un mare di giovani a Galway; il mio incontro con i responsabili delle altre Chiese e comunità cristiane, e molti altri incontri con individui e gruppi. E sullo sfondo l’immagine delle rovine monastiche di Clonmacnois. I resti parlano della lunga fedeltà a Cristo dell’Irlanda. Le facce delle persone padano chiaramente della fedeltà dell’Irlanda a Cristo oggi e della fiducia con cui l’Irlanda affronta il suo futuro.
La mia felicità nel ricevere la sua persona è perciò profonda e piena di apprezzamento. Ancor di più, noi celebriamo il sesto anniversario delle cordiali e feconde relazioni diplomatiche tra l’Irlanda e la Santa Sede. Il Signore Dio onnipotente continui a benedire queste relazioni, per la sua gloria, per il bene della Chiesa e per la pace e il bene del popolo irlandese.
La ringrazio, signor Presidente, per aver rappresentato qui oggi il suo Paese. Di tutto cuore invoco l’amorosa protezione di Dio su di lei e sui suoi connazionali.

Dia agus Muire libh (Dio e Maria siano con lei).

Beannacht Dé is Muire libh go léir (La benedizione di Dio e di Maria sia con tutti voi).

 

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SAN PATRIZIO VESCOVO – 17 MARZO (m.f.)

http://www.santiebeati.it/dettaglio/26400

SAN PATRIZIO VESCOVO

17 MARZO – MEMORIA FACOLTATIVA

BRITANNIA (INGHILTERRA), 385 CA – DOWN (ULSTER), 461

«Arrivato in Irlanda, ogni giorno portavo al pascolo il bestiame, e pregavo spesso nella giornata; fu allora che l’amore e il timore di Dio invasero sempre più il mio cuore, la mia fede crebbe e il mio spirito era portato a far circa cento preghiere al giorno e quasi altrettanto durante la notte, perché allora il mio spirito era pieno di ardore». Patrizio nasce verso il 385 in Britannia da una famiglia cristiana. Verso i 16 anni viene rapito e condotto schiavo in Irlanda, dove rimane prigioniero per 6 anni durante i quali approfondisce la sua vita di fede secondo il brano della Confessione che abbiamo letto all’inizio. Fuggito dalla schiavitù, ritorna in patria. Trascorre qualche tempo con i genitori, poi si prepara per diventare diacono e prete. In questi anni raggiunge probabilmente il continente e fa delle esperienze monastiche in Francia. Ha ormai 40 anni e sente forse la nostalgia di ritornare nell’isola verde. Qui c’è bisogno di evangelizzatori e qualcuno fa il suo nome come vescovo missionario. Egli si prepara, ma la famiglia è restia a lasciarlo partire, mentre degli oppositori gli rimproverano una scarsa preparazione. Nel 432, tuttavia, egli è di nuovo sull’isola. Accompagnato da una scorta, predica, battezza, conferma, celebra l’Eucarestia, ordina presbiteri, consacra monaci e vergini. Il successo missionario è grande, ma non mancano gli assalti di nemici e predoni, e neppure le malignità dei cristiani. Patrizio scrive allora la Confessione per respingere le accuse e celebrare l’amore di Dio che l’ha protetto e guidato nei suoi viaggi così pericolosi. Muore verso il 461. È il patrono dell’Irlanda e degli irlandesi nel mondo.

Patronato: Irlanda
Etimologia: Patrizio = di nobile discendenza, dal latino

Emblema: Bastone pastorale, Trifoglio
Martirologio Romano: San Patrizio, vescovo: da giovane fu portato prigioniero dalla Britannia in Irlanda; recuperata poi la libertà, volle entrare tra i chierici; fatto ritorno nella stessa isola ed eletto vescovo, annunciò con impegno il Vangelo al popolo e diresse con rigore la sua Chiesa, finché presso la città di Down in Irlanda si addormentò nel Signore.

San Patrizio è il patrono e l’apostolo dell’Isola Verde e la sua opera diede tanto frutto; infatti in Irlanda la predicazione del Vangelo non ha avuto nessun martire, sebbene i nativi fossero forti guerrieri e i suoi abitanti sono da sempre fierissimi cristiani.
Patrizio nacque nella Britannia Romana nel 385 ca. da genitori cristiani appartenenti alla società romanizzata della provincia.
Il padre Calpurnio era diacono della comunità di Bannhaven Taberniae, loro città d’origine e possedeva anche un podere nei dintorni.
Il giovane Patrizio trascorse la sua fanciullezza e l’adolescenza in serenità, ricevendo un’educazione abbastanza elevata; a 16 anni villeggiando nel podere del padre, venne fatto prigioniero insieme a migliaia di vittime dai pirati irlandesi e trasferito sulle coste nordiche dell’isola, qui fu venduto come schiavo.
Il padrone gli affidò il pascolo delle pecore; la vita grama, la libertà persa, il ritrovarsi in terra straniera fra gente che parlava una lingua che non capiva, la solitudine con le bestie, resero a Patrizio lo stare in questa terra verde e bellissima, molto spiacevole, per cui tentò ben due volte la fuga ma inutilmente.
Dopo sei anni di servitù, aveva man mano conosciuto i costumi dei suoi padroni, imparandone la lingua e così si rendeva conto che gli irlandesi non erano così rozzi come era sembrato all’inizio.
Avevano un organizzazione tribale che si rivelava qualcosa di nobile e i rapporti tra le famiglie e le tribù erano densi di rispetto reciproco.
Certo non erano cristiani e adoravano ancora gli idoli, ma cosa poteva fare lui che era ancora uno schiavo; quindi era sempre più convinto che doveva fuggire e il terzo tentativo questa volta riuscì.
Si imbarcò su una nave in partenza con il permesso del capitano e dopo tre giorni di navigazione sbarcò su una costa deserta della Gallia, era la primavera del 407, l’equipaggio e lui camminarono per 28 giorni durante i quali le scorte finirono, allora gli uomini che erano pagani, spinsero Patrizio a pregare il suo Dio per tutti loro; il giovane acconsentì e dopo un poco comparve un gruppo di maiali, con cui si sfamarono.
Qui i biografi non narrano come lasciò la Gallia e raggiunse i suoi; ritornato in famiglia Patrizio sognò che gli irlandesi lo chiamavano, interpretò ciò come una vocazione all’apostolato fra quelle tribù ancora pagane e avendo ricevuto esperienze mistiche, decise di farsi chierico e di convertire gl’irlandesi.
Si recò di nuovo in Gallia (Francia) presso il santo vescovo di Auxerre Germano, per continuare gli studi, terminati i quali fu ordinato diacono; la sua aspirazione era di recarsi in Irlanda ma i suoi superiori non erano convinti delle sue qualità perché poco colto.
Nel 431 in Irlanda fu mandato il vescovo Palladio da papa Celestino I, con l’incarico di organizzare una diocesi per quanti già convertiti al cristianesimo.
Patrizio nel frattempo completati gli studi, si ritirò per un periodo nel famoso monastero di Lérins di fronte alla Provenza, per assimilare con tutta la sua volontà la vita monastica, convinto che con questo carisma poteva impiantare la Chiesa tra i popoli celti e scoti, come erano chiamati allora gli irlandesi.
Con lo stesso scopo si recò in Italia nelle isole di fronte alla Toscana, per visitare i piccoli monasteri e capire che metodo fosse usato dai monaci per convertire gli abitanti delle isole.
Non è certo che abbia incontrato il papa a Roma, comunque secondo recenti studi, Patrizio fu consacrato vescovo e nominato successore di Palladio intorno al 460, finora gli antichi testi dicevano nel 432, in tal caso Palladio primo vescovo d’Irlanda avrebbe operato un solo anno, invece è più probabile che sia arrivato nell’isola intorno al 432 e confuso dai cronisti con Patrizio, perché il cognome di Palladio o il suo secondo nome, era appunto Patrizio.
Il metodo di evangelizzazione fu adatto ed efficace, gli irlandesi (celti e scoti) erano raggruppati in un gran numero di tribù che formavano piccoli stati sovrani (tuatha), quindi occorreva il favore del re di ogni singolo territorio, per avere il permesso di predicare e la protezione nei viaggi missionari.
Per questo scopo Patrizio faceva molti doni ai personaggi della stirpe reale ed anche ai dignitari che l’accompagnavano. Il denaro era in buona parte suo, che attingeva dalla vendita dei poderi paterni che aveva ereditato, non chiedendo niente ai suoi fedeli convertiti per evitare rimproveri d’avarizia.
La conversione dei re e dei nobili a cui mirava per primo Patrizio, portava di conseguenza alla conversione dei sudditi. Introdusse in Irlanda il monachesimo che di recente era sorto in Occidente e un gran numero di giovani aderirono con entusiasmo facendo fiorire conventi di monaci e vergini.
Certo non tutto fu facile, le persone più anziane erano restie a lasciare il paganesimo e inoltre Patrizio e i suoi discepoli dovettero subire l’avversione dei druidi (casta sacerdotale pagana degli antichi popoli celtici, che praticavano i riti nelle foreste, anche con sacrifici umani), i quali lo perseguitarono tendendogli imboscate e una volta lo fecero prigioniero per 15 giorni.
Patrizio nella sua opera apostolica ed organizzativa della Chiesa, stabilì delle diocesi territoriali con vescovi dotati di piena giurisdizione, i territori diocesani in genere corrispondevano a quelli delle singole tribù.
Non essendoci città come nell’impero romano, Patrizio seguendo l’esempio di altri santi missionari dell’epoca, istituì nelle sue cattedrali Capitoli organizzati in modo monastico come centri pastorali della zona (Sinodo).
Predicò in modo itinerante per alcuni anni, sforzandosi di formare un clero locale, infatti le ordinazioni sacerdotali furono numerose e fra questi non pochi discepoli divennero vescovi.
Secondo gli “Annali d’Ulster” nel 444, Patrizio fondò la sua sede ad Armagh nella contea che oggi porta il suo nome; evangelizzò soprattutto il Nord e il Nord-Ovest dell’Irlanda, nel resto dell’Isola ebbe dal 439 l’aiuto di altri tre vescovi continentali, Secondino, Ausilio e Isernino, la cui venuta non è tanto chiaro se per aiuto a Patrizio o indipendentemente da lui e poi uniti nella collaborazione reciproca.
Benché il santo vescovo vivesse per carità di Cristo fra ‘stranieri e barbari’ da anni, in cuor suo si sentì sempre romano con il desiderio di rivedere la sua patria Britannia e quella spirituale la Gallia; ma la sua vocazione missionaria non gli permise mai di lasciare la Chiesa d’Irlanda che Dio gli aveva affidato, in quella che fu la terra della sua schiavitù.
Patrizio ebbe vita difficile con gli eretici pelagiani, che per ostacolare la sua opera ricorsero anche alla calunnia, egli per discolparsi scrisse una “Confessione” chiarendo che il suo lavoro missionario era volere di Dio e che la sua avversione al pelagianesimo scaturiva dall’assoluto valore teologico che egli attribuiva alla Grazia; dichiarandosi inoltre ‘peccatore rusticissimo’ ma convertito per grazia divina.
L’infaticabile apostolo concluse la sua vita nel 461 nell’Ulster a Down, che prenderà poi il nome di Downpatrick.
Durante il secolo VIII il santo vescovo fu riconosciuto come apostolo nazionale dell’Irlanda intera e la sua festa al 17 marzo, è ricordata per la prima volta nella ‘Vita’ di s. Geltrude di Nivelles del VII secolo.
Intorno al 650, s. Furseo portò alcune reliquie di s. Patrizio a Péronne in Francia da dove il culto si diffuse in varie regioni d’Europa; in tempi moderni il suo culto fu introdotto in America e in Australia dagli emigranti cattolici irlandesi.

Autore: Antonio Borrelli

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