Archive pour le 12 mars, 2015

DUC DE BERRY, HEURES, « UN TEMPO PER PIANTARE »

 DUC DE BERRY, HEURES,

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Publié dans:immagini sacre |on 12 mars, 2015 |Pas de commentaires »

LA QUARESIMA CON SANT’AGOSTINO

http://www.augustinus.it/varie/quaresima/

LA QUARESIMA CON SANT’AGOSTINO

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto
per essere tentato dal diavolo.
(Mt 4, 1)
Come per la disobbedienza di uno solo sono stati costituiti peccatori,
così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.
(Rom 5, 19)

INTRODUZIONE
Dai tempi di Adamo l’uomo è chiamato a dar prova della sua fedeltà a Dio di fronte alle tentazioni del maligno. La capacità di scegliere Dio al posto di Satana è messa sempre in discussione. Ecco allora ci viene in aiuto l’insegnamento di Cristo tentato nel deserto: « se Egli non avesse vinto il tentatore, in qual modo tu avresti imparato a combattere contro il tentatore? ». Le tre tentazioni diaboliche riassumono i tre lati deboli della vita dell’uomo: il possesso e l’accumulo spropositato di beni materiali (le pietre da trasformare in pane); la ricerca di un potere egoistico ed oppressivo (il possesso dei regni della terra); il desiderio di onnipotenza (rifiuto di adorare Dio). Per vincere queste prove l’uomo dispone di uno strumento infallibile: la Parola di Dio. Riscriviamo allora un detto di Agostino: quando sei colto dai morsi della fame – e noi aggiungiamo anche della tentazione – lascia che la Parola di Dio divenga il tuo pane di vita.

 

DALLE « ESPOSIZIONI SUI SALMI » DI SANT’AGOSTINO, VESCOVO (En. in Ps. 90, d. 2, 6-7)

La tentazione di Cristo è di grande ammaestramento per il cristiano

Il Signore fu battezzato; dopo il battesimo fu tentato e infine digiunò per quaranta giorni, per adempiere un mistero di cui spesso vi ho parlato. Non si possono dire tutte le cose in una volta per non sciupare del tempo prezioso. Dopo quaranta giorni il Signore ebbe fame. Avrebbe potuto anche non provare mai la fame; ma, se cosìavesse fatto, in qual modo sarebbe stato tentato? E se egli non avesse vinto il tentatore, in qual modo avresti tu imparato a combattere contro il tentatore? Ebbe fame, ho detto; e subito, il tentatore: Di’ a queste pietre che diventino pani, se sei il Figlio di Dio (Mt 4, 3). Era forse una gran cosa per il Signore Gesù Cristo cambiare le pietre in pane? Non fu lui che con cinque pani saziò tante migliaia di persone? (cf. Mt 14, 17-21). Quella volta creò il pane dal nulla. Donde fu presa infatti una così grande quantità di cibo che bastò a saziare tante migliaia di persone? Le fonti del pane erano nelle mani del Signore. Non c’è niente di strano in questo: infatti, colui che di cinque pani ne fece tanti da saziare tutte quelle migliaia di persone, è lo stesso che ogni giorno trasforma pochi grani nascosti in terra in messi sterminate. Anche questi sono miracoli del Signore ma, siccome avvengono di continuo, noi non diamo loro importanza. Ebbene, fratelli, era forse impossibile al Signore fare dei pani con le pietre? Con le pietre egli fa degli uomini, come diceva lo stesso Giovanni Battista. Dio è capace di suscitare da queste pietre figli per Abramo (Mt 3, 9). Perché dunque non operò il miracolo? Per insegnarti come devi rispondere al tentatore. Poni il caso che ti trovi nell’afflizione. Ecco venire il tentatore e suggerirti: Tu sei cristiano e appartieni a Cristo; perché ti avrà ora abbandonato? Perché non ti manda il suo aiuto? Ricordati del medico. Talora egli taglia e per questo sembra che abbandoni; ma non abbandona. Come capitò a Paolo, il quale non fu esaudito proprio perché doveva essere esaudito. Paolo dice infatti che non fu esaudita la preghiera con cui chiedeva gli fosse tolto il pungiglione della carne, l’angelo di satana che lo schiaffeggiava, e aggiunge: Per questo pregai tre volte il Signore affinché me lo togliesse. In risposta egli mi disse: Ti basta la mia grazia, infatti la virtù si perfeziona nella debolezza (2 Cor 12, 8-9). Siate perciò forti, fratelli! Se talvolta siete tentati da qualche strettezza, è Dio che vi flagella per mettervi alla prova: egli che vi ha preparato e vi conserva l’eredità eterna. E non lasciate che il diavolo vi dica: Se tu fossi giusto, non ti manderebbe forse Dio il pane per mezzo di un corvo, come lo mandò ad Elia (1 Re 17, 6)? Non hai forse letto le parole: Mai ho visto il giusto abbandonato né la sua discendenza mendicare il pane (Sal 36, 25)? Rispondi al diavolo: È vero quello che dice la Scrittura: Mai ho visto il giusto abbandonato né la sua discendenza mendicare il pane; ho infatti un mio pane che tu non conosci. Quale pane? Ascolta il Signore: Non di solo pane vive l’uomo ma di ogni parola di Dio (Mt 4, 4). Non credi che la parola di Dio sia pane? Se non fosse pane il Verbo di Dio, per cui mezzo sono state fatte tutte le cose, il Signore non direbbe: Io sono il pane vivo, io che sono disceso dal cielo (Gv 6, 41). Hai dunque imparato che cosa devi rispondere al tentatore quando sei colto dai morsi della fame.

E che dirai se il diavolo ti tenta dicendoti: Se tu fossi cristiano faresti miracoli come ne fecero, molti antichi cristiani? Ingannato da questo malvagio suggerimento, ti potrebbe venire la voglia di tentare il Signore Dio tuo, dicendogli: Se sono cristiano, se lo sono dinanzi ai tuoi occhi e tu mi annoveri nel numero dei tuoi, concedimi di fare anch’io qualcuna delle gesta che compirono i tuoi santi. Hai tentato Dio pensando che non saresti cristiano se non facessi tali cose. Molti sono caduti proprio per il desiderio di tali gesta portentose… Ebbene, che cosa devi rispondere per non tentare Dio se il diavolo ti tentasse dicendoti: Fa’ miracoli? Rispondi ciò che rispose il Signore. Il diavolo gli disse: Gettati giù, perché sta scritto che egli ha comandato ai suoi angeli di occuparsi di te, di sollevarti nelle loro mani perché tu non inciampi con il piede nella pietra (Mt 4, 6). Voleva suggerirgli: Se ti butterai giù gli angeli ti sosterranno. Poteva certamente accadere, fratelli, che, se il Signore si fosse buttato nel vuoto, gli angeli devotamente avrebbero sostenuto la sua carne. Invece egli che cosa rispose? Sta scritto anche: Non tenterai il Signore Dio tuo (Mt 4, 7). Tu mi credi un uomo, rispose. Per questo infatti il diavolo gli si era avvicinato, per provare se fosse o no Figlio di Dio. Egli vedeva solo la carne, mentre la maestà si palesava attraverso le opere, e gli angeli gliene avevano reso testimonianza. Il diavolo dunque lo vedeva mortale e per questo lo tentò; ma la tentazione di Cristo è stata di grande ammaestramento per il cristiano. Che cosa è dunque ciò che sta scritto? Non tenterai il Signore Dio tuo! Non tentiamo perciò il Signore dicendo: Se apparteniamo a te, concedici di fare miracoli.

IN BREVE…
(Cristo) si è fatto per noi via in questo esilio, in modo che noi camminando in lui non ci smarriamo, non veniamo meno, non ci imbattiamo nei ladroni, non cadiamo nelle trappole. (En. in Ps. 90, d. 2, 1)

 

CARD. RAVASI: IL GIOCO ESSENZA DELL’UMANITÀ E ANALOGIA PER PARLARE DELLA FEDE

http://it.radiovaticana.va/storico/2013/10/21/card._ravasi_il_gioco_essenza_dellumanit%C3%A0_e_analogia_per_parlare/it1-739171

CARD. RAVASI: IL GIOCO ESSENZA DELL’UMANITÀ E ANALOGIA PER PARLARE DELLA FEDe

“Gratuità e libertà sono caratteristiche del gioco”, che “nel senso più ampio e creativo del termine appartiene all’essenza stessa dell’umanità”. Per questo “il credente dovrebbe capire meglio il significato autentico del gioco, e il gioco dovrebbe essere un’analogia per parlare della fede”. Lo ha detto il presidente del Pontificio Consiglio della cultura, il card. Gianfranco Ravasi, nella sua relazione di apertura del seminario internazionale “Believers in the World of Sports” (Credenti nel mondo dello sport), promosso oggi dal Pontificio Consiglio in collaborazione con l’Ufficio per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della Cei. Nella cornice dell’Anno della fede – riferisce l’agenzia Sir – la giornata di studio, di confronto e testimonianze sul valore educativo, culturale e spirituale dell’esperienza sportiva, riunisce presso la sede del dicastero vaticano responsabili dello sport professionistico e dell’associazionismo sportivo cattolico, con un’attenzione particolare al rapporto sport-disabilità. Parte dalle Scritture il cardinale, per illustrare il racconto della creazione nel Genesi come “atto di gioco di Dio”, e rammentare ai presenti che nel Libro dei Proverbi “la metafora del gioco è una via per rappresentare la sapienza creatrice di Dio”, e San Paolo assimila l’immagine della corsa nello stadio alla vita del cristiano, proteso verso il traguardo “ultimo”. Teologia e antropologia del gioco, il filo conduttore della riflessione del card. Ravasi, che avverte, poiché “il tema della libertà è fondamentale, il peccato è sempre in agguato”. Di qui tre “degenerazioni”. La prima: “il gioco che diventa guadagno, commercializzazione, pubblicità per produrre risultati economici”, oppure “degenera psicologicamente”, ed ecco il richiamo alla ludopatia, in Italia vera emergenza sociale causa di “distruzione di molte famiglie”. Ma anche la libertà “può ammalarsi, e si ammala nel tifo”, è il monito di Ravasi, un termine che “già alla base ha un’accezione negativa perché in greco indica la febbre, la vanità”. E spesso il tifo fa rima “con razzismo e violenza”. Anche la terza componente del gioco, la corporeità, può ammalarsi. Così il corpo, “che non è solo un insieme di cellule, ma è ciò che siamo, la nostra persona”, ridotto dalla “cultura contemporanea ad oggetto”, può cadere in preda “alla cura maniacale, all’anoressia o alla bulimia o, in ambito sportivo al doping”. Un pensiero, infine, anche alla “categoria dell’inutile”, giacché il gioco, come l’arte, “in un certo senso è inutile, perché non produce nulla”. Come la religione, “chiamata non a produrre, ma a cambiare i cuori”. Eppure, è la conclusione del card. Ravasi, “senza la religione, senza l’arte, ma anche senza il gioco, il mondo sarebbe molto più povero e disperato”. (R.P.)

 

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