Archive pour le 26 février, 2015

Via Crucis, IX Stazione

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Publié dans:immagini sacre |on 26 février, 2015 |Pas de commentaires »

Sant’Agostino, L’amore di Dio e amore del mondo,6-7

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PERDERE LA VITA PER SALVARE L’ANIMA.

Sant’Agostino, L’amore di Dio e amore del mondo,6-7

6. Vedi come ti vuole saggio chi ti ha detto: Prendi la tua croce e seguimi. Egli dice: Chi avrà trovato la sua vita la perderà, e chi avrà perduto la sua vita per causa mia la troverà (11). Dunque, chi ha trovato perderà; chi avrà perduto troverà. Per perdere bisogna prima aver trovato; e una volta perso, alla fine troverai ancora.
I ritrovamenti sono due e in mezzo passa una sola perdita. Nessuno può perdere la sua vita per Cristo, se prima non l’ha avuta. E nessuno può trovare la sua vita in Cristo se prima non l’ha perduta. Cerca dunque di trovare per perdere; di perdere per trovare.
Qual è il modo di trovarla prima, per averla onde perderla poi? Quando pensi che tu sei per un aspetto mortale, quando pensi a Colui che ti ha creato, e ti ha dato col suo Spirito l’anima, quando rifletti che la devi a lui che te l’ha data, che devi restituirla a lui, che l’ha adattata a te, che dev’essere custodita da lui che le ha dato inizio, allora hai trovato la tua vita, l’hai trovata nella fede.
In quanto hai avuto fede in queste cose hai trovato la tua vita. Prima di credere eri perso. Ora hai trovato la tua vita. Infatti senza la fede eri morto: sei risuscitato nella fede. Sei come colui di cui si può dire: Era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato (12).
Dunque hai trovato la tua vita nella fede della verità, se sei risuscitato dalla morte della mancanza di fede. Questo significa aver trovato la vita. Ora perdila ed essa sarà come il seme. Anche il contadino infatti, trebbiando e ventilando, trova il frumento; poi, seminandolo, lo riperde. Si ritrova sull’aia quello che si era perduto nella semina; si perde nella semina ciò che si trova nella mietitura.
Dunque, chi avrà trovato la sua vita, la perderà. Ma chi è pigro a seminare può raccogliere poi tanto da far fatica a raccogliere?
In favore di chi dobbiamo perdere la vita.
7. Ma ora osserva dove trovi e perché perdi. Non potresti trovare se non ti facesse luce Colui a cui viene detto: Tu, o Signore, dài luce alla mia lampada (13).
E` lui che ti accende la lampada: ormai hai trovato.
Vedi per quale ragione puoi perdere. Non si deve perdere a poco a poco ciò che è stato ritrovato con tanta diligenza. Perché Dio non ha detto: ” Chi ha perso la vita la troverà “, ma: Chi l’ha persa per me.
Se tu per caso vedi sulla spiaggia il corpo di un naufrago che era mercante, lo compiangi, mosso a compassione e dici: ” Oh, pover’uomo, per il denaro ha perso la sua vita! “. Fai bene a compiangerlo e a commiserarlo; gli dài almeno il pianto, non potendogli dare aiuto; per il denaro infatti ha potuto perdere la sua vita, ma col denaro non la potrà ritrovare. Fu capace di recar danno alla sua vita, non capace di salvarla. Bisogna riflettere infatti non tanto su che cosa ha perduto, ma perché l’ha perduto. Se è per l’avidità, ecco lì ora dove è la sua umana carne, dove è ciò che gli era caro. E tuttavia è stata l’avidità a spingerlo: per l’oro ha perso la vita. E invece per Cristo la vita non perisce, non succede che si perda.
O uomo stolto, non dubitare: ascolta il consiglio del tuo Creatore. Egli ti ha fatto in modo tale che tu lo puoi capire; egli che ti ha fatto, prima che fossi tu uno che può capire. Ascoltami, non esitare a perdere la vita per Cristo. Affida al fedele Creatore quello che vien detto perduto. Quello che tu perdi egli lo accoglie; in lui nulla va perduto.
Se ami la vita perdila per trovarla, e quando l’avrai ritrovata non ci sarà più nulla da perdere, nessuna ragione di perdere. Quella che si trova infatti è la vita appunto che non si può in nessun modo perdere. Poiché Cristo, nascendo, morendo e risorgendo per te, te ne ha dato l’esempio: Risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui (14).

11. Mt 10, 38-39
12. Lc 15, 32.
13. Sal 17, 29
14. Rm 6, 9.

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GIOVANNI PAOLO II E BENEDETTO XVI: LA VIA DELL’ESPIAZIONE E DELLA PREGHIERA

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GIOVANNI PAOLO II E BENEDETTO XVI: LA VIA DELL’ESPIAZIONE E DELLA PREGHIERA

Gli ultimi due pontefici hanno compiuto scelte differenti ma ugualmente coraggiose

Roma, 22 Febbraio 2013 (Zenit.org) Don Anderson Alves

Siamo nel periodo dei 40 giorni di preparazione alla Santa Pasqua. La Quaresima ci ricorda i 40 anni di Israele passati nel deserto, i 40 giorni di digiuno, preghiera e penitenza del Signore prima di iniziare il suo ministero pubblico. Il deserto è il luogo del silenzio, della povertà, dell’incontro con Dio; per attraversarlo è necessario scoprire ciò che è essenziale alla vita. Il deserto è anche il luogo della morte, della solitudine, in cui l’uomo sente con più forza la tentazione. Il deserto è pure un’immagine del mondo attuale, nel quale le persone sono diventate aride, senza cuore, allontanandosi da Dio.
Nel deserto Gesù è tentato dal diavolo tre volte. Tutte le tentazioni hanno come essenza il voler mettere se stessi al centro del mondo, al posto di Dio, rimuovendolo dalla propria esistenza o cercando di sottometterlo alla nostra volontà.
Per vincere le tentazioni è necessario fare altro: mettere Dio al primo posto. E questa è la conversione cui la Quaresima ci richiama. E la conversione si concretizza nell’analizzare la nostra vita davanti Dio, cercando di conoscere noi stessi alla sua luce, riconoscendo le nostre capacità e limiti, chiedendolo con sincerità: cosa vuoi da me, Signore? Questo non è facile, perché spesso non abbiamo tempo per Dio, o non vogliamo ascoltarlo. La tentazione di metterci al centro di tutto è sempre molto forte nella nostra vita.
In Quaresima siamo chiamati a porre la nostra vita davanti a Dio con umiltà. Ed è proprio questo che ha fatto papa Benedetto XVI: analizzare ripetutamente la propria coscienza davanti Dio (conscientia mea iterum atque iterum coram Deo explorata, ha detto il Papa con un linguaggio agostiniano), chiedendolo con totale disponibilità: che cosa vuoi da me? E il Signore gli ha fatto vedere la sua volontà e lui ha risposto, rinunciando al suo ministero per il bene della Chiesa, perché un altro uomo con più forza fisica possa guidare la Chiesa di Cristo nella strada della Nuova Evangelizzazione nel deserto che è diventato il nostro mondo.
Il Papa ha fatto allora un gesto sorprendente, perché è stato un segno di fede e di umiltà, e non sappiamo bene che cosa sia vivere di fede e che cosa sia l’umiltà. Noi siamo sempre pronti a giudicare il nostro prossimo e non tanto ad analizzare la nostra vita davanti Dio, come il Papa ha fatto. In questo periodo di conversione, dobbiamo ricordarci solo che Dio è onnisciente, solo Lui può giudicare le intenzioni delle persone; e dobbiamo avere molto rispetto sempre per le coscienze altrui.
Il papa Giovanni Paolo II ha analizzato la sua vita davanti Dio, che gli ha chiesto di vivere gli ultimi anni del suo ministero come forma di espiazione per i nostri peccati; e a Benedetto XVI, Dio chiede una vita dedicata totalmente alla preghiera. Chi siamo noi per giudicarli? Questi due uomini, probabilmente i due migliori Pontifici della Storia della Chiesa moderna, hanno avuto il coraggio di mettersi davanti Dio, che gli ha indicato la via dell’espiazione e della preghiera. E queste due cose, espiazione e preghiera, sono le cose essenziali della vita sacerdotale. Questi uomini di Dio l’hanno visto e lo propongono a tutti i sacerdoti. Chi siamo noi per condannarli?
E a tutti i cristiani, queste due grandi uomini insegnano ad avere l’audacia di avanzare per la via della conversione, mettendoci davanti Dio, riconoscendo le nostre capacità e chiedendolo ciò che Lui vuole da noi. Dobbiamo avere molta gioia e ringraziare Dio perché questi uomini hanno servito sempre Dio con generosità e sono esempi per tutti noi.
E non dobbiamo lasciarci ingannare dai falsi profeti. Quelli che ora criticano il Papa Benedetto XVI perché è anziano e ha rinunciato, sono gli stessi che hanno criticato Giovanni Paolo II per essere anziano e non aver rinunciato al suo “potere”. Sono tanti oggi quelli che non pongono la propria vita davanti a Dio e perciò sono sempre pronti a buttare le pietre contro il loro prossimo, anche contro quelli che non hanno fatto nessun peccato. Nella Storia della Chiesa ci sono stati Papi santi che non hanno rinunciato e un Papa santo (Celestino V) che ha rinunciato al suo ministero.
Noi che desideriamo una vera conversione, dobbiamo ringraziare Dio per i ministeri luminosi e complementari di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Loro hanno avuto l’umiltà, la fede e il coraggio di seguire la propria coscienza, analizzata alla luce di Dio; ora dobbiamo pregare per Benedetto XVI, dimostrandogli molto affetto e ringraziando Dio per il bene che lui ha fatto alla Chiesa di Dio in tutti questi anni. Papa Benedetto XVI ci ha sempre insegnato che la Chiesa è una grande famiglia, quella dei figli di Dio.
Quale figlio, avendo un padre con 86 anni, che ha appena subìto un intervento al cuore, lo critica perché non può più lavorare?
Chiediamo al Signore che ci faccia diventare veri cristiani, che sappiano amare il prossimo come Gesù lo ha amato, senza mai metterci al posto di Dio, giudicando o criticando chi è stato sempre un padre esemplare.

***
Don Anderson Alves è sacerdote della diocesi di Petrópolis, Brasile. È dottorando in Filosofia presso alla Pontificia Università della Santa Croce a Roma.

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