BEATI GLI AFFLITTI… SANT’AGOSTINO, In Ps 85,24

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BEATI GLI AFFLITTI…

SANT’AGOSTINO, In Ps 85,24

1. Gesù, venuto ad annunciare la buona novella ai poveri, è venuto anche « a predicare ai prigionieri la liberazione… a rimettere in libertà gli oppressi » (Lc4, 18 ). Ecco il segno inconfondibile della salvezza promessa da Dio al suo popolo e annunciata dai profeti: il Messia si china su tutte le miserie umane per salvarle, per dare sollievo e gioia agli afflitti, per consolare chi piange. Tuttavia gli afflitti, come i poveri, non mancheranno mai nel mondo. Le guarigioni miracolose operate dal Signore – « ciechi riacquistano la vista, zoppi camminano, lebbrosi vengono mondati, sordi odono » (Lc 7,22) – non sono che il simbolo di una salvezza più profonda ed essenziale. L’opera di Gesù non si ferma ai corpi, ma va più a fondo: tocca i cuori e li sana dal più grande dei mali: il peccato. Le afflizioni fisiche e mentali, le malattie, i lutti, le oppressioni, gli affanni della vita diventano il veicolo attraverso il quale l’opera della salvezza raggiunge più facilmente l’uomo.
« Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete », ha detto Gesù (Lc 6,25). Chi vive nel godimento, chi ha tutto ciò che vuole e non manca di nulla, corre un rischio tremendo. Soddisfatto di sé e della vita terrena, non avverte la precarietà della sua situazione, non sente il bisogno di essere salvato, non apre il cuore alla Speranza, delle cose celesti. Al contrario l’afflitto, impotente a liberarsi dalle sue tribolazioni, si rende conto che Dio solo può aiutarlo: da lui solo può essere salvato per il tempo e per l’eternità. Gli afflitti che, come i poveri, accettano dalle mani di Dio la loro sorte, che si sottomettono a lui con umiltà, e pur soffrendo non cessano di credere al suo amore di Padre e alla sua provvidenza infinita, sono proclamati beati da Gesù « perché saranno consolati» (Mt5,4). E se la consolazione piena sarà soltanto nella vita eterna, qui in terra, in mezzo alle loro angustie, non saranno privi del conforto di sentirsi più vicini a Cristo che porta con loro e per loro la croce.
2. Quando i mali fisici o morali tormentano l’uomo e sembrano inchiodarlo in situazioni irrimediabili, non è facile credere alla beatitudine proclamata dal Signore. Eppure il dolore nasconde sempre un mistero di vita e di salvezza. «Quanti seminano fra le lacrime mieteranno nel giubilo – dice il salmo -. Chi all’andare cammina in pianto, portando il seme da spargere, al ritorno viene con giubilo, portando i suoi covoni » (Sal 126, 5-6). Come il chicco di grano deve marcire nel solco per dar vita a nuove spighe, così l’uomo deve essere macerato nella sofferenza per dare frutti di letizia eterna. Ma bisogna aspettare e sperare la propria consolazione solo da Dio. Bisogna attendere lui, l’Unico che salva e cambia il pianto in gioia vera. Bisogna avere il coraggio di abbracciare la croce non solo con rassegnazione, ma con amore, con volontà decisa di seguire Gesù sofferente fino al Calvario, fino al sepolcro, perché soltanto dalla morte può fiorire la risurrezione. E questo farlo con cuore dilatato dalla carità che accetta di patire e di morire anche per la risurrezione dei fratelli. Allora si capisce perché S. Paolo ha potuto dire: «Sono ricolmo di consolazione, pervaso di gioia nonostante ogni nostra tribolazione» (2 Cr 7,4). È là beatitudine della sofferenza che incomincia ad avverarsi quaggiù per chi sa patire con Cristo per la salvezza del mondo.
Ma per coloro che amano Dio ci sono altri motivi di pianto. Sono le lacrime roventi di S. Agostino che non cessa di lamentarsi: « Tardi ti ho amato, o Bellezza sempre antica e sempre nuova, tardi ti ho amato» (Conf. X, 27, 38 ). Sono le lacrime della Maddalena penitente e di Pietro che piange il suo fallo. Sono le lacrime di chi, pur amando sinceramente Dio, deve ogni giorno rimproverarsi qualche debolezza, qualche infedeltà; lacrime sante di compunzione, dono dello Spirito Santo, che purificano dal peccato e uniscono a Dio. E lacrime ancora per tutto il male che, dilagando nel mondo, fa tante vittime, travolge tanti innocenti, fa deviare dalla fede, travaglia la Chiesa, offende Dio. Anche queste lacrime, che sono una partecipazione al pianto di Cristo su Gerusalemme e alla sua agonia nell’orto del Getsemani, saranno consolate, perché chi soffre con Cristo sarà con lui glorificato (Rm 8, 17).

PREGHIERA: Mio Dio, eccomi davanti a te, povero, piccolo, spoglio di tutto. lo non sono nulla, non ho nulla, non posso nulla… Tu sei il mio tutto, tu sei la mia ricchezza.
Mio Dio, ti ringrazio di aver voluto che io non fossi nulla davanti a te… Ti ringrazio delle delusioni, delle ingiustizie, delle umiliazioni. Riconosco che ne avevo bisogno. O mio Dio, sii benedetto quando mi provi. Annientami sempre più. Che io sia nell’edificio non come la pietra lavorata e levigata dalla mano dell’artista, ma come il granello di sabbia oscuro, sottratto alla polvere della strada.
Mio Dio, ti ringrazio di avermi lasciato intravedere la dolcezza delle tue consolazioni. Ti ringrazio di avermene privato. Non rimpiango nulla se non di non averti amato abbastanza. Non desidero nulla se non che la tua volontà sia fatta. O Gesù, la tua mano è dolce, perfino nel culmine della prova. Che io sia crocifisso, ma crocifisso per te.
GENERAL DE SONIS, Vie (par A. Bessières)

Tu, o Signore, mi hai consolato nella tristezza. Nessuno infatti cerca la consolazione se non è nella miseria… Questa, purtroppo, è la regione degli scandali, delle tentazioni, di tutti i mali; ma se qui gemiamo, meriteremo di godere lassù; se qui soffriamo, meriteremo di essere consolati lassù… Questa è la regione dei morti. Scompare la regione dei morti, viene la regione dei viventi. Nella regione dei morti c’è la fatica, il dolore, la paura, la sofferenza, la tentazione, il gemito, il sospiro; Qui ci sono i felici all’apparenza e gli infelici nella realtà, perché falsa è quaggiù la felicità mentre vera è la miseria. Ma riconoscendo di essere ora nella vera miseria, sarò poi nella vera felicità; E appunto perché ora sono misero, ascolto te, o Signore, che dici: « Beati coloro che piangono ».
Si, veramente beati quelli che piangono! Niente è tanto affine alla miseria come il pianto; nulla è tanto lontano e contrario alla miseria quanto la beatitudine; eppure tu parli di piangenti e li chiami beati… Ma perché sono beati? Per ciò che sperano. Perché invece piangono? Per ciò che sono attualmente. Fa’, o Signore, che io pianga in questa vita mortale, nelle tribolazioni della vita presente, nel mio esilio; ma poiché riconosco di essere in tali miserie e ne gemo, fa’ che io sia beato.

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