Gesù guarisce la suocera di Pietro

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V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (B) – L’ALTROVE DI GESÙ
CERCATORE APPASSIONATO
Gb 7, 1-4; 6-7; Sal 146; 1Cor 9, 16-19.22-23; Mc 1, 29-39
C’è una parola in questo evangelo di oggi che ci provoca particolarmente. E’ una piccola parola: “altrove”, in greco “allachoû”. In questo testo di Marco, Gesù confessa che la ragione più profonda della sua missione è proprio in un “altrove”: Gesù è sempre per un altrove; la sua è una via che non si arresta mai in un “qui” definitivo e comprensivo di tutto. E ci sono degli altrove perché ci sono sempre altri: altre folle, altri dolori, altri cuori, altre orecchie che devono ascoltare la Parola dell’Evangelo.
Gesù non si lascia imprigionare dalle folle che premono; Gesù ama la gente, ma non si fa fermare da nessuno. Gesù è un cercatore appassionato di uomini che cercano, ed è anche un cercatore appassionato di uomini che non cercano o, drammaticamente, non cercano più. Lui li cerca, perché desidera accendere in essi la ricerca…
Gesù desidera incontrare ogni uomo, e per questo sente la necessità di incontrare il Padre suo nella preghiera solitaria e silenziosa. Gesù ha tempo per il Padre, ha tempo per la solitudine silenziosa. E l’alba lo trova così: orante, in un tempo bruciato tutto per il Padre, senza lasciarsi fuorviare dai bisogni che premono, ma sedotto invece dalla necessità più profonda del suo cuore e del cuore del Padre.
Gesù non si lascia ingannare dalle urgenze, come capita sempre più nello spazio ecclesiale!, ma si lascia afferrare dal necessario, e il necessario si configura proprio nell’altrove: l’altrove dell’intimità con il Padre, l’altrove di un annunzio senza frontiere.
L’altrove di Gesù non è una via di fuga dal quotidiano, poiché questa si configurerebbe come accidia o “disincarnazione”, assurdo per Colui che è l’incarnazione di Dio nella carne dell’uomo! L’altrove di Gesù è invece un altrove che cerca la storia, che cerca gli uomini concreti, li prende per mano, ne ascolta le storie e li conduce alla vita ed al servizio.
La narrazione della guarigione della suocera di Pietro è un racconto vivissimo e caratteristico, ma non è solo questo.
Raccontando questa semplicissima vicenda, Marco desidera sottolineare come Gesù abbia ascoltato l’uomo e le sue sofferenze («gli parlarono di lei»), come Gesù si sia fatto vicino all’uomo nella sua concreta fragilità («le si avvicinò»), e come lo abbia sollevato toccando la sua carne ammalata («la fece alzare prendendola per mano»); Marco usa qui il verbo “eghéiro” che è il verbo pasquale della risurrezione, e lo fa per dirci che l’Evangelo va letto sempre nella prospettiva pasquale. Lo scopo dell’Evangelo, delle parole e dei gesti di Gesù, va ricercato sempre in quella dinamica in cui il contatto con Gesù fa passare dalla morte alla vita, dall’immobilità all’attività, dal non-senso al senso.
La predicazione dell’Evangelo è annunzio di una buona notizia che guarisce, dà la vita e rende gli uomini atti ad amare e a servire.
Nel dialogo con gli apostoli, i quali vorrebbero far tornare Gesù lì dove ha già predicato e mostrato i frutti dell’Evangelo (le guarigioni numerose), Gesù afferma che è venuto per un altrove che mai è esaurito, e a cui deve annunziare (il verbo “keriùssein”!) la buona notizia del Regno. Il testo, anzi, dice che per questo è uscito, con una espressione che ci fa riflettere: è uscito allo scoperto, si è mostrato, è uscito da Dio… Insomma l’annunzio dell’altrove è il motivo del suo invio da parte di Dio.
Leggendo questo testo di Marco penso che, come Chiesa, dobbiamo lasciarci provocare su molti punti: sulla nostra capacità di relazione con l’uomo di oggi; sulla capacità quanto mai necessaria di ascoltare le sue istanze e le sue domande, senza avere risposte sempre precostituite, senza pregiudiziali ma cercando sempre e solo l’uomo concreto, la sua realtà fatta di carne e sangue.
Il testo ci provoca inoltre alla riflessione su quell’altrove che è l’intimità con Dio, e su quell’altrove che è la ricerca inesausta di orizzonti sempre più vasti, senza chiusure in circoli ristretti o di presunti “giusti”.
Marco ci pone con forza, come Chiesa, la domanda sulla passione per l’annunzio dell’Evangelo: quella passione che spinse sempre Gesù all’altrove; quella passione che Paolo proclama nel passo che oggi si legge della sua Prima lettera ai cristiani di Corinto: Guai a me se non evangelizzo!
Paolo scrive di essersi fatto tutto a tutti per guadagnarne il maggior numero: anche lui mai sazio come il suo Signore; anche lui sempre alla ricerca di un altrove che abbia la bellezza della diversità di tanti cuori umani, in cui si deve versare l’Evangelo di Gesù. Paolo lo grida: per il discepolo è dovere evangelizzare! Non è nè un’attività secondaria, nè tanto meno un hobby per il tempo libero, per gli scampoli di tempo. Non ci si può dar pace da questa assoluta priorità e necessità!
Attenti però a non fare di questo dovere una fonte di attivismo sfrenato che ci fa smarrire noi stessi; la Chiesa dei nostri tempi è affetta gravemente da questa “peste” che non annunzia l’Evangelo, ma lo mortifica e ne mostra un volto meramente filantropico, che nulla ha a che vedere con l’annunzio esigente e trasbordante del Regno.
Questo dovere di cui Paolo scrive sia invece fonte di santa inquietudine, che metta in moto la Chiesa per quel che davvero conta ed è essenziale, e la metta in moto a partire dall’intimità vissuta con Dio. Nella solitudine del deserto, la comunità credente deve ritrovare le ragioni di quell’amore che l’ha amata e che le chiede amore, amore che la spinge all’altrove…da lì, dall’intimità del deserto dell’ascolto adorante, sorge ogni vera passione per l’annunzio dell’Evangelo.
Gesù nella sua vita fece così! La sua vita tra noi fu inquieta passione per il Padre e per l’umanità; la sua vita fu passione per quell’annunzio per cui era uscito dal Padre (cfr Gv 16, 28), per cui era venuto a camminare sulle nostre strade e ad abitare le nostre case.
p. Fabrizio Cristarella Orestano
8 FEBBRAIO 2015 | 5A DOMENICA – T. ORDINARIO B | OMELIA
L’IMPEGNATIVA GIORNATA DI CRISTO E DEI SUOI DISCEPOLI
Noi sacerdoti siamo criticati perchè lavoriamo poco. Gesù, Paolo, gli Apostoli, i Missionari lavorarono e lavorano duramente. In parte è vero. Ma quanto costa la preparazione interiore, lo studio, la preghiera…Sto scrivendo alle 5 del mattino!
Le letture di oggi
- Dice Giobbe: « I giorni dell’uomo sulla terra sono un tormento, sono giorni di duro lavoro… » (Giobbe 7,1).
- Dichiara Paolo: « Guai a me se non annunzio Cristo! » (1Cor 9,16).
- Marco: « Così Gesù viaggiò per tutta la Galilea predicando nelle sinagoghe e scacciando i demoni » (1, 39).
Solo a Giobbe, a Paolo, a Gesù tocca passare giornatacce di duro lavoro, sotto il sole, a piedi ovunque, senza perdere tempo prezioso?
Quanti poveri assomigliano a Giobbe! Ma quanti anche si godono la vita alle spalle degli altri… – In tutte le categorie c’è chi lavora duramente e chi fa il bamboccione.
Papa Francesco sta fustigando « senza pietà » gli operai della vigna del Signore, che sono soprattutto laici, mica solo preti e vescovi. Se conosciamo la vera vita cristiana, non possiamo stare un solo secondo inerti, sul divano.
L’esempio di Gesù prima e di Paolo poi è trascinante.
Gesù lo fa gratuitamente e si accontenta di quello che gli offrono. Certamente non passa le notti in hotel da cinque stelle! Quante notti sul monte a pregare… E di giorno sotto il forte sole della Palestina, sempre in giro a fare il suo dovere chiestogli dal Padre: predicare e guarire. Alla sera, una cena frugale e una pietra per cuscino. Neppure un materasso! E quando morirà, è su un durissimo legno verticale. Tre chiodi lo sostengono. Non morirà in una modernissima clinica privata!
Paolo: lavoro per amore di Dio… senza paga umana!
Paolo: in uno scritto si permette una forte polemica facendo una lunga lista di inaudite difficoltà e sofferenze provate nei suoi viaggi. Ai Corinzi spiega a puntino il suo metodo pastorale. Secondo la tradizione ebraica e secondo gli insegnamenti di Gesù, avrebbe diritto di essere « pagato » per vivere con dignità. Predica, predica, predica, ma ecco la novità: non vuole nulla in cambio. Si mantiene lavorando da fabbricante di tende militari.
« A chi mi critica rispondo così: Non ho anch’io il diritto di mangiare e bere a vostre spese? Non ho anch’io il diritto di portare con me una moglie credente come hanno gli altri apostoli, i fratelli del Signore e Pietro? Da quando in qua un soldato presta servizio nell’esercito a sue spese? E chi pianta una vigna non ne mangia forse l’uva? E chi conduce un gregge, non beve il latte di quel gregge? … Dice la Bibbia: Non mettere la museruola al bue che trebbia il grano. lo non faccio uso di questo diritto, anzi sopporto ogni specie di difficoltà per eliminare qualsiasi ostacolo all’annunzio di Cristo. Preferisco morire piuttosto di fare uso del diritto d’essere mantenuto. Mi è stato imposto di annunziare Cristo. Compio semplicemente il mio dovere. Se dovessi annunziare la Parola di mia spontanea volontà, sarebbe giusto che ricevessi una paga.
La mia soddisfazione? ANNUNZIARE CRISTO GRATUITAMENTE, senza usare i diritti che la predicazione del Vangelo mi darebbe » (1Cor, cap. 9).
Guai a me se non annuncio Cristo!
E’ una pagina biblica poco conosciuta. Troppo lunga? Aiuta tanti cristiani a rivedere la propria posizione. Per vocazione ogni cristiano deve impegnarsi ad evangelizzare: sacerdoti, genitori, insegnanti, religiosi. Se non lo facciamo, lo confessiamo?… E’ un peccato veniale o mortale?…
Certamente i giorni sulla terra sono un duro lavoro, ci sta dicendo Giobbe. Come giustifichiamo tanto tempo perduto in stupidaggini, in chiacchiere inutili? Non ci sta fustigando a dovere Papa Francesco? Non spetta solo a lui predicare ed evangelizzare. Chiamati ad essere Chiesa, automaticamente dobbiamo diventare evangelizzatori in qualsiasi ambiente Dio ci ponga. Dovremmo dire anche noi: « Guai a me se non annunzio Cristo! »
Famiglie cristiane che non evangelizzano, comunità parrocchiali o religiose che non evangelizzano! Don Bosco non si lasciava sfuggire mai neppur la più piccola occasione per evangelizzare con la sua « parolina all’orecchio ». Troppi cristiani bestemmiano invece di annunziare Cristo. Troppi cristiani non evangelizzano perchè non accettano più di essere evangelizzati, soprattutto la domenica, che sta diventando giorno dello sport e dello shopping. Sicuramente Gesù nelle lunghe notti di preghiera avrà pregato anche per noi. Non vuole che cadiamo nella tentazione di diventare dei cristiani dormienti.
Caro Giobbe, insegnaci qualcosa di importante per oggi! Caro Paolo, trasmettici un poco della tua PARRESIA, che è impegno serio a lavorare per Cristo evangelizzando! Caro Gesù, non più « pensaci tu! ». Svegliaci e sgridaci quanto basta per essere degni tuoi discepoli.
Padre Tiziano SOFIA sdb