Feast of the Presentation of the Lord

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2 FEBBRAIO : PRESENTAZIONE DEL SIGNORE NEL TEMPIO – CANDELORA
BIOGRAFIA
Presentazione nel TempioQuella di oggi è una celebrazione che incentra la nostra attenzione di credenti nell’umile gesto della presentazione di Gesù Bambino al Tempio e della purificazione della vergine Maria: il significato va ben oltre la storia: ammiriamo ancora l’umiltà della Vergine, la povertà della Santa famiglia di Nazareth e riascoltiamo devoti ed attoniti il cantico del santo vecchio Simeone. Proprio dalle sue parole, che definiscono il Bambino Gesù, luce delle genti, la Chiesa ha tratto il motivo per celebrare la luce con le candele benedette: è il motivo per celebrare Cristo luce, per ringraziare Dio del dono della fede e per impetrare ancora la pienezza della luce come dono dello Spirito santo.
MARTIROLOGIO
Festa della Presentazione del Signore, dai Greci chiamata Ipapànte: quaranta giorni dopo il Natale del Signore, Gesù fu condotto da Maria e Giuseppe al Tempio, sia per adempiere la legge mosaica, sia soprattutto per incontrare il suo popolo credente ed esultante, luce per illuminare le genti e gloria del suo popolo Israele.
DAGLI SCRITTI…
Presentazione nel Tempio – Dai « Discorsi » di san Sofronio, vescovo
Accogliamo la luce viva ed eterna
Noi tutti che celebriamo e veneriamo con intima partecipazione il mistero dell’incontro del Signore, corriamo e muoviamoci insieme in fervore di spirito incontro a lui. Nessuno se ne sottragga, nessuno si rifiuti di portare la sua fiaccola. Accresciamo anzi lo splendore dei ceri per significare il divino fulgore di lui che si sta avvicinando e grazie al quale ogni cosa risplende, dopo che l’abbondanza della luce eterna ha dissipato le tenebre della caligine. Ma le nostre lampade esprimano soprattutto la luminosità dell’anima, con la quale dobbiamo andare incontro a Cristo. Come infatti la Madre di Dio e Vergine intatta portò sulle braccia la vera luce e si avvicinò a coloro che giacevano nelle tenebre, così anche noi, illuminati dal suo chiarore e stringendo tra le mani la luce che risplende dinanzi e tutti, dobbiamo affrettarci verso colui che é la vera luce.
La luce venne nel mondo (cfr. Gv 1, 9) e, dissipate le tenebre che lo avvolgevano, lo illuminò. Ci visitò colui che sorge dall’alto (cfr. Lc 1, 78) e rifulse a quanti giacevano nelle tenebre. Per questo anche noi dobbiamo ora camminare stringendo le fiaccole e correre portando le luci. Così indicheremo che a noi rifulse la luce, e rappresenteremo lo splendore divino di cui siamo messaggeri. Per questo corriamo tutti incontro a Dio. Ecco il significato del mistero odierno.
La luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr. Gv 1, 9) é venuta. Tutti dunque, o fratelli, siamone illuminati, tutti brilliamo. Nessuno resti escluso da questo splendore, nessuno si ostini a rimanere immerso nel buio. Ma avanziamo tutti raggianti e illuminati verso di lui. Riceviamo esultanti nell’animo, col vecchio Simeone, la luce sfolgorante ed eterna. Innalziamo canti di ringraziamento al Padre della luce, che mandò la luce vera, e dissipò ogni tenebra, e rese noi tutti luminosi. La salvezza di Dio, infatti, preparata dinanzi a tutti i popoli e manifestata a gloria di noi, nuovo Israele, grazie a lui, la vedemmo anche noi e subito fummo liberati dall’antica e tenebrosa colpa, appunto come Simeone, veduto il Cristo, fu sciolto dai legami della vita presente.
Anche noi, abbracciando con la fede il Cristo che viene da Betlemme, divenimmo da pagani popolo di Dio. Egli, infatti, é la salvezza di Dio Padre. Vedemmo con gli occhi il Dio fatto carne. E proprio per aver visto il Dio presente fra noi ed averlo accolto con le braccia dello spirito, ci chiamiamo nuovo Israele. Noi onoriamo questa presenza nelle celebrazioni anniversarie, né sarà ormai possibile dimenticarcene.(Disc. 3, sull’«Hypapante» 6, 7; PG 87, 3, 3291-3293).
Nella celebrazione di oggi i fedeli vanno incontro al Signore portando ceri accesi e cantano a lui insieme a Simeone che lo riconobbe come Cristo Signore «Luce per illuminare le genti». Per ricordare il mistero di questo giorno, si compie la benedizione delle candele che può essere unita alla processione o ad ingresso solenne, secondo le indicazioni del Messale.
I fedeli si riuniscono in una chiesa minore o in qualche altro luogo adatto fuori della chiesa verso cui è diretta la processione; tengono in mano le candele accese già all?inizio del rito. Per la benedizione e la processione, il celebrante può indossare la casula o il piviale di colore bianco. Mentre la processione entra in chiesa si canta l?antifona d?ingresso della Messa, dopo di che, tralasciati i riti iniziali, si canta il Gloria e si dice la colletta. La messa prosegue come di solito.
Come la Madre di Dio e Vergine intatta portò sulle braccia la vera luce e si avvicinò a coloro che giacevano nelle tenebre, così anche noi, illuminati dal suo chiarore e stringendo tra le mani la luce che risplende dinanzi e tutti, dobbiamo affrettarci verso colui che é la vera luce. (San Sofronio).
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OMELIA – FESTA DELLA PRESENTAZIONE DEL SIGNORE
mons. Gianfranco Poma
Accolse il bambino tra le braccia
La Liturgia il due febbraio celebra la « Presentazione del Signore », la festa dell’ « incontro » di Gesù con l’umanità, della luce che comincia a vincere la tenebra.
Lc.2,22-40, con il canto di Simeone che proclama: « I miei occhi hanno visto la tua salvezza…luce per rivelarti alle genti », ci colloca nel cuore dell’esperienza della fede che oggi di nuovo ci è offerta: Gesù è la luce che accende il cuore delle persone che incontra, una luce che è offerta al mondo intero. Oggi Gesù è la luce offerta a noi, al nostro mondo.
Anche in questo brano appare tutta l’arte narrativa di Luca, la sua attenzione a descrivere i personaggi che rendono viva la scena, la sua profondità per mostrare che nella concretezza degli eventi umani si realizza la storia di Dio. Dio nella trama della vita di una famiglia, nelle pieghe della psicologia di un uomo e di una donna, di due anziani che ritrovano il gusto della vita, di un bambino che comincia il cammino della sua esistenza. Tutto è così normale e tutto è così divino! I grandi temi della teologia di Luca prendono vita all’interno dello svolgersi di eventi così normali! È Dio che facendosi piccolo, rende grandi le cose piccole: ma occorre lasciarsi illuminare da Lui, dal suo Spirito, perché gli occhi sappiano vedere e il cuore gustare la sua gioia.
« Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, ?portarono il bambino’ a Gerusalemme per presentarlo al Signore… »: tutto avviene secondo la Legge.
« A Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone… » Luca comincia la sua accurata descrizione dei personaggi. Il primo è Simeone: il suo nome significa « colui che ascolta, che ubbidisce ». Tutto è narrativo e tutto è simbolico: negli eventi narrati si compie la storia e la speranza di Israele. Simeone è « uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione di Israele »: fedele alla Legge di Dio, è espressione dei « poveri di Dio », di coloro che aspettano con tutto il cuore il Messia, invocato come il « consolatore ». Il tema della consolazione, presente nei profeti postesilici, si fa particolarmente intenso nei giorni degli eventi evangelici, quando il popolo di Israele, in balia degli influssi di dominatori pagani e della loro cultura, vive momenti di angoscia: la speranza di Israele è posta in Dio che, solo, può consolare il suo popolo.
« Lo Spirito santo era su di lui…Lo Spirito santo gli aveva rivelato che non sarebbe morto senza prima aver visto il Cristo del Signore… Nello Spirito venne al Tempio… »: per tre volte Luca ripete che Simeone è mosso dall’azione dello Spirito. La sua esperienza non è frutto solo della psicologia, dell’intelligenza, della volontà umana ma della sua docilità allo Spirito santo che apre la persona e la libera per realizzare in pienezza l’esistenza umana.
« Venne nello Spirito al Tempio ». In modo estremamente sintetico, Luca ci avverte che Simeone è illuminato e mosso dallo Spirito di Dio: già Paolo ha scritto che « tutti coloro che sono mossi dallo Spirito sono figli di Dio » (Rom.8,14). Simeone è già entrato nella novità di un’esperienza nella quale Dio è un dono da accogliere, una luce che apre gli occhi per saperlo vedere.
« Quando i genitori condussero il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo prese tra le braccia ». In questo modo, Luca dice tutta la novità di Gesù, compimento della prima Alleanza: Gesù non rinnega la Legge di Mosè, le dà un senso nuovo. Certo, egli ha presente la tensione tra la nuova comunità di Gesù e la comunità ebraica di provenienza: la parola che Simeone rivolgerà a Maria renderà esplicita questa preoccupazione di Luca.
Ma è meravigliosa questa icona creata da Luca, di commossa tenerezza, del vecchio che prende tra le braccia il bambino Gesù. I suoi genitori lo conducevano con cura al Tempio per adempiere per lui le prescrizioni della Legge: Simeone non si limita alle osservanze della Legge, lo prende tra le braccia. Non è già questa tutta la novità cristiana, il passaggio dalla Legge all’Amore? Il vecchio che prende fra le braccia il bambino: è la fede nella freschezza della vita, è la speranza nel futuro, è il non chiudersi nelle proprie delusioni, è la fede in Dio che fa nuove tutte le cose.
Simeone aspettava la consolazione d’Israele: come tutti, anch’egli aspettava il Messia, il discendente di Davide che restituisse forza ad Israele, vincesse gli invasori politici e ristabilisse la fedeltà alla Legge di Dio. Quando prende fra le braccia il bambino a cui era stato posto il nome « Gesù », come era stato chiamato dall’angelo, egli, « mosso dallo Spirito », « benedice Dio », lo ringrazia per l’esperienza che gli è data da vivere, per la « consolazione », che gli è donata da Dio: aspettava un Dio potente, restauratore di Israele e gli si fa incontro un Dio fragile, un Dio d’Amore che si lascia prendere fra le braccia, si dona (alla fine si donerà anche a coloro che lo metteranno in croce).
Adesso Simeone può dire al Signore la sua preghiera: è l’espressione di una persona che per tutta la vita ha aspettato nell’ angoscia, come uno schiavo che aspetta la libertà. Adesso nell’abbraccio di questo bambino, in un’esperienza di intenso Amore, può dire: « Adesso, Signore (« padrone ») sciogli il tuo servo nella pace, secondo la tua parola »: adesso la vita di Simeone, come quella di uno schiavo che ha ottenuto la liberazione, avvolta dall’Amore, è libera da ogni angoscia. Aspettava il Messia: gli è stata donata la pace, che è il grande dono messianico. I suoi occhi hanno visto la salvezza: quella preparata da Dio, infinitamente più vera di quella a cui lui pensava. Desiderava la luce: Dio ha acceso una luce che illumina il suo popolo, illumina tutto il mondo. Simeone ha visto questa luce che illumina e non acceca: è questo bambino, l’Amore di Dio, che si abbassa, si dona, si lascia abbracciare, perché il cuore dell’uomo, amato, diventi capace di amare.
E nel Tempio c’è pure una « profetessa », Anna. Anche questo è secondo lo stile di Luca che ama costruire i suoi racconti introducendo doppi personaggi, e con un’attenzione particolare alla presenza femminile. Anche nella figura di Anna si condensa l’attesa del popolo di Israele (la madre di Samuele, Giuditta…). Con precisione raffinata Luca descrive il personaggio: Anna (« colei che ha ricevuto grazia »), è figlia di Fanuele (« volto di Dio »), è vedova fedele a Dio, i suoi 84 anni (12 x 7: il numero delle tribù d’Israele moltiplicato per il numero delle nazioni) significano l’attesa del mondo intero, rende culto a Dio con digiuni e preghiere notte e giorno.
Anna è « profetessa »: anche lei, come Samuele, è mossa dallo Spirito. E comincia così la novità che Luca vuole annunciare: Simeone e Anna, un uomo e una donna, rendono testimonianza al realizzarsi della speranza d’Israele e di tutto il mondo.
La frase conclusiva è densissima: è la descrizione della ri-nascita di Anna, della sua ricreata giovinezza. È l’esperienza della fede di una donna che aveva atteso per tutti gli anni della sua lunga vita l’Amore che le desse significato: adesso ha gustato l’Amore che gli entra nel cuore, nell’incontro con quel bambino stretto tra le braccia di Simeone. Adesso lei che l’ha sperimentato, può gridarlo al mondo intero: è la « profetessa » che rende testimonianza a Dio e parla del bambino a tutti coloro che erano aperti ad accogliere la liberazione di Gerusalemme.
« In quella stessa ora, stando lì presente, testimoniava Dio e parlava di lui a tutti coloro che erano aperti…) »: è la novità di Anna, profetessa nuova, che sperimenta il Dio non della Legge, ma dell’Amore gustato, generato, vita. Sperimenta Dio e parla del bambino. Nuova testimone per tutti coloro che aspettano: non il Dio potente che vince i nemici di Gerusalemme, ma il Dio che, per amore, nasce, vive, muore, per essere con l’uomo, sempre, e fare nuova Gerusalemme.