Archive pour le 29 décembre, 2014

In principio’ miniature, St. John writing his gospel; text with initial ‘I’.

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Publié dans:immagini sacre |on 29 décembre, 2014 |Pas de commentaires »

PAPA FRANCESCO: PRIMI VESPRI DELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO (2013)

https://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2013/documents/papa-francesco_20131231_te-deum.html

CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI DELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO

TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana

Martedì, 31 dicembre 2013

L’apostolo Giovanni definisce il tempo presente in modo preciso: «È giunta l’ultima ora» (1 Gv 2,18). Questa affermazione – che ricorre nella Messa del 31 dicembre – sta a significare che con la venuta di Dio nella storia siamo già nei tempi “ultimi”, dopo i quali il passaggio finale sarà la seconda e definitiva venuta di Cristo. Naturalmente qui si parla della qualità del tempo, non della quantità. Con Gesù è venuta la “pienezza” del tempo, pienezza di significato e pienezza di salvezza. E non ci sarà più una nuova rivelazione, ma la manifestazione piena di ciò che Gesù ha già rivelato. In questo senso siamo nell’“ultima ora”; ogni momento della nostra vita non è provvisorio, è definitivo, e ogni nostra azione è carica di eternità; infatti, la risposta che diamo oggi a Dio che ci ama in Gesù Cristo, incide sul nostro futuro.
La visione biblica e cristiana del tempo e della storia non è ciclica, ma lineare: è un cammino che va verso un compimento. Un anno che è passato, quindi, non ci porta ad una realtà che finisce ma ad una realtà che si compie, è un ulteriore passo verso la meta che sta davanti a noi: una meta di speranza una meta di felicità, perché incontreremo Dio, ragione della nostra speranza e fonte della nostra letizia.
Mentre giunge al termine l’anno 2013, raccogliamo, come in una cesta, i giorni, le settimane, i mesi che abbiamo vissuto, per offrire tutto al Signore. E domandiamoci coraggiosamente: come abbiamo vissuto il tempo che Lui ci ha donato? Lo abbiamo usato soprattutto per noi stessi, per i nostri interessi, o abbiamo saputo spenderlo anche per gli altri? Quanto tempo abbiamo riservato per stare con Dio, nella preghiera, nel silenzio, nella adorazione?
E poi pensiamo, noi cittadini romani, pensiamo a questa città di Roma. Che cosa è successo quest’anno? Che cosa sta succedendo, e che cosa succederà? Com’è la qualità della vita in questa Città? Dipende da tutti noi! Com’è la qualità della nostra “cittadinanza”? Quest’anno abbiamo contribuito, nel nostro “piccolo”, a renderla vivibile, ordinata, accogliente? In effetti, il volto di una città è come un mosaico le cui tessere sono tutti coloro che vi abitano. Certo, chi è investito di autorità ha maggiore responsabilità, ma ciascuno di noi è corresponsabile, nel bene e nel male.
Roma è una città di una bellezza unica. Il suo patrimonio spirituale e culturale è straordinario. Eppure, anche a Roma ci sono tante persone segnate da miserie materiali e morali, persone povere, infelici, sofferenti, che interpellano la coscienza di ogni cittadino. A Roma forse sentiamo più forte questo contrasto tra l’ambiente maestoso e carico di bellezza artistica, e il disagio sociale di chi fa più fatica.
Roma è una città piena di turisti, ma anche piena di rifugiati. Roma è piena di gente che lavora, ma anche di persone che non trovano lavoro o svolgono lavori sottopagati e a volte indegni; e tutti hanno il diritto ad essere trattati con lo stesso atteggiamento di accoglienza e di equità, perché ognuno è portatore di dignità umana.
È l’ultimo giorno dell’anno. Che cosa faremo, come agiremo nel prossimo anno, per rendere un poco migliore la nostra Città? La Roma dell’anno nuovo avrà un volto ancora più bello se sarà ancora più ricca di umanità, ospitale, accogliente; se tutti noi saremo attenti e generosi verso chi è in difficoltà; se sapremo collaborare con spirito costruttivo e solidale, per il bene di tutti. La Roma dell’anno nuovo sarà migliore se non ci saranno persone che la guardano “da lontano”, in cartolina, che guardano la sua vita solo “dal balcone”, senza coinvolgersi in tanti problemi umani, problemi di uomini e donne che, alla fine… e dal principio, lo vogliamo o no, sono nostri fratelli. In questa prospettiva, la Chiesa di Roma si sente impegnata a dare il proprio contributo alla vita e al futuro della Città – è il suo dovere! -, si sente impegnata ad animarla con il lievito del Vangelo, ad essere segno e strumento della misericordia di Dio.
Questa sera concludiamo l’Anno del Signore 2013 ringraziando e anche chiedendo perdono. Le due cose insieme: ringraziare e chiedere perdono. Ringraziamo per tutti i benefici che Dio ci ha elargito, e soprattutto per la sua pazienza e la sua fedeltà, che si manifestano nel succedersi dei tempi, ma in modo singolare nella pienezza del tempo, quando «Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» ( Gal 4,4). La Madre di Dio, nel cui nome domani inizieremo un nuovo tratto del nostro pellegrinaggio terreno, ci insegni ad accogliere il Dio fatto uomo, perché ogni anno, ogni mese, ogni giorno sia colmo del suo eterno Amore. Così sia!

GIOVANNI PAOLO II: VESPRI E DEL «TE DEUM» DI RINGRAZIAMENTO PER LA FINE DELL’ANNO (1979)

http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/homilies/1979/documents/hf_jp-ii_hom_19791231_te-deum_it.html

CELEBRAZIONE DEI VESPRI E DEL «TE DEUM» DI RINGRAZIAMENTO PER LA FINE DELL’ANNO

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Chiesa del Gesù – Lunedì, 31 dicembre 1979

1. “Figlioli, questa è l’ultima ora . . .”; con queste parole inizia la prima lettura della liturgia d’oggi, tratta dalla lettera di San Giovanni Apostolo (1 Gv 2, 18). Questa lettura è fissata per il 31 dicembre, il settimo giorno dell’ottava di Natale. Quanto attuali sono queste parole! Quanto efficacemente risentiamo la loro eloquenza noi qui riuniti nella Chiesa romana del Gesù, nel momento in cui scoccano le ultime ore di quest’anno, che volge alla fine. Ogni ora del tempo umano è in certo senso l’ultima, perché sempre unica e irripetibile. In ogni ora passa qualche particella della nostra vita, una particella che non tornerà più. E ognuna di tali particelle – benché non sempre ce ne rendiamo conto – ci proietta verso l’eternità.
Forse le ultime ore di questo giorno – quando l’anno del Signore 1979, e con esso l’ottavo decennio del nostro secolo giungono alla loro fine – ce ne parlano meglio di qualsiasi altra ora solita. E perciò risentiamo tanto maggiormente il bisogno di trovarci, in queste ultime ore dell’anno, davanti a nostro Signore, davanti a Dio che, con la sua eternità, abbraccia e assorbe il nostro tempo umano; il bisogno di stare davanti a lui, di parlare a lui con il contenuto stesso più profondo della nostra esistenza. Sono questi i momenti adatti per una profonda meditazione su noi stessi e sul mondo; i momenti per “fare i conti” con se stessi e con la generazione alla quale apparteniamo. È questo il tempo propizio per una preghiera volta ad ottenere il perdono, una preghiera di ringraziamento e di supplica.
2. “Il Verbo era nel mondo” (cf. Gv 1, 10). Proprio adesso è ritornato il periodo in cui la Chiesa si rende consapevole in modo particolare della verità che esprimono queste parole del Vangelo di Giovanni. Nel mondo era il Verbo: quel Verbo che “era in principio presso Dio” e “tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste” (Gv 1, 2-3). Questo Verbo “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Venne ad abitare anche se “i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1, 11).
Il computo degli anni, di cui ci serviamo, vuole testimoniare che sono passati appunto 1979 anni dal momento in cui ciò avvenne. Il tempo testimonia non soltanto il passare del mondo e il passare dell’uomo nel mondo; esso rende testimonianza anche alla nascita del Verbo eterno dalla Vergine Maria, alla nascita che, come ogni nascita dell’uomo, viene determinata dal tempo: dall’anno, dal giorno, dall’ora.
Tuttavia, nel momento presente, durante questo nostro incontro, la nostra attenzione è attirata, prima di tutto, dalla seguente frase del Vangelo di Giovanni:
“Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia” (Gv 1, 16). Non vi è qui anche una chiave per comprendere l’anno che sta per terminare? Non bisogna pensare ad esso nella prospettiva di ogni grazia che abbiamo ricevuto dalla pienezza di Gesù Cristo, Dio e Uomo? Non siamo convenuti qui per ringraziare di ognuna di queste grazie e contemporaneamente di tutte insieme?
Certamente sì.
La grazia è una realtà interiore. È una pulsazione misteriosa della vita divina nelle anime umane. È un ritmo interiore dell’intimità di Dio con noi, e perciò anche della nostra intimità con Dio. Essa è la sorgente di ogni vero bene nella nostra vita. Ed è il fondamento del bene che non trapassa. Mediante la grazia noi viviamo già in Dio, nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, benché la nostra vita si svolga sempre in questo mondo. Essa dà valore soprannaturale ad ogni vita, benché questa vita sia, umanamente e secondo i criteri della temporaneità, molto povera, non appariscente e difficile.
Bisogna quindi ringraziare oggi per ogni grazia di Dio che è stata comunicata a qualsiasi uomo: non soltanto a ciascuno di noi qui presenti, ma ad ogni nostro fratello e sorella in ogni parte della terra. In questo modo il nostro inno di ringraziamento legato all’ultimo giorno dell’anno, che sta per finire, diventerà quasi una grande sintesi. In questa sintesi sarà presente tutta la Chiesa, poiché essa è, come ci insegna il Concilio, un sacramento della salvezza umana (cf. Lumen Gentium, 1). Cristo, dalla cui pienezza tutti riceviamo grazia su grazia, è proprio il “Cristo della Chiesa”; e la Chiesa è quel Corpo Mistico che riveste costantemente il Verbo Eterno nato nel tempo, dalla Vergine.
Indirizzando i nostri cuori verso questo mistero, la liturgia di oggi diventa sorgente della preghiera più profonda del nostro ringraziamento.
3. Tuttavia la stessa liturgia ci fa presente anche l’esistenza del male nella storia dell’uomo e dell’umanità. E se ogni bene modella questa storia nella forma del Corpo di Cristo, il male invece, come contraddizione del bene, assume nel linguaggio della Lettera di Giovanni il nome di “anti-Cristo”.
In tale senso l’Apostolo scrive: “Di fatto ora molti anticristi sono apparsi. Da questo conosciamo che è l’ultima ora” (1 Gv 2, 18). Allora quest’ultima ora dell’anno non può passare senza una riflessione sul tema del male, sul tema del peccato, del quale ognuno di noi si sente partecipe, giacché ad ognuno ne parla la propria coscienza.
L’ultima ora si collega, in modo particolare, alla prospettiva del giudizio che risuona nella voce della coscienza umana, e nello stesso tempo alla prospettiva del giudizio di Dio, del Signore che viene a giudicare la terra, come annunzia il salmo responsoriale della liturgia di oggi. E aggiunge: “Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti” (cf. Sal 96, 13).
La stessa riflessione sul male, di cui ci offre l’occasione l’ultima ora dell’anno, richiede da noi di oltrepassare in un certo senso i limiti della nostra coscienza, e della personale responsabilità morale. Il male che esiste nel mondo, che ci circonda e che minaccia l’uomo, le nazioni, l’umanità, sembra essere più grande, molto più grande, del male di cui si sente responsabile personalmente ciascuno di noi. È come se esso crescesse secondo la propria dinamica immanente e superasse le intenzioni dell’uomo; come se uscisse da noi ma non fosse di noi, per utilizzare ancora una volta le espressioni dell’Apostolo.
La nostra vita non ci manifesta forse simili dimensioni del male? L’ultimo anno non ci ha forse dimostrato un tale grado di minaccia che pensando ad essa l’uomo è portato a chiedersi se sia ancora a misura d’uomo, a misura della sua volontà e della sua coscienza?
Che cosa dire, oltre al resto, di tutte le manifestazioni di odio e di crudeltà che si nascondono sotto il nome del terrorismo internazionale? o sotto la forma del terrorismo, di cui è vittima l’Italia?
E che cosa dire dei giganteschi e minacciosi arsenali militari che, specialmente nell’ultimo scorcio di quest’anno, hanno richiamato l’attenzione del mondo intero e in particolare dell’Europa, dall’Oriente fino all’Occidente?
Si avrebbe voglia di dire, seguendo l’Apostolo, che quel male che si profila sull’orizzonte “è uscito da noi, ma non era di noi”, non è di noi. E giustamente. Nella storia dell’uomo opera non soltanto Cristo, ma anche l’Anti-Cristo. Eppure è necessario, sì, è tanto più necessario che l’uomo, ogni uomo, il quale in qualche modo si sente responsabile di tale minaccia sovrumana che pesa sull’umanità, si metta davanti al giudizio della propria coscienza; si metta davanti al giudizio di Dio.
4. Nel mondo era il Verbo . . . / “In lui era la vita / e la vita era la luce degli uomini; / la luce splende nelle tenebre, / ma le tenebre non l’hanno accolta” (Gv 1, 4-5).
Terminiamo così la nostra meditazione in occasione della fine dell’anno con un’affermazione del Vangelo di Giovanni. Essa porta in sé il messaggio del Natale; porta in sé la manifestazione della speranza, la voce dell’ottimismo cristiano.
Il Verbo è nel mondo. La luce splende nelle tenebre. Bisogna soltanto che noi porgiamo orecchio, a questo Verbo. Bisogna avvicinarsi a questa luce. Bisogna che noi ci stringiamo a Cristo, aderiamo a lui con tutta l’anima e con tutta la vita.
Allora possiamo avviarci con fiducia incontro ad ogni tempo, per quanto minaccioso sia il suo volto. “La grazia e la verità che vennero per mezzo di Gesù Cristo” (cf. Gv 1, 17) non cessano di essere la fonte del prevalere dell’uomo sul male. E anche nella nostra epoca sta crescendo la quantità dei fatti – dei fatti concreti – che lo confermano. Fatti che talvolta ci stupiscono con la loro eloquenza. Ogni anno termina nello splendore dell’ottava del Natale e ogni anno nuovo in tale splendore incomincia.
Questo è un segno evidente della immutabile presenza della grazia e della verità nel nostro tempo umano.

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