RIFLESSIONI SUL NATALE – AUTORI VARI

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RIFLESSIONI SUL NATALE – AUTORI VARI

DIO È VICINO A CIÒ CHE È PICCOLO
Dio nella piccolezza: questa la parola rivoluzionaria, appassionata dell’avvento: ecco Maria, anzitutto, la moglie del carpentiere – noi diremmo: la povera donna di un’ operaio – sconosciuta, insignificante agli occhi degli uomini.. proprio nella sua insignificanza, nella sua piccolezza agli occhi degli uomini, viene fatta oggetto dello sguardo e dell’elezione di Dio, per essere madre del salvatore del mondo. Non in virtù di qualche suo pregio umano, né per il suo pur grande timor di Dio; non a motivo della sua umiltà e neppure di una qualsivoglia sua virtù, ma solo ed esclusivamente perché la condiscendente volontà di Dio ama, elegge e fa grande ciò che è basso, insignificante e piccolo. Maria, la donna austera e timorata di Dio, che vive nell’antico testamento e spera nel suo redentore, l’umile donna di un operaio, la madre di Dio!
Dio non si vergogna della piccolezza dell’uomo, vi si coinvolge totalmente: sceglie un essere umano, lo fa suo strumento e compie il suo miracolo là dove meno lo si attende. Dio è vicino a ciò che è piccolo, ama ciò che è perduto, ciò che è insignificante, reietto, ciò che è debole, spezzato. Quando giungiamo, nella nostra vita, al punto di vergognarci dinanzi a noi stessi e dinanzi a Dio, quando arriviamo a pensare che è Dio stesso a vergognarsi di noi, quando sentiamo Dio lontano come mai nella nostra vita, ebbene, proprio allora Dio ci è vicino come mai; allora vuole irrompere nella nostra vita, allora ci fa percepire in modo tangibile il suo farsi vicino, così che possiamo comprendere il miracolo del suo amore, della sua prossimità, della sua grazia.
Dietrich Bonhoeffer

SALVARE IL NATALE
Per salvare il Natale nel suo significato più profondo e umano: questo scoprirsi fratelli, tutti bisognosi di salvezza, bisognosi l’uno dell’altro. Questo non saperci più soli: che non possiamo stare bene finché non sta bene anche l’ultimo dei nostri fratelli. Questo sentire che l’umanità è una sola, unica; e che ci salveremo tutti insieme o tutti insieme ci perderemo: che perfino Dio non può stare da solo: perciò viene e si fa uomo; viene ad abitare in mezzo agli uomini, a nascondersi nell’ultimo di tutti. Per dire come i più poveri e scartati della terra sono uomini. Dobbiamo riscoprire la gioia del donare! Salvandoci dalla profanazione dello scialo, da questo sacrilegio: che poi è perfino un’offesa all’estetica, oltre che negazione di umanità.
Perché non si può festeggiare il Natale e offendere le cose di questo mondo: qui è tutta una follia e un degrado generale. Ma come si fa a vivere in verità un Natale in questa temperie e in queste circostanze di cronache nere, di mala vita dilagante, in uno stato permanente di alienazione dell’ anima dalle sue più profonde motivazioni di vita?
Bisogna salvare il Natale, e sarà come intraprendere la via giusta per salvare noi stessi; sarà come riscoprire le più profonde ragioni dell’essere: la realizzazione dell’incontro dell’uomo con Dio.
Davide Maria Turoldo

IL NOSTRO POSTO PRESSO LA CULLA DI GESU’
Per essere presenti nel presepio non è necessario essere senza peccato. Anche la nostra miseria è uno stimolo all’amore di Dio. Occorre riconoscersi peccatori. Chi non sente la propria sconfinata miseria non può capire il mistero del Natale; né può capire la gioia d’essere un redento chi nulla ha da farsi perdonare da Gesù.
Poi ci vuole un po’ d’amore nel cuore. « Chi vede il fratello vede Gesù ». « Io avevo fame e tu non mi hai dato da mangiare: ero ignudo e non mi hai vestito…. »
Per questo Gesù che nasce è ancora solo.
Ma perché togliergli perfino la compagnia di Maria, Giuseppe, Pastori e Magi?
Chi possiamo mettere al posto della Madonna, se tante nostre donne non sentono più la grandezza della maternità? Se hanno paura del « bambino » come di chi viene a guastare la loro piccola felicità?
Quali custodi al posto di Giuseppe, se i papà si scordano che i figli hanno l’anima oltre che lo stomaco? Se hanno case spalancate per tutto il male che c’è nel mondo?
E i Pastori… Anche noi poveri abbiamo dimenticato di guardare in alto, verso le notti stellate; non intendiamo più che il linguaggio del denaro…
E i Magi… Quelli che studiano hanno così rimpicciolito il mistero, hanno reso così brutto l’infinito, così pratico il sapere da farlo diventare un profitto più che una guida. Che può mai trovare tra le stelle chi non sa neppur leggere nei libri?
Gesù è ancora solo.
Venga presto il Natale dell’umanità, quando tutti gli uomini riprenderanno il loro posto presso la culla di Gesù: madonne, guardiani, pastori, magi di un avvento che sarà la festa del mondo.
Don Primo Mazzolari (1958)

IL GIORNO DEI DESIDERI PIÙ COMUNI
Chi resta insensibile al Natale? I cristiani celebrano questa ricorrenza da circa diciassette secoli. Siccome per loro Gesù di Nazareth era il messia, il vero sole, vollero celebrarlo nel momento dell’anno in cui il sole ricominciava a vincere la notte e cessa il declinare all’orizzonte per sorgere vittorioso sempre più in alto. Sì, Gesù, quello che i cristiani credono inviato da Dio tra gli uomini, non è apparso miracolosamente, scendendo in gloria dai cieli, come negli schemi classici, ma è comparso come un neonato, venuto al mondo come ciascuno di noi. Il Dio eterno che si fa mortale, il Dio infinito che si fa piccolo, il Dio onnipotente che si fa debole e appare tra gli uomini come un bambino, nasce, cresce, come qualsiasi essere umano, minacciato dalla morte, vittima della malvagità di alcuni uomini: tutto questo ha immesso nella festa del Natale qualcosa che tocca tutti perché riguarda ogni uomo. Così il Natale è diventato la celebrazione della nuova vita che continua, è diventato il giorno in cui si osano manifestare i desideri più comuni e più umani: desiderio di amore, innanzitutto, di amare e di essere amati; desiderio di felicità, cercato da tutti come realtà che dà il senso primario alla vita; desiderio di pace che permette di pensare se stessi e la vita senza liti né inimicizie, senza violenza né ingiustizia. (…) Forse, tradurre questa verità di fede in termini parlanti per gli uomini e le donne di oggi può apparire impresa ardua, eppure basta farsi carico del proprio essere uomo, basta farsi prossimo di chi è nel bisogno, partendo dalle realtà più quotidiane, dalle persone che ci stanno accanto, dal nostro comune bisogno di cibo, di affetto, di ascolto di pace, di perdono. In fondo la stessa consuetudine di scambiarci auguri e regali cosa significa se non cercare di dire all’altro che ci sta a cuore, che pensiamo a lui, che desideriamo che sia felice, che vorremmo essere nella gioia insieme, non l’uno senza l’altro, non l’uno contro l’altro?
Enzo Bianchi

UNO CHE HA CAMMINATO SULLE NOSTRE STRADE
La fede cristiana confessa che gli uomini sono fatti ad immagine di Dio; ognuno di essi è capace di fare il bene, è capace di amore, di comunicazione, di solidarietà: anche l’uomo più delinquente, più ostile agli altri uomini e nemico della convivenza civile, mantiene in sé questa capacità, che è solo umana, di amore per l’altro. E proprio per questo, perché gli uomini siano più uomini, Dio si è fatto uomo per insegnarci a vivere in questo mondo in un modo che canti la vita e sia lotta contro il potere della morte. Nella fede si contempla Dio diventato bambino, uno di noi, uno che ha camminato sulle nostre strade accanto a noi, come un viandante che offre la sua mano a chi vuole camminare con lui. Allora il Natale è festa nonostante le asprezze e le ferite che attraversano il cammino.
Enzo Bianchi

LA FEDE: UN BAMBINO DA PORTARE IN BRACCIO
Una porta si schiude da qualche parte sulla terra, quella di un povero alloggio dove brilla il fieno di una mangiatoia. Nello stesso istante una porta si schiude nel cielo, quella di una stella che trafigge la notte. Porta doppia e unica, solstiziale. Il sole è appena entrato nella fase ascendente del suo ciclo. Un bambino che è appena nato crescerà e illuminerà il mondo. La fede è un bambino che non concede riposo, che non si adatta a nessuna abitudine, soprattutto all’indolenza, alla tiepidezza, e che prova ripugnanza per ogni compromesso. È un bambino ribelle, tanto vulnerabile quanto temerario, tanto meditabondo quanto avventuroso. Un bambino nato in piena notte e destinato per sempre alla prova della notte, eppure incessantemente mosso dal desiderio della luce. Un bambino più leggero di una pagliuzza – basta un nonnulla a farlo volar via, svanire-, ma anche pesante quanto il mondo. Un bambino da portare in braccio, giorno dopo giorno, fino allo stremo delle forze, fino all’ultimo respiro.
Questa è la Natività: un invito a farsi carico del bambino dalla genealogia misteriosa e stupefacente, ad assicurare di salvarlo dalla furia delle tempeste, siano esse dentro o fuori. È assumersi la responsabilità affidata a Giuseppe, il primo a cui spettò. Infatti, nella notte della Natività, è chiesto a ognuno di dare il cambio a Giuseppe. La fede vive in un’infanzia perpetua, non può mai dichiararsi fatta e finita, sicura della sua forza e della sua resistenza; richiede sempre vigilanza e lavoro.
Sylvie Germain

LA GROTTA DI BETLEMME
Cos’è la grotta è la profondità della terra, è la profondità della coscienza dell’uomo, dove il Verbo di Dio discende. Nella nostra grotta non ci sono solo tendenze spaventose…in noi c’è il Figlio di Dio, con la sua tenue luce che vuole illuminarci, la cui bontà colpirà tutte le nostre passioni e le trasformerà in elementi di vita.
Dobbiamo sentire la ‘grotta’ non soltanto come spazio geografico, ma come spazio psicologico.
“Inutilmente Cristo nasce in Betlemme se non nasce in te!” (Angelo Silesius ‘Il pellegrino cherubico’ ).
Siamo noi che dobbiamo diventare coscienti che nella nostra grotta c’è il bambino divino che vuole crescere, illuminarci, trasformarci, e deve nascere in noi. E in noi nasce quando riusciamo a fare silenzio, ad avvolgerci di tenebra.
Giovanni Vannucci “Il passo di Dio” pag. 294-296
Meditazioni per l’avvento Ed. Paoline

Publié dans : meditazioni, NATALE E AVVENTO 2014 |le 27 décembre, 2014 |Pas de Commentaires »

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