Archive pour le 28 novembre, 2014

Guercino (Giovan Francesco Barbieri) – God the Father and Angel

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OMELIA: 1° DOMENICA DI AVVENTO – “TU SEI NOSTRO PADRE!”

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OMELIA: 1° DOMENICA DI AVVENTO – “TU SEI NOSTRO PADRE!”

«Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani». Questa affermazione del profeta Isaia tratteggia bene la situazione del cristiano che, ogni anno, si ritrova a vivere un nuovo anno liturgico…

Letture:
Isaia 63, 16 – 64, 7
1 Corinzi 1, 3-9
Marco 13, 33-37

«Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani» (Is 64,7).
Questa affermazione del profeta Isaia, che ascolteremo nella prima lettura, tratteggia bene la situazione del cristiano che, ogni anno, si ritrova a vivere un nuovo anno liturgico, ritmato dalla vita e dal vangelo di Gesù: vita e vangelo che devono modellare l’esistenza stessa del cristiano.
Siamo chiamati a diventare noi «vangelo», attraverso l’accoglienza e l’adesione a questo mistero. Accoglienza e adesione che cominciano da una certezza: «Signore, tu sei nostro padre». Certezza di essere, dunque, figli amati, creati, modellati e plasmati da lui: «noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani».
Che meraviglia, che stupore sapere di essere in queste mani! Che gioia e che forza ci dovrebbe comunicare questa affermazione!
Iniziando così l’Avvento, credo che sia più facile fare nostro il grido di questo tempo liturgico: «Maranatha, Vieni Signore Gesù»; un grido che è certezza di una presenza, speranza di una pienezza di vita con lui. Maranatha! Maranatha!Il cristiano sa che il Signore è presente e non abbandona nessuno.
Il profeta Isaia, nella sua riflessione, parla con Dio e più volte gli racconta come vanno le cose: male. “Il nostro cammino è un vagare lontano dalle tue vie, dice Isaia parlando a nome di tutto il popolo; abbiamo peccato contro di te e siamo stati ribelli; le nostre azioni sono come panno immondo, siamo avvizziti come foglie secche, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento; abbiamo sbagliato e tu ci hai lasciato in balia delle nostre iniquità”.
Di fronte a questa realtà, Isaia ricorda il passato: non è sempre stato così, ci fu un tempo in cui il Signore compiva per il popolo cose terribili, apriva la strada davanti ai nemici…
Isaia, ricordando il passato, invoca il Signore e gli dice: torna da noi. È curioso l’argomento che il profeta usa per convincere il Signore; non dice, per esempio: abbiamo capito il nostro errore e non lo rifaremo più; oppure: adesso ci impegniamo, siamo migliorati. Non fa leva sulla propria determinazione a cambiare, ma sui sentimenti di Dio: «Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani».
La salvezza è proprio questa: la fedeltà di Dio! Dunque proprio questo brano ci aiuta a capire l’invito di Gesù del vangelo a vegliare, a non spegnere in noi l’attesa; Isaia ci ricorda che Colui che attendiamo non è uno sconosciuto: già l’abbiamo incontrato, già si è preso cura di noi, già ci ha manifestato il suo amore e la sua clemenza. Egli è fedele e non dimentica. Occorre qualificare l’attesa con la memoria, il ricordo di un Dio per noi e con noi sempre!
Un’attesa fatta di amore, di desiderio. Quanto desiderio c’è nel grido di Isaia: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi!». Quanto desiderio e speranza nel salmo di questa domenica: «Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi». Chi ama il Signore lo desidera; chi lo desidera lo attende; chi lo attende veglia, non si lascia andare.
Come vegliare? Cosa fare? Sono domande giuste, ma prima di tutto c’è un “chi” attendere. Se il nostro desiderio non è tutto per il Signore Gesù Cristo, personalmente amato, il fare ha poco significato.
Cari amici, in questa prima domenica di Avvento, la Parola ascoltata è una grande invocazione di speranza.
«Se tu squarciassi i cieli e scendessi!». Non è un pio desiderio ma è l’invocazione di un dono che è già stato fatto. Gesù Cristo ha già squarciato i cieli ed è disceso perché nessuna situazione di disagio, di incertezza o di peccato fosse senza uscita. Egli ha vinto la morte. È questo il vero e ultimo desiderio di ogni uomo, la vocazione del cristiano: la risurrezione dei morti, l’ultima speranza dell’uomo.
L’Avvento, nella celebrazione dell’unico Mistero di salvezza ci fa riappropriare di quel culmine e di quella sorgente che è capace in sé di nutrire la fede, la speranza e la carità dei credenti e di rivelarli al mondo. È l’eucaristia che celebriamo e dalla quale anche la nostra fede, ora in questo momento viene nutrita.
Vieni Signore Gesù! Maranatha! «Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani». Vieni Signore Gesù! Maranatha!

30 NOVEMBRE 2014| 1 A DOMENICA DI AVENTO B | OMELIA

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30 NOVEMBRE 2014| 1 A DOMENICA DI AVENTO B | OMELIA

DIO VIENE COME NOSTRO REDENTORE

Il nuovo anno liturgico si apre oggi con l’Avvento che comprende quattro domeniche e relative settimane, in preparazione del S. Natale.
L’Avvento, secondo il significato della stessa parola, ha lo scopo di prepararci alla venuta del Signore.
S. Bernardo ci ricorda che la « venuta » del Signore è triplice: la prima venuta è costituita dal S. Natale, quando il Figlio di Dio « apparso nell’umiltà della nostra natura umana…portò a compimento la promessa antica, e ci aprì la via dell’eterna salvezza » (Prefazio);
l’ultima, quella futura, sarà la venuta di Gesù giudice dell’universo, alla fine del mondo, « quando verrà nello splendore della sua gloria, potremo alla fine ottenere, in pienezza di luce, i beni promessi che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa » (Prefazio);
vi è però una « venuta intermedia », nascosta, intima, interiore: è la venuta di Gesù nel cuore degli uomini, « nella potenza dello Spirito Santo ».
Gesù nel Vangelo di Giovanni ci dice infatti: « Se qualcuno mi ama, osserverà la mia parola e mio Padre lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora in lui  » (Gv 14,23).
Il profeta Isaia, nel brano della 1a lettura, constata la condizione di oppressione e di disgregazione del suo popolo, e scopre che la causa ultima di tale stato è il peccato, l’infedeltà a Dio, l’indurimento del cuore ed il vagare lontano da Dio. « Abbiamo peccato contro di Te da lungo tempo e siamo stati ribelli…Siamo diventati tutti come cosa impura; …tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come foglie al vento…ci hai messo in balia delle nostre iniquità ».
Sono parole di un realismo molto espressivo, che mettono in evidenza la forza distruggitrice del peccato che sbriciola l’interiorità dell’uomo, togliendogli ogni capacità di resistenza al male ed ogni volontà di bene.
È necessario che intervenga Dio; senza di lui nulla si rinnova nel cuore dell’uomo…solo lui può plasmare, come l’argilla, il cuore dell’uomo e rinnovarlo dal di dentro.
Il profeta Isaia esprime tutta la sua fiducia nell’intervento di Dio, perché Dio è Padre, « e noi siamo argilla » fragile, ma plasmata da lui, « siamo opera delle sue mani » e Dio non può lasciar perire le sue creature.
Come è attuale il messaggio di Isaia! Lo possiamo applicare perfettamente al nostro tempo ed alla nostra società, che sembrano più che mai in fase di disfacimento proprio dal loro interno; ci sentiamo anche noi « in balia delle nostre iniquità ». Ed anche noi dobbiamo riconoscere che la causa di questa disgregazione è ancora e sempre il peccato, l’allontanamento cioè da Dio, la dimenticanza, o addirittura il disprezzo della sua legge.
Anche noi constatiamo la necessità che Dio venga in nostro aiuto, ed imploriamo la venuta del Salvatore, che venga a cambiare il cuore dell’uomo di oggi: « Se tu squarciassi i cieli e scendessi! ».
Ma noi, più del profeta, dobbiamo essere pieni di fiducia, perché sappiamo quanto Dio ha già fatto per noi, sacrificando il suo Figlio, inviato a salvarci.
Dio Padre, ci dice S. Paolo nella lettera ai cristiani di Corinto, ci ha già fatto dono del suo Figlio, e con lui ci ha già fatto dono di ogni grazia, per liberarci definitivamente dal peccato.
Noi dobbiamo però collaborare con il nostro impegno personale ed operare per il trionfo del bene sul male, in noi ed attorno a noi.
Nel Vangelo Gesù ci esorta alla vigilanza, in attesa della sua venuta. Vigilanza che non è disimpegno, ma che anzi è senso di responsabilità, perché il Signore, come nella parabola, ha assegnato ad ognuno di noi un compito da eseguire, del quale ci chiederà conto; vigilanza che implica impegno nella lotta per vincere il male con il bene, e comporta attenzione e prontezza nel cogliere i segni attraverso i quali Egli ci parla, cioè: la sua Parola ed i Sacramenti, la voce della Chiesa, le buone ispirazioni, il fratello, la sorella che ci chiede un aiuto, il nostro dovere quotidiano che pesa, le piccole gioie da gustare, le tribolazioni che mettono alla prova la nostra fedeltà.
È sempre Lui che bussa alla nostra porta in tutti questi modi.
Rendiamoci allora familiare, nella nostra giornata, la preghiera con la quale abbiamo iniziato questa assemblea liturgica: « O Dio, nostro Padre, suscita in noi la volontà di andare incontro con le buone opere al tuo Cristo che viene, perché Egli ci chiami accanto a sé nella gloria ».
Abbiamo iniziato, in questi giorni, la Novena in preparazione alla festa dell’Immacolata.
La Madonna che ci porta Gesù nel Natale, ci aiuti a preparare il nostro cuore per la sua venuta, perché lo trovi ricco di buone opere e caldo di amore.

D. Mario MORRA SDB

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