Archive pour le 27 novembre, 2014

San Francesco e il lupo

 San Francesco e il lupo dans immagini sacre FrancisOfAssisiAndTheWolf
http://www.richardpgibbs.org/2013/10/saint-francis-of-assisi.html

Publié dans:immagini sacre |on 27 novembre, 2014 |Pas de commentaires »

LA BIBBIA E LA SCIENZA DEI NUMERI – GIANFRANCO RAVASI

http://www.parrocchiacolombella.it/rassegnastampa/chiesa/3631-la-bibbia-e-la-scienza-dei-numeri-g-ravasi

LA BIBBIA E LA SCIENZA DEI NUMERI – GIANFRANCO RAVASI

23 luglio 2012

La salvezza in una cifra

Anche chi non ha una grande assuefazione coi testi sacri sa che essi sono costellati di numeri che spesso non devono essere computati quantitativamente, ma valutati qualitativamente, cioè come simboli. Così, che la creazione dell’universo sia dalla Genesi distribuita nei sette giorni della settimana, destinata ad avere il suo apice nel sabato liturgico, è legato al fatto che il sette è un segno di pienezza e perfezione, naturalmente coi suoi multipli. In questa luce si comprende perché si scelgano nell’Apocalisse sette chiese, perché Gesù ci ammonisca di perdonare non solo sette volte, ma settanta volte sette, perché l’oro puro sia «raffinato sette volte», come si dice nel Salmo 12,7, perché settanta siano gli anziani del «senato» costituito da Mosè, settanta i discepoli inviati in missione da Gesù, settanta siano gli anni dell’esilio babilonese e settanta settimane d’anni scandiscano l’avvento finale del regno messianico, secondo il libro di Daniele (9, 24).
Ugualmente al tre viene assegnato un valore di pienezza, come appare in modo supremo nella Trinità cristiana, ma come si aveva già in tante altre distinzioni ternarie bibliche: tre erano le parti dell’universo (cielo, terra, inferi), tre le feste principali di Israele (Pasqua, Settimane, Capanne), tre preghiere marcavano la giornata, tre giorni Gesù rimane nella tomba (anche se questo computo è in realtà solo su frazioni giornaliere). Il quattro, evocando i punti cardinali, propone una totalità: ecco perché quattro sono gli esseri viventi misteriosi che stanno accanto a Dio Onnipotente secondo l’Apocalisse, così come i quattro fiumi che scorrono dall’Eden rappresentano tutto il sistema idrografico della terra, mentre Qohelet-Ecclesiaste nel capitolo 3 del suo libro tratteggia l’intera storia in ventotto (7 x 4) «tempi e momenti».
È dal quattro che fluisce il multiplo quaranta, intrecciato con un altro numero che indica pienezza, il dieci (si pensi al Decalogo): quaranta sono i giorni e le notti del diluvio, gli anni dell’esodo di Israele nel deserto, i giorni delle tentazioni di Gesù, i colpi della fustigazione del condannato e così via elencando. Altrettanto significativo è il dodici che ritroviamo nelle tribù di Israele, nel parallelo degli apostoli di Gesù e nel multiplo 144.000 (12 x 12 x 1000) degli eletti dell’Apocalisse. Altre volte i giochi simbolici si fanno più complessi, come accade nella formula x/x+1: «Tre cose sono troppo ardue per me, anzi quattro, che non comprendo affatto: la via dell’aquila nel cielo, la via del serpente sulla roccia, la via della nave in alto mare, la via dell’uomo verso una giovane donna» (Proverbi 30, 18-19).
Le cose si complicano ulteriormente nel giudaismo successivo, quando appare una particolare numerologia chiamata “gematria”, deformazione della parola “geometria”. Essa cercava di intuire il significato recondito e segreto delle parole basandosi sulla corrispondenza numerica delle lettere.
Questo esercizio trionferà nella cosiddetta Qabbalah (letteralmente “realtà trasmessa”, “tradizione”), una teoria mistica giudaica fiorita a partire dal XII secolo e che ha lasciato una traccia in vari movimenti esoterici moderni e in forme popolari, anche contemporanee, di taglio spesso cialtronesco e illusorio. Un esempio celebre di “gematria“ cristiana è il famoso 666, il «numero della Bestia», proposto dall’Apocalisse (13, 18), forse il libro biblico più ricco di simbolismi numerici (tra cardinali, ordinali e frazionali in quelle pagine si contano ben 283 cifre!). Si tratta ovviamente di un multiplo di sei, il numero imperfetto per eccellenza, dato che esso rappresenta il sette privato di un’unità e il dodici dimezzato. Siamo, dunque, in presenza di un concentrato di limite e imperfezione il cui valore “gematrico” è stato variamente interpretato. La più comune decifrazione vede in esso la somma dei valori numerici del nome “Nerone Cesare”, trascritto in ebraico come NRWN QSR (N 50 + R 200 + W 6 + N 50 + Q 100 + S 60 + R 200 = 666), il grande persecutore dei cristiani. Alla base di tutta la numerologia biblica rimane, comunque, la convinzione che il Signore – come si legge nel libro della Sapienza che forse evoca una frase di Platone – «ha disposto ogni cosa con misura, calcolo e peso» (11, 20).

1. L’unitàIl numero 1 è la cifra della divinità per eccellenza: Dio è unico. «Ascolta, Israele, il Signore è nostro Dio, il Signore è uno» (Dt 6,4)
3. La totalità Il simbolo della Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo). Ma anche le tre tentazioni che Gesù subisce da parte del diavolo nel deserto e che indicano i principali rischi dell’uomo: potere, ricchezza, fama.
4. La terra e il cosmo I punti cardinali sono 4. Così, quando la Genesi (2, 10-14) descrive i 4 fiumi che bagnavano i lati dell’Eden, vuol dire che il cosmo nella sua totalità era un paradiso. Prima del peccato di Adamo ed Eva…
6. L’uomo e le opere Sette meno uno: è il numero che rappresenta la perfezione mancata, ma anche le opere dell’uomo: non per caso «Dio ha creato l’uomo il sesto giorno» (Gn 1,26)
7. La perfezione Sette è invece il numero che segnala la perfezione delle opere di Dio: la settimana della creazione come «cosa buona» si completa infatti solo col sabato. Anche nel libro di Giosuè le mura di Gerico crollano dopo una processione di 7 giorni.
10. La memoria 10 come le piaghe d’Egitto (Es 7-12), 10 come gli antenati che stanno fra Adamo e Noè e fra Noè e Abramo (Gn 5)… Soprattutto 10 come i comandamenti dati da Dio a Mosè (Es 20,1-17): da ricordare contandoli sulle dita delle mani.
12. L’elezione È la cifra che sta a significare la scelta del Signore, il numero dell’elezione: le 12 tribù d’Israele, i 12 apostoli… Per estensione, è il numero che designa il popolo di Dio (dell’Antico e del Nuovo Testamento) nella sua totalità.
40. Il cuore, le generazioni Sono gli anni di una generazione e dunque il tempo necessario per un cambiamento, una conversione radicale. Per questo il Diluvio universale si prolunga 40 giorni e 40 notti (è il passaggio a un’umanità nuova) e gli israeliti soggiornano 40 anni nel deserto. 

Publié dans:CAR. GIANFRANCO RAVASI, Cardinali |on 27 novembre, 2014 |Pas de commentaires »

PAPA FRANCESCO: LA CHIESA – 14. UNIVERSALE VOCAZIONE ALLA SANTITÀ

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2014/documents/papa-francesco_20141119_udienza-generale.html

PAPA FRANCESCO

UDIENZA GENERALE

(l’Udienza del 26 sul mio blog: la pagina di San Paolo, mi interessava di presentare la riflessione del Papa su Rm 8

Piazza San Pietro

Mercoledì, 19 novembre 2014

LA CHIESA – 14. UNIVERSALE VOCAZIONE ALLA SANTITÀ

Cari fratelli e sorelle, buongiorno.

Un grande dono del Concilio Vaticano II è stato quello di aver recuperato una visione di Chiesa fondata sulla comunione, e di aver ricompreso anche il principio dell’autorità e della gerarchia in tale prospettiva. Questo ci ha aiutato a capire meglio che tutti i cristiani, in quanto battezzati, hanno uguale dignità davanti al Signore e sono accomunati dalla stessa vocazione, che è quella alla santità (cfr Cost. Lumen gentium, 39-42). Ora ci domandiamo: in che cosa consiste questa vocazione universale ad essere santi? E come possiamo realizzarla?
1. Innanzitutto dobbiamo avere ben presente che la santità non è qualcosa che ci procuriamo noi, che otteniamo noi con le nostre qualità e le nostre capacità. La santità è un dono, è il dono che ci fa il Signore Gesù, quando ci prende con sé e ci riveste di se stesso, ci rende come Lui. Nella Lettera agli Efesini, l’apostolo Paolo afferma che «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa» (Ef 5,25-26). Ecco, davvero la santità è il volto più bello della Chiesa, il volto più bello: è riscoprirsi in comunione con Dio, nella pienezza della sua vita e del suo amore. Si capisce, allora, che la santità non è una prerogativa soltanto di alcuni: la santità è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano.
2. Tutto questo ci fa comprendere che, per essere santi, non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi: no, tutti siamo chiamati a diventare santi! Tante volte, poi, siamo tentati di pensare che la santità sia riservata soltanto a coloro che hanno la possibilità di staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera. Ma non è così! Qualcuno pensa che la santità è chiudere gli occhi e fare la faccia da immaginetta. No! Non è questo la santità! La santità è qualcosa di più grande, di più profondo che ci dà Dio. Anzi, è proprio vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno che siamo chiamati a diventare santi. E ciascuno nelle condizioni e nello stato di vita in cui si trova. Ma tu sei consacrato, sei consacrata? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione e il tuo ministero. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un battezzato non sposato? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro e offrendo del tempo al servizio dei fratelli. “Ma, padre, io lavoro in una fabbrica; io lavoro come ragioniere, sempre con i numeri, ma lì non si può essere santo…” – “Sì, si può! Lì dove tu lavori tu puoi diventare santo. Dio ti dà la grazia di diventare santo. Dio si comunica a te”. Sempre in ogni posto si può diventare santo, cioè ci si può aprire a questa grazia che ci lavora dentro e ci porta alla santità. Sei genitore o nonno? Sii santo insegnando con passione ai figli o ai nipoti a conoscere e a seguire Gesù. E ci vuole tanta pazienza per questo, per essere un buon genitore, un buon nonno, una buona madre, una buona nonna, ci vuole tanta pazienza e in questa pazienza viene la santità: esercitando la pazienza. Sei catechista, educatore o volontario? Sii santo diventando segno visibile dell’amore di Dio e della sua presenza accanto a noi. Ecco: ogni stato di vita porta alla santità, sempre! A casa tua, sulla strada, al lavoro, in Chiesa, in quel momento e nel tuo stato di vita è stata aperta la strada verso la santità. Non scoraggiatevi di andare su questa strada. E’ proprio Dio che ci dà la grazia. Solo questo chiede il Signore: che noi siamo in comunione con Lui e al servizio dei fratelli.
3. A questo punto, ciascuno di noi può fare un po’ di esame di coscienza, adesso possiamo farlo, ognuno risponde a se stesso, dentro, in silenzio: come abbiamo risposto finora alla chiamata del Signore alla santità? Ho voglia di diventare un po’ migliore, di essere più cristiano, più cristiana? Questa è la strada della santità. Quando il Signore ci invita a diventare santi, non ci chiama a qualcosa di pesante, di triste… Tutt’altro! È l’invito a condividere la sua gioia, a vivere e a offrire con gioia ogni momento della nostra vita, facendolo diventare allo stesso tempo un dono d’amore per le persone che ci stanno accanto. Se comprendiamo questo, tutto cambia e acquista un significato nuovo, un significato bello, un significato a cominciare dalle piccole cose di ogni giorno. Un esempio. Una signora va al mercato a fare la spesa e trova una vicina e incominciano a parlare e poi vengono le chiacchiere e questa signora dice: “No, no, no io non sparlerò di nessuno.” Questo è un passo verso la santità, ti aiuta a diventare più santo. Poi, a casa tua, il figlio ti chiede di parlare un po’ delle sue cose fantasiose: “Oh, sono tanto stanco, ho lavorato tanto oggi…” – “Ma tu accomodati e ascolta tuo figlio, che ha bisogno!”. E tu ti accomodi, lo ascolti con pazienza: questo è un passo verso la santità. Poi finisce la giornata, siamo tutti stanchi, ma c’è la preghiera. Facciamo la preghiera: anche questo è un passo verso la santità. Poi arriva la domenica e andiamo a Messa, facciamo la comunione, a volte preceduta da una bella confessione che ci pulisca un po’. Questo è un passo verso la santità. Poi pensiamo alla Madonna, tanto buona, tanto bella, e prendiamo il rosario e la preghiamo. Questo è un passo verso la santità. Poi vado per strada, vedo un povero un bisognoso, mi fermo gli domando, gli do qualcosa: è un passo alla santità. Sono piccole cose, ma tanti piccoli passi verso la santità. Ogni passo verso la santità ci renderà delle persone migliori, libere dall’egoismo e dalla chiusura in se stesse, e aperte ai fratelli e alle loro necessità.
Cari amici, nella Prima Lettera di san Pietro ci viene rivolta questa esortazione: «Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia come con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo» (4,10-11). Ecco l’invito alla santità! Accogliamolo con gioia, e sosteniamoci gli uni gli altri, perché il cammino verso la santità non si percorre da soli, ognuno per conto proprio, ma si percorre insieme, in quell’unico corpo che è la Chiesa, amata e resa santa dal Signore Gesù Cristo. Andiamo avanti con coraggio, in questa strada della santità.

 

PUERI CANTORES SACRE' ... |
FIER D'ÊTRE CHRETIEN EN 2010 |
Annonce des évènements à ve... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | Vie et Bible
| Free Life
| elmuslima31