Parabola dei Talenti

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LA DONNA NELL’ANTICO TESTAMENTO
di Pamela Salvatori
La Sacra Scrittura delinea i tratti della donna perfetta, moglie e madre virtuosa, donna zelante, attenta, fedele, premurosa, sensibile, generosa e sempre pronta a provvedere alla sua famiglia. La donna descritta nel libro dei Proverbi al capitolo 31 è timorata di Dio, saggia, attenta, lodata dai figli e alle porte della città per la sua modestia e intelligenza. Il Libro del Siracide al capitolo 26 definisce la donna virtuosa una “buona sorte” per il marito, pudica, modesta e silenziosa. Da ciò si deduce il ruolo fondamentale della donna nella società e nel mondo, colonna portante della famiglia e gioia della sua casa. Si comprende che colei che ama e teme il Signore con tutto il cuore, la mente e con tutte le forze, sviluppa appieno le sue potenzialità di donna e di madre. Creata da Dio per affiancare e sostenere l’uomo, essa è molto diversa da lui per sensibilità d’animo e dolcezza, possiede doti per natura che, se valorizzate adeguatamente, le permettono di brillare come luce nel mondo e di fare molto del bene per l’umanità. Ma solo affidandosi a Dio, la donna può comprendere la grandezza dell’essere donna, la bellezza che il suo volto e la sua persona sono chiamati ad esprimere come riflesso del volto materno di Dio.
Non bisogna pensare che una donna senza figli non sia in grado di essere madre. In realtà la maternità è qualcosa di insito nella donna, presente in lei sempre e comunque, indipendentemente dalla prole. La donna è madre anche quando non ha figli. Non è un caso che grandi donne senza figli, siano state più materne di molte madri naturali per l’umanità intera. Perché hanno lasciato che il Signore operasse in loro grandi cose, quei prodigi di grazia per cui erano state create, per accendere un fuoco d’amore lì dove amore non c’era. La donna possiede in sé quei tratti tipicamente materni e femminili che non vanno sottovalutati e repressi per nessuna ragione, perché sono proprio quei tratti che la rendono unica. La diversità della donna rispetto all’uomo non va limitata all’aspetto fisico, come spesso oggi accade. La donna differisce dall’uomo soprattutto nell’intimo della persona, nella sfera interiore e razionale. Se l’uomo spicca per forza e razionalità, la donna si distingue per sensibilità, intuito e tenerezza. Così l’uno ha bisogno dell’altra, per completarsi a vicenda, voluti proprio da Dio complementari e vicendevolmente necessari. Dunque la donna arricchisce l’uomo e lo completa quanto più essa si impegna ad essere donna e lo stesso si può dire per l’uomo. Nella donna « perfetta » l’uomo troverà la sua gioia. Perché avrà in lei un sostegno e un aiuto validi e stabili, così come Dio ha pensato dall’eternità, scoprirà di avere al fianco un punto fermo, sicurezza, calore, condivisione, fedeltà e attenzione, e potrà con lei stabilire un solido rapporto di amore, complicità e comprensione profonda, che lo porterà felicemente a realizzarsi e a compiere la sua missione nel mondo secondo il Cuore di Dio. Si tratta di un mistero grande e sorprendente, affascinante e da meditare per comprendere quale sia il valore di ogni persona agli occhi di Dio. La donna che valorizza esclusivamente il suo corpo trascurando la sua interiorità, per quanto possa risultare piacevole alla vista e desiderabile alla concupiscenza umana, svaluta se stessa e perde sia di bellezza che di autenticità: “Fallace è la grazia e vana è la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare” (Pr 31,30). La donna che entra in competizione con l’uomo, che non provvede alla crescita spirituale della sua famiglia e non fa della sua casa una « chiesa domestica », non riconosce la bellezza del suo ruolo nel mondo e nella società e danneggia gravemente non solo la sua stessa vita, ma anche le sorti dell’uomo, che manca di una fondamentale « colonna di appoggio » (Sir 36,24) e di conseguenza, come dice la Scrittura « dove non c’è moglie l’uomo geme randagio » (Sir 36,25). La donna è una ricchezza inesauribile, se apprezzata e valorizzata alla luce della grazia da se stessa prima che da chi le sta intorno. Essa è chiamata a cooperare con Dio e a lasciarsi plasmare da Lui per far risplendere la Sua bellezza nei tratti del suo essere, ma per riuscire in questo deve essere in profonda amicizia con Dio e ascoltare la Sua voce, per imparare a conoscere il suo cuore, dove Dio le parla e la guida per realizzarsi pienamente nella sua missione di donna nel mondo.
Per comprendere meglio cosa significhi essere donna bisogna volgere lo sguardo alla DONNA per eccellenza, Maria. In Maria ogni donna, in ogni fase della sua esistenza, può trovare un punto di riferimento e un modello sicuro e altissimo a cui attenersi. Maria è pienamente donna e pienamente Madre, al punto da essere stata innalzata a Madre di Dio. Dio guardando a Maria ha trovato in lei il Suo “paradiso”, dice il santo di Montfort, il Suo tempio perfetto, il luogo del Suo riposo. La donna perfetta che poteva riscattare l’immagine decaduta della prima donna, permettendo al Signore di incarnarsi nel suo seno immacolato. In Maria tutte le peculiarità della donna sono state portate al grado più alto di perfezione, tutte valorizzate al massimo. Guardando a Lei, alla sua vita, leggendo le sue parole riportate nel Vangelo, scopriamo una donna straordinaria, nascosta agli occhi degli uomini, umile, riservata, pudica, attenta, silenziosa, premurosa, tenera, comprensiva, tanto grande nel suo universo interiore, santa di una santità straordinaria, dal cuore palpitante d’amore sincero e puro per Dio e per tutti gli uomini. La descrizione che i libri dell’Antico Testamento fanno della donna virtuosa, la troviamo incarnata nella Madre di Dio, così che ammirando Lei, ogni donna vede quello che anche lei è chiamata a diventare con l’aiuto della grazia e in unione al Signore. In Maria ogni donna può vedersi realizzata pienamente in tutta la sua bellezza e in un modo così reale e concreto da poterla prendere come sicuro riferimento di tutta la sua vita, per imparare da lei cosa fare e come fare per diventare una donna perfetta.
Proverbi 31
10 Una donna perfetta chi potrà trovarla?
Ben superiore alle perle è il suo valore.
11 In lei confida il cuore del marito
e non verrà a mancargli il profitto.
12 Essa gli dà felicità e non dispiacere
per tutti i giorni della sua vita.
13 Si procura lana e lino
e li lavora volentieri con le mani.
14 Ella è simile alle navi di un mercante,
fa venire da lontano le provviste.
15 Si alza quando ancora è notte
e prepara il cibo alla sua famiglia
e dà ordini alle sue domestiche.
16 Pensa ad un campo e lo compra
e con il frutto delle sue mani pianta una vigna.
17 Si cinge con energia i fianchi
e spiega la forza delle sue braccia.
18 È soddisfatta, perché il suo traffico va bene, neppure di notte si spegne la sua lucerna.
19 Stende la sua mano alla conocchia
e mena il fuso con le dita.
20 Apre le sue mani al misero,
stende la mano al povero.
21 Non teme la neve per la sua famiglia,
perché tutti i suoi di casa hanno doppia veste.
22 Si fa delle coperte,
di lino e di porpora sono le sue vesti.
23 Suo marito è stimato alle porte della città
dove siede con gli anziani del paese.
24 Confeziona tele di lino e le vende
e fornisce cinture al mercante.
25 Forza e decoro sono il suo vestito
e se la ride dell’avvenire.
26 Apre la bocca con saggezza
e sulla sua lingua c’è dottrina di bontà.
27 Sorveglia l’andamento della casa;
il pane che mangia non è frutto di pigrizia.
28 I suoi figli sorgono a proclamarla beata
e suo marito a farne l’elogio:
29 « Molte figlie hanno compiuto cose eccellenti,
ma tu le hai superate tutte! ».
30 Fallace è la grazia e vana è la bellezza,
ma la donna che teme Dio è da lodare.
31 Datele del frutto delle sue mani
e le sue stesse opere la lodino alle porte della città.
Siracide 26
1 Beato il marito di una donna virtuosa;
il numero dei suoi giorni sarà doppio.
2 Una brava moglie è la gioia del marito,
questi trascorrerà gli anni in pace.
3 Una donna virtuosa è una buona sorte,
viene assegnata a chi teme il Signore.
4 Ricco o povero il cuore di lui ne gioisce,
in ogni tempo il suo volto appare sereno.
…
13 La grazia di una donna allieta il marito,
la sua scienza gli rinvigorisce le ossa.
14 È un dono del Signore una donna silenziosa,
non c’è compenso per una donna educata.
15 Grazia su grazia è una donna pudica,
non si può valutare il peso di un’anima modesta.
16 Il sole risplende sulle montagne del Signore,
la bellezza di una donna virtuosa adorna la sua casa.
17 Lampada che arde sul candelabro santo,
così la bellezza del volto su giusta statura.
18 Colonne d’oro su base d’argento,
tali sono gambe graziose su solidi piedi.
Siracide 36
22 La bellezza di una donna allieta il volto;
e sorpassa ogni desiderio dell’uomo;
23 se vi è poi sulla sua lingua bontà e dolcezza,
suo marito non è più uno dei comuni mortali.
24 Chi si procura una sposa, possiede il primo dei beni,
un aiuto adatto a lui e una colonna d’appoggio.
25 Dove non esiste siepe, la proprietà è saccheggiata,
dove non c’è moglie, l’uomo geme randagio.
26 Chi si fida di un ladro armato
che corre di città in città?
27 Così dell’uomo che non ha un nido
e che si corica là dove lo coglie la notte.
16 novembre 2014 | 33a Domenica A | T. Ordinario | Omelia di approfondimento
PARABOLA DEI TALENTI: ATTESA OPEROSA
La prima Lettura fa parte di un poema sulla donna virtuosa, un ideale perfetto di donna di casa provvidente e operosa, tutta intenta al bene della famiglia, alla sua prosperità, e non solo a cose vane, superflue ed egoistiche.
Doni di grazia, individuali e familiari risplendono in questo gioiello, che la liturgia cristiana ha poi applicato all’elogio della santa madre di famiglia.
La seconda Lettura afferma che l’inattesa venuta del « momento » in cui incontreremo il Signore deve spingere i figli della luce alla vigilanza operosa e all’agire fruttuoso.
Il « momento » designato o voluto da Dio verrà, ma solo Dio conosce quando: a noi resta la responsabilità di vivere come se stesse sempre arrivando.
La parabola dei talenti mette in risalto la gratuità divina che dona a tutti, e sottolinea il fatto che l’uomo deve far fruttificare i doni di Dio, il quale chiederà conto a ognuno dei doni ricevuti.
Anche oggi nella liturgia domina il pensiero dell’incontro con Gesù. Una caratteristica, la vigilanza, è stata oggetto di meditazione domenica scorsa; oggi invece l’attenzione si sposta sull’altra caratteristica: l’operosità.
1. Azione controllata:
La parabola dei talenti ci ricorda il dovere dell’azione. I doni che abbiamo ricevuto, non ci sono stati dati perché siano oggetto di compiacente contemplazione; chi ha, deve dare, nella misura e nel genere del dono ricevuto.-
Il pensiero del ritorno del Signore non deve essere per noi una giustificazione all’inerzia. C’è il « porro unum necessarium: una sola cosa è necessaria del Signore che potrebbe trarci in inganno.
Assumere l’atteggiamento di Maria che lascia alla sorella Marta le faccende di casa; lasciar perdere e trascurare le cose del mondo per attendere unicamente alla preghiera e alla meditazione… è una tentazione vecchia di molti secoli; già San Paolo fu costretto ad occuparsene ai suoi tempi.
Vita e inerzia non possono coesistere: la vita è movimento .
E’ evidente, però, che movimento non è agitazione; e qui trova la sua spiegazione l’antitesi apparente tra Marta e Maria. « Tu ti affanni », fu il rimprovero di Gesù a Marta. L’agitazione, l’affanno sono disapprovati da Gesù: il movimento è voluto, e la parabola dei talenti ne è la conferma.
I primi due servi sono lodati, perché si sono preparati al ritorno del padrone mettendo a frutto i beni ricevuti.
Il terzo è rimproverato per la sua inerzia: il pensiero del ritorno del signore è stato per lui motivo di abbandono: non ha vissuto per il signore, ha vissuto per sé (ma di quale vita? d’inerzia…).
E’ importante l’intenzione nell’azione: bisogna agire per il Signore. Se i primi due servi avessero trafficato per se stessi, sarebbero stati rimproverati anche loro, come il collega indolente.
Che cosa sarebbe avvenuto se i primi due avessero « dichiarato » al padrone solo una parte del guadagno effettuato? Se avessero cioè trafficato per sé e non per il padrone? Forse sarebbe capitato loro come ad Anania e a Saffira…
Gesù vuole l’azione, ma anche la retta intenzione nell’agire: la parabola dei talenti ci dice anche questo. E’ la retta intenzione che dà valore di eternità all’opera umana
Una volta un pittore ricevette l’incarico di dipingere un quadro raffigurante la retta intenzione.
Ci pensò a lungo. Finalmente dipinse un vivace fanciullo che si affannava a scrivere… Accanto al bimbo dipinse un Angelo che metteva davanti a quegli zeri la cifra 1… Gli zeri diventavano milioni e miliardi!
Perfettamente esatto! Solo la retta intenzione dà valore di eternità alla povera attività umana.
2. Azione guidata:
Mettere a frutto, agire… ma in quale direzione?
Il libro dei Proverbi, con l’immagine della donna perfetta, ci dà un orientamento.
La donna perfetta si occupa di suo marito e delle faccende domestiche. Il desiderio di unione con Dio non ci può separare da coloro che la Provvidenza ci ha posto accanto.
Troppo spesso cerchiamo lontano il campo del nostro lavoro: Dio ci ricorda che, se vogliamo fare la sua volontà e amministrare degnamente i talenti che ci ha dati, il lavoro è a nostra portata di mano: sono i fratelli che ci vivono accanto.
Ognuno di noi dopo aver compreso che cosa siamo noi, dovremo sforzarci di capire che cosa sono gli altri. Partendo dal valore umano del prossimo, giungerà a cogliere in esso i tratti divini del Volto di Gesù, « primogenito tra molti fratelli ».
Bisogna evitare di costruirsi nella fantasia un prossimo amato tanto maggiormente, quanto meno ci scomoda e ci è lontano. Il prossimo vero è quello concreto, fatto di anima e di corpo, soprattutto di corpo: quello che mi urta in tram, che incrocio lungo un corridoio, quello che siede vicino a me in officina, in ufficio, in chiesa. E’ quella sorella con tutti i suoi difetti, ma anche con tutte le sue virtù.
Questo prossimo concreto è membro vivo di quell’unico Corpo mistico, a cui tutti apparteniamo…Occorre molta fede e molto amore: soprattutto amore fattivo, coerente, esigente con sé prima che con gli altri.
Potrà essere talvolta un membro malato, sfigurato, coperto di fango, forse di sangue…
Occorre molta fede e molto amore: soprattutto amore fattivo, coerente, esigente con sé prima che con gli altri… E’ necessario dare non solo del proprio, ma dare di sé.
Alcune volte, semplici cristiani, ci dànno dei punti a questo riguardo.
Scriveva una giovane: « L’altra sera sono passata a prendere Anna Maria al suo ufficio. Nella sala d’attesa c’era ancora parecchia gente: avevano tutti fretta e qualcuno guardava nervosamente l’orologio.
Varcata la soglia e avvicinatisi alla giovane, persino i più aggressivi venivano disarmati dalla bontà, dalla cortesia e dalla premura di quella piccola donna, che pareva messa là apposta per diffondere attorno a sé calma e fiducia.
Il segreto di quella serenità e di quella pazienza inalterabile, me lo confidò un giorno lei stessa: « Nella vita spirituale, se non vogliamo disperdere tante preziose energie, è assolutamente necessario avere un programma a cui uniformarci in ogni nostra attività.
Il mio è molto semplice: « Vedere Gesù in ogni persona che avvicino ». E a Lui dono la mia sollecitudine, la mia premura, il mio tempo e il mio sorriso.
Quando sono stanchissima ed ho più che mai bisogno di Lui, so che Egli è presente dove si trova il mio dovere. Ed è lì che Lo cerco ».
Di fronte a simili esempi ci sembra perfettamente esatta l’espressione che dice: « Il mondo dev’essere salvato da gente ordinaria, capace di fare le cose in un modo straordinario ».
3. Azione illuminata:
Dobbiamo realizzare l’affermazione di San Paolo: « Voi tutti siete figli della luce ».
Se viviamo nelle tenebre, non vediamo coloro che ci passano accanto, non li conosciamo e non li riconosciamo.
Ma se viviamo nella luce, vediamo, conosciamo e riconosciamo. Chi? Gesù! Sì, perché la luce di Gesù fa proprio questo: trasforma le cose e i volti. Alla sua luce, tutti i volti acquistano le sembianze di Lui.
La sua venuta non sarà dunque per noi una sorpresa; abituati a vivere con Lui e di Lui, Lo riconosceremo, quando ci si presenterà direttamente e non più attraverso i riflessi della sua luce.
E l’incontro sarà una festa: la festa del servo che gioioso potrà dire: « Signore, ecco i talenti che mi hai affidati, li ho raddoppiati »; la festa del servo, il quale dal Signore non si aspetta altro che la soavissima parola: « Bene, servo buono e fedele… entra nella gioia del tuo Signore:
E nella « gioia del Signore » c’è la Madonna, splendore e gloria del Paradiso, fonte di inesprimibile beatitudine, che Lei, da buona Mamma, sta preparando per tutti noi Suoi figli.
D. Severino GALLO sdb