LA FEDE E LA PROVVIDENZA NEI « PROMESSI SPOSI »

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LA FEDE E LA PROVVIDENZA NEI « PROMESSI SPOSI »

« Il Regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perchè tutta si fermenti ». (Mt 13, 33). Questa breve parabola aiuta a comprendere il ruolo della Provvidenza all’interno del romanzo, una Provvidenza che può essere considerata un « personaggio » fondamentale, presente in quasi ogni pagina, fedele compagna dei vari personaggi e delle vicende narrate.
« La c’è, la Provvidenza », viva, palpitante, eppure discreta e silenziosa: si affaccia nei discorsi della gente, nelle loro esclamazioni: « … Lui sa quel che fa… lasciamo fare a Quel di lassù… Dio ci aiuterà… « ; si affaccia nei pensieri di Lucia, costretta ad abbandonare la sua casa: « … Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande… « ; si affaccia in ogni evento della storia, che sembra solo un nodo di dolore e di tragedia senza senso, retta più dal caso, che da un disegno d’amore preciso, e che invece si rivela come linguaggio segreto della Provvidenza stessa.
La storia nei « Promessi sposi » è un succedersi di eventi l’uno più triste dell’altro: un matrimonio che va a monte per i capricci di un signorotto, la carestia, la calata dei Lanzichenecchi, la peste… è una storia tetra, che dal male passa al peggio; è una storia di tribolazioni, di affanni, di angoscia, una storia piena di morte, di lutto, di pianto.
Eppure, in tutto questo nero, si aprono spiragli di luce; la gente, incredibilmente, continua a sperare, ad avere fede, a vivere gli eventi con dignità e serenità, senza mai cedere alla disperazione, sorretta da un’incrollabile fiducia in Dio; è la fede degli umili, delle persone semplici, timorate di Dio, convinte che « Lui sa quel che fa ». Sono persone « piccole » nella fede, nel senso che, con la fiducia disarmante che solo i bambini possono avere, si affidano tranquillamente al volere di Dio; ma proprio in questa fiducia da bambini sta la grandezza della loro fede. Non sono nè superbi, nè arroganti; non vogliono a tutti i costi tentare di dare un senso a quanto sta accadendo, o peggio ancora, contestare Dio per quanto succede; non pretendono di comprendere un mistero che, con tutta la sua grandezza, sovrasta la ragione umana. Non sono come Giobbe, che parla, critica, contesta, per sentirsi rispondere: « … Chi è costui che vuole offuscare il consiglio con parole insipienti? … Io t’interrogherò, e tu mi istruirai. Dov’eri tu quand’io ponevo le fondamenta della terra? … « (Gb 38, 2. 3b-4).
Niente di tutto questo: solo la consapevolezza che Dio « … sa quel che fa… « . Certo, la storia è catastrofica, ma la Provvidenza aiuta a dare un senso radicalmente diverso ai fatti: le avversità diventano prove che verificano la forza della fede dei personaggi e permettono di renderla più salda. Anzi, le prove diventano motivo di lode e di ringraziamento a Dio: « … Ringraziate il cielo che v’ha condotti a questo stato, non per mezzo dell’allegrezze turbolente e passeggere, ma co’ travagli e tra le miserie, per disporvi ad un’allegrezza raccolta e tranquilla… « , dice fra Cristoforo a Renzo e Lucia nel lazzaretto una volta ritrovatisi. Se letta nell’ottica della fede, la storia, anche se apocalittica, anche se dolorosa, acquista un senso, perchè purifica ed eleva l’animo. I protagonisti del romanzo hanno il grande dono della fiducia, dell’attesa, della pazienza di non volere capire e vedere chiaro immediatamente in tutto. Il loro atteggiamento può essere commentato dalle seguenti parole di S. Teresa di Lisieux: « Che importa, Signore, se l’orizzonte è oscuro? Pregarti per domani non posso. Proteggimi, coprimi della tua ombra solo per oggi ». Si riconosce, pur fra mille incertezze e titubanze, che esiste una finalità intrinseca alla storia, immanente ad essa, eppure trascendente; la fede in Dio rimane l’unico conforto e la sola roccaforte contro la violenza, il dolore, il non senso. La fede è il lievito che fa fermentare tutta la pasta e la trasforma, dandole un volto, un significato, una speranza.

Publié dans : fede e ragione, Letteratura italiana |le 12 novembre, 2014 |Pas de Commentaires »

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