Basilica di San Giovanni in Laterano, altre foto suo sito

http://www.monasterodiruviano.it/vangelo-gv/dedicazione-della-basilica-lateranense-essere-chiesa/
CHIAMATI AD ESPRIMERE IL VOLTO MATERNO DELLA CHIESA
Ez 47, 1-2.8-9.12; Sal 45; 1Cor 3, 9c-11.16.17; Gv 2, 13-22
Ancora una festa particolare che quest’anno cade di domenica: è la festa della Dedicazione della Basilica Lateranense. La Basilica di san Giovanni in Laterano, edificata da papa Milziade, fu dedicata ai tempi di San Silvestro I, che fu papa dal 314 al 335; la Basilica è la Cattedrale di Roma, luogo in cui il successore di Pietro siede come Vescovo di Roma e come c
olui che presiede tutte le Chiese nella carità. In questo luogo il Vescovo di Roma insegna e custodisce la fede, in obbedienza alla vocazione ricevuta da Gesù per mezzo di Pietro di confermare i fratelli nella fede (cfr Lc 22, 32). La Basilica del Laterano è perciò considerata la madre di tutte le chiese di Roma e del mondo.
Questa festa, al di là della sua origine storica e simbolica, ci dà occasione di riflettere sul nostro essere dimora di Dio in mezzo agli uomini. I credenti sono Chiesa perchè il Signore li chiama ad offrirsi con gioia a Lui, affinché ne faccia la sua dimora.
Già il Targum (traduzione e interpretazione rabbinica) del Sal 132 così traduceva, con grande profondità spirituale, i versetti 4 e 5: “Non concederò il sonno ai miei occhi…finchè non sarò diventato luogo per il Signore, una dimora al Potente di Giacobbe”. (Il testo originale dice invece “finchè non avrò trovato un luogo per il Signore”…).
Straordinario!
Il desiderio del credente di essere spazio per il Signore nella storia diventa poi la vocazione del popolo radunato dalla Pasqua di Gesù.
La Chiesa è la dimora di Dio in mezzo agli uomini, e l’edificio in cui essa si raduna ne è simbolo, sia esso una modesta chiesetta di campagna, un’umile cappella monastica o una grande Basilica come quella del Laterano.
Celebrare la Dedicazione di una Basilica, come di ogni chiesa, è fare memoria di un evento storico del passato, ma è anche e soprattutto risentire il “grido” di Dio che, in Cristo, ci chiede di essere uno e ci proclama capaci di Lui.
Il Signore ci chiama all’unità perché solo così la Chiesa racconterà Dio, come ha pregato Gesù nell’ultima sera: “Padre…che siano uno come noi…così il mondo creda” (cfr Gv 17, 11.21).
Il Signore dichiara poi che l’uomo, come già diceva S. Agostino, è un essere “capax Dei”, un essere cioè creato per essere “luogo” di accoglienza di Dio, “luogo” di riposo di Dio, “luogo” in cui Dio può vivere e regnare.
Essere Chiesa è allora una vocazione straordinaria, è vocazione alla tensione all’uno, che negli Atti degli Apostoli viene definita con quell’“essere un cuore solo e un’anima sola” (cfr At 4, 32) con cui i credenti sperimentano la potenza della Pasqua di Gesù e ne diventano testimoni. E’ infatti la potenza della Pasqua che raduna i dispersi (cfr Gv 11, 52) e ne fa un popolo, come la Pasqua di liberazione dall’Egitto aveva fatto degli schiavi ebrei il popolo di Dio.
La Chiesa, come d’altro canto Israele, è popolo non perché protagonista di un patto orizzontale tra quelli che ne fanno parte; la Chiesa è popolo perché radunata dalla grazia, e chiamata ad essere segno tra tutte le genti di una possibilità di relazione tra gli uomini fondata su una fraternità non fittizia o simbolica, ma reale perché creata da Cristo a prezzo del suo sangue.
Questo ci fa capire che essere Chiesa è cosa grandemente seria, è cosa “grave” perché la Chiesa è impastata con il sangue di Cristo. Sì, in essa c’è anche il nostro fango, la nostra terra, ma impastati con il sangue prezioso del Figlio di Dio che ci ha amati fino all’estremo, lasciandoci così l’estremo dei comandamenti, quello dell’amore reciproco, che è l’unica credibile narrazione di Dio che noi possiamo rendere.
Altre cose non vanno mostrate…noi mostriamo, e pretendiamo di mostrare, sempre altre cose al mondo: è comodo mostrare dei simboli o dei “trionfi”; mostrare invece la nostra carne segnata dall’amore è scomodo perché è difficile e costa.
Mostrare l’amore senza pretese di contraccambio è costoso; mostrare il perdono e l’accoglienza dell’altro che “invade” i miei spazi e i miei privilegi è costoso, condividere quello che si è, e che si ha, è costoso…
E’ però l’amore costoso che Cristo chiede di mostrare al mondo, solo quello; un amore che è certo quello personale di ciascun battezzato, ma che è anche l’“abito” di cui deve essere rivestita la Chiesa.
Solo una Chiesa rivestita dell’abito dell’amore costoso si può presentare al mondo come Madre; diversamente rischia di indossare gli abiti ambigui della matrigna, che pretende di essere chiamata madre ma che di fatto non lo è, e lo dimostra con gesti e parole che una vera madre non farebbe e non direbbe.
Queste riflessioni devono toccare ciascun credente e non solo le gerarchie e le organizzazioni istituzionali; devono toccare noi, chiamati ad esprimere il volto materno della Chiesa, sempre…
Quelli che scoprono, dunque, di essere capaci di Dio si aprono all’essere “luogo per il Signore e dimora per il Potente di Giacobbe”, e questo li conduce ad essere testimoni di unità e di amore, e disposti a pagarne un prezzo.
Questo è essere Chiesa!
La festa di oggi, lungi dal farci pensare alle venerabili pietre dell’edificio che è al cuore della Chiesa di Roma, ci conduca ad una coraggiosa revisione della nostra identità ecclesiale nella costruzione del Regno di Dio giorno dopo giorno, fatica dopo fatica, prezzo dopo prezzo…
p. Fabrizio Cristarella Orestano
http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/32936.html
OMELIA (09-11-2014)
padre Antonio Rungi
UNA CHIESA VIVA E CORAGGIOSA NEL SEGNO DELL’UNIONE
In questa domenica celebriamo la festa della dedicazione della Basilica Lateranense che, come ben sappiamo, è intitolata a San Giovanni Battista. E’ la chiesa cattedrale del Vescovo di Roma e come tale ha una funzione simbolica molto importante nel panorama delle chiese costruite fin dai primi secoli del cristianesimo, dopo la pubblicazione dell’editto di Milano dell’Imperatore Costantino, che permise ai cristiani di professare pubblicamente il culto e quindi di realizzare e costruire le chiese ove radunarsi in preghiera e per celebrare l’eucaristia. San Giovanni in Laterano è stata la prima chiesa cattedrale di Roma dove i successori degli apostoli, i vescovi, hanno continuato a svolgere il loro ministero. In San Giovanni in Laterano si sono celebrati concili di grande importanza storica e dottrinale. La chiesa del Laterano, infatti, è la prima, per data e per dignità, di tutte le chiese d’Occidente. Essa è ritenuta madre di tutte le chiese dell’Urbe e dell’Orbe. Consacrata da papa Silvestro il 9 novembre 324, col nome di basilica del Santo Salvatore, essa fu la prima chiesa in assoluto ad essere pubblicamente consacrata. Nel corso del XII secolo, per via del suo battistero, che è il più antico di Roma, fu dedicata a san Giovanni Battista; donde la sua corrente denominazione di basilica di San Giovanni in Laterano. Per più di dieci secoli i papi ebbero la loro residenza nelle sue vicinanze e fra le sue mura si tennero duecentocinquanta concili, di cui cinque ecumenici.
Si comprende quindi il significato di questa festa. Andiamo oggi alla sorgente di quella fede uscita dalle catacombe e dal nascondimento e professata pubblicamente.
La liturgia della parola di Dio ci aiuta ad entrare nel ricordo storico, ma soprattutto nella memoria della fede che non è solo storia del passato, ma vita di oggi della Chiesa di Roma e delle chiese di tutto il mondo. La preghiera inziale della santa messa di questa festa ci immette nel clima teologico e spirituale più giusto per vivere questa giornata di gioia spirituale: « O Padre, che prepari il tempio della tua gloria, con pietre vive e scelte, effondi sulla Chiesa il tuo Santo Spirito, perché edifichi il popolo dei credenti che formerà la Gerusalemme del cielo ».
Nella prima lettura di oggi, tratta dal profeta Ezechiele. l’immagine e la visione del tempio santo di Dio è presentata come luogo di grazia. L’acqua nella sacra scrittura indica appunto tutto ciò che è dato gratuitamente dal Signore per la nostra santificazione che passa attraverso al purificazione. L’acqua del battesimo è il primo importante momento di questo cammino di santificazione nella comunità dei credenti, la chiesa quale popolo in cammino verso i pascoli della rigenerazione interiore e spirituale. E’ evidente il riferimento alla grazia rigenerante del battesimo e di ogni altra grazia santificante ed attuale che opera nel profondo del cuore e della vita del battezzato per portarlo progressivamente, attraverso le vicende dell’esistenza umana, non senza difficoltà, alluvioni spirituali, inondazioni, tracimazioni, distruzione, alla ricostruzione e alla rigenerazione dopo la tempesta e il diluvio distruttivo.
Nella seconda lettura, un brevissimo brano tratto dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi, troviamo i concetti fondamentali della chiesa come edificio di Dio, costruito con pietre vive sul basamento che è Cristo.
Nel testo del Vangelo di oggi, tratto da San Giovanni, riscontriamo un duplice atteggiamento di Gesù circa la valenza del tempio. In primo luogo vediamo come il Signore è particolarmente duro verso coloro che avevano fatto del tempio di Gerusalemme, luogo santo per eccellenza di Israele e simbolo della fede, un luogo di commercio e di sfruttamento dell’immagine di Dio per i loro tornaconti economici. Gesù caccia in malo modo quei furfanti, accusandoli di un grave peccato di simonia.
Da questo comportamento di Gesù, i discepoli fecero delle riflessioni e trassero delle conclusioni, che Giovanni, presente come sempre in tutta la vita del maestro, descrive con queste parole: « I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Il conseguente atteggiamento dei Giudei presenti al fatto, fu quello di prendere la parola e rivolgersi direttamente a Gesù, per sapere il suo pensiero. La domanda di circostanza fu: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Occasione buona per Gesù per richiamare l’attenzione sulla sua morte e risurrezione. Avvenimenti che accadranno di lì a poco. Dice Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù ».
Questo bellissimo brano del Vangelo di Giovanni è davvero un testo che apre il nostro cuore alle speranza e alla gioia cristiane. Non son i templi materiali, chiese e santuario, fatti di pietre e oggetti preziosi, ma sono le persone che contano davanti a Dio. La morte, la distruzione, tutto ciò che è negativo troverà la ragione per riscattarsi in vita, in positività, perché Cristo Risorto è il vincitore del peccato e della morte.
Queste fondamentali verità sono annunciate dalla Chiesa e da chi è il primo responsabile in terra di essa: il Romano Pontefice. Ed oggi che celebriamo la la dedicazione della Chiesa di San Giovanni in Laterano, questo evento ci richiama immediatamente la figura e la missione del Papa nella Chiesa e nel mondo contemporaneo.
In questo momento della nostra storia, il Signore ha posto alla guida della sua chiesa, santa e fatta anche di peccatori, Papa Francesco. Per lui, come ci chiede continuamente lo stesso Pontefice, siamo chiamati a pregare e lo facciamo con passione, amore e sincerità con questa mia umile preghiera composta da me per questa ricorrenza annuale:
Cristo, Buon Pastore,
che hai scelto alla guida della tua santa chiesa,
Papa Francesco,
assisti il Vescovo di Roma,
perché possa continuare ad annunciare,
nella fedeltà alla tua parola,
il vangelo della gioia e del perdono.
Non permettere, o Gesù, Salvatore del mondo,
che le forze del male prevalgano
nei confronti della tua chiesa,
ma con l’assistenza dello Spirito,
che è Signore e dà la vita,
possa camminare nel mondo
con la forza della vera fede
e con l’energia dell’amore che tutto perdona,
sotto la guida dei pastori che tu hai scelto per amore.
Nessuno dei membri della tua chiesa,
sia motivo di sofferenza per il Romano Pontefice,
sulle cui spalle hai messo la responsabilità
di tutto il popolo santo a te consacrato
nel fonte battesimale.
Signore Gesù, umile e mite di cuore,
proteggi Papa Francesco,
dall’indifferenza e dall’arroganza di quanti
non sentono il grido dell’umanità sofferente
e non hanno a cuore le sorti delle genti.
Conserva, Signore, il nostro amato pastore di Roma,
nella piena salute del corpo e dello spirito,
perché possa continuare a lungo
la sua missione di guida e padre
per quanti cerca con sincerità la verità.
Fa’ che nulla lo turbi e nessuno dei cardinali,
vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose, diaconi,
seminaristi, laici impegnati nel servizio pastorale,
e fedeli laici sia motivo di interiore sofferenza
per la poca fede e la scarsa adesione al vangelo dell’amore,
della pace, della giustizia e della fratellanza universale.
Maria, la Regina degli apostoli, renda feconda
l’attività missionaria, spirituale e morale
di Papa Francesco, nostro illuminato maestro nella fede
e guida sicura sulle strade del vangelo che portano al cielo,
nella consapevolezza che si è chiesa sotto la guida
dell’unico pastore, che è Cristo Signore. Amen