Archive pour le 27 octobre, 2014

Maria, Coptic style Stella Maris icon,

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Publié dans:immagini sacre |on 27 octobre, 2014 |Pas de commentaires »

IL MESE MARIANO DELLA CHIESA COPTA

http://it.mariedenazareth.com/9994.0.html?L=4

IL MESE MARIANO DELLA CHIESA COPTA

La Chiesa copta è l’unica tra le Chiese orientali ad avere un vero mese mariano. Si tratta del mese di Kiahk, il quarto mese del calendario copto.
Detto mese, che comincia il 10 dicembre circa, culmina con la festa del Natale, considerata insieme festa di Cristo che nasce e di Maria che lo mette al mondo. I Copti infatti non hanno la cosiddetta « prima festa mariana », che gli altri Orientali pongono il 26 dicembre e che la Chiesa romana pone nell’Ottava del Natale. L’uso copto sembra molto antico, risale cioè ai tempi stessi dell’istituzione della festa del Natale.

Il digiuno del Natale, digiuno della Vergine
Anche il digiuno del Natale, che dura 46 giorni circa, ha preso una forte colorazione mariana. I Copti chiamano infatti tale digiuno « digiuno della Vergine » e affermano che la Vergine stessa l’avrebbe praticato un mese e mezzo prima della nascita del Figlio. Ibn Siba nel secolo XIV descrive così la credenza tradizionale:
« Il digiuno del Natale ebbe origine così: la nostra Signora, Madre della luce, essendo nel settimo mese e mezzo della sua gravidanza, in seguito all’annunciazione piena di salvezza, Giuseppe il Falegname ed altri la rimproveravano continuamente, perché pretendeva di essere vergine, ed invece era stata trovata incinta. Dato che tali rimproveri erano continui, lei digiunò per lo spazio di un mese e mezzo, piangendo e addolorandosi a motivo degli insulti »(cfr Giamberardini II, 220).
I Copti celebrano il mese mariano con una veglia notturna quotidiana che si estende su tutto il mese di Kiahk e che si aggiunge al normale corso dell’ufficio. Durante questa veglia si cantano le cosiddette « Theotokìe » e altri testi affini contenuti nel libro della « Salmodia di Kiahk », come si vedrà (cfr. TM IV, 802-821).

Gabriele GIAMBERARDINI, Il culto mariano in Egitto, Jerusalem 1974, vol 3, p.46-48

CÒPTI

http://www.sapere.it/enciclopedia/C%C3%B2pti.html

CÒPTI

Definizione
Denominazione (dall’arabo el qubt, trascrizione del greco Aigýptioi, Egiziani) invalsa in Europa per indicare gli abitanti dell’Egitto rimasti fedeli al cristianesimo dal tempo della dominazione araba del 641 a. C.

Storia
La costituzione della Chiesa copta risale al sec. V, nell’ambito del processo storico che condusse alla separazione di numerose Chiese orientali dalla Chiesa cattolica a seguito della condanna del monofisismo (Concilio di Calcedonia, 451). Causa principale della separazione fu però il conflitto politico e, conseguentemente, ecclesiastico, che vedeva opposta, in Egitto, la popolazione autoctona alla classe dominante bizantina: l’adesione di quest’ultima all’ortodossia (i cui seguaci furono soprannominati melchiti) provocò il passaggio degli autoctoni al monofisismo. I melchiti assoggettarono i Copti a continue persecuzioni, ma dopo la conquista arabo-musulmana dell’Egitto vennero a loro volta sopraffatti, e in modo pressoché definitivo, dai Copti, che si distinsero dai coevi connazionali anche per l’assunzione dell’alfabeto greco, cui si limitarono ad aggiungere sette lettere per rendere altrettanti suoni ignoti alla fonetica greca, abolendo dopo millenni l’uso della grafia egizia. La Chiesa copta egiziana è organizzata in massima parte in Chiesa nazionale dipendente dal patriarca di Alessandria e da 25 tra metropoliti e vescovi; un piccolo numero di Copti è invece unito alla Chiesa cattolica, ma con rito proprio. I preti possono sposarsi, mentre i monaci e gli alti dignitari ecclesiastici devono rispettare il celibato. La Chiesa copta si diffuse anche in Etiopia, dove però nel 1937 si staccò da quella egiziana, or,ganizzandosi anch’essa in Chiesa autocefala, con 12 vescovi e un metropolita facenti capo all’Abouna (patriarca). Nell’età contemporanea i Copti hanno avuto un ruolo importante nella nascita dell’Egitto moderno partecipando alla rivoluzione che nel 1919 condusse all’unificazione del Paese contro l’occupazione britannica. Negli anni Sessanta, tuttavia, la politica del presidente egiziano Nasser non realizzò le legittime aspettative d’integrazione politica e culturale dei Copti, che anzi si videro esclusi dalle maggiori cariche politiche. Ciononostante il termine “minoranza” fu considerato una sorta di tabù sia dalla classe dirigente egiziana sia dagli stessi Copti, desiderosi di minimizzare le discriminazioni di cui pure erano fatti oggetto. Nei decenni successivi la crescente islamizzazione di tutto il Medio Oriente, e in particolare l’affermarsi dell’Islam più conservatore, portò la comunità copta a una progressiva affermazione della propria diversità culturale e religiosa. Alla fine del Novecento la strisciante tensione religiosa, sfociata in alcuni sanguinosi scontri tra cristiani e musulmani egiziani, ha suscitato crescente preoccupazione tra i Copti, che costituiscono la più numerosa minoranza cristiana del Medio Oriente, rappresentando il 55% della popolazione etiopica e circa il 10% di quella dell’Egitto, dove però, pur avendo un’incisiva presenza nell’economia, costituiscono ancora solo l’1,5% della classe dirigente. Piccole comunità di Copti esistino inoltre a Gerusalemme, nel Sudan, negli Stati Uniti, in Canada, in Europa e in Australia. I Copti hanno un calendario che inizia la datazione a partire da Diocleziano (nel 284 d. C.), detto Calendario dei Martiri.

Letteratura
La maggior parte della produzione letteraria copta consiste in traduzioni dal greco, che spesso si riferiscono a opere il cui originale è andato perduto. Della produzione precristiana ben poco si è conservato; di grandissima importanza è stata a questo proposito la scoperta avvenuta a Nag ?Hammâdi nel 1945 di un’intera biblioteca gnostica, contenente 46 opere prima sconosciute, preziosissime per la soluzione di numerosi nodi della storia dell’antica gnosi. Accanto alla vasta attività di traduzione (Antico e Nuovo Testamento, apocrifi giudaici e cristiani), si afferma a partire dal sec. III la produzione delle biografie dei grandi monaci e delle raccolte di apoftegmi (o detti) dei santi Antonio, Macario e Pacomio. Nel periodo bizantino la letteratura copta perde di originalità e diventa pedissequa imitazione di quella bizantina. Con il sec. X il dialetto bohairico ha il sopravvento sugli altri dialetti e dà origine a una produzione assai modesta, che ha avuto il suo centro nel convento di S. Macario a Wadi el-Natrûn. Il sec. XIII segna la fine della letteratura copta; l’arabo ha ormai soppiantato il copto nell’uso comune ed esso non sopravvive che nell’uso liturgico e nei documenti ufficiali del patriarca di Alessandria.

Arte
L’arte copta si svolse entro i limiti approssimativi del sec. III e del sec. VIII. Affermatasi inizialmente nell’ambito di un intenzionale ritorno alla tradizione artistica locale, come resistenza, specie da parte dei centri monastici dell’Alto e Medio Egitto, alla cultura ellenistica dei grandi centri come Alessandria, l’arte copta risente a sua volta di numerose componenti: lo stesso ellenismo, l’arte di Bisanzio, della Siria e anche, in misura diversa, della Persia e della Mesopotamia, nonché, in un secondo tempo, di quella araba . Caratteri tipici sono l’accentuata stilizzazione e il severo rigore compositivo : piante architettoniche di grande semplicità, sovente con triplice abside (Convento Rosso a Deyr el-Ahmar); frontalismo delle sculture , dapprima morbidamente plastiche, poi più rigidamente stilizzate (numerosi esemplari nel Museo Copto del Cairo), e delle pitture decorative delle chiese, nelle quali appare un originale accostamento di colori puri (azzurro, rosso, giallo), riprodotti anche nelle stoffe, uno dei settori più lungamente attivi e documentati dell’arte copta . Importante fu la produzione degli avori, in cui sono frequenti le figurazioni pagane; caratteristici esemplari sono stati ritrovati in Egitto (pettine di Antinoopoli; Il Cairo, Museo Copto). Interessanti rilievi su osso sono nei musei di Alessandria e del Cairo, oltre che al Victoria and Albert Museum di Londra.

Musica
Il canto liturgico della Chiesa cristiana d’Egitto è di carattere esclusivamente monodico e non ammette accompagnamento vocale o strumentale (tranne in qualche caso l’uso di campanelli, cimbali e altri strumenti affini). Nonostante alcuni antichi tentativi di notazione, sempre ecfonetica, il canto copto è trasmesso oralmente e ciò rende ancor più difficile lo studio del repertorio. Gli studiosi hanno ravvisato in questa tradizione influenze faraoniche, siriaco-ebraiche, bizantine e arabe, senza poterne ancora determinare con sicurezza il peso e la funzione svolta. Il rito copto, di estrema lunghezza (una messa solenne può durare anche 5 o 6 ore), presenta grande varietà di forme, con prevalenza dell’orazione e delle forme litaniche e responsoriali; è inoltre caratterizzato da una larga partecipazione del popolo, pur essendo organizzato secondo rigorose gerarchie e lasciando una funzione importantissima al cantore solista. Le lingue liturgiche sono il copto, il greco e l’arabo, che possono essere usate e alternate con molta libertà.

 

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