Archive pour le 17 octobre, 2014

San Luca Evangelista che dipinge in’icona della Vergine Maria

San Luca Evangelista che dipinge in'icona della Vergine Maria dans immagini sacre
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Publié dans:immagini sacre |on 17 octobre, 2014 |Pas de commentaires »

SAN LUCA EVANGELISTA – 18 OTTOBRE

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SAN LUCA EVANGELISTA

18 OTTOBRE

ANTIOCHIA DI SIRIA – ROMA (?) – PRIMO SECOLO DOPO CRISTO

Figlio di pagani, Luca appartiene alla seconda generazione cristiana. Compagno e collaboratore di san Paolo, che lo chiama «il caro medico», è soprattutto l’autore del terzo Vangelo e degli Atti degli Apostoli. Al suo Vangelo premette due capitoli nei quali racconta la nascita e l’infanzia di Gesù. In essi risalta la figura di Maria, la «serva del Signore, benedetta fra tutte le donne». Il cuore dell’opera, invece, è costituito da una serie di capitoli che riportano la predicazione da Gesù tenuta nel viaggio ideale che lo porta dalla Galilea a Gerusalemme. Anche gli Atti degli Apostoli descrivono un viaggio: la progressione gloriosa del Vangelo da Gerusalemme all’Asia Minore, alla Grecia fino a Roma.
Protagonisti di questa impresa esaltante sono Pietro e Paolo. A un livello superiore il vero protagonista è lo Spirito Santo, che a Pentecoste scende sugli Apostoli e li guida nell’annuncio del Vangelo agli Ebrei e ai pagani. Da osservatore attento, Luca conosce le debolezze della comunità cristiana così come ha preso atto che la venuta del Signore non è imminente. Dischiude dunque l’orizzonte storico della comunità cristiana, destinata a crescere e a moltiplicarsi per la diffusione del Vangelo. Secondo la tradizione, Luca morì martire a Patrasso in Grecia.

Patronato: Artisti, Pittori, Scultori, Medici, Chirurghi
Etimologia: Luca = nativo della Lucania, dal latino

Emblema: Bue
Martirologio Romano: Festa di san Luca, Evangelista, che, secondo la tradizione, nato ad Antiochia da famiglia pagana e medico di professione, si convertì alla fede in Cristo. Divenuto compagno carissimo di san Paolo Apostolo, sistemò con cura nel Vangelo tutte le opere e gli insegnamenti di Gesù, divenendo scriba della mansuetudine di Cristo, e narrò negli Atti degli Apostoli gli inizi della vita della Chiesa fino al primo soggiorno di Paolo a Roma.
I medici-chirurghi sono cristianamente sotto la protezione dei Santi Cosma e Damiano, i martiri guaritori anargiri vissuti nel III secolo e attivi gratuitamente in Siria. Anche altri santi “minori “ sono invocati, specialmente per alcune branche specialistiche come l’oculistica e l’odontoiatria. Ma il principe patrono della categoria è, senza ombra di dubbio, San Luca evangelista, che una lunga tradizione vuole originario di Antiochia, tanto da essere denominato “il medico antiocheno”.
Come è noto, tale importante città, che corrisponde all’attuale Antakia nella Turchia sudorientale, fu fondata quale capitale del regno di Siria nel 301 a.C.; vi fiorì una numerosa colonia giudaica e fu poi sede di una delle più antiche comunità cristiane. Luca, il cui nome è probabilmente abbreviazione di Lucano, vi nacque come pagano, ma diventò proselita o quanto meno simpatizzante della religione ebraica.
Egli non era discepolo di Gesù di Nazaret; si convertì dopo, pur non figurando nemmeno come uno dei primitivi settantadue discepoli. Diventò membro della comunità cristiana antiochena, probabilmente verso l’anno 40. Fu poi compagno di San Paolo (Tarso, inizio I° secolo/ forse 8 d.C.-Roma, 67 ca.) in alcuni suoi viaggi. Lo si trova con l’apostolo delle genti a Filippi, Gerusalemme e Roma. Sostanzialmente suo discepolo, condivise la visione universale paolina della nuova religione e, allorché decise di scrivere le proprie opere, lo fece soprattutto per le comunità evangelizzate da Paolo, ossia in genere per convertiti dal paganesimo. Si incontrò tuttavia anche con San Giacomo il Minore, capo della Chiesa di Gerusalemme, con San Pietro, più a lungo con San Barnaba e forse con San Marco.
La qualifica di medico attribuita a Luca viene confermata, secondo gli studiosi, dall’esame interno delle sue opere. La sua cultura e la preparazione specifica erano sicuramente note tra le comunità di cui faceva parte; potrebbe addirittura avere curato la Madre del Signore. Certamente la sua cultura generale e la sua esperienza degli uomini erano piuttosto notevoli. Prove ne siano lo stile e l’uso della lingua greca nonché la struttura stessa dei suoi scritti: il terzo Vangelo e gli Atti degli Apostoli. La data di composizione degli Atti viene fatta risalire agli anni 63-64, quella del Vangelo ad un anno o due prima. Luca coltivava anche l’arte e la letteratura. Un’antica tradizione lo vuole addirittura autore di alcune “Madonne” che si venerano ancora ai nostri giorni, come in Santa Maria Maggiore a Roma.
Egli è il solo evangelista a dilungarsi sull’infanzia di Gesù ed a narrare episodi della vita della Madonna che gli altri tre non hanno riferito. Le fonti della sua narrazione furono i racconti dei discepoli e delle donne che vissero al seguito di Gesù; quasi sicuramente i Vangeli di Matteo e di Marco, che lui conosceva. Con la precisione cronologica e spesso geografica con la quale riferì delle vicende del Vangelo, così egli, insieme a tanta passione, raccontò negli Atti i primi passi della comunità cristiana dopo la Pentecoste.
Per alcuni studiosi Luca avrebbe scritto parecchio nella regione della Beozia, regione dell’antica Grecia confinante a sud con il golfo di Corinto e l’Attica. Tale regione fu sede di regni importanti come quello di Tebe. Per i Greci addirittura l’evangelista sarebbe morto in quei luoghi all’età di ottantaquattro anni, senza essersi mai sposato e senza avere avuto figli. Per altri invece egli sarebbe morto in Bitinia, regione nord-occidentale dell’odierna Turchia.
Per la verità nulla di certo si sa della vita di Luca dopo la morte di San Paolo. Addirittura non si conosce sicuramente se egli abbia terminato la propria esistenza terrena con una morte naturale oppure come martire appeso ad un olivo. Ovviamente ignoto è il luogo della prima sepoltura. Vi sono tre città soprattutto che si appellano ad una tradizione di traslazione del corpo dell’evangelista: Costantinopoli, Padova e Venezia. Sono città quindi intorno alle quali e dalle quali si diffuse il suo culto. Recentissimi studi avrebbero dimostrato che sue sono le spoglie mortali, eccezione fatta per il capo, conservate a Padova nella basilica benedettina di Santa Giustina. In tale città veneta sarebbero giunte per sottrarle alla distruzione degli iconoclasti e là già nel XIV secolo fu per loro costruita una cappella ed un’Arca, detta appunto di San Luca.
II simbolo di San Luca evangelista è il vitello, animale sacrificale. II 18 ottobre viene celebrata nella Chiesa universale la sua solennità, la solennità di Colui che Dante ha definito lo “scriba della mansuetudine di Cristo” per il predominio, nel suo Vangelo, di immagini di mitezza, di gioia e di amore.

Autore: Mario Benatti

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OMELIA: 19 OTTOBRE – 29A DOMENICA: TRIBUTO A CESARE – IMMAGINE DI GESÙ

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19 OTTOBRE 2014 | 29A DOMENICA A | T. ORDINARIO | OMELIA DI APPROFONDIMENTO

TRIBUTO A CESARE – IMMAGINE DI GESÙ

Abbiamo udito il Vangelo: i Farisei si accordano con gli Erodiani – loro nemici – e architettano una congiura contro Gesù.
Scelgono alcuni « discepoli », cioè degli studenti che frequentano l’Università di Gerusalemme, ove insegnavano Gamaliele e altri celebri dottori ebrei. Nessuna meraviglia che tra questi discepoli ci fosse anche Saulo, il futuro apostolo delle genti.
Pensavano che mandando degli « studenti », Gesù non avrebbe avuto alcuna diffidenza, e quindi sarebbe stato più facile coglierlo in fallo.
Questi discepoli si presentano a Gesù in umile atteggiamento, con segni di rispetto, di grande fiducia nella sua scienza e veracità. Parlano con lui, usando parole melate: « Maestro, noi sappiamo che sei verace ».
Sono veramente sfacciati, menzogneri e scellerati!
Detestiamo anche noi tutte queste arti di sedurre e ingannare i fratelli, degne dei Farisei e degli Erodiani!
Questi perfidi presentano a Gesù un caso di coscienza: « E’ lecito o no pagare il tributo a Cesare? ».
L’insidia non poteva essere né più sottile, né più pericolosa. Da cento anni i Romani dominavano in Giudea. I Giudei – e più ancora i Galilei – fremevano sotto questa dominazione straniera e pagana.
La questione posta davanti a Gesù, nell’atrio del tempio, e circondato da tanta gente, era estremamente grave e delicata: si riferiva al « dominio religioso e politico ».
Gesù doveva rispondere con un « sì », o con un « no ». Se avesse affermato che era lecito pagare il censo, l’avrebbero considerato come nemico dell’indipendenza nazionale e amico degli stranieri.
Se diceva che non era lecito, l’accusavano al governatore romano, come ribelle all’autorità di Cesare.
Ma Gesù con poche parole sfatò l’insidia, e stabilì per la prima volta la più stupenda dottrina sui diritti di Dio e su quelli di Cesare e costrinse i suoi avversari ad ammirare la sapienza della sua risposta.
Conoscendo la loro malvagità, disse: « Perché mi tentate, o ipocriti? ». Gesù risponde ai loro elogi con severi rimproveri, innanzi tutto per insegnarci a detestare l’ipocrisia e ad allontanare la schifosa razza degli adulatori.
Poi li chiama « ipocriti », affinché riconoscendo che Egli aveva letto nei loro cuori, non osassero compiere ciò avevano tramato. Essi cercavano di perderlo: Egli li confonde per salvarli. Gesù cercava di richiamarli a migliori sentimenti. Tutto inutile.
Disse loro: « Fatemi vedere la moneta del tributo ». Essi gliela porsero.
Avutala in mano, si rivolse ai suoi avversari e tenendola – com’è naturale – nel palmo della mano sinistra, e segnandola con l’indice della destra, domandò: « Di chi è questa immagine e l’iscrizione? ».
Gli rispondono: « Di Cesare ». – « Ebbene », replicò Gesù: « Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio ».
Cioè: questa moneta l’avete da Cesare, è dunque giusto che la rendiate a lui stesso per i bisogni comuni e per i servigi che vi presta.
Ma Gesù aggiunge subito: « Rendete a Dio ciò che è di Dio ». Questa dottrina così precisa, così netta, mentre è una grande lezione per gl’individui e per gli Stati, è pure una divina sorgente di pace e di sicurezza. Purtroppo è dimenticata e calpestata.
Rendete a Cesare, cioè al principe terreno, l’imposta, il servizio, l’obbedienza, perché egli vi difende con i suoi eserciti dai nemici esterni e conserva l’armonia e l’ordine interno con le sue leggi.
Ma date anche a Dio il culto che gli è dovuto, cioè un tributo di adorazione, di lodi, di obbedienza, di riconoscenza e di amore.
Dice Tertulliano: « Rendete a Cesare l’immagine di Cesare, che è sulla moneta: e a Dio l’immagine di Dio, che è nell’uomo, in modo da rendere a Cesare la moneta e a Dio, te stesso ».
Rendiamo a Dio intatta e santa la nostra anima, che è stata creata a sua immagine e l’ha riscattata con il suo Sangue prezioso. Diamo a Lui il nostro cuore. Lo domanda accoratamente: « Praebe, fili, cor tuum mihi: Dammi, o figlio, il tuo cuore ».
« Di chi è questa immagine e l’iscrizione? ». Risponde S. Agostino: « Nummus Dei sumus: siamo la moneta di Dio ». Queste belle e consolanti parole ci porgono l’occasione di fare alcune riflessioni:

1. Noi tutti portiamo l’immagine di Dio.
Egli infinitamente buono ci ha creati a sua immagine e somiglianza. Come i sovrani imprimono sulle monete la loro effigie e il loro nome, così Dio ha impresso nella nostra anima la sua immagine in segno di amore, di familiarità e di sovranità, e come pegno di felicità e d’immortalità.
Noi portiamo questa immagine nella nostra anima. Infatti Dio è « spirito »; anche la nostra anima è « spirito », che dà vita al corpo. Dio è « immortale », l’anima nostra è « immortale » e indipendente dal corpo.L’anima nostra è una « trinità creata » ad immagine della « Trinità » increata. Infatti l’anima è una nella sua sostanza, ma con tre facoltà distinte: memoria, intelletto e volontà.
Dio è « libero », l’anima è « libera »… Essa rassomiglia soprattutto a Dio quando partecipa alla sua « santità », alla sua « grazia », alla sua amicizia, alla sua eterna felicità: « divinae effecti consortes naturae »: siamo diventati partecipi della divina natura ».
Portiamo l’immagine di Dio anche nel nostro corpo in modo indiretto, perché Dio, purissimo spirito, non ha corpo; tuttavia il corpo è riverbero di Dio, perché specialmente il volto, in certo modo, è l’immagine dell’anima.
Il nostro corpo poi riproduce la rassomiglianza di Dio, in quanto Dio si è fatto uomo. Secondo alcuni grandi pensatori, quando Dio – nel creare l’uomo – disse: « Faciamus hominem ad imaginem nostram: facciamo l’uomo a nostra immagine », aveva presente il corpo adorabile, di cui un giorno doveva rivestirsi il Verbo Incarnato, e ha plasmato il corpo di Adamo su questo divino modello.

2. « L’iscrizione » che reca ogni anima credente, è il bel nome di « cristiani ».
Dice infatti San Pietro: « Voi siete una stirpe eletta, regale sacerdozio, un popolo santo… ».
I martiri erano ben compresi di questa verità e con santa fierezza rispondevano ai tiranni: « Christiani sumus »: « siamo cristiani ».
Come doveva essere bello Adamo nello stato d’innocenza! Il suo corpo era perfettamente sottomesso allo spirito. Tutte le creature rispettavano in lui l’immagine e il sigillo di Dio.
Il peccato cancellò l’immagine di Dio impressa nell’anima. Fu necessario che Gesù scendesse sulla terra e morisse in croce, per restituire all’anima la rassomiglianza divina.
Quanto rispetto dunque dobbiamo portare a quest’anima, riscattata a così gran prezzo, cioè con il sangue di un Dio fatto uomo.
(Eppure quante volte la macchiamo con i nostri peccati!… Quando pecchiamo, sostituiamo l’immagine del demonio a quella di Dio.
Vedete che stranezza! Noi onoriamo i ritratti dei nostri cari, e disonoriamo l’immagine di Dio nell’anima nostra! Veneriamo le immagini della Madonna, dei Santi e gettiamo nel fango del peccato l’immagine di Dio…
Se abbiamo peccato, abbiamo cancellato dalla nostra anima l’immagine di Dio!
Accostiamoci al tribunale della penitenza: « Sanguis Iesu Christi emundat nos ab omni peccato: il sangue di Gesù ci monda da ogni peccato ». Egli ci restituirà la sua amicizia e farà rivivere in noi la rassomiglianza divina).
Temiamo quindi non solo i peccati gravi, ma anche i peccati veniali, che sono come macchie vergognose su questa immagine. Imitiamo le virtù, gli esempi di Gesù: siamo cristiani, perciò dobbiamo rivestirci del suo Spirito. Lo dice San Paolo: « Induimini Dominum nostrum Iesum Christum: rivestitevi del Signore nostro Gesù Cristo ».
Io immagino che Gesù, come ha guardato la moneta presentatagli, guardi anche la nostra anima, la scruti a fondo, e improvvisamente ci chieda: « Di chi è questa immagine così bene impressa nella tua anima? ». Quale risposta daremo noi al divin Maestro? – « Lo sai, o Gesù, questa immagine sei Tu! ». Diciamoglielo davvero di cuore e gli faremo la cosa più gradita.
NB/ Qui potremmo terminare in questo modo:

1. Conclusione:
Sulle monete le immagini possono variare all’indefinito: può essere rappresentato il re, lo stemma della casa regnante, il principe ereditario, la regina.
Così sulle monete delle nostre anime l’immagine divina può assumere varie forme, a seconda delle nostre particolari devozioni. Può essere rappresentato Gesù Eucaristico, Gesù Crocifisso, Gesù Bambino, Gesù Cristo Re…
Ma non dimentichiamo una cosa importantissima: una faccia della moneta della nostra anima deve recare necessariamente l’immagine della nostra Regina, della Madonna.
Solo così possiamo star sicuri che la nostra moneta non è falsa ed ha corso legale.
Imprimiamo quindi profondamente nel nostro cuore l’immagine della Madonna, e vedremo spiccare inevitabilmente dall’altra parte l’immagine di Gesù, perché il Volto di Gesù è il volto della Madonna: il figlio rassomiglia sempre alla propria mamma (filii matrizzant… »).
E quando al Divin tribunale Gesù ci chiederà: « Di chi è questa immagine? ». Non avremo bisogno di risponderGli: la nostra anima rassomiglierà a Lui, perché somigliante alla Madonna, cioè alla Sua Mamma.
E allora sarà gioia piena, e per sempre.
NB/ Prima della precedente conclusione, si poteva aggiungere ancora quanto segue:

2. Conclusione:
Nei confessionali le anime si fondono come il metallo nel fuoco: si purificano come l’oro nel crogiolo e l’immagine di satana viene sostituita con l’immagine di Gesù crocifisso.
Nella Comunione poi è Gesù stesso, il Sole di giustizia e di santità, che entra nella nostra anima e la riempie del divino splendore della grazia.
Della Madonna la Chiesa esclama: « Un grande prodigio fu visto nel cielo: una Donna vestita di sole ». Ebbene, lo stesso si può dire di chiunque si comunica: « Un grande prodigio fu visto in terra: un uomo rivestito di Gesù ».
Rivestendo di sé un’anima, Gesù vi stampa la sua immagine. (Come Egli lasciò effigiato il suo volto nel lino della Veronica e l’impronta del suo corpo nella S. Sindone, così nella S. Comunione, ma non un’immagine fredda e senza vita, come nella Sindone, bensì viva e palpitante).
S. Margherita Maria Alacoque, ancor novizia, si era presentata a Gesù come una tela bianca da dipingere. Gesù le disse: « Va bene: ogni giorno nella Comunione e nella visita che mi farai, Io darò una pennellata nella tua anima, finché vi sia ultimato il mio ritratto ».
Gesù Sacramentato è l’Artista: la nostra anima è il suo capolavoro. Nel SS.mo Sacramento Egli dà a noi il Suo sangue, la sua vita, tutto se stesso, affinché noi diamo a Lui quest’anima, suo tesoro, sua moneta: « Siamo moneta di Dio… ».
Diamoci dunque a Gesù, e lasciamo che Egli compia in noi il suo capolavoro.
(Frequentiamo la S. Comunione con l’intenzione che Gesù ci renda ogni giorno più buoni, più umili, più caritatevoli, più casti, più mortificati, più conformi alla sua immagine: Il Padre ci ha creati, perché diventiamo « conformi all’immagine della sua bontà » (« conformes fieri bonitatis eius… »).

D. Severino GALLO sdb

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