Archive pour le 26 septembre, 2014

Cana Wedding Village ancient Holy Land picture

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Publié dans:immagini sacre |on 26 septembre, 2014 |Pas de commentaires »

LA GIUSTIZIA CHE SALVA (EZ 18,25-28)

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LA GIUSTIZIA CHE SALVA (EZ 18,25-28)

Posted on 27 settembre 2011

25 Voi dite: Non è retto il modo di agire del Signore.
Ascolta dunque, popolo d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? 26 Se il giusto si allontana dalla giustizia per commettere l’iniquità e a causa di questa muore, egli muore appunto per l’iniquità che ha commessa. 27 E se l’ingiusto desiste dall’ingiustizia che ha commessa e agisce con giustizia e rettitudine, egli fa vivere se stesso. 28 Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà.

Riflessione

Pace a voi tutti fratelli e sorelle nel Signore Gesù. Vorrei porre sotto la vostra attenzione un passo del libro del profeta Ezechiele, che tra l’altro animò la liturgia di domenica scorsa 25/09/2011. Ezechiele esercitò il suo ministero all’in circa verso 597 fino al 573 a. C. In un primo tempo operò a Gerusalemme nel tempio fino a che nel 587 fu esiliato a Babilonia, dove completò la sua opera profetica. In questo periodo così difficile e triste per Israele Ezechiele in modo energico e senza indugio confortò il suo popolo ricordandogli che Jahvè non l’avrebbe abbandonato nelle mani degli opressori mi li avrebbe liberati e ricondotti nella loro terra santa. Tuttavia negli oracoli di questo grande profeta non mancano le denuncie e le proteste verso l’infedeltà e la mancanza di fede da parte del popolo eletto. Nel passo in questione vengono fuori non pochi aspetti da illuminare tutt’ora anche la nostra vita, infatti se ci fate caso al verso 25 c’è una provocazione da parte di Dio verso i suoi servi, Dio si immedesima, si cala nel modo in cui l’uomo ragiona tra sè, in questo caso si vede che da parte del polo alcuni erano sfiduciati e pensavano che la condotta di Dio non fosse corretta poichè restava apparentemente inerme al loro sconforto e dolore, ma proprio in quel momento (Questa e’ una peculiarita’ della Rivelazione nell’AT) Dio proprio come un Padre con il proprio figlio interviene e li rimprovera poichè è un Padre giusto, ma al contempo li conforta e li assicura la sua Benedizone. Infatti al verso 26 Dio dice chiaramente che chi commette iniquità sarà punito e dovrà passare inevitabilmente per la sua Giustizia che al confronto della giustizia umana che distrugge, essa edifica e salva! Ma come emerge dai versetti 27 e 28 è necessario il pentimento, il ravvedimento, “uno spirito e un cuore contrito”, affinchè Dio possa operare e così salvare le loro vite. Bene miei cari quante volte anche noi in determinati momenti della nostra vita pensiamo che Dio sia ingiusto e indifferente alla nostra sofferenza? Beh soggettivamenhte parlando a me è capitato spesso e spesso altrettanto mi sono ricreduto. Perchè ritengo che spesso siamo noi a sbagliare a dimenticarci di Lui e del suo Eterno Amore per noi tutti! In ultimo vi esorto a gettare su di Lui tutte le vostre sofferenze e incomprensioni, poichè statene certi che Dio non tarderà a rispondervi.

Preghiera
Signore Iddio Padre santo, ti prego affinchè tu possa modellare sempre più il mio cuore e quello di tutti i fratelli e sorelle che mi hai donato, affinchè guidati dal tuo Spirito e dalla tua Parola possiamo sempre più evitare il male e compiere il bene. Te lo chiedo nel Nome del tuo Figliolo Gesù Cristo Signore della Vita e della Morte. Amen

OMELIA (28-09-2014): GUARDARE DIO CON UN’ALTRA OTTICA

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OMELIA (28-09-2014)

DON ALBERTO BRIGNOLI

GUARDARE DIO CON UN’ALTRA OTTICA

Mi sono chiesto spesso cosa significhi « convertirsi ». Sì, lo sappiamo: significa cambiare vita, significa smettere di compiere il male e iniziare decisamente a compiere il bene, significa cambiare prospettiva, cambiare punto di vista e mettere al centro della nostra vita la Parola di Dio. Questo, a livello teorico, cognitivo: ma…nella pratica? Un peccatore che si converte, vuol dire che da quel momento in poi smette di peccare? Vuol dire che la sua vita, dal momento della conversione (ammesso che la conversione coincida con un momento particolare, puntuale della vita di una persona) cambia radicalmente e diventa una vita fatta esclusivamente di opere buone? Magari sarò eccessivamente disfattista, però preferisco pensare con sano realismo, piuttosto che essere talmente ingenuo da ritenere che una conversione comporti l’immediata irreprensibilità dei comportamenti della persona che la attua: per cui, io sono convinto – e credo che non sia difficile condividere questo mio pensiero – che chi si converte continua comunque a commettere sbagli nella sua vita, continua comunque a peccare e continua comunque ad essere condizionato dai limiti della natura umana.
Per questo, anche i pubblicani e le prostitute del tempo di Gesù, che ascoltando la predicazione di Giovanni Battista (dice il Vangelo di oggi) credettero alla sua parola, non è affatto detto che avessero – per questa sua parola – cambiato completamente la loro esistenza facendola divenire un’esistenza di irreprensibilità e di santità: altrimenti, non si spiegherebbe perché, arrivato dopo il Battista, Gesù si trovasse di fronte ancora un gran numero di pubblicani e prostitute che lo ascoltavano e spesso lo seguivano nei suoi spostamenti, al punto da attirare la rabbia e il mormorio dei farisei e dei religiosi del suo tempo. Ovvero, erano pubblicani e prostitute e continuavano, probabilmente, a rimanere tali. Ma di certo, qualcosa di diverso in loro era avvenuto: nell’economia del Regno di Dio, erano « passati avanti » agli irreprensibili religiosi ebrei loro contemporanei.
Cosa era cambiato, in loro? Cos’era avvenuto? In che cosa è consistita la loro conversione? Più in generale: a partire dalla loro vicenda, possiamo comprendere meglio che cosa sia la conversione? Io penso proprio di sì. Togliamoci innanzitutto dalla testa che convertirsi significhi non peccare più. Convertirsi significa cambiare direzione, cambiare prospettiva, cambiare modo di vedere le cose, al di là di quelli che continueranno ad essere o cesseranno di essere i nostri errori. Significa iniziare a guardare le cose da un altro punto di vista, e soprattutto verso un’altra direzione. Fino a quando lo sguardo sarà rivolto a noi stessi, alla nostra vita, e non si alzerà mai a guardare in un’altra direzione, dove – per chi crede – c’è un Dio che ama, che è giusto, che è misericordioso, che ci chiede sì di compiere la sua volontà, ma perché ci vuole bene e sa cos’è il bene per noi…ecco, allora dalla nostra misera situazione umana non ne usciremo più, e non ci sarà salvezza. Al di là della bontà delle nostre opere e della rettitudine delle nostre azioni: perché non è la formale irreprensibilità dei nostri comportamenti che ci salva, di fronte a Dio, ma la capacità di guardare verso di lui, consapevoli dei nostri limiti.
Tanto i pubblicani e le prostitute, quanto i farisei e i dottori della legge, sono peccatori; ma mentre i primi, di fronte al messaggio di salvezza del Battista e di Gesù, hanno il coraggio di alzare lo sguardo e di smetterla di rivolgerlo solo verso la propria sterile miseria (e per questo trovano la salvezza), i secondi continuano a ritenere che il loro sguardo rivolto verso se stessi e verso le loro opere perfette e giuste sia l’unica condizione per la salvezza, per cui non sentono neppure la necessità di convertirsi, cioè di guardare nella direzione del Dio misericordioso che ama l’uomo indipendentemente dalle opere che compie. Per questo non si salvano: perché – come gli operai della prima ora di domenica scorsa – ragionano con Dio come con un retribuitore automatico di grazie (« ti do tanto, mi devi tanto, possibilmente più che agli altri »), e non con un Padre che accoglie chi comunque sbaglia ma alza lo sguardo verso di lui.
Dio è proprio l’opposto di ciò che essi pensano: non mette al primo posto i primi, o meglio coloro che si ritengono tali in virtù delle loro opere buone (e che bisogno c’è, se già sono primi?), ma gli ultimi, coloro che sanno bene di essere ultimi, che sono ben consapevoli di aver detto di « no » a Dio in molte occasioni per poi riuscire comunque, alla fine, a fare la sua volontà, come il primo dei due figli della parabola. Allora, i pubblicani e le prostitute davvero « passano avanti nel Regno di Dio » ai dottori della legge e ai capi del popolo.
E non pensiamo al Regno « che verrà »: pensiamo al Regno di Dio oggi, a quell’insieme di spazio e di tempo, di relazioni umane vere e sincere nelle quali Dio privilegia e mette « davanti », al primo posto, quelli che i regni di questo mondo mettono all’ultimo perché pubblicamente ed evidentemente reietti, prostituiti, venduti al male. Capaci, tuttavia, di « convertirsi », di cambiare prospettiva, di guardare le cose in maniera diversa, ossia nella direzione in cui le guarda Dio.
C’è speranza che cambino anche coloro che si ritengono giusti di fronte a Dio, anche noi, operai brontoloni della prima ora, figli ruffiani che fingiamo di obbedire al Padre? Senza dubbio, ma lo sforzo è notevole, occorre uno svuotamento, una spogliazione totale, una kènosis, come dice Paolo nella seconda lettura di oggi riferendosi alla natura divina di Gesù. Diamine, c’è riuscito lui che non ne aveva necessità e l’ha fatto solo per lasciarci un esempio…vogliamo, una buona volta, metterci d’impegno e fare altrettanto?

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