TEOLOGIA SILENZIOSA – padre Jérôme (Jean Kiefer) ocso
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TEOLOGIA SILENZIOSA
padre Jérôme (Jean Kiefer) ocso
Che lo si voglia o no, l’unione dell’uomo con Dio, le condizioni e le esigenze di questa unione costituiscono una vera e propria scienza. Dobbiamo pertanto acconsentire a farci insegnare qualche piccolo principio normativo e intangibile circa questa scienza. Non avrebbe alcun senso voler inventare tutto da sé. Inoltre, nella vita spirituale, come nel lavoro manuale o nello sport, il conoscere un po’ di tecnica rende tutto più interessante e dà sicurezza. Non possiamo andare alla ricerca di Dio con mezzi qualsiasi né in una direzione scelta a caso.
Oggi la spiritualità come scienza è sottostimata, a favore di uno studio quasi esclusivo della Bibbia. Cerchiamo di ragionarci un po’ sopra.
Ho iniziato a leggere ogni giorno la sacra Scrittura molto tempo prima che questa pratica si diffondesse. Per 25 anni, ogni anno, l’ho letta da cima a fondo. Non c’è bisogno di aggiungere che ne ho ricavato benefici, incoraggiamento e conoscenza nella misura delle mie possibilità. Nonostante ciò sono arrivato alle seguenti due conclusioni: per prima cosa, la sacra Scrittura non può fornire da sola il leggero supporto di cui ha bisogno l’orazione non discorsiva; in secondo luogo, la sacra Scrittura non è in grado di insegnarci tutto quanto è necessario sapere circa la vita interiore. Molte nozioni indispensabili possono essere acquisite soltanto per mezzo della teologia dogmatica e della dottrina dei maestri spirituali. Per poter prendere quelle decisioni che si presentano lungo tutta una vita di preghiera e non soltanto ai suoi inizi, il nostro spirito ha bisogno di principi formulati chiaramente, principi a cui sono giunti spiriti più competenti di noi con la loro esperienza e le loro riflessioni. O meglio, i più qualificati tra gli amici di Dio, aiutati senza alcun dubbio da un carisma divino, ci hanno lasciato carte stradali eccellenti e utili libretti di istruzioni per ogni tipo d’auto. Se mancassimo di queste carte e di questi libretti, non conosceremmo mai con sufficiente esattezza il viaggio che Dio vuoi farci fare, né come effettuarlo né per quali sentieri. Rischieremmo di ritardare, di incorrere in incidenti e, quello che è peggio, di rinunciare nel bel mezzo del viaggio. La parola di Dio non vanifica la parola degli amici di Dio, i nostri fratelli maggiori, i nostri maestri. La Rivelazione non sopprime la riflessione su esperienze che si rivelano per tutti uguali. È evidente quanto la preghiera, e soprattutto la preghiera monastica vissuta lungo tutta una vita, abbia bisogno di un impegno metodico. Ora, la Bibbia non contiene informazioni al riguardo. Bisogna quindi che le cerchiamo nella dottrina dei maestri spirituali. Non rinunciamo a questa sostanza e a questa solidità e informiamoci presso coloro che hanno avuto successo.
Vuole che le faccia capire di cosa si tratta con qualche esempio? Prendiamo una situazione classica, tipica degli inizi e che per questo motivo riveste una notevole importanza. Un monaco comincia a vivere la sua vita interiore. Gli verranno richiesti sforzi per ridurre i propri difetti, per acquisire delle virtù e per esercitarsi nell’orazione discorsiva. Questo vuol dire che deve già assimilare modesti ma ben precisi elementi dottrinali. Se il nostro monaco mostra di essere fedele in queste pratiche, Dio può decidere di prendere la situazione in mano: per mezzo di prove chiaramente provvidenziali, deciderà di organizzare Egli stesso gli sforzi che il nostro monaco faceva in precedenza, e sospenderà l’orazione discorsiva per sostituirvi un’orazione contemplativa. Se l’interessato non vuole ostacolare questi cambiamenti, bisognerà di nuovo che possegga al riguardo insegnamenti sicuri. Infine, se Dio non intraprende queste iniziative, non è certo possibile costringervelo, né fare alcunché per meritarle, ma solo offrirsi ad esse in umile dipendenza. Il monaco, infatti, non deve accontentarsi di aspettare queste grazie, ma può fare realmente qualcosa per prepararvisi. Ciò richiede ancora una volta svariate precise conoscenze, molto più particolareggiate che le precedenti. Forse lei troverà nella sacra Scrittura qualche direttiva circa la prima di queste tre tappe, ma certamente nulla di preciso riguardo alle altre due. Di conseguenza, deve prima conoscere la dottrina spirituale se vuole trovare nella Scrittura un qualche aiuto per la vita della sua anima.
Ecco perché le auguro di aspirare a far suo questo bel sapere, questa bella scienza dell’avvicinarsi a Dio e alla sua amicizia. Le auguro prima di tutto il sapere dottrinale. Mi dica, per esempio, che cosa significa « i differenti modi di innaffiare un giardino » oppure « l’acquisito, l’infuso, il sentito e il non sentito » o ancora « le quarte dimore ». È capace di associare o di distinguere appropriatamente queste tre nozioni? Non è che l’inizio dell’arte! Mi risponderà: « Io prego spontaneamente, senza tecnica né dottrina, e questo mi basta ». In effetti le basta se si accontenta di volare raso terra tutta la vita. Ma il volo raso terra pone le condizioni di una fine prematura del viaggio a causa di un accidente del terreno del tutto banale. Perciò è meglio volare un tantino al di sopra degli ostacoli.
Le grazie d’unione a Dio sono dei mezzi e pertanto bisogna sapersene servire non appena ci vengono offerte. Mediti sulla parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte, perché in questo caso trova una diretta applicazione. Bisogna avere la propria lampada accesa e provvista di olio quando sopravviene la grazia o l’autore della grazia. Ne va delle nostre possibilità.
Questa scienza, che raccoglie le regole dell’amicizia divina, mi pare possa essere denominata « teologia silenziosa » e distinta dalla « teologia predicabile ». Prendo in prestito entrambe le espressioni dal cardinale Charles Journet (Connaissance et inconnaissance de Dieu, L.U.F.-Egloff, 1943, p. 109). Chi cerca prima di tutto l’intimità con Dio troverà meno verità e amore, in una parola meno possibilità, nella teologia predicabile che in quella silenziosa. Ma quest’ultima, ovviamente, bisogna che meriti il nome di teologia e ne soddisfaccia le esigenze. E non si comporti nel momento del bisogno come la ghiaietta sotto le ruote in una curva un po’ stretta. Sintesi allo stesso tempo di saggezza e di scienza, deve essere ampia, tranquilla, orientata alla pratica e in più: sicura, precisa, speculativa, definita e capace di definire. Pensate alla vocazione di un monaco: il monaco deve acquisire questa teologia silenziosa in base al tempo che dedica alla vita interiore. Ora, questa teologia esige più rigore, lavoro e continuità che la teologia predicabile, per la quale è sufficiente che, una volta riempita, la pentola sia rimessa sul fuoco con una certa frequenza. Della teologia silenziosa l’anima invece deve vivere, poiché essa è, nella certezza e nella verità, la base dell’unione con Dio. E detta delle scelte, educa il cuore, suscita e guida le aspirazioni, influenza l’orazione.
Il monaco ha dunque bisogno di questa scienza che l’esegesi da sola non può rimpiazzare
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