LA «MADDALENA» DEL VANGELO È LA PECCATRICE SALVATA DA GESÙ?
Una domanda che riguarda un personaggio citato nel Vangelo. Risponde don Filippo Belli, docente di Sacra Scrittura alla Facoltà Teologica dell’Italia centrale.
Percorsi: BIBBIA – SPIRITUALITÀ E TEOLOGIA
Parole chiave: Vangelo (377)
21/05/2014 di Redazione Toscana Oggi
Maria di Magdala, la «Maddalena», è la peccatrice che Gesù salva dalla lapidazione e che, dopo questo episodio, decide di seguire Gesù? Oppure identificare queste due figure del Vangelo in una sola donna è arbitrario? E chi è invece la «Veronica» che nel Vangelo non c’è ma che viene ricordata nella Via Crucis?
Daniela
Maria Maddalena, dopo Maria la Madre di Gesù, è sicuramente la donna più famosa dei Vangeli. I dati certi che ci offrono i Vangeli canonici (Mt, Mc, Lc, Gv) la vedono protagonista al momento della crocifissione, della sepoltura, e al mattino di Pasqua presso il sepolcro come prima testimone della risurrezione di Gesù. È lei infatti che avverte del sepolcro vuoto i discepoli, da qui l’appellativo che ha ricevuto, quello di «apostolo degli apostoli».
L’ultimo dato sicuro che ci offre il vangelo riguardo a Maria Maddalena è che seguiva Gesù come discepola e l’assisteva con i suoi beni, grata della liberazione ricevuta, giacché da lei «erano usciti sette demoni» (Lc 8,2-3).
Quest’ultima informazione è quella che ha generato nella storia dell’interpretazione dei testi alcune ipotesi di identificazione con altre donne citate nei Vangeli. Il fatto che Maria Maddalena – il nome deriva dalla località di origine presso il lago di Galilea, Magdala – fosse stata liberata dai demoni ha portato ad identificarla con altre famose «peccatrici» dei Vangeli. Una di queste è Maria, sorella di Marta e Lazzaro, che vediamo cospargere di profumo prezioso i piedi Gesù, asciugandoli poi coi suoi capelli (Gv 12,1-8). Ma il Vangelo ci dice chiaramente che Maria è di Betania (11,1) e non di Magdala. Ma l’identificazione è stata ipotizzata a causa di un episodio simile riportato in Mc in cui una donna – questa volta detta «peccatrice» – cosparge di profumo il capo di Gesù scandalizzando i commensali. Il contesto ha qualche aggancio col precedente episodio di Gv 12,1-8, ovvero si svolge a Betania, però da un certo Simone e non da Lazzaro; c’è l’olio profumato, ma versato non sui piedi, bensì sul capo. Quindi l’identificazione è per lo meno azzardata.
L’altra identificazione di Maria Maddalena proposta è quella con l’adultera che rischia la lapidazione e che Gesù «salva» dai suoi accusatori (Gv 8,1-11). Ma qui gli agganci sono quasi inesistenti, se non per il fatto che anch’essa è una peccatrice pubblica (colta in flagrante adulterio).
Nella storia poi, tramite scritti apocrifi, tradizioni e leggende, su Maria Maddalena sono state riversate diverse figure, identificazioni, immagini. Il passo da «liberata da sette demoni» a peccatrice e verosimilmente prostituta, e perfino amante di Gesù è stato facile, ma decisamente improprio. Meglio attenersi ai dati evangelici, e soprattutto venerarla per la sua sequela di Gesù, per la sua fedeltà e soprattutto per essere stata la prima testimone della risurrezione del Maestro.
Sulla figura della Veronica, invece, e sul suo gesto durante la Via Crucis di Gesù, i dati evangelici sono inesistenti. In questo caso si sono congiunte due tradizioni simili e correlate, abbastanza antiche, ma che non hanno riscontri nei Vangeli. La prima è l’identificazione in un apocrifo della donna emoroissa guarita da Gesù con una certa Berenice, la quale avrebbe fatto un ritratto fedelissimo di Gesù. L’altra tradizione invece dipende da una famosissima reliquia, il mandylion, ovvero un velo che ritraeva una immagine miracolosa di Gesù sofferente, immagine non dipinta da mani umane. A questa reliquia sono state associate diverse tradizioni per spiegarne l’origine, una di queste è la famosa scena di Veronica (vera icona) che asciuga il volto di Cristo sulla via del Golgota.
Il limite tra leggenda e storia in questi casi è sottile e difficile da identificare, anche perché a volte si intersecano dati storici e tradizioni leggendarie che tentano di dare significato a tali dati. Certo è che il mistero e la venerazione legata a questo genere di reliquie (vedi la sindone o il velo di Maloppello), o a certe tradizioni (la sesta stazione della Via Crucis) devono far pensare. Come ebbe a dire San Giovanni Paolo II davanti alla Sindone di Torino e che può valere anche per tante altre tradizioni non contenute direttamente nei Vangeli: «La Sindone è provocazione all»intelligenza. Essa richiede innanzitutto l»impegno di ogni uomo, in particolare del ricercatore, per cogliere con umiltà il messaggio profondo inviato alla sua ragione ed alla sua vita [...] Per ogni persona pensosa essa è motivo di riflessioni profonde, che possono giungere a coinvolgere la vita» (24 maggio 1998).
Se non si tenta questo lavoro di approfondimento, di comprensione profonda che vari spunti evangelici e della tradizione ci offrono, si rischia di rimanere nel sensazionale, nella ricerca effimera di curiosità e amenità, mentre essi ci possono invece essere utili per nutrire il nostro cammino di fede.
Filippo Belli