Archive pour le 21 juillet, 2014

Spirito Santo, San Marco, Venezia

Spirito Santo, San Marco, Venezia dans immagini sacre sanmarcovenice2
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Publié dans:immagini sacre |on 21 juillet, 2014 |Pas de commentaires »

LA «MADDALENA» DEL VANGELO È LA PECCATRICE SALVATA DA GESÙ?

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LA «MADDALENA» DEL VANGELO È LA PECCATRICE SALVATA DA GESÙ?

Una domanda che riguarda un personaggio citato nel Vangelo. Risponde don Filippo Belli, docente di Sacra Scrittura alla Facoltà Teologica dell’Italia centrale.

Percorsi: BIBBIA – SPIRITUALITÀ E TEOLOGIA
Parole chiave: Vangelo (377)
21/05/2014 di Redazione Toscana Oggi

Maria di Magdala, la «Maddalena», è la peccatrice che Gesù salva dalla lapidazione e che, dopo questo episodio, decide di seguire Gesù? Oppure identificare queste due figure del Vangelo in una sola donna è arbitrario? E chi è invece la «Veronica» che nel Vangelo non c’è ma che viene ricordata nella Via Crucis?
Daniela

Maria Maddalena, dopo Maria la Madre di Gesù, è sicuramente la donna più famosa dei Vangeli. I dati certi che ci offrono i Vangeli canonici (Mt, Mc, Lc, Gv) la vedono protagonista al momento della crocifissione, della sepoltura, e al mattino di Pasqua presso il sepolcro come prima testimone della risurrezione di Gesù. È lei infatti che avverte del sepolcro vuoto i discepoli, da qui l’appellativo che ha ricevuto, quello di «apostolo degli apostoli».
L’ultimo dato sicuro che ci offre il vangelo riguardo a Maria Maddalena è che seguiva Gesù come discepola e l’assisteva con i suoi beni, grata della liberazione ricevuta, giacché da lei «erano usciti sette demoni» (Lc 8,2-3).
Quest’ultima informazione è quella che ha generato nella storia dell’interpretazione dei testi alcune ipotesi di identificazione con altre donne citate nei Vangeli. Il fatto che Maria Maddalena – il nome deriva dalla località di origine presso il lago di Galilea, Magdala – fosse stata liberata dai demoni ha portato ad identificarla con altre famose «peccatrici» dei Vangeli. Una di queste è Maria, sorella di Marta e Lazzaro, che vediamo cospargere di profumo prezioso i piedi Gesù, asciugandoli poi coi suoi capelli (Gv 12,1-8). Ma il Vangelo ci dice chiaramente che Maria è di Betania (11,1) e non di Magdala. Ma l’identificazione è stata ipotizzata a causa di un episodio simile riportato in Mc in cui una donna – questa volta detta «peccatrice» – cosparge di profumo il capo di Gesù scandalizzando i commensali. Il contesto ha qualche aggancio col precedente episodio di Gv 12,1-8, ovvero si svolge a Betania, però da un certo Simone e non da Lazzaro; c’è l’olio profumato, ma versato non sui piedi, bensì sul capo. Quindi l’identificazione è per lo meno azzardata.
L’altra identificazione di Maria Maddalena proposta è quella con l’adultera che rischia la lapidazione e che Gesù «salva» dai suoi accusatori (Gv 8,1-11). Ma qui gli agganci sono quasi inesistenti, se non per il fatto che anch’essa è una peccatrice pubblica (colta in flagrante adulterio).
Nella storia poi, tramite scritti apocrifi, tradizioni e leggende, su Maria Maddalena sono state riversate diverse figure, identificazioni, immagini. Il passo da «liberata da sette demoni» a peccatrice e verosimilmente prostituta, e perfino amante di Gesù è stato facile, ma decisamente improprio. Meglio attenersi ai dati evangelici, e soprattutto venerarla per la sua sequela di Gesù, per la sua fedeltà e soprattutto per essere stata la prima testimone della risurrezione del Maestro.
Sulla figura della Veronica, invece, e sul suo gesto durante la Via Crucis di Gesù, i dati evangelici sono inesistenti. In questo caso si sono congiunte due tradizioni simili e correlate, abbastanza antiche, ma che non hanno riscontri nei Vangeli. La prima è l’identificazione in un apocrifo della donna emoroissa guarita da Gesù con una certa Berenice, la quale avrebbe fatto un ritratto fedelissimo di Gesù. L’altra tradizione invece dipende da una famosissima reliquia, il mandylion, ovvero un velo che ritraeva una immagine miracolosa di Gesù sofferente, immagine non dipinta da mani umane. A questa reliquia sono state associate diverse tradizioni per spiegarne l’origine, una di queste è la famosa scena di Veronica (vera icona) che asciuga il volto di Cristo sulla via del Golgota.
Il limite tra leggenda e storia in questi casi è sottile e difficile da identificare, anche perché a volte si intersecano dati storici e tradizioni leggendarie che tentano di dare significato a tali dati. Certo è che il mistero e la venerazione legata a questo genere di reliquie (vedi la sindone o il velo di Maloppello), o a certe tradizioni (la sesta stazione della Via Crucis) devono far pensare. Come ebbe a dire San Giovanni Paolo II davanti alla Sindone di Torino e che può valere anche per tante altre tradizioni non contenute direttamente nei Vangeli: «La Sindone è provocazione all»intelligenza. Essa richiede innanzitutto l»impegno di ogni uomo, in particolare del ricercatore, per cogliere con umiltà il messaggio profondo inviato alla sua ragione ed alla sua vita [...] Per ogni persona pensosa essa è motivo di riflessioni profonde, che possono giungere a coinvolgere la vita» (24 maggio 1998).
Se non si tenta questo lavoro di approfondimento, di comprensione profonda che vari spunti evangelici e della tradizione ci offrono, si rischia di rimanere nel sensazionale, nella ricerca effimera di curiosità e amenità, mentre essi ci possono invece essere utili per nutrire il nostro cammino di fede.

Filippo Belli

MARIA: LA FEDE TRA LUCE E OSCURITÀ

http://consacratimonfortani.over-blog.it/article-maria-la-fede-tra-luce-e-oscurita-117060912.html

MARIA: LA FEDE TRA LUCE E OSCURITÀ

Pubblicato da consacrati monfortani -

Con Montfort preghiamo: «O Sapienza, vieni dunque, per la fede di Maria. Tu non hai potuto resisterle, lei ti ha donato la vita, lei ti ha fatto incarnare. Io credo senza esitare: nulla è impossibile, verrà in me la Sapienza, Dio l’ha detto, lui è infallibile, chi con fede prega otterrà, chi con fede bussa entrerà, chi cerca con fede, troverà» (C 124, 8-9).
A Gesù non si arriva davvero che per la via della fede! «Più si ha fede e più si ha la Sapienza», dice Montfort (AES 187). E aggiunge: «Più si ha la Sapienza e più si ha fede» (AES 187). È l’esperienza e la via seguita da Maria in tutta la sua vita terrena ed è la nostra via. Se Maria ci rende partecipi della sua fede è perché la Sapienza venga in noi e noi affidandoci sempre più alla Sapienza, ci lasciamo trasformare in Lei. Maria desidera solo questo e ci sostiene quando nel pellegrinaggio della fede si intrecciano luce e ombre! Lo sa che si intrecciano, perché così è successo a lei, anche se noi molte volte siamo tentati di pensare che tutto fosse chiaro, che tutto fosse evidente, tutto facile nella sua vita.
Il Padre di Montfort, parlando della fede di Maria, insiste soprattutto sulla sua purezza e sulla sua essenziale e spesso dolorosa oscurità. In un Cantico descrive la fede di Maria con queste bellissime parole: «La sua fede luminosa / nel suo meraviglioso buio / sorpassa gli astri del cielo» (C 155, 6).
La fede di Maria è nello stesso tempo luce e oscurità. Si può anche intendere: la fede di Maria è luce soltanto nell’oscurità, la fede oscura di Maria è luce, è una fede luminosa che promana dalla tenebra divina. Proviamo a immedesimarci nel momento in cui l’angelo dopo l’annuncio se ne partì da lei e Maria rimase lì, sola. In quel momento la sua fede tocca il culmine: è fede pura. E nella meravigliosa oscurità di qualcosa che la supera, la sua fede è luce che sa vedere l’Infinito e il Mistero dietro il silenzio apparente delle cose, rinunciando a ciò che è sensibile o straordinario. L’Evento ancora non lo sente dentro di sé ma già intuisce che è accaduto e sarebbe cresciuto in lei. Nel suo corpo di giovane ragazza, Dio c’era; e nella piccola e oscura casa del suo cuore la luce di Dio c’era.
Carlo Carretto, nel suo scritto Beata te che hai creduto, fa dire a Maria: «Che cosa strana per non dire meravigliosa: appena ho detto con tutte le viscere la parola “credo” ho visto la notte farsi chiara».
Ecco la Fede: vedere la notte farsi chiara! Montfort ricorda che vivere di fede pura, come Maria, vuol dire sprofondare nella tenebra e affondare come nel nulla. In realtà è sprofondare in Dio che è nulla per noi, perché Egli è nulla di quello che possiamo conoscere; è tenebra perché è sempre oltre la nostra possibilità di abbracciarlo e così impariamo a lasciarci abbracciare! La fede è il faccia a faccia, nelle tenebre; fissare Dio malgrado l’oscurità, come dice Teresa di Lisieux nella parabola dell’uccellino: «Con un abbandono audace, vuole restare a fissare il suo Sole divino: [...] e se nubi oscure vengono a nascondere l’Astro dell’amore, l’uccellino non cambia posto, sa che di là delle nubi il suo Sole brilla sempre, che il suo splendore non potrebbe eclissarsi neanche un momento. Talvolta, è vero, il cuore dell’uccellino è assalito dalla tempesta: gli sembra di non credere che esista altro se non le nubi che lo avvolgono. È quello il momento della gioia perfetta per il povero debole esserino. Che felicità per lui restare lì ugualmente, fissare la luce invisibile che si nasconde alla sua fede!».
Uniti a Montfort, diciamo anche noi a Maria: «Non ti chiedo visioni o rivelazioni, né gusti o delizie anche soltanto spirituali… Quaggiù io non voglio per mia porzione se non quello che tu hai avuto, cioè: credere con fede pura senza nulla gustare o vedere» (SM 69).

Publié dans:Maria Vergine |on 21 juillet, 2014 |Pas de commentaires »

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