Archive pour le 7 juillet, 2014

Christ, detail from the 13th Century Deesis Mosaic in St Sophia

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LA VIA PULCHRITUDINIS NELLA PROSPETTIVA DEL SINODO SULLA FAMIGLIA

http://www.zenit.org/it/articles/la-bellezza-e-l-arte-come-strumenti-pastorali-efficaci

LA BELLEZZA E L’ARTE COME STRUMENTI PASTORALI EFFICACI

LA VIA PULCHRITUDINIS NELLA PROSPETTIVA DEL SINODO SULLA FAMIGLIA

Roma, 07 Luglio 2014 (Zenit.org) Rodolfo Papa

Per poter educare al bene, è necessario educare al bello al fine di comprendere il vero. Per educare la famiglia c’è bisogno di ricorrere a principi fondativi forti; come ci indica costantemente Papa Francesco il vero, il bene ed il bello non posso essere disgiunti tra loro, e quindi è necessario pastoralmente promuoverne l’azione congiunta in ogni aspetto: formativo, educativo e catechetico. Nell’Instrumentum laboris (26 giugno 2014) del prossimo Sinodo dedicato alla Pastorale della famiglia di fronte alle nuove sfide, nel capitolo primo della seconda parte, nn. 50-60,  rintracciamo un interessante percorso. Si parte dalla responsabilità dei Pastori e dai doni carismatici, e si affronta il confronto con quanto nei vari continenti si è elaborato nella preparazione al matrimonio, nella pietà popolare, nella spiritualità familiare (cfr. in particolare nn. 52 e 53). Si delinea un interessante percorso pastorale: « Nonostante una certa disgregazione familiare, rimangono ancora significative la devozione mariana, le feste popolari, quelle dei santi del luogo, come momenti aggregativi della famiglia. Oltre alla preghiera del rosario, in alcune realtà è in uso l’Angelus; un certo valore mantiene la peregrinatio Mariae, il passaggio di un’icona o di una statua della Madonna da una famiglia ad un’altra, da una casa ad un’altra» (n. 57). Da questa analisi, si evidenzia l’importanza della testimonianza credibile: «Alcuni osservano che talvolta le comunità locali, i movimenti, i gruppi e le aggregazioni religiose possono correre il rischio di rimanere chiusi in dinamiche parrocchiali o aggregative troppo autoreferenziali. Per questo, è importante che tali realtà vivano l’intero orizzonte ecclesiale in chiave missionaria, così da evitare il pericolo della autoreferenza. Le famiglie appartenenti a queste comunità svolgono un apostolato vivo e hanno evangelizzato tante altre famiglie; i loro membri hanno offerto una testimonianza credibile della vita matrimoniale fedele, di stima reciproca e di unità, di apertura alla vita» (n. 58). L’ambito della testimonianza si configura come via pulchritudinis: «Un punto chiave per la promozione di una autentica ed incisiva pastorale familiare sembra essere ultimamente la testimonianza della coppia. Questo elemento è stato richiamato da tutte le risposte. Essenziale appare la testimonianza non solo di coerenza con i principi della famiglia cristiana, ma anche della bellezza e della gioia che dona l’accoglienza dell‘annuncio evangelico nel matrimonio e nella vita familiare. Anche nella pastorale familiare si sente il bisogno di percorrere la via pulchritudinis, ossia la via della testimonianza carica di attrattiva della famiglia vissuta alla luce del Vangelo e in costante unione con Dio. Si tratta di mostrare anche nella vita familiare che “credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove (EG 167)”» (n. 59). Vediamo dunque che viene delineata una proposta pastorale integrata che abbia come metodo la via pulchritudinis. Per poter impostare tale pastorale, è necessario che si educhino alla bellezza i presbiteri, i consacrati e i laici, fornendo loro gli strumenti filosofici, teologici ed artistici utili per poter contemplare e riconoscere la vera bellezza. È necessario, quindi, promuovere contemporaneamente una azione educativa nei luoghi di formazione del clero, quali i seminari, le facoltà teologiche e le università pontificie, nella realizzazione di quanto proposto dalla Costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II Sacrosanctum Concilium:  «I chierici, durante il corso filosofico e teologico, siano istruiti anche sulla storia e sullo sviluppo dell’arte sacra, come pure sui sani principi su cui devono fondarsi le opere dell’arte sacra, in modo che siano in grado di stimare e conservare i venerabili monumenti della Chiesa e di offrire consigli appropriati agli artisti nella realizzazione delle loro opere» (n. 129). Questa semplice raccomandazione può aprire al vastissimo discorso della bellezza, come conoscenza e rappresentazione della verità, temi di per sé implicati nella questione dell’arte sacra. La necessità di rieducare alla bellezza – discorso rilanciato da tutti i pontefici nel corso del XX secolo ed ora nel XXI – è un nodo cruciale nella formazione al bene e alla verità, soprattutto nella attuale epoca post-moderna, dove la secolarizzazione e la paganizzazione proprie della società dei consumi di massa, hanno contribuito alla disumanizzazione della vita dell’uomo e in modo speciale del matrimonio. La educazione alla bellezza implica innanzitutto una elaborazione filosofica in ordine allo sviluppo di un discorso sulla conoscenza e sulla rappresentazione della verità e del bene, collegati alla bellezza. Tenere insieme il vero, il bene e il bello è una azione fondamentale per la vita dell’uomo, per la conquista del senso delle cose e della loro finalità. L’educazione alla bellezza, ovvero al riconoscimento della presenza, dell’integrità, dell’ordine, della finalità, serve sia a gustare la bellezza delle composizioni artistiche, sia a gustare e apprezzare la vita morale dell’uomo, la bellezza delle relazioni umane, della interiorità spirituale e dunque della vita matrimoniale. Risulta utilissimo sviluppare, nelle chiese -negli oratori e nelle case delle varie comunità che raccolgono i laici-, interi cicli pittorici che mostrino esempi di vita coniugale tratti dalle vite dei santi e comunque dalle vite esemplari  di tutte le epoche e di tutti i continenti, per promuovere una azione pastorale caritativa di ordine spirituale, catechetico e morale: «si riconosce la speciale testimonianza data da quei coniugi che restano accanto al proprio consorte nonostante problemi e difficoltà» (n. 60) Si deve dunque passare da una educazione filosofica e teologica della bellezza ad una più direttamente artistica, perché si attui sul piano sociale e politico una visione capace di essere educatrice ed esemplare, affinché grazie alla bellezza si riesca a  contrastare la disumanizzazione delle deformazioni che la secolarizzazione ed il consumismo spesso producono. La bellezza è necessaria proprio là dove non si pensa possa esserlo, innanzitutto sul piano socio-politico della comunità contemporanea.

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Rodolfo Papa, Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, docente di Storia delle teorie estetiche, Pontificia Università Urbaniana, Artista, Storico dell’arte, Accademico Ordinario Pontificio.

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GIOIA, FELICITÀ, STUPORE, SENTIMENTO E SGUARDO

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GIOIA, FELICITÀ, STUPORE, SENTIMENTO E SGUARDO

Il Ricordo  – Il pensiero di Alvise Diceva Orazio “Non sai quante cose ci sono in cielo”. E aveva sicuramente ragione ma come poterle individuare? Probabilmente consapevoli che la gioia ci viene dalla contemplazione e che la stessa è felicità e che la felicità è  poesia. Dunque è con ammirazione e  abbandono che noi contempliamo e  ritorniamo alla vita. E allora è fondamentale leggere e capire che la poesia è poesia, che il pensiero dura e la contemplazione si spegne, che ogni volta che qualcuno guarda qualcuno, si è pronti a rinascere un’altra volta. Capire inoltre come potrebbe la luce risplendere nell’occhio se l’occhio stesso non fosse luminoso? Capire che nel frammento c’è la vita, c’è l’Universo e che il frammento può essere un gesto, un suono, una voce o un profumo. E allora cerchiamo di capire il significato di alcune parole importanti nella collettiva comprensione della quotidianità come gioia, felicità, stupore, sentimento e sguardo. 

Gioia Cosa è la gioia se non una sensazione di piacere diffuso suscitato dall’appagamento  di un desiderio o dalla previsione di una condizione futura positiva? Da questo punto di vista la gioia si contrappone alla tristezza caratterizzata da una visione negativa del futuro. Quando le condizioni che provocano la gioia si verificano indipendentemente dalle azioni del soggetto, tale emozione è accompagnata da stupore. Se si prescinde dalla connotazione temporale che interviene nell’abituale definizione di gioia, allora questa figura assume i caratteri descritti da B. Spinoza in ordine all’accoglimento  della necessità del tutto. Motivo, questo, ripreso in modo più radicale da E. Severino (Destino della necessità- 1980 pagg. 594-595) per il quale “ come superamento della totalità della contraddizione del finito, il tutto è la gioia. La gioia è l’inconscio più profondo del mortale. 

Felicità E cosa è la felicità  se non  una condizione di benessere di rilevante intensità caratterizzata dall’assenza di insoddisfazione  e  del piacere connesso alla realizzazione di un desiderio? Nel suo nesso con il desiderio la felicità rivela il suo carattere circostanziale, cioè il suo legame  a condizioni di fatto complessive e transitorie da cui dipende anche la sua caducità. La felicità, oltre che al presente, può essere riferita al passato quando si associa ad uno stato trascorso, addolcito dal ricordo e reso estraneo dalla possibilità di venir contaminato da nuovi eventi, o al futuro come situazione limite, punto estremo della tensione che proietta l’uomo verso l’appagamento dei desideri e delle aspirazioni che accompagnano la sua vita. Accanto alla nozione di felicità come pura e semplice soddisfazione del desiderio è andata storicamente affermandosi una nozione che, connettendo la felicità alla virtù e alla saggezza, approda all’idea di una felicità collettiva, sociale e culturale, risultante dal giusto equilibrio tra desideri e dati di realtà, con conseguente analisi del sistema di piaceri e del loro funzionamento complessivo nell’ambito delle relazioni che legano l’uomo ai suoi simili. L’idea che la condizione umana esiga una dialettica di dolore, sforzo e impegno per far giungere a tale equilibrio, inserisce la nozione di felicità nello spazio teorico in cui si compenetrano pubblico e privato, politica e morale. Questo passaggio è così segnato  da S. Freud:  Se la civiltà impone sacrifici tanto grandi non solo alla sessualità ma anche all’aggressività dell’uomo, allora intendiamo meglio perché  l’uomo stenti a trovare  in essa la sua felicità. Di fatto l’uomo primordiale stava meglio perché ignorava qualsiasi restrizione alle proprie pulsioni. In compenso la sua sicurezza di godere a lungo di tale felicità era molto esigua. L’uomo civile ha così barattato una parte della sua possibile felicità per un po’ di sicurezza”. 

Stupore Credo sia giusto definire lo stupore come uno stato psicopatologico caratterizzato da un rallentamento psicomotorio, da un pensiero improduttivo e da un comportamento passivo associato ad un donubilamento della coscienza ed a una inibizione delle capacità volitive. Lo stupore non costituisce una sindrome unitaria, ma la forma esteriore di diversi stati interiori come apatia, inibizione, angoscia, torpore, perplessità. Si manifesta nelle psicosi organiche, negli stati confusionali della schizofrenia, nelle depressioni endogene e nell’isteria. 

Sentimento Altro termine usato spesso e forse mai compreso bene per l’importanza che ognuno dovrebbe dare al significato  di questa risonanza affettiva meno intensa della passione e più duratura dell’emozione, con cui il soggetto vive i propri stati soggettivi e gli aspetti del mondo esterno.  Il sentimento è stato oggetto di analisi  e di considerazioni specifiche nell’ambito della psicologia del profondoNel campo della fenomenologia i contributi più significativi sono quelli di M. Scheler che partendo dal motivo pascaliano secondo cui “il cuore ha ragioni che la ragione non conosce”, rivendica uno specifico tratto conoscitivo della dimensione sentimentale che consiste nel modo di apprendere, acquisire atteggiarsi di fronte ad uno stato emotivo . Inoltre mentre lo stato emotivo ha un legame casuale con l’evento che ha prodotto, il sentimento è originariamente aperto al suo oggetto che è il valore dell’evento, per cui soffriamo di non poterci rallegrare quanto il valore dell’evento meriterebbe, o viceversa.  Prima di qualsiasi morale, religione e filosofia, il sentimento intuisce i valori che si distribuiscono in una scala promossa dai sentimenti connessi con la percezione come il piacere e il dolore, dai sentimenti vitali come la pienezza, il vuoto interiore, la tensione, dai sentimenti animici come l’amore l’odio, la gioia, la tristezza e sai sentimenti spirituali relativi al senso dell’esistenza e del mondo, come la speranza, la disperazione, la beatitudine, l’estasi. Anche M. Heidegger coglie nella situazione affettiva una caratteristica ontologica dell’esistenza umana in cui si esprime la tonalità emotiva con cui l’uomo è aperto al mondo. La situazione affettiva “non solo caratterizza ontologicamente l’Esserci ma, in virtù del suo aprire, assume una importanza metodica fondamentale per l’analitica esistenziale”. La situazione affettiva designa quel “trovarsi lì” dell’uomo nella sua apertura al mondo, che è una apertura sempre sentimentalmente determinata. Ciò che in sede ontologica designiamo con l’espressione “situazione emotiva” è anticamente noto nella quotidianità sotto il nome di tonalità emotiva , umore. 

Sguardo Infine nello sguardo vedo la forma più interessante e fondamentale di interazione tra gli esseri umani a partire dai primi stadi della vita. Quando, dopo poche settimane prende avvio la relazione madre-bambino. I segnali trasmessi dallo sguardo, pur essendo differenziati da cultura a cultura, esprimono il mondo delle emozioni e delle intenzioni, a partire da quelle più semplici, come le forme di avvicinamento, fino alle più complesse che danno espressione all’amore e all’odio. In ambito fenomenologico lo sguardo è stato considerato come la forma originaria dell’essere per altri in quel gioco della soggettività dove lo sguardo, come scrive J. P. Sartre è la fonte di ogni oggettivazione” prima di tutto, lo sguardo altrui come condizione necessaria alla mia obiettività , è distruzione di ogni obiettività per me. Lo sguardo altrui mi raggiunge attraverso il mondo e non è solamente trasformazione di me stesso ma metamorfosi totale del mondo. Io sono guardato in un mondo guardato. Lo sguardo altrui nega le mie distanze dagli oggetti e dispiega le sue distanze. Dallo sguardo Sartre fa discendere la vergogna, il pudore, lo spazio delle possibilità dell’esistenza, e l’essenza nascosta del potere.

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