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COMMENTO A ROMANI 8,9.11-13
Fratelli, 9 voi non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. 11 E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. 12 Così dunque fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne; 13 poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete.
COMMENTO Romani 8,9.11-13 La vita secondo lo Spirito Nella seconda sezione della lettera ai Romani (cc. 6-8) Paolo mostra come la proposta di una giustificazione che avviene solo per mezzo della fede non spiana la strada al peccato, anzi lo elimina definitivamente insieme a due altre realtà che hanno collaborato con esso, il peccato e la morte (cc. 6-7). Nel c. 8 egli affronta il tema della vita nuova che si apre a colui che è diventato giusto mediante la fede. A tal fine egli riprende e rielabora alcune delle intuizioni che aveva già anticipato in 5,1-11. Nel nuovo capitolo l’apostolo mostra anzitutto come sia ormai lo Spirito a guidare l’uomo giustificato (vv. 1-13) e prosegue mettendo in luce come lo Spirito stesso trasformi intimamente non solo il credente ma anche tutto l’universo (vv. 14-25). Infine spiega come l’amore divino faccia sì che il credente sia vincitore su tutte le forze ostili che tentano di impedirgli il conseguimento della gloria finale (vv. 26-39). La liturgia utilizza a più riprese questo capitolo, selezionandone diversamente i versetti. La parte qui riportata si limita agli ultimi versetti della prima parte. Secondo Paolo lo Spirito, infuso nel credente per mezzo del battesimo, ha reso possibile ciò che la legge non poteva raggiungere, in quanto ha reso il credente capace di compiere pienamente la volontà di Dio riassunta in un unico precetto (vv. 1-4), con riferimento al comandamento dell’amore (cfr. 13,8-10). L’apostolo mostra poi che, in seguito a ciò, l’umanità si divide in due campi opposti: da una parte vi sono quelli che sono «secondo la carne» e dall’altra quelli che sono «secondo lo Spirito». I primi si danno pensiero delle cose della carne, ma questo pensiero li porta alla morte, poiché così facendo essi si rivoltano contro Dio; quelli invece che sono secondo lo Spirito pensano alle cose dello Spirito, e questo pensiero è per loro fonte di vita e di pace. Paolo conclude che coloro che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio (cfr. vv. 5-8). A questo punto inizia il testo liturgico. Paolo si rivolge direttamente ai suoi interlocutori e li invita a considerare fino in fondo la nuova situazione in cui si trovano. Essi non sono più «nella carne», ma «nello Spirito», dal momento che questo stesso Spirito abita in loro. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene (v. 9). Lo Spirito di Dio quindi non è altro che lo Spirito di Cristo. Perciò proprio in forza dello Spirito che è in loro essi appartengono a Cristo. Ora però, se Cristo abita in loro, da una parte il loro corpo è morto a causa del peccato, dall’altra però in loro opera lo Spirito che è sorgente di vita in forza della giustizia (v. 10). Essi cioè restano soggetti alla morte, in quanto partecipi di questa umanità dominata dal peccato; ma in forza della giustizia che è stata loro conferita possiedono già la vita che è dono dello Spirito. Ora se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in loro, quello stesso che ha risuscitato Cristo dai morti, cioè Dio, «farà vivere i loro corpi mortali» mediante lo Spirito che dimora in loro (v. 11). In altre parole lo stesso Spirito, mediante il quale Dio ha risuscitato Gesù dai morti, darà una nuova vita anche a coloro nei quali, in forza della giustificazione, è venuto ad abitare. Il credente, pur vivendo ancora in una situazione contrassegnata dalla morte fisica, pregusta già mediante l’opera dello Spirito quella vita nuova e indefettibile di cui gode il Cristo risuscitato. L’apostolo infine, rivolgendosi di nuovo affettuosamente ai suoi interlocutori («fratelli»), afferma che noi siamo ancora debitori, non però verso la carne, per vivere secondo la carne (v. 12): egli dirà in seguito che l’unico debito del credente è l’amore vicendevole (cfr. Rm 13,8). Egli prosegue poi ricordando loro che, se vivono secondo la carne, andranno incontro alla morte; ma se con l’aiuto dello Spirito fanno morire le opere del corpo, vivranno (v. 13). Lo Spirito dà dunque la vera vita all’uomo, in quanto gli permette di liberarsi dai condizionamenti della carne, cioè di evitare il peccato che porta inevitabilmente alla morte.
Linee interpretative Dio ha certamente delle aspettative nei confronti dell’uomo. Paolo le vede sintetizzate nell’unico comandamento che ha come oggetto l’amore del prossimo. Ma proprio questo comandamento non può essere attuato dall’uomo perché egli è soggetto al peccato, che si manifesta nel desiderio egoistico, di cui l’amore è esattamente il contrario. Perciò Paolo afferma che la salvezza non viene dalla promulgazione di una legge, per quanto giusta e santa essa possa essere. Per salvarsi l’uomo ha bisogno di un supplemento di grazia, che Dio infonde mediante lo Spirito, il dono per eccellenza di cui è dotato chi aderisce a Cristo mediante la fede. Di conseguenza solo il credente osserva pienamente la legge poiché lo Spirito opera ormai in lui e gli ispira una nuova mentalità e un nuovo modo di agire. Pur vivendo ancora in una carne mortale, egli è già partecipe di quella vita immortale che lo Spirito ha conferito a Cristo mediante la risurrezione e darà un giorno a tutti coloro che gli appartengono. Questa tesi, affermata con grande forza da Paolo contro tutte le accuse che gli venivano fatte dai suoi avversari, mette chiaramente in luce la dignità della persona umana. All’uomo, in quanto creatura dotata di ragione e di libertà, non conviene un agire imposto da una legge esterna, con le sue minacce e punizioni. L’uomo deve poter agire per una spinta interiore, che lo orienti al bene pur lasciandolo libero di fare le sue scelte. Lo Spirito svolge questo compito, in quando rendendo viva l’esperienza di Cristo nel suo cuore, può muovere l’uomo dall’interno e al tempo stesso garantisce la sua libertà. Perciò è solo lo Spirito che può guidare l’uomo a compiere liberamente la volontà di Dio e a vincere il peccato.