Archive pour le 9 juin, 2014

The Blessed Virgin Mary from the Ghent Altarpiece, circa 1432

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http://en.wikipedia.org/wiki/Solemnity_of_Mary,_Mother_of_God

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OGGI SARAI CON ME – Lc 23,35-43:

http://www.patriarcatovenezia.it/s2ewdiocesivenezia/s2magazine/AllegatiTools/671/Oggi%20sarai%20con%20me.doc.

OGGI SARAI CON ME

(libero adattamento di appunti presi durante gli esercizi spirituali diocesani
predicati da don Romano Martinelli)

Leggiamo e meditiamo insieme il brano di Lc 23,35-43:

[35]Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: « Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto ». [36]Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: [37]« Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso ». [38]C’era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.
[39]Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: « Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi! ». [40]Ma l’altro lo rimproverava: « Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? [41]Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male ». [42]E aggiunse: « Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno ». [43]Gli rispose: « In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso ».
Siamo nel contesto della passione, Gesù è già stato inchiodato, e rispondendo alla supplica di colui che era stato crocifisso alla sua destra, dice una delle sue ultime parole. Con questa rivelazione Luca mette in cattedra una figura anonima, il cosiddetto « buon ladrone ». È uno dei passi più alti del suo vangelo: non è un frammento simpatico, devozionale; qui siamo davanti ad un vertice. È un po’ come una finestra, piccola se volete, ma ci si affaccia sul mondo di Dio.
Lo ha capito bene la piccola Teresa di Lisieux, la quale, alla luce di questa rivelazione, intuisce che la sua vita non può che diventare un sedersi alla mensa dei peccatori.
Che cosa capita sotto la croce? don Bruno Maggioni lo chiamerebbe « lo spettacolo » della croce. Dove c’è la stessa radice della parola « specchio », non lo « spettacolo » televisivo, ma quello specchio che rivela la nostra identità: la Parola dice chi siamo.
Gesù è in relazione con il Padre, davanti a lui prega per i nemici, li accoglie. Sotto la croce ci sono tutti i suoi nemici.
Ci sono quelli che non capiscono: scherno, derisione, insulto. I capi, i militari, il bandito di sinistra vedono in quest’uomo il fallimento estremo: « Tu sei un fallito ». È quanto dice la maggior parte della gente anche oggi nel mondo: il Crocifisso non salva nessuno, non può essere una via di salvezza! Tutti voi siete degli ingenui. Cercare un’altra salvezza è la grande tentazione di sempre.
E poi ce n’è uno che capisce, anche se non è nella condizione di capire, di sperare, di aprirsi al futuro. È il cosiddetto « buon ladrone »: un farabutto che poi diventa « buono » perché è giustificato. È uno che di per sé non sarebbe « salvabile ».
Ecco come si comporta: dice « Io ho sbagliato ed è giusto che paghi. Lui è innocente, è il Cristo ». E, rivolto a Gesù, lo prega: « Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno ». Ad uno agonizzante come lui dice: « Tu puoi ricordarti di me, io riconosco in te uno a cui posso affidarmi ». Ma aggiunge: « Tu sei re, ricordati di me, nel tuo regno ». Non solo « sei vivo », ma « sei re ».
Qual è la differenza tra i due ladroni?
Il primo non riesce a riconoscere questa regalità in chi è in una situazione simile e addirittura peggiore della sua. Pensa che sia un imbroglione, un sedicente « messia » che, innocente, non è in grado di salvarsi. Invece il secondo, nella stessa condizione infame, vede in Gesù, nel suo volto e nel suo corpo dissanguato, la salvezza. E quindi confessa e invoca.
Gesù risponde: « In verità ti dico: oggi tu sarai con me in paradiso ».
Certo è commovente vedere come riagguanta il « farabutto ». Guigo il Certosino, amico di san Bernardo, ha questa bella espressione: « Il Salvatore ha inseguito quell’uomo per tutta la vita, scappava sempre. Ad un certo punto l’ha aspettato dove non poteva più scappare, quando era crocifisso; ma allora si è fatto crocifiggere anche lui, per poterlo rapire almeno nell’ultimo istante! ». E Giovanni Crisostomo dice: « Ladro perfino sulla croce! Ha rubato il paradiso all’ultimo momento ».
Gesù dice: Io salvo quando muoio! Lo dice con un impegno solenne, con tutta la sua autorevolezza: « In verità, ti dico ».
Sono la tua salvezza ‘oggi’, non in futuro. Non solo ascolto il tuo gemito, la tua domanda, ma la supero in abbondanza: « Tu sarai con me in paradiso »! Cioè ti salvo non come pensi tu, in maniera confusa, ma come voglio io, in modo pieno, definitivo, fantasioso, straordinario… la salvezza secondo Dio, non secondo l’uomo. Per questo non ci basta dire che il Vangelo « umanizza », che dobbiamo lottare per la giustizia, per la pace…, ma noi diciamo che il Vangelo « divinizza », che è il superamento in eccesso delle nostre attese. La risposta del Salvatore non è solo un ascolto del gemito, ma una assoluta novità.
L’affermazione di Gesù nasconde uno scandalo, perché secondo la mentalità ebraica del tempo era già abbastanza strano che nella comunità dei salvati entrasse un tipo così losco. Anzi, era mostruoso. Ma Gesù dice: Tu immediatamente sarai con me. Sei il primo. Questo è inaccettabile, inimmaginabile!
Ancora più scandaloso è che questa sia la forza della regalità schernita, che questa vittoria venga da un moribondo sul patibolo, non diverso dagli altri.
Questo si percepisce solo nella fede, nell’atteggiamento ormai da credente del centurione, il quale guardando alla croce e vedendo quest’uomo morire così, dice: « Questo è il Figlio di Dio! ».
Secondo un grande esegeta, il gesuita Grelòt, l’espressione di Gesù « con me » significa condivisione di vita, comunanza di destino. Il « ladrone » giustificato, il discepolo, è chiamato a partecipare del colloquio amoroso tra Gesù e il Padre che continua sulla croce, della vita del Padre, della misericordia che Gesù ha in sé.
Ora Gesù dice: non solo contemplate questo spettacolo della misericordia, ma io vi precedo perché anche voi possiate vivere così.

Spunti di riflessione
- Il mistero del ladrone ci spinge ad avere fiducia che anche noi possiamo vivere secondo questa logica di dolcezza, di umiltà, di dono, di bontà tenace. Nell’ascolto della sua Parola, Gesù ci dona di vivere, nelle fratture della storia, con lui e in lui di quest’amore che sgorga da un patibolo e dilaga.
- Riconoscersi vivi per misericordia. Siamo chiamati a scoprire per fede che la misericordia, il chinarsi di Dio, è ciò che ci ha fatto e ci fa vivere, tutti. Se, ad esempio, io spero ancora quando un figlio si allontana e rischia di perdere persino la sua umanità…, è perché so che l’ultima parola, come la prima, su ciascuno di noi è la misericordia. Dio sa trasformare in figli di Abramo anche le pietre e trasforma l’ultimo dei malfattori nel primo dei salvati.
Per un verso questo mistero ci respinge e ci scandalizza: « Non è giusto. Non vale la pena essere buoni, se Dio tratta tutti alla stessa maniera ». Se nel mondo prosperano i furbi, gli egoisti, i mafiosi, i cinici, gli arroganti, i violenti è perché Dio non scende dalla croce, è perché ha pazienza. Se Dio è in mezzo a noi come uno che sembra assente o incapace, è perché è misericordioso e mite. Se Dio fa la figura di chi non sa farsi valere, fino a sembrare inetto, è perché è paziente e misericordioso.
Per un altro verso, se siamo discepoli, cristiani, è perché l’amore, trasfigurandoci, ci rende inevitabilmente segni della sua misericordia.

 

LO SPIRITO DI LEONE (TOLSTOJ)

http://www.mosaicodipace.it/mosaico/a/32626.html

TESTIMONI – NOVEMBRE 2010

LO SPIRITO DI LEONE (TOLSTOJ)

In conclusione del nostro viaggio nel pensiero e nelle opere di Leone Tolstoj, invito alla lettura dei suoi scritti filosofico-religiosi.
Gloria Gazzeri (Associazione Amici di Tolstoj italiani –
Riportano i giornali dell’epoca che, al momento dei funerali di Leone Tolstoj la voce di uno sconosciuto gridò: “Il grande Leone è morto. Viva il grande spirito di Leone. Possano realizzarsi i suoi principi sul cristianesimo e sull’amore”.
Oggi si sta ampiamente celebrando il centenario della morte di Leone Tolstoj (che morì ad Astapovo nel novembre del 1910).
Eppure poco si parla ancora della seconda parte della sua vita e della sua opera filosofico-religiosa.
Alle soglie dei 50 anni, il famoso autore di “Guerra e pace” e “Anna Karenina”, ricco, celebre, amato, ebbe una gravissima crisi spirituale e giunse alle soglie del suicidio. La salvezza gli venne dalla rilettura del Vangelo sine glossa e dalla ritrovata fede in Dio. Scrisse: “E allora, cosa sto cercando – gridò a un tratto una voce dentro di me: eccolo dunque Dio. Egli è colui senza il quale non si può vivere” (La confessione).
Passò il resto della sua vita cercando di far conoscere alla gente quella verità che lo aveva salvato.
Nella sua rilettura del Vangelo, la chiave di tutto gli apparve il precetto dell’amore per i nemici e della non resistenza al male. Gandhi dichiarò di essere stato convertito alla nonviolenza, nel 1894, quando era in Sudafrica, proprio dalla lettura di un’opera fondamentale di Tolstoj : “Il regno di Dio è dentro di voi”.
Il Vangelo resterà il testo fondamentale nella sua ricerca filosofico-religiosa. Egli affermerà: “Quando mi domandano in che consiste la mia dottrina, io rispondo che non ho alcuna dottrina mia, ma intendo la dottrina cristiana appunto come è stata esposta nei Vangeli” (Come leggere il Vangelo).
Si tratta, però, pur sempre di una lettura molto personale. Il suo primo lavoro, dopo la conversione, sarà una rilettura nell’originale greco dei quattro Vangeli e relativa traduzione. Da essi, però, elimina i miracoli e ogni fenomeno soprannaturale, perché gli interessava soprattutto il messaggio etico.
Per lui, si deve passare da una religione della morte, preoccupata soprattutto del destino dell’anima, a una religione della vita, preoccupata di realizzare il Regno di Dio qui in terra. Contemporaneamente, però, a un mondo che sembra aver rimosso ogni riflessione sulla morte, Tolstoj parla spesso della morte, ne cerca i significati più consolanti.
Tolstoj trovò poi nei maestri orientali la conferma delle verità evangeliche, ne tradusse e diffuse le opere in Russia.
Gli autori orientali più amati e citati da Tolstoj sono Buddha, Lao Tze, Confucio, Mencio, Maometto.
In un’importante breve lettera che contiene il suo pensiero conclusivo sulla religione, Tolstoj scrisse: “La spiegazione razionale della vita ciascuno può trovarla nella propria fede. Questa spiegazione è la stessa in tutte le religioni. Essa consiste in ciò: l’uomo è il servo della potenza superiore, che si chiama Dio e deve esaudire la volontà di questa potenza; la volontà di questa potenza è l’unità di tutti gli uomini, che può essere raggiunta per tramite dell’amore” (Lettera a un giapponese, 1905).
Nel corso della sua ricerca, però, si trovò a criticare le Chiese istituzionali. Le accusò di ritualismo, dogmatismo, collusione coi poteri politici. La polemica scoppiò furiosa e Tolstoj fu scomunicato nel 1901 dal Santo Sinodo di Mosca.
Negli ultimi anni, questo furore polemico andò attenuandosi, e scrisse: “Esito a mandare molti dei miei libri ricordando i sentimenti cattivi, le condanne brutali che vi sono espresse… Ci dovrebbe essere l’umile affettuosa ragionevolezza della persuasione. Eppure questo non è in me. Mi sento in colpa” (Lettera a Certkòv del 1 luglio 1904). E anche: “Mi sono accorto che spesso ho avuto torto a calcare la mano, con troppa poca prudenza, contro la fede altrui” (Diari 7-8 marzo 1910).
Per le sue accuse contro le Chiese e contro lo Stato, i suoi libri in Russia vennero proibiti. Spesso furono stampati all’estero e poi, in epoca attuale, quasi dimenticati, e Tolstoj considerato soltanto un grande romanziere. E pensare che egli considerava “sciocchezze” (Diari 6.12.1908) i suoi romanzi; e scrisse a un suo amico: “Scrivevo dei librucoli sulle inezie e tutti i miei librucoli vennero esaltati e pubblicati, ma appena mi venne il desiderio di servire Dio, i miei libri vengono vietati e bruciati” (Lettera a Bondarev, 1.3.1886).
Il senso vero della vita
Tolstoi era consapevole di avere una missione. “I miei pensieri, i miei scritti sono solo passati attraverso di me, e ciò che in essi vi è di cattivo è mio; ciò che vi è di buono, non è mio, ma di Dio” (Lettera a E. V. Molostova, 15 giugno 1904).
Nei suoi scritti, Tolstoj voleva avvertirci che guerre, sciagure e dissolvimento attendevano la civiltà occidentale, se non fosse tornata a praticare il Vangelo autentico, “perché – scriveva – la sorgente di tutti i malintesi consiste nell’opinione che il cristianesimo sia una dottrina, che si può accettare senza cambiar vita”.
Scrisse Tolstoj, “Se ti accorgi di non avere fede, sappi che ti trovi nella più pericolosa situazione nella quale può trovarsi un uomo sulla terra… Le persone possono vivere e vivono quella vita ragionevole e concorde loro propria, allorquando sono unite dallo stesso modo di comprendere la vita… La causa della disastrosa situazione dei popoli cristiani è l’assenza in essi di una spiegazione del significato della vita che sia comune a tutti loro, l’assenza della fede e delle regole di condotta da essa derivanti. Il mezzo per salvarsi dalla presente disastrosa situazione consiste in ciò: la gente del mondo cristiano deve far sua quella concezione della vita che le è stata rivelata diciannove secoli fa… e deve applicare le regole di condotta contenute nella dottrina cristiana autentica” (La legge della violenza e la legge dell’amore, cap. I).
La salvezza è dunque possibile: “Il cristianesimo travisato e il potere di pochi e la schiavitù di molti verranno sostituiti da un cristianesimo autentico e dal riconoscimento dell’uguaglianza di tutti quanti gli uomini” (La fine del secolo, Capitolo primo).
E ancora : “Noi ci troviamo alle soglie di una vita nuova e completamente gioiosa; accedere ad essa dipende unicamente da ciò: liberarsi dalla tormentosa superstizione che sia necessaria la violenza nella vita di relazione e accettare l’eterno principio dell’amore” (La rivoluzione inevitabile, Capitolo XII).
Ci sembra piena di profetica speranza la conclusione del saggio sulla religione, là dove né gli intellettuali né le classi al potere sapranno, né avranno interesse a cercare nuove vie di salvezza, saranno gli uomini di fede a ritrovare la strada.
“Ci sono tempi come il nostro, in cui la gente religiosa non è visibile, essa passa la sua vita disprezzata e umiliata. Proprio questa gente religiosa, sebbene sia poca, può spezzare e spezzerà il cerchio magico in cui è chiusa e come stregata la gente. Queste persone certamente incendieranno tutto il mondo e tutti i cuori degli uomini, inariditi da una lunga vita senza religione, ma bramosi di un rinnovamento, così come il fuoco incendia la steppa secca” (Che cos’è la religione e quale ne è l’essenza? Capitolo XVII)

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