OGGI SARAI CON ME
(libero adattamento di appunti presi durante gli esercizi spirituali diocesani
predicati da don Romano Martinelli)
Leggiamo e meditiamo insieme il brano di Lc 23,35-43:
[35]Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: « Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto ». [36]Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: [37]« Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso ». [38]C’era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.
[39]Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: « Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi! ». [40]Ma l’altro lo rimproverava: « Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? [41]Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male ». [42]E aggiunse: « Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno ». [43]Gli rispose: « In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso ».
Siamo nel contesto della passione, Gesù è già stato inchiodato, e rispondendo alla supplica di colui che era stato crocifisso alla sua destra, dice una delle sue ultime parole. Con questa rivelazione Luca mette in cattedra una figura anonima, il cosiddetto « buon ladrone ». È uno dei passi più alti del suo vangelo: non è un frammento simpatico, devozionale; qui siamo davanti ad un vertice. È un po’ come una finestra, piccola se volete, ma ci si affaccia sul mondo di Dio.
Lo ha capito bene la piccola Teresa di Lisieux, la quale, alla luce di questa rivelazione, intuisce che la sua vita non può che diventare un sedersi alla mensa dei peccatori.
Che cosa capita sotto la croce? don Bruno Maggioni lo chiamerebbe « lo spettacolo » della croce. Dove c’è la stessa radice della parola « specchio », non lo « spettacolo » televisivo, ma quello specchio che rivela la nostra identità: la Parola dice chi siamo.
Gesù è in relazione con il Padre, davanti a lui prega per i nemici, li accoglie. Sotto la croce ci sono tutti i suoi nemici.
Ci sono quelli che non capiscono: scherno, derisione, insulto. I capi, i militari, il bandito di sinistra vedono in quest’uomo il fallimento estremo: « Tu sei un fallito ». È quanto dice la maggior parte della gente anche oggi nel mondo: il Crocifisso non salva nessuno, non può essere una via di salvezza! Tutti voi siete degli ingenui. Cercare un’altra salvezza è la grande tentazione di sempre.
E poi ce n’è uno che capisce, anche se non è nella condizione di capire, di sperare, di aprirsi al futuro. È il cosiddetto « buon ladrone »: un farabutto che poi diventa « buono » perché è giustificato. È uno che di per sé non sarebbe « salvabile ».
Ecco come si comporta: dice « Io ho sbagliato ed è giusto che paghi. Lui è innocente, è il Cristo ». E, rivolto a Gesù, lo prega: « Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno ». Ad uno agonizzante come lui dice: « Tu puoi ricordarti di me, io riconosco in te uno a cui posso affidarmi ». Ma aggiunge: « Tu sei re, ricordati di me, nel tuo regno ». Non solo « sei vivo », ma « sei re ».
Qual è la differenza tra i due ladroni?
Il primo non riesce a riconoscere questa regalità in chi è in una situazione simile e addirittura peggiore della sua. Pensa che sia un imbroglione, un sedicente « messia » che, innocente, non è in grado di salvarsi. Invece il secondo, nella stessa condizione infame, vede in Gesù, nel suo volto e nel suo corpo dissanguato, la salvezza. E quindi confessa e invoca.
Gesù risponde: « In verità ti dico: oggi tu sarai con me in paradiso ».
Certo è commovente vedere come riagguanta il « farabutto ». Guigo il Certosino, amico di san Bernardo, ha questa bella espressione: « Il Salvatore ha inseguito quell’uomo per tutta la vita, scappava sempre. Ad un certo punto l’ha aspettato dove non poteva più scappare, quando era crocifisso; ma allora si è fatto crocifiggere anche lui, per poterlo rapire almeno nell’ultimo istante! ». E Giovanni Crisostomo dice: « Ladro perfino sulla croce! Ha rubato il paradiso all’ultimo momento ».
Gesù dice: Io salvo quando muoio! Lo dice con un impegno solenne, con tutta la sua autorevolezza: « In verità, ti dico ».
Sono la tua salvezza ‘oggi’, non in futuro. Non solo ascolto il tuo gemito, la tua domanda, ma la supero in abbondanza: « Tu sarai con me in paradiso »! Cioè ti salvo non come pensi tu, in maniera confusa, ma come voglio io, in modo pieno, definitivo, fantasioso, straordinario… la salvezza secondo Dio, non secondo l’uomo. Per questo non ci basta dire che il Vangelo « umanizza », che dobbiamo lottare per la giustizia, per la pace…, ma noi diciamo che il Vangelo « divinizza », che è il superamento in eccesso delle nostre attese. La risposta del Salvatore non è solo un ascolto del gemito, ma una assoluta novità.
L’affermazione di Gesù nasconde uno scandalo, perché secondo la mentalità ebraica del tempo era già abbastanza strano che nella comunità dei salvati entrasse un tipo così losco. Anzi, era mostruoso. Ma Gesù dice: Tu immediatamente sarai con me. Sei il primo. Questo è inaccettabile, inimmaginabile!
Ancora più scandaloso è che questa sia la forza della regalità schernita, che questa vittoria venga da un moribondo sul patibolo, non diverso dagli altri.
Questo si percepisce solo nella fede, nell’atteggiamento ormai da credente del centurione, il quale guardando alla croce e vedendo quest’uomo morire così, dice: « Questo è il Figlio di Dio! ».
Secondo un grande esegeta, il gesuita Grelòt, l’espressione di Gesù « con me » significa condivisione di vita, comunanza di destino. Il « ladrone » giustificato, il discepolo, è chiamato a partecipare del colloquio amoroso tra Gesù e il Padre che continua sulla croce, della vita del Padre, della misericordia che Gesù ha in sé.
Ora Gesù dice: non solo contemplate questo spettacolo della misericordia, ma io vi precedo perché anche voi possiate vivere così.
Spunti di riflessione
- Il mistero del ladrone ci spinge ad avere fiducia che anche noi possiamo vivere secondo questa logica di dolcezza, di umiltà, di dono, di bontà tenace. Nell’ascolto della sua Parola, Gesù ci dona di vivere, nelle fratture della storia, con lui e in lui di quest’amore che sgorga da un patibolo e dilaga.
- Riconoscersi vivi per misericordia. Siamo chiamati a scoprire per fede che la misericordia, il chinarsi di Dio, è ciò che ci ha fatto e ci fa vivere, tutti. Se, ad esempio, io spero ancora quando un figlio si allontana e rischia di perdere persino la sua umanità…, è perché so che l’ultima parola, come la prima, su ciascuno di noi è la misericordia. Dio sa trasformare in figli di Abramo anche le pietre e trasforma l’ultimo dei malfattori nel primo dei salvati.
Per un verso questo mistero ci respinge e ci scandalizza: « Non è giusto. Non vale la pena essere buoni, se Dio tratta tutti alla stessa maniera ». Se nel mondo prosperano i furbi, gli egoisti, i mafiosi, i cinici, gli arroganti, i violenti è perché Dio non scende dalla croce, è perché ha pazienza. Se Dio è in mezzo a noi come uno che sembra assente o incapace, è perché è misericordioso e mite. Se Dio fa la figura di chi non sa farsi valere, fino a sembrare inetto, è perché è paziente e misericordioso.
Per un altro verso, se siamo discepoli, cristiani, è perché l’amore, trasfigurandoci, ci rende inevitabilmente segni della sua misericordia.