MONS. GIANFRANCO RAVASI: « LA VERITÀ NON RICHIEDE SALTI DI FRONTIERA »
MONS. GIANFRANCO RAVASI: « LA VERITÀ NON RICHIEDE SALTI DI FRONTIERA »
L’Osservatore Romano anticipa l’intervento di Mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, al convegno « La scienza 400 anni dopo Galileo Galilei. Il valore e la complessità etica della ricerca tecno-scientifica contemporanea », organizzato da Finmeccanica per 60° anniversario della sua fondazione.
« Tanti sono i sentieri che intercorrono tra le due cittadelle, non opposte ma distinte, della scienza e della teologia », spiega Mons. Ravasi, tra cui quello « che ruota attorno a una questione imponente a livello ideale e pratico, quella del rapporto con la verità ».
Come la teologia, la scienza è ricerca della verità, ma quando essa « è intesa essenzialmente come tecnica, diviene « ricerca di quei processi che conducono ad un successo di tipo tecnico », e ha valore solamente conoscere « ciò che conduce al successo ». Ne consegue che « il mondo, a livello di dato scientifico, diviene un semplice complesso di fenomeni manipolabili, l’oggetto della scienza una connessione funzionale, che viene analizzata soltanto in riferimento alla sua funzionalità ». La scienza diviene perciò « pura funzione », e « il concetto di verità diventa quindi superfluo, anzi talvolta viene esplicitamente rifiutato ».
E la ragione stessa « appare, in definitiva, come semplice funzione o come strumento di un essere che trova il senso della sua esistenza fuori della conoscenza e della scienza, nel migliore dei casi nella vita soltanto ».
Seguendo il pensiero di Papa Benedetto XVI, è quindi necessario considerare « il concetto stesso di verità » nel modo più ampio, superando «la limitazione autodecretata della ragione a ciò che è verificabile nell’esperimento» e aprendosi « alla verità tutta intera ».
Ravasi prosegue citando il Pontefice, il quale spiega che «in questo senso la teologia, non soltanto come disciplina storica e umano-scientifica, ma come teologia vera e propria, cioè come interrogativo sulla ragione della fede, deve avere il suo posto nell’università e nel vasto dialogo delle scienze», e conclude affermando la necessità di « una visione più piena che non impone salti di frontiera, confondendo i modi specifici e gli statuti propri di ogni disciplina ma ne costituisce il dialogo fecondo e gli incroci positivi, essendo tutte le autentiche ricerche in cammino verso la verità che rende autenticamente liberi ».

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